Come si ritocca l'immagine del dittatore Paul Biya
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Le Monde Diplomatique, marzo 2010
Adulatori francesi per dittatori africani
Al potere da ventidue anni, il presidente Paul Biya ha appena fatto modificare la Costituzione camerunese per poter ambire a un nuovo mandato nel 2011. Regolarmente condannato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, Biya può contare sul sostegno diplomatico di Parigi, ma anche sul lavoro di «comunicazione», ricco d'immaginazione, svolto dai suoi numerosi consulenti francesi
di Thomas Deltombe *
Il trasferimento a Yaoundé, nel dicembre 2009, di Christine Ockrent, direttrice generale della Società dell'audiovisivo estero della Francia (Saef) [che supporta Rfi, France 24 e Tv5 Monde] e moglie del ministro francese degli esteri Bernard Kouchner, non aveva solo l'obiettivo di «gettare le basi di un partenariato reciprocamente utile nel campo della comunicazione pubblica». Si trattava anche, spiega il quotidiano governativo Cameroon Tribune, di ravvivare «la promozione dell'immagine del Camerun, spesso appannata» (1).
Tale scrupolo non è frutto di un capriccio improvviso. Dal momento in cui Ahmadou Ahidjo gli ha ceduto la sua poltrona, nel novembre 1982, Paul Biya, 77 anni compiuti, si è affidato ai «comunicatori» francesi che prestano i propri servizi ai presidenti africani (2).
In un paese in cui all'epoca regnavano una temibile polizia politica e un partito unico, dove la stampa era censurata e la televisione reticente, e dove la tortura era ancora correntemente utilizzata, la presenza di specialisti del marketing politico, esperti nell'uso della cravatta e nello smussare gli spigoli, era in qualche modo incongrua. Ma il ruolo dei comunicatori francesi in Africa non è solo quello di migliorare l'immagine di un presidente nel suo paese: consiste anche nel lustrarla nei «paesi amici», Francia in testa, grazie a reportage vetrina e viaggi per la stampa. Punta inoltre a «fluidificare» le relazioni informali con Parigi. «Quando un capo di stato africano contratta con un consulente in comunicazione bianco, francese, non acquista mai solo una consulenza tecnica - ci spiega il giornalista Vincent Hugeux, autore di un libro edificante sull'argomento (3). Acquista anche, o crede di acquistare, un collegamento privilegiato con il centro del potere francese, nel caso specifico con l'Eliseo».
Questo meccanismo trova la sua migliore rappresentazione nel Camerun degli anni '80. È nel momento in cui il potere di Biya è meno sicuro, e si assiste persino, nel 1984, a un tentativo di colpo di stato, che egli si serve di Claude Marti e Jean-Pierre Fleury. Il primo, vicino a Michel Rocard, era stato un tempo consulente di François Mitterrand. Quanto al secondo, a capo dell'agenzia Adefi, all'epoca era associato a Jean-Christophe Mitterrand. Se Biya li ingaggia, è perché Ahidjo, che sarebbe stato allontanato dall'ascesa al potere di Mitterrand nel 1981, cerca di recuperare un potere, che, ne è convinto, gli appartiene.
Un covo segreto sulla Costa Azzurra In questo turbolento contesto, nel quale le voci di complotto riecheggiano a Yaoundé e nel quale si agitano, a Parigi, dei gruppi «francafricani» concorrenti, il gioco dei comunicatori supera la semplice propaganda, e persino il «traffico di condizionamenti legali» descritto da Hugeux.
Le agenzie di comunicazione tendono a trasformarsi in covi di informazioni.
Perlomeno è ciò che accade a quella di Fleury: Adefi spia gli oppositori camerunesi presenti in Francia e filma i loro raduni parigini. Ancora più inquietante è l'uso da parte del potere camerunese, nello stesso periodo, di Jacques Tillier, all'epoca reporter del Journal du dimanche. Incaricato di promuovere Biya nelle colonne del suo giornale, Tillier era anche inviato in missione dal capo della Sicurezza nazionale camerunese: egli allestisce, in Francia, un covo segreto per sorvegliare Ahidjo, all'epoca residente in Costa Azzurra. Bisogna dire che Tillier è uno «specialista». Ex agente della direzione della sorveglianza del terrorismo (Dst), egli, entrato nel settimanale di estrema destra Minute, si era reso celebre nel 1979, quando cercò di intervistare Jacques Mesrine. Spazientito dai metodi del giornalista, il gangster lo ferì con tre colpi di pistola.
Rivelate dalla stampa nell'estate del 1986, le attività di Tillier in favore del regime Biya provocarono delle turbolenze. All'interno della redazione del Journal du dimanche innanzitutto, che si dilanierà per tre anni. E nelle relazioni franco-camerunesi, ufficiali e ufficiose.
Da noi contattato, non vuole ritornare su quell'episodio; quanto al suo collega del Journal du dimanche che aveva determinato la «fuga» del dossier, François Mattei, non si mostra più loquace. Ex giornalista del Minute anche lui, e rivale di Tillier all'interno del settimanale domenicale, egli non sarebbe - a dire di quelli che l'hanno frequentato in quel periodo - il «cavaliere senza macchia» che ha voluto far credere. Con la morte, nel 1989, di Ahidjo, lo scomodo predecessore, e il ripristino nel 1990 del multipartitismo, concesso su pressione popolare, i consulenti in comunicazione di Biya tornano a compiti più classici: dare del Camerun, a dispetto della repressione che continua ad abbattersi sull'opposizione, l'immagine di un paese «democratico» dove si svolgono elezioni «libere e pluraliste».
Per le elezioni presidenziali del 1992, viene scelto Jacques Séguéla, autore di due campagne di François Mitterrand. Egli trasforma Biya, sui manifesti elettorali, in «uomo-leone». L'immagine, ruggente, a prima vista appare azzardata per qualificare un uomo taciturno, il cui stile potrebbe avvicinarsi di più all'anacoreta tropicale o al burocrate brejneviano. I maligni ritengono tuttavia che l'analogia con il re degli animali, che fa volentieri le fusa, non sia fuori luogo.
Di rielezione in rielezione (1992, 1997, 2004), Biya passa in effetti sempre più tempo in congedo: all'estero, nei palazzi di lusso de La Baule e di Ginevra, e nel suo villaggio natale di Mvomeka'a, a sud del paese. Delegando gran parte del suo lavoro, si è meritato i soprannomi di «onni-assente», di «eterno villeggiante» e di «re fannullone».
Mentre l'uomo-leone resta nell'ombra, la sua seconda moglie, Chantal, di trentasei anni più giovane, attira su di sé i riflettori. La presidenza conta sulle sue «opere caritatevoli» per ridare un po' di colore a quello che chiamano in Camerun, dal 1982, il «regime di Rinnovamento».
La posizione «umanitaria» della Fondazione Chantal Biya permette di ammortizzare le critiche indirizzate a suo marito. La posa apparentemente apolitica permette soprattutto di calamitare verso il patronimico presidenziale [Biya, ndt] sostegni internazionali che altrimenti non si sarebbero manifestati. Se Claude Marti ha ripreso servizio per conto della Fondazione, è Patricia Balme che sembra aver giocato il ruolo principale. Ex giornalista - al Journal du dimanche poi a Jours de France - divenuta consulente in comunicazione, Balme ha lavorato successivamente per Michèle Alliot-Marie, attuale ministro della giustizia, e Renaud Dutriel, già ministro dei governi Jean-Pierre Raffarin e Dominique de Villepin. Balme lavora oggi per Biya, per il presidente centro-africano François Bozizé e per l'ex primo ministro ivoriano Alassane Ouattara.
Sotto contratto con il presidente camerunese da dieci anni, Balme ha sin dall'inizio concentrato i suoi sforzi sulla sanità. «In Camerun - riconosce - paga molto di più portare la stampa medica sull'Aids che i giornalisti da strapazzo (4)». Balme ha così «fatto venire» a Yaoundé, all'inizio degli anni 2000, i professori Luc Montagnier e Robert Gallo, scopritori del virus dell'immunodeficienza umana.
Dotata di garanti così prestigiosi, la signora Biya ha in seguito potuto lanciarsi in una carriera internazionale che l'ha portata a diventare «ambasciatrice di buona volontà» dell'Unesco e a farsi fotografare accanto a personalità così diverse come Paris Hilton, Mia Farrow, Jany Le Pen o Michelle Obama.
Grazie alla «filantropia» che nasconde i veri obiettivi, e ai garanti internazionali che rassicurano i perplessi, sono numerosi quelli che si prestano alla mistificazione. È il caso della stampa panafricana, vero e proprio aspirapolvere di publireportage. Ma è anche il caso, più sorprendentemente, delle edizioni Karthala, che hanno pubblicato nel 2008 un «omaggio» rassicurante alla signora Biya (5). «Abbiamo pubblicato quest'opera senza necessariamente condividere in toto lo stile», si difende il direttore, Robert Ageneau. Lanciato dal serraglio progovernativo camerunese, e infiocchettato da una prefazione del professor Montagnier, il libro è stato acquistato in centinaia di copie dalla... Fondazione Chantal Biya. «Con i tempi che corrono non è trascurabile», riconosce Ageneau, un po' imbarazzato.
Il tenero biografo del «satrapo di Yaoundé» Il contesto attuale in Camerun è più favorevole che mai agli esperti in pubbliche relazioni. Dopo aver modificato la Costituzione per poter ambire a un nuovo mandato (2011-2018), l'anziano presidente suscita molteplici critiche. Quelle della popolazione camerunese, innanzitutto, metà della quale vive sotto la soglia di povertà. Inoltre, quelle delle organizzazione non governative (Ong), che dubitano che il programmato proseguimento del massimo incarico da parte di Biya possa frenare la corruzione endemica, le frodi elettorali, le estorsioni della polizia e altri attacchi alle libertà pubbliche che caratterizzano il suo regno (6). Inoltre, egli ha ereditato, dopo la morte del suo omologo Omar Bongo, nel giugno 2009, il titolo poco glorioso di «decano della "Franciafrica"».
Si tratta dunque di «ripulire» l'immagine presidenziale. Balme è al lavoro da mesi. Dal suo piccolo appartamento nel XVI arrondissement di Parigi, parla con fierezza del suo lavoro: creazione di siti internet in onore della coppia Biya, acquisto di spazi pubblicitari nella stampa francese, pressioni nei cenacoli parigini, ecc. Si vanta persino di essere andata di persona negli studi di France 24 («Une semaine en Afrique», 10 settembre 2009) per prendervi le difese di Biya, attaccato per essersi regalato vacanze molto costose a La Baule (800.000 euro). Se la signora Balme si espone a tal punto, è perché altri hanno adocchiato il gruzzolo della comunicazione politica camerunese, che è stimato in milioni di euro (7). Stéphane Fouks, presidente esecutivo di Euro Rscg (gruppo Bolloré) e già braccio destro di Séguéla, si è recato due volte in Camerun, nel 2009, per convincere Biya a «sviluppare una comunicazione più attiva (8)». Quanto a Yasmine Bahri Domon, proprietaria di Stratline Communication, descrive ghiottamente, nel sito dell'agenzia, il «piano di comunicazione globale» che ha appena siglato con le autorità camerunesi. Si tratta esclusivamente di «comunicazione economica», precisa, definendo l'aiuto che porta, d'altra parte, alla Fondazione Chantal Biya come semplice «mecenatismo». Le edizioni Balland, dal canto loro, hanno pubblicato all'inizio del 2009 una biografia piena di riguardi sul «satrapo di Yaoundé» (9). Il suo autore altri non è che Mattei, l'ex giornalista del Journal du Dimanche che denunciava, venti anni prima, le turpitudini pro-Biya del suo collega Tillier... Difendendosi dall'accusa di essere telecomandato, ci tiene a convincerci che è in maniera «puramente giornalistica» che si è infatuato di Biya. La passione, a ogni modo, è stata tale che il giornalista ha deciso immediatamente di scrivere trecento cinquanta pagine - in sei settimane - su questo eroe misconosciuto che confessa di non aver mai incontrato...
Nella trasmissione «On n'est pas couché!», su France 2, il 30 maggio 2009, un invitato interpellava a tal proposito Eric Naulleau, direttore delle edizioni Balland e ospite fisso del programma di Laurent Ruquier.
L'editore-animatore, che sapevamo più mordace, ribadiva che l'agiografia era stata pubblicata a sua insaputa, da uno dei suoi soci, per rimpinguare le casse della casa editrice. Il regime di Yaoundé ne ha ordinate una caterva, sia nella versione francese che nella traduzione inglese (10). In previsione dell'annunciata campagna presidenziale.
note:
* Giornalista.
(1) «Communication publique: de nouvelles perspectives de coopération» (Comunicazione pubblica: nuove prospettive di cooperazione), Camerun Tribune, Yaoundé, 15 dicembre 2009.
(2) Vedi Christophe Champin e Thierry Vincent, «Agenzia francese vende presidente africano», Le Monde diplomatique/il manifesto, febbraio 2000.
(3) Vincent Hugeux, Les Sorciers blancs. Enquête sur les faux amis français de l'Afrique, Fayard, Parigi, 2007.
(4) Vincent Hugeux, op. cit., p. 211.
(5) Beatrix Verhoeven, Chantal Biya, la passion de l'humanitaire, Karthala, Parigi, 2008.
(6) Cfr. Amnesty International, «Cameroun. L'impunité favorise les atteintes constantes aux droits humains» (Camerun. L'impunità favorisce gli attacchi costanti ai diritti umani), 29 gennaio 2009; www.amnesty.org/fr
(7) Secondo le stime del giornalista e blogger Dibussi Tande, le autorità camerunesi sborsano circa 7,5 milioni di euro all'anno solo per i publireportage piazzati nella stampa internazionale (Scribbles from the Den. Essays on Politics and Collective Memory in Cameroon, Langaa Rpcig, Bamenda, 2009, p. 194).
(8) «M. Stéphane Fouks, président exécutif de Euro Rscg Worldwide, reçu en audience au Palais de l'unité» (Stéphane Fouks, presidente esecutivo di Euro Rscg Worldwide, ricevuto in udienza al Palazzo dell'unità), 12 giugno 2009; www.presidenceducameroun. com
(9) François Mattei, Le Code Biya, Balland, Parigi, 2009.
(10) Cfr. «Hagiographie: des fonds publics pour acheter Le Code Biya» (Agiografia: fondi pubblici per acquistare Le Code Biya), Le Messager, Douala, 7 luglio 2009.
(Traduzione di V.C.)