Le divisioni interne dell’esercito algerino
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Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement) maggio 2019 (trad.ossin)
Le divisioni interne dell’esercito algerino
Dr Abderrahmane Mekkaoui (*)
Con l’operazione «Mani Pulite» avviata dal Comando dell’Esercito nazionale popolare (ANP) a fine aprile – inizio maggio, tutti i leader dei diversi clan che costituivano una seria minaccia per il comando militare sono stati messi da parte
L’attuale oligarchia militare è composta da 22 maggiori generali, compresi il comandante della Gendarmerie, i sei potenti capi delle Regioni militari, i capi di stato maggiore, dell’aeronautica militare, della Difesa aerea, della marina e dell’esercito. E compresi anche i responsabili della sicurezza rappresentati dal capo della sicurezza DCA dell’esercito guidata da «Bob», Mohamed Gaidi, capo della DSS, il colonnello Bouazza patron della sicurezza interna, e Mohamed Wassini della sicurezza esterna.
E’ questa l’oligarchia che de facto dirige tutti gli altri poteri, esecutivo, giudiziario ed economico. Il presidente ad interim Abdelkader Bensalah e il capo del governo, Noureddine Bedoui, non danno segni di vita, limitandosi a ricevere le ingiunzioni del capo di stato maggiore, il generale di corpo d‘armata Ahmed Gaïd Salah.
Nel dodicesimo venerdì (mese di aprile) di protesta popolare di massa, il popolo algerino ha chiamato in causa direttamente il capo di stato maggiore, indicandolo come il vero capo dell’ «associazione a delinquere» che proprio quest’ultimo ha denunciato… La sollevazione (hirak) ha anche criticato una giustizia sommaria che assomiglia a un vero e proprio regolamento di conti tra i clan politici e militari. Le crepe cominciano ad essere visibili e mettono in mostra tre noccioli duri. I vecchi maggiori generali che hanno approfittato del sistema sono preoccupati nel vedere l’operazione di pulizia avvicinarsi a loro, col rischio di avvilupparli nell’ingranaggio, ognuno di essi sponsorizzando uno o più uomini d’affari, disponendo di uno o più interporti riservati ai militari e tax free, senza contare i molteplici collegamenti con uomini politici e mediatici, e i loro fedelissimi tra wali e capi di Daira.
Queste vecchie volpi spingono Gaïd Salah a non piegarsi alle pretese dell’hirak e alle rivendicazioni della popolazione, rispettando la road map prevista per le presidenziali del 4 luglio 2019. Un’operazione che sarebbe in sostanza di puro e semplice riciclaggio del sistema, tagliando solo i rami secchi che sono poi i loro avversari. Si prevede possa essere duplicato l’esempio del maresciallo Al-Sissi in Egitto da parte di vecchi generali dal passato parecchio discutibile. Già il generale Ghali Belkssir, comandante della Gendarmerie, denunciato per i suoi eccessi e la sua corruzione dalla popolazione, ha chiesto ai suoi colleghi di risparmiare l’ex ministro della Giustizia, Tayeb Louh che aveva ambizioni presidenziali.
L’altro gruppo di generali, che sono la minoranza, tenta di limitare il panico che ha colto i «vecchi» e propone scenari politici molto più adatti alla situazione di crisi che il paese attraversa. Ma essi non hanno poteri decisionali in seno al conclave. L’impasse e la lotta generazionale che imperversa nel comando sono percepibili attraverso i comunicati e discorsi di Gaïd Salah. Diversi osservatori occidentali sono preoccupati di questa tensione militare in seno allo stato maggiore algerino e non escludono che possa giungersi al sacrificio di generali «sponsor» per salvare la situazione ed evitare all’Algeria la radicalizzazione del movimento popolare.
L’altro dossier scottante che scuote lo stato maggiore dell’ANP riguarda la colossale transazione del gruppo statunitense Anadarko (filiale di Chevron) col francese Total, per la concessione di un grande giacimento petrolifero e di gas a Elisi, nel sud-est algerino. Passata senza il consenso di una parte dell’alta gerarchia militare, impegnata a gestire la crisi, questa transazione tra i due giganti, del valore di 8,8 miliardi di dollari, non ha visto l’Algeria esercitare il suo diritto di prelazione. I generali di recente promozione accusano i loro predecessori di avere avallato questa operazione vantaggiosa per la Francia in cambio dell’appoggio alla road map di Gaïd Salah. Anche i Sauditi e gli Emirati lasciano che i due giganti del petrolio facciano lo stesso. Ne consegue che Total avrà, oltre al petrolio e al gas di questa regione, un oceano di gas di scisto calcolato in diversi miliardi di metri cubi e una falda che si estende oltre le frontiere algerine, fino in Libia, a Sebha.
Questi problemi ci ricordano che le esportazioni dell’Algeria sono composte al 98% di idrocarburi. Total ha un’altra ambizione: ricomprare tutte le parti degli altri giacimenti sfruttati dagli Italiani e dagli Spagnoli. Le ambizioni monopolistiche della società francese preoccupano gli economisti algerini che prevedono una crisi più grave dell’economia algerina nel 2020.
In conclusione, l’arresto del generale Hossein Benhdid, seguito da quello di Louisa Hanoune, Segretario generale del Partito del Lavoro sono i sintomi di una frattura che scuote il comando generale dell’ANP. Un sisma che rischia di provocare l’irreparabile.
(*) Politologo, specialista delle questioni di sicurezza e militari. Componente del collegio dei consiglieri internazionali di Cf2R