Pegaso, RSF e gli « autoproclamati » giornalisti dell’Hirak algerino
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Pegaso, RSF e gli « autoproclamati » giornalisti dell’Hirak algerino
Ahmed Bensaada (28 luglio 2021)
Nella mitologia greca, Pegaso era un cavallo alato che trasportava i tuoni e i fulmini sull’Olimpo. Era anche dotato del potere di far sgorgare l’acqua con un solo colpo dei suoi zoccoli. E, come il suo omologo mitologico, il povero castrato nato nei laboratori dell’impresa israeliana NSO, non solo è riuscito a far cadere tuoni e fulmini su alcuni paesi, soprattutto il Marocco, ma ha fornito anche una conferma della compromissione di alcuni « autoproclamati giornalisti dell’Hirak » coi loro committenti e sostenitori stranieri
L’inchiesta sulla gigantesca vicenda di spionaggio del software Pegasus ha dimostrato che oltre 50 000 persone sono state spiate in tutto il mondo. Attivisti, giornalisti, avvocati e politici sono stati spiati elettronicamente da (almeno) i seguenti undici paesi: Arabia Saudita, Azerbaijan, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Ungheria, India, Kazakhistan, Marocco, Messico, Ruanda e Togo. È importantissimo notare che NSO, l’impresa che commercializza il software, non può vendere il suo prodotto senza l’autorizzazione del Ministero della Difesa israeliano, e questo la dice lunga sui metodi e l’etica che ispirano l’entità sionista.
Questo enorme scandalo, per quanto dannoso, ha consentito di gettare luce su due aspetti importanti della geopolitica e delle relazioni internazionali. Primo, ha dimostrato che l’ingerenza straniera, tanto negata in occasione dell’Hirak (e da molto tempo prima), non è solo un frutto dell’immaginazione, ma qualcosa di molto reale. Secondo, ha confermato che i rapporti in materia di sicurezza, commercio e politica tra lo Stato ebraico e alcuni paesi arabi non risalgono a ieri, e sono precedenti rispetto alle recenti normalizzazioni (Marocco ed Emirati) ed a quelle che ci si attende nel futuro (Arabia Saudita).
Il Marocco, da solo, ha spiato più di 10 000 numeri di telefono, dunque quasi un quinto del totale. Il 60% dei numeri attenzionati (6000) sono algerini, a dimostrazione di quanto sia ampia l’attività di spionaggio del Regno dello Sceriffato nei confronti dell’Algeria, e delle intenzioni bellicose di questo paese nei confronti del vicino.
L’esposizione dell’Algeria a una simile cyber-criminalità è stata spesso evocata dal Ministro delle Comunicazioni, signor Ammar Belhimer, suscitando l’incredulità (la malafede?) diffusa di coloro che hanno allegramente galleggiato sull’Hirak. Se ne è parlato in diversi articoli e interviste, indicativi della perspicacia delle sue analisi. Alcune dichiarazioni sono state perfino ampiamente riprese dall’emittente israeliana I24.
È stato nel mezzo del tumulto mediatico suscitato da un simile gigantesco affaire di spionaggio, che Reporters Sans Frontières (RSF), ribattezzata Ragotards Sans Foi (ni loi) – Pettegolezzi privi di credibilità (e fuorilegge), ndt – ha cercato di portare avanti la sua missione di denigrazione dell’Algeria. Ricordiamo che, fin dagli esordi dell’Hirak, questa organizzazione ha ininterrottamente calunniato, denigrato e diffamato l’Algeria. Si ricorderanno il suo coinvolgimento nella risoluzione dell’Unione Europea di fine novembre 2020, e le sue numerose dichiarazioni incendiarie a proposito dell’Algeria.
Vergognosamente, RSF ha pubblicato un articolo nel quale accusa l’Algeria di essere un cliente di NSO, e quindi di avere utilizzato lo spyware Pegasus.
Khaled Drareni, « autoproclamato » giornalista dell’Hirak e, per inciso, corrispondente di RSF, ha ovviamente rilanciato questo articolo, come qualsiasi dipendente al libro paga di qualcuno.
Quello che è stato presentato come un « grande » ed « eminente » giornalista dinanzi al Signore non si è preoccupato di leggere tutte le tante inchieste (per una volta!) ben documentate, pubblicate dai media, soprattutto anglosassoni, nelle quali l’Algeria viene indicata come una vittima innocente dello spionaggio marocchino. Deve essersi rallegrato all’idea che l’Algeria fosse coinvolta nello spionaggio di quei « democratici » delle ONG, di quegli islamisti offshore o di quei makisti separatisti che difende con le unghie e con i denti. Deve avere cercato a lungo, sperando di trovare anche il suo numero nella lista degli spiati, per dare così un po’ d’acqua al mulino delle bufale di RSF.
I commenti degli internauti non si sono fatti attendere.
Un altro fatto che dimostra la strumentalizzazione del caso di Khaled Drareni da parte di RSF contro l’Algeria : la storia del suo striscione. Nonostante che l’« autoproclamato » giornalista dell’Hirak sia stato liberato nel febbraio del 2021, la « pubblicità » del suo arresto è ancor oggi visibile a Parigi.
Può RSF spiegarci cosa ci faccia una simile propaganda menzognera nelle strade di Parigi? L’hashtag #Freekhaled è forse ancora di attualità e noi non ce ne siamo accorti? O è solo un altro modo di vomitare veleno sull’Algeria?
Drareni non è stato ovviamente l’unico a impegnarsi in questa attività calunniosa. Il suo compare Hamdi Baala gli è venuto in soccorso, chiedendo a RSF (sic!) se le loro informazioni fossero corrette, nonostante contraddicessero tutto quello che era stato pubblicato dei media internazionali!
Ehi, signor Baala, se lo dice RSF sarà vero, o no?
E lei, RSF, confermi la notizia, in modo Baala che possa continuare gioiosamente a rotolarsi nel pantano della compromissione cui sembra tanto affezionato!
Ma la risposta non è stata all’altezza delle speranze. Dannazione!
Come ho già detto in precedenti articoli, Hamdi Baala e Khaled Drareni sono entrambi collaboratori di Radio M, un media legato ai Servizi francesi che è finanziato dal Quai d’Orsay e intrattiene relazioni privilegiate con CFI (Canal France International), anch’esso finanziato dal Ministero degli Affari esteri francese. Si capisce quindi perché se la intendano tra di loro come fossero comparielli.
L’articolo è stato quindi corretto da RSF e l’Algeria è stata ritirata dalla lista dei clienti di NSO con vivo disappunto del « compariello » Baala.
La tentazione era tanto forte che dei giornalisti come Drareni o Baala non potevano resistervi. L’imbroglio era evidente, ma il danno è stato fatto. Bisogna pur dire che l’odio è troppo viscerale e brucia dentro. Di tanto in tanto trafigge ed esala fumi sulfurei, il fetido odore di Satana.
Un internauta non ha esitato a metterli di fronte ai dati reali, accusandoli di avere divulgato informazioni errate per scopi puramente ideologici.
Il 23 luglio 2021, l’ambasciatore d’Algeria in Francia ha querelato RSF per diffamazione. Si può leggere:
« Oltre al carattere diffamatorio e menzognero, queste accuse inammissibili attengono all’attività di manipolazione portata avanti da RSF, ben nota per il suo accanimento nei confronti dell’Algeria ».
Da quale parte si schiereranno i « comparielli » Drareni e Baala? Da quello legale dell’Algeria o da quello calunnioso di RSF?
Ma è una domanda retorica, vero?
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