L’autocratica anticorruzione saudita
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Middle East Eye, 6 novembre 2017 (trad. ossin)
L’autocratica anticorruzione saudita
Madawi Al-Rasheed
E’ difficile pensare che possa nascere un nuovo regno ultramoderno ed economicamente avanzato dopo queste pugnalate alle spalle e queste epurazioni ai massimi livelli
Quella del 4 novembre può davvero essere chiamata « la notte dei lunghi coltelli » in Arabia saudita.
E’ cominciata col siluramento del principe Mitab ben Abdallah, figlio del defunto re Abdallah e capo della Guardia nazionale saudita, una forza tribale creata per proteggere la famiglia reale e le principali regioni petrolifere del regno.
Controllare gli apparati coercitivi sauditi
Sin dal suo consolidamento negli anni 1960, con l’aiuto della Gran Bretagna, la Guardia nazionale saudita (SANG) è andata perdendo il carattere di milizia tribale creata dai combattenti ikhwan (protagonisti del jihad contro i Saud nei primi anni del regno), per diventare una forza paramilitare moderna che funge da contrappeso all’esercito e alle altre forze di sicurezza.
All’epoca, il regime optò per una pluralità di forze coercitive, al comando di differenti principi, per paura di colpi di Stato militari sull’esempio di quelli che vi erano stati in Egitto, in Siria e in Iraq negli anni 1950 e 1960. Dopo alcuni tentativi di golpe da parte di ufficiali dell’esercito alla fine degli anni 1960, il regime del re Fayçal decise che una pluralità di forze militari avrebbero assicurato l’ordine meglio di un solo esercito forte e unito.
La Guardia nazionale (SANG) è diventata la base del potere e il feudo di re Abdallah, e in essa sono stati mantenuti rapporti clientelari con le tribù dell’Arabia Saudita. Il figlio maggiore, Mitab, ha ereditato la carica di comandante della Guardia nazionale durante il regno di suo padre, ma con la feroce volontà di Mohammed ben Salman di assumere il controllo di tutti gli apparati coercitivi sauditi, compresi l’esercito e le forze di sicurezza, la Guardia nazionale era oramai l’ultima unità rimasta nel mirino.
Posto che nessuna opposizione di una qualche consistenza nei confronti di Mohammed ben Salman potrebbe venire da principi che non dispongano di una milizia, quest’ultimo intendeva sottrarre a suo cugino il controllo sull’ultimo corpo paramilitare in grado potenzialmente di mettere in forse il suo regno.
Sorprende che abbia atteso tanto.
Epurazione senza precedenti
Quando Mohammed ben Salman è giunto al potere nel 2015, era inevitabile che Mitab fosse bruscamente rimosso dalle sue funzioni, come il suo altro cugino, il principe ereditario Mohammed ben Nayef, che era stato silurato e posto agli arresti domiciliari in luglio. Mohammed ben Salman ha avviato una epurazione senza precedenti in seno alla famiglia reale e tra i principi di seconda generazione più importanti, che avrebbero potuto costituire pericoli potenziali nella sua conquista del potere.
Egli è oramai sovrano di fatto e non tarderà a diventare re anche di diritto. Ciò dipenderà dalla decisione del padre di abdicare o di sottomettersi alla volontà del giovane figlio. Precipitato Mitab nell’oblio, adesso Mohammed ben Salman volge la sua attenzione verso i principi più ricchi, timoroso che i loro imperi finanziari possano essere messi in campo nelle future lotte di potere.
A poche ore dal varo di un decreto reale che istituisce una commissione anticorruzione presieduta proprio dal principe ereditario Mohammed ben Salman, undici principi e diversi ministri sono stati arrestati e posti in stato di detenzione. Una epurazione calcolata e premeditata ai più alti livelli ha sconvolto la pace nelle prime ore della notte.
L’annuncio ufficiale saudita non ha rivelato l’identità della maggior parte dei principi arrestati, ma si sa che tra loro vi è certamente l’investitore privato miliardario, il principe Al-Walid ben Talal, proprietario di Kingdom Holding Company. I principi ricchi dispongono di mezzi finanziari che possono contestare il potere di Mohammed, finanziare la dissidenza all’estero e accendere la critica mediatica sulle politiche economiche e sociali di Mohammed ben Salman.
Nel caso di Walid ben Talal, il suo ambito finanziario e i suoi investimenti potrebbero inoltre essere concorrenziali con quelli del progetto economico « Vision 2030 » di Mohammed ben Salman. Infine il suo impero mediatico, Rotana, con l’ampia copertura che assicura all’attualità saudita, potrebbe ritorcersi in qualsiasi momento contro il principe in erba.
Anche alcuni ministri nominati da Mohammed ben Salman hanno perso il posto, sempre col pretesto della lotta alla corruzione. Il ministro dell’economia, Adil Fakih, è stato sostituito da Mohammed al-Tuwaijri, che potrebbe facilitare ulteriori privatizzazioni e programmi di saudizzazione conformi ai piani economici del principe.
Il controllo del principe
Come se tutto questo non bastasse, nel corso della stessa notte gli abitanti di Riyadh sono stati colti dal panico quando hanno sentito il boato di una forte esplosione. Si trattava in realtà di un missile balistico lanciato dallo Yemen in direzione dell’aeroporto di Riyadh. Le autorità hanno annunciato che il missile è stato intercettato e non ha fatto vittime.
Dopo tre anni di guerra in Yemen, cominciata col pretesto di difendere i confini meridionali sauditi, la vittoria che Mohammed ben Salman aveva anticipato quando era ministro della Difesa e principe ereditario non c’è stata. I missili yemeniti sono in grado oramai di raggiungere il centro della capitale del regno. Solo la vasta epurazione ai livelli più elevati ha potuto stemperare l’impressione provocata dall’episodio del missile.
Mohammed ben Salman si sente forse oramai sicuro dopo avere destituito i suoi cugini rivali, inflitto divieti di viaggio ad altri e posto il resto in stato di detenzione strettamente controllata in hotel a cinque stelle di Riyadh.
Tuttavia, sentirsi sicuro nel fuoco di iniziative così altamente rischiose non è forse la condizione ideale per un giovane autocrate che si è dimostrato intollerante anche verso il silenzio. Egli pretende che tutti appoggino pubblicamente i suoi piani.
Quelli che non lo appoggiano e non applaudono pubblicamente le sue iniziative rischiano il carcere, proprio come è accaduto quando il principe ereditario ha fatto arrestare diversi responsabili religiosi e individui, colpevoli di avere semplicemente taciuto sul tema della crisi col Qatar.
E’ difficile pensare che possa nascere un nuovo regno ultramoderno ed economicamente avanzato dopo queste pugnalate alle spalle e queste epurazioni ai massimi livelli. Non esiste un potere giudiziario indipendente che possa trattare gli affari di corruzione, né un consiglio reale familiare che possa contenere il giovane principe erratico, né una opposizione organizzata credibile che possa contrastare il controllo assoluto di ben Salmane sul paese.
In questa situazione, solo la violenza diventa possibile, quando gente capace di commettere atrocità verrà a riempire il vuoto creato dal governo autocratico di Mohammed ben Salmane, che ha ridotto al silenzio perfino i suoi stessi cugini, senza parlare dell’umile gente comune che non ha alcun tipo di potere in grado di sfidarlo.
L’Arabia saudita è stata sempre governata da diversi feudi di principi anziani, ma Mohammed ben Salman ne sta facendo oggi il suo esclusivo campo da gioco.
- Madawi Al-Rasheed è professoressa all’Istituto per il Medio oriente della London School of Economics. Ha scritto molto sulla penisola arabica, le migrazioni arabe, la mondializzazione, il transnazionalismo religioso e le questioni di genere. Potete seguirla si Twitter : @MadawiDr