Paradosso algerino: proteste senza slogan politici
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L’Expression, 10 gennaio 2011
Paradosso algerino. Proteste senza slogan politici
di Karim Aimeur
E’ paradossale che un movimento di protesta di ampia portata, che ha coinvolto tutte le regioni del paese, non esprima slogan politici e chiare rivendicazioni
Bizzarria o frutto di una precisa strategia? I devastanti movimenti di protesta che hanno coinvolto tutte le regioni del paese non hanno espresso alcuno slogan politico. Altro fatto strano, i ribelli hanno manifestato la loro rabbia contro gli edifici pubblici e altre proprietà private, senza esprimere alcuna chiara rivendicazione sociale.
I rivoltosi che al loro passaggio portano tutto via con loro non hanno scandito alcuno slogan, non hanno sventolato alcuna bandiera e non hanno formulato alcuna domanda. Se la causa diretta che ha provocato i fatti è stata l’aumento indecente del prezzo dell’olio e dello zucchero, non di meno gli osservatori lo considerano come la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Perché, a ben vedere, le cause reali della rivolta popolare sono lontane dall’essere unicamente l’aumento dei prezzi. I manipolatori hanno giocato sui sentimenti dei giovani frustrati per le difficili condizioni di vita quotidiana per farli scendere in piazza.
I moti non hanno fatto altro che rendere esplicite frustrazioni da molto tempo sedate.
E questo spiega, in parte, questi movimenti spontanei, privi di ogni direzione, senza slogan politici né rivendicazioni di alcun genere.
Il ministro dell’interno e delle comunità locali ritiene, in una intervista all’AFP, che “una parte dei giovani dei quali conosciamo peraltro La difficile situazione, si è posta in una posizione di frattura totale in rapporto al resto della società (…) Questi giovani hanno obbedito solo ad istinti revanscisti”.
Gli osservatori spiegano che questa situazione conferma la distanza incolmabile scavata tra la società e i suoi rappresentanti a tutti i livelli.
La quale distanza è la conseguenza della non strutturazione della società su basi solide. “La società, che è urgente liberare e democratizzare, non è strutturata su buone basi”, ha affermato il politologo Mohamed Hadef. Che spiega come l’assenza di direzione e di slogan è dovuta all’inesistenza di una attività politica nobile.
E tuttavia, afferma il politologo, anche se non ci sono slogan politici, questi avvenimenti produrranno “risultati politici che si conosceranno nel giro di qualche settimana”.
Secondo gli osservatori della situazione politica del paese, i fatti sono chiari: nessun partito politico è in grado di mobilitare le folle e di avere una qualche influenza sulla società.
Inoltre i giovani che si ribellano rifiutano qualsiasi etichetta politica e sono totalmente insensibili, come si è già avuto modo di appurare, agli appelli alla mobilitazione lanciati dalla classe politica.
Il tasso di astensionismo alle elezioni ne è la prova irrefutabile.
I partiti e le organizzazioni della società civile, colti di sorpresa e sorpassati dagli avvenimenti, non hanno saputo fare altro se non fare appello ai manifestanti perché si esprimessero pacificamente, denunciando gli atti di vandalismo e la distruzione dei beni pubblici e privati.
Essi hanno anche fatto appello affinché il movimento di contestazione si dotasse di una dirigenza politica.
Ma da chi dovrebbero essere diretti se non dai partiti politici e dalla società civile? Altro fatto saliente, gli Algerini possono manifestare la loro collera pacificamente in un clima segnato dal perdurare, dopo 19 anni, di uno stato di emergenza e da restrizioni imposte a ogni movimento popolare?
Le manifestazioni dei medici, degli insegnanti e di altre categorie professionali non sono forse stati repressi nonostante il loro carattere pacifico? Questa assenza di direzione politica e di slogan non riguarda tuttavia solo gli ultimi moti scoppiati un po’ dappertutto nel paese.
I moti quotidiani del decennio trascorso , i ricorrenti blocchi stradali, i sit in davanti ai pubblici uffici, sono tutti maturati al di fuori di ogni direzione politica della società civile.
Vale a dire la disaffezione della società civile nei confronti di tutto ciò che rappresenta lo Stato.
Frattanto il ministro dell’interno e delle comunità locali ha dichiarato a AFP che “il popolo è cosciente e dà prova, nella maggioranza dei casi, di pazienza e fiducia”.