Le ultime cartucce del regime Biya
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Cameroun Esasperato dalle manifestazioni di disprezzo nei suoi confronti – corruzione, rialzo dei prezzi dei prodotti di prima necessità, progetto di revisione della Costituzione, - il popolo è esploso nel corso di ribellioni represse violentemente, le cui dimensioni rivelano l'enorme divario tra il popolo stesso e la classe politica.
Le ultime cartucce del regime Biya
di Constant Saband
Come interpretare le rivolte che hanno scosso fortemente il Camerun a fine Febbraio scorso? Come una macchinazione dell’opposizione per ottenere dalla piazza quello che non era riuscita ad ottenere dalle urne, come crede il presidente del Camerun Paul Biya ? Come lo sfogo collettivo di una popolazione stanca di subire l’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità e l’incompetenza di un potere politico deciso a comandare per sempre, secondo la versione dell’opposizione?
Una presidenza a vita ?
Queste interpretazioni del tutto contraddittorie mostrano quale sia l’entità della frattura che ormai divide la classe dirigente del Camerun dal popolino. La rottura, come analizza un politologo, ha raggiunto un punto di non ritorno, e questo spiega la violenza con cui la collera del popolo si è espressa per le strade, così come la violenza inaudita della repressione che ne è seguita da parte dalle forze dell’ordine.
Dopo l'episodio delle famose "città morte" che aveva paralizzato Douala, la capitale economica del Camerun, agli inizi degli anni '90, non c'era mai stata una simile ribellione nel paese. Questo aveva fatto ritenere a diversi studiosi che il popolo, esasperato dai diversi tentativi che, alla fine, non erano riusciti a piegare il potere di Yaoundé, si fosse rassegnato alla sua sorte. E’ stata senza dubbio questa la lettura fatta dal regime Biya, che, da allora, ha moltiplicato di atti di disprezzo verso la popolazione : appropriazione di beni pubblici, aumenti successivi e sconsiderati dei prezzi dei beni di prima necessità, programma varato dal presidente di revisione della Costituzione al fine di potersi aggiudicare, nel 2011, un nuovo mandato di sette anni, dopo ventisette anni di presenza costante in ogni affare. E’ proprio quest’ultima "grande ambizione" del presidente Biya, ovvero la presidenza a vita come un "regalo" per il suo popolo, che ha dato nuovo vigore allo sciopero proclamato dai camionisti, a fine Febbraio, per protestare contro un nuovo aumento del prezzo dei carburanti. Sicuri che il movimento si sarebbe spento ben prima, come al solito, che i provocatori professionisti reclutati dal governo fossero passati alla cassa, le autorità di Yaoundé non hanno dato alcuna importanza al fenomeno. Senza dubbio erano anche convinti che la capitale politica Yaoundè non avrebbe potuto diventare teatro di violenze eccessive, dato che le forze militari presenti erano considerate in grado di tenere la città. Doppio errore ! Le ribellioni hanno raggiunto Youndé, provocando l’ira del capo di Stato che a quel punto ha raddoppiato gli atti di panico, lasciando ammutoliti i suoi capi militari e i suoi ministri.
“I diversi specialisti in comunicazione francesi del presidente camerunese e i suoi amici tra i giornalisti dell’Esagono, che avevano da sempre costruito le loro comunicazioni sulla calma olimpica di Paul Biya, “l’uomo leone” signore di ogni cosa, che guardava tutto con distacco, ora dovranno trovare un altro asse sul quale costruire un nuovo look al loro prestigioso cliente”, ironizza un pubblicista del posto. L’immagine dell’anziano presidente ha ricevuto un duro colpo nel momento in cui è apparso all’improvviso in televisione per tenere un discorso del tutto fuori dalle aspettative di un popolo, già sconcertato dalle dichiarazioni non meno penose dei ministri della Repubblica. Come risvegliate dall’incitamento guerresco del capo supremo delle forze armate che ha dichiarato che “ogni mezzo legale di cui dispone il governo sarà utilizzato affinché la legge continui a essere forte", vale a dire al sistema politico tanto criticato a Yaoundé, le forze di sicurezza hanno dato inizio ad una serie di soprusi nei confronti di persone sospettate di essere “apprendisti stregoni che, nell’ombra, hanno manipolato questi giovani”, accusati dal capo di stato in persona.
Poi, come per rivalutare la propria immagine offuscata agli occhi del popolo, il presidente è tornato alla carica, alcuni giorni dopo, per la via traversa di due decreti che si suppone rispondano, secondo il suo parere, alle preoccupazioni dei suoi amministrati. Prima di tutto affrontando il carovita, ha aumentato del 15% i salari dei funzionari civili che nel 1993 erano stati decurtati fino al 70% prima che intervenisse la svalutazione della moneta nel gennaio 1994. Poi ordinando la diminuzione di alcuni diritti doganali su alcuni prodotti principali come il cemento, introvabile nel paese a causa delle speculazioni e dei ripetuti errori dell’unico cementificio del Camerun, in mano ad un gruppo di francesi. C’è stato bisogno dunque di diversi morti (quaranta secondo Marafa Hamidou Yaya, il ministro dell’Amministrazione territoriale e della Decentralizzazione, circa 200 secondo le organizzazioni dei diritti umani) per costringere il presidente a fare quello che avrebbe dovuto essere un banale atto di buon governo…
Pesanti condanne
Lo scatenarsi della violenza di fine febbraio avrà cosi dimostrato, agli occhi di tutti, a cominciare dai giovani, la vulnerabilità del potere di Yaoundé. Seminando il panico al vertice dello Stato, i giovani ribelli hanno infranto il mito di un potere irraggiungibile e che potrà servire da catalizzatore per future ribellioni, di più vasta risonanza.
Per una volta, il regime Biya, paralizzato per alcuni giorni, sembra aver preso nota di questo “colpo psicologico” degli apprendisti stregoni. L’astio messo sempre dalle forze dell’ordine nello scovare i presunti "capi" delle rivolte, la indicazione del leader del partito social democratico John Fru Ndi, come organizzatore di questi movimenti, da parte del ministro Hamidou Yaya in persona, sono segni sintomatici della determinazione del regime a riprendere un ascendente psicologico sull'opposizione, la società civile e il popolino, se necessario col terrore. Secondo alcune ONG dei diritti umani, coloro che fra i giovani interpellati hanno avuto la fortuna di non essere uccisi sul pasto, vengono portati in prigione durante la notte, presentati per metà nudi davanti al giudice, e condannati a pesanti pene di prigionia , dopo rapidi processi che il ministro della Giustizia considera una prova della velocità del sistema giuridico camerunese!
Il regime Biya, il cui ultimo punto di forza consiste, “tramite tutti i mezzi legali di cui dispone il governo”, nel cambiare la disposizione costituzionale che lo obbliga a lasciare la scena entro tre anni, prepara le sue ultime cartucce per sbarazzarsi di ogni resistenza politica o sociale. La sua prima arma è l’esercito che gli ha sempre obbedito per filo e per segno e che, tra le altre ricompense, non ha visto i salari delle sue truppe decurtate neanche di un centesimo, anzi. Compatto, esso continuerà ad essere la barriera dietro la quale l’uomo-leone continuerà a proteggersi per indignare il suo popolo.
Odio tribale
La seconda linea di difesa del presidente è meno degna di un capo che vuole essere repubblicano e democratico. Biya non ha condannato i redattori di un appello all’odio tribale, tra i quali il ministro della Sanità pubblica, che chiedeva a coloro non fossero di Yaoundé di “abbandonare definitivamente e rapidamente il nostro territorio. Dal momento che noni saranno più al sicuro » Molti vedono una porta aperta all’utilizzo delle milizie tribali addette a difendere la capitale politica dagli invasori provenienti da altre parti del paese. Il fatto che lo stesso ministro sia stato visto quasi pavoneggiarsi, durante una manifestazione del partito al potere alcuni momenti dopo, non ha per nulla contribuito a dissipare l'equivoco, tanto meno i tentativi fatti dagli altri ministri per correre ai ripari. « Hanno detto a voce bassa ciò che i loro fratelli pensano a voce alta », spiega il popolino.
L’ultimo asso nella manica del presidente è l’amministrazione. I funzionari che hanno appena raccolto i frutti di una lotta condotta da altri dovranno di certo raddoppiare il loro zelo, quando arriverà il momento di operare, tramite le urne, una revisione che gli apprendisti stregoni vogliono impedire scendendo in piazza. Queste ultime cartucce del regime Biya saranno sufficienti a renderlo eterno verso e contro la volontà popolare, che si convince sempre più che la piazza resti il solo mezzo per farsi ascoltare?