Siria, ottobre 2011 - A voler credere ai leader delle potenze imperialiste, che si mostrano candidi e ingenui, la Siria sarebbe stata in questi mesi l’arena dove si confrontano, da un lato, le “forze del male” incarnate dal regime e dai suoi amici iraniani e, dall’altro lato, le “forze del bene” impersonate dall’”anima immortale” di un “popolo buono” per natura, malauguratamente ridotto dal “Tiranno di Damasco” in una plebaglia di schiavi (nella foto, Bashar Al-Assad)








Le Grand soir, 29 settembre 2011


La cosiddetta “rivoluzione” siriana: una guerra imperialista contro la Siria
Fida Dakroub


A voler credere ai leader delle potenze imperialiste, che si mostrano candidi e ingenui, la Siria sarebbe stata in questi mesi l’arena dove si confrontano, da un lato, le “forze del male” incarnate dal regime e dai suoi amici iraniani e, dall’altro lato, le “forze del bene” impersonate dall’”anima immortale” di un “popolo buono” per natura, malauguratamente ridotto dal “Tiranno di Damasco” in una plebaglia di schiavi


Il ritorno del colonialismo
E’ certo che questo approccio superficiale alle violenze in Siria, che divide il terreno in due campi, quello del Bene (la sedicente “opposizione”) e quello del Male (il regime), gioca un ruolo argumentum ad captandum vulgus nel giustificare le ambizioni dell’imperialismo francese e inglese nell’Africa del Nord e nel Levante, da cui vennero cacciati dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Basti pensare all’ultima visita di Sarkozy e Cameron, i colonnelli dell’operazione militare delegata dal triumviratus (Sarkozy, Cameron e Obama), in Libia; una visita che ha preparato la tavola dove cucinare e condire il bottino del “dopo Gheddafi”. I due congiurati sono andati a Tripoli per celebrare la loro vittoria, scortati dai gorilla locali del CNT e dai loro propagandisti ciarlatani, insieme ai tamburi alle trombette e ai cembali dei media occidentali “principali” e di quelli arabi “subordinati” (1)
A maggior ragione è incontestabile che le forze imperialiste abbiano preparato le loro artiglierie pesanti contro la Siria e il suo regime, non appena il sedicente “re dei re d’Africa”, Gheddafi, fosse stato liquidato. Per far ciò è nato un nuovo triumviratus (Sarkozy, Erdogan e Obama). E i tre triumviri gridano: “Cartago delenda est! Dobbiamo sbarazzarci del tiranno di Damasco!”


Il casus belli
Da allora la Siria è bersaglio di una guerra sistematica (mediatica, diplomatica e anche armata), organizzata secondo gli sviluppi degli avvenimenti sul terreno. L’esempio più significativo di questa feroce campagna ci viene fornito dal ministro francese degli affari esteri, Alain Juppé che ha denunciato dei “crimini contro l’umanità” in Siria. “Si constata che il regime siriano ha commesso crimini contro l’umanità”, ha dichiarato a Mosca il 7 settembre (2)
Inoltre migliaia di canali televisivi, radio, giornali, siti e reti sociali in internet, dappertutto nel mondo, bombardano intensivamente il regime siriano con aggettivi diabolici che mirano a screditarlo di fronte alla piazza araba ed a presentarlo come un fenomeno semplicemente selvaggio, privo di ogni carattere umano, dunque di ogni diritto di esistere. Aggiungiamo che gli Stati Uniti e l’Unione Europea continuano ad invitare il presidente siriano Bachar Al-Assad a dimettersi: “E’ necessario per lui che lasci il potere”, ha dichiarato la signora Ashton; “Nell’interesse del popolo siriano, è venuto il tempo per il presidente Assad di ritirarsi”, ha spiegato Obama; “Le gravi violazioni dei diritti dell’uomo in Siria contro i manifestanti potrebbero configurare dei crimini contro l’umanità” si legge in un rapporto del 17 agosto dell’Alto Commissario ai diritti dell’uomo dell’ONU. (3)


La propaganda imperialista

Bisogna qui notare che in tutti i rivolgimenti politici seri c’è lo zampino della macchina mediatica dell’Egemonia imperialista. Basta ricordare il caso della “Grande menzogna” di George Bush a proposito delle armi di distruzione di massa in Iraq. E che fosse una menzogna è dimostrato dal fatto che, dopo più di dieci anni dall’invasione USA dell’Iraq, le amministrazioni statunitensi che si sono succedute non hanno offerto alcuna prova che questo paese possedesse delle armi di distruzione di massa. Ciò che significa che il mondo è stato vittima di una macchinazione di disinformazione. Va da sé che le recenti violenze che scuotono la piazza siriana non sfuggono alla logica della macchinazione, della menzogna e delle manipolazioni mediatiche.
A voler credere ai media dell’Egemonia imperialista, dei militanti pacifisti e dei manifestanti non violenti avrebbero passato la giornata, per così dire, a fare meditazione trascendentale; e nel corso della notte, si sarebbero riuniti in pubbliche piazze per accendere candele alle anime immortali dei “martiri della libertà”; mentre il “mostro di Damasco” si trastullava nel suo harem. Tuttavia, fuori da questa ingenuità caricaturale che la macchina mediatica dell’Egemonia ha creato, si pone una domanda preliminare: Chi sono questi “militanti della libertà”, agnus Dei dei quali si tesse l’elogio tre volte al giorno: al mattino a mezzogiorno e a sera? Che cosa succede allora?
Uno dei problemi che bisogna conoscere per comprendere il paradosso siriano è che c’è effettivamente una domanda interna reale di cambiamento. Nessuno lo nega, nemmeno il regime siriano. Il ministro siriano degli affari esteri, Walid Al-Moualem, ha denunciato il 26 settembre le ingerenze straniere che manipolano le aspirazioni legittime del popolo siriano a riforme politiche, economiche e sociali, in un discorso pronunciato all’Assemblea generale dell’ONU a New York: “Le rivendicazioni del popolo sono state utilizzate come una leva da gruppi armati per seminare la discordia e sabotare la sicurezza. La Siria ha responsabilmente protetto i cittadini. Il governo ha agito per garantire la loro sicurezza e la stabilità del paese", ha dichiarato Moualem riferendosi a ciò che egli definisce ingerenze straniere. (4)
Così una grande maggioranza di siriani vogliono le riforme. Il popolo siriano è indignato da decenni per la corruzione crescente e l’oppressione degli apparati di sicurezza.


La ribellione islamista armata
E’ tuttavia è proprio questa richiesta di riforme che – come affermano le macchine mediatiche imperialiste – è all’origine delle violenze in Siria? Se è vero che vi sono delle manifestazioni in alcune città, che vi sono stati dei morti, che l’esercito è intervenuto, è altrettanto vero che la Siria è diventata un campo di battaglia tra le forze armate siriane, da un lato, e gli insorti islamisti sunniti, dall’altro, vale a dire i Fratelli Mussulmani, AlQaida e altri gruppi salafisti wahabiti.
Quello che i media a comando non dicono è che vi è una ribellione armata sostenuta dall’estero, e che la Siria di trova di fronte a un casus belli organizzato dalla NATO e gli Emirati e sultanati arabi “subalterni”. Conviene qui ricordare che Dimitri Rogozin, delegato della Federazione russa alla NATO, commentava il 5 agosto sul quotidiano moscovita Izvestia il ruolo giocato dalla NATO nell’aumento della violenza in Siria: “La NATO sta pianificando una campagna militare contro la Siria per aiutare a rovesciare il regime del presidente Bachar Al-Assad e avendo come obiettivo a lunga scadenza di predisporre una testa di ponte nella regione per l’attacco contro l’Iran” (5)
Allo stesso modo, nel corso di una intervista della emittente Euronews TV a Dimitry Medvedev, il presidente russo ha messo in guardia contro i danni che potrebbe provocare un approccio “bianco/nero” alla situazione in Siria: “I manifestanti anti-governativi in Siria non sono affatto seguaci di certi modelli raffinati della democrazia europea” (6)
Per più di un motivo gli avvenimenti in Siria rendono attuale una citazione di Lenin nel suo celebre “Un passo in avanti, due indietro”, a proposito dei movimenti rivoluzionari in Russia: “… quando vi è una lotta prolungata, ardente e accanita, di solito arriva il momento nel quale cominciano a emergere i punti di dissenso, centrali ed essenziali, la cui soluzione determinerà la fine del conflitto, e di fronte ai quali i minimi e insignificanti episodi dello scontro vengono sempre di più relegati sullo sfondo”. (7)
Indubbiamente i conflitti sociali e politici in Oriente si trasformano rapidamente in conflitti religiosi e confessionali, e le rivendicazioni sociali degenerano malauguratamente in carneficine tribali. Questa amara constatazione ci offre almeno una lettura migliore della sedicente “rivoluzione” siriana: una lettura che prende le distanze dalle fanfaronate sulla “primavera araba”, trasformatasi rapidamente in un “Inverno americano” assai funebre!
Prima di tutto è imperativo notare qui che l’Oriente costituisce uno spazio eterogeneo diviso da frontiere etniche, linguistiche e religiose diverse da quelle imposte dall’accordo Sykes-Picot (1916), dopo lo smembramento dell’impero ottomano nel 1918. E inoltre occorre ancora notare che queste frontiere interne si trasformano rapidamente in zone di conflitti sanguinosi, se un potere centrale capace di mantenere la pace viene rovesciato. Consideriamo l’esempio dell’Iraq dopo l’invasione USA.
Quanto succede in Siria ha motivazioni di ordine religioso piuttosto che sociale: tenendo conto dello storico conflitto tra l’islam ortodosso (il sunnismo) e quello eterodosso (lo sciismo). In una testimonianza sulla violenza religiosa in Siria, Hala Jaber segnala la presenza di estremisti armati (e barbuti), e di agenti provocatori dotati di molti mezzi per far degenerare le manifestazioni che cominciano pacificamente. Descrive anche dettagliatamente i gravi incidenti sopravvenuti il 18 giugno a MA’rrat al Nu’man, città del nord-ovest: “si vede che gli jihadisti vi hanno fatto regnare il terrore e hanno versato il sangue – mentre l’esercito ha tenuto un profilo basso per evitare incidenti. Il racconto dei fatti di un oppositore moderato, Mohamed Salid Hamadah, e delle torture e minacce che ha subito da parte degli estremisti sunniti fa gelare il sangue, e fa capire quale sarebbe il clima in Siria se cadesse nelle loro mani!” (8)
E’ vero che all’inizio delle violenze in Siria le proteste hanno assunto, in sintonia con gli slogan scanditi (libertà, giustizia, democrazia, rivendicazioni sociali ecc) una forma pacifica; e le rivendicazioni dei manifestanti restavano nell’ambito delle rivendicazioni sociali. Tuttavia queste proteste si sono trasformate, ben presto, in atti di violenza confessionale rivolte contro le minoranze religiose del paese, come i mussulmani eterodossi e i cristiani.


La congiura imperialista

Così gli slogan politici hanno lasciato il campo all’odio religioso. Anche se il regime politico in Siria è “contaminato” da decenni da una burocrazia corrotta e contagiosa. Ciò che non giustifica in alcun modo gli atti di barbarie commessi da fanatici religiosi contro gruppi minoritari e le istituzioni dello Stato.
In questo senso sarà pericoloso dimenticare che dietro le richieste di una parte del popolo siriano, all’inizio legittime, si nascondono in effetti gli interessi, per così dire, dei veri congiurati: un bonapartismo caricaturale francese alla Sarkozy prima di tutto, un imperialismo di carcasse USA alla Obama, un “umanismo” islamista turco alla Erdogan ed un wahabismo “illuminato” arabo alla Saudita.
Da quanto si è detto, risulta chiaro che la cosiddetta “rivoluzione” siriana è solo una macchinazione diretta dai centri di potere imperialisti, il cui obiettivo a breve termine è il rovesciamento del regime del presidente siriano Bachar Al-Assad e, a lungo termine, la rioccupazione del Medio Oriente e la ricostruzione della sua carta geopolitica: un obiettivo che ci promette, disastrosamente, un futuro catastrofico nella regione.
Per concludere ci sembra pertinente raccontare un piccolo aneddoto: “Una volta un brav’uomo immaginò che, se gli uomini affogano è solo perché sono posseduti dall’idea della pesantezza. Che si levino di testa questa convinzione e saranno al sicuro da ogni rischio di annegamento”. Questo brav’uomo è proprio il tipo dei millantatori e dei fanfaroni delle macchine mediatiche imperialiste e dei loro subordinati arabi, che credono purtroppo che i problemi del mondo arabo, come lo sviluppo sociale ed economico, l’analfabetismo, i diritti dell’uomo, le libertà, la democrazia, l’occupazione, il confessionalismo, i diritti delle minoranze, i diritti delle donne, ecc. saranno risolti quando il regime siriano sarà rovesciato.


 

(1) Secondo noi, un media subordinato è un mezzo di disinformazione dipendente da un mezzo di disinformazione principale. Quello subordinato non può assicurare un messaggio coerente al di fuori di tale dipendenza. Per esempio: i media arabi petrodollieri entrano in una relazione di subordinazione con i media occidentali principali
(2) ]
http://www.lexpress.fr/actualite/monde/syrie-juppe-accuse_10...
(3) ] Chitour, Chems Eddine.
http://www.legrandsoir.info/face-a-la-democratie-aeroportee-...
(4) 
http://french.peopledaily.com.cn/International/7605693.html
(5) 
http://www.lepost.fr/article/2011/08/11/2566824_syrie-le-rep...
(6) ]
http://rt.com/news/russia-syria-medvedev-interview-167/
(7) ]
http://www.marxists.org/francais/lenin/works/1904/05/vil1904...
(8) 
http://www.michelcollon.info/Oui-il-y-a-des-terroristes.html...

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