Crisi Siriana
Il fallimento dello stratagemma del Grande Medio Oriente
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Analisi, aprile 2012 - Ci si riunisce, si parla, si sanziona, si minaccia, poi si ricomincia. Questa storia dura da quasi venti anni. Sta diventando schizofrenia. Le minacce di “attacchi preventivi”, reiterate a sazietà, per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari, non sono più credibili, da un lato perché conoscono la verità, dall’altro perché temono le conseguenze che sanno saranno catastrofiche per i loro interessi e il loro gendarme locale
Il fallimento dello stratagemma del “Grande Medio Oriente” col falso pretesto dell’arma atomica iraniana
Djerrad Amar
Ci si riunisce, si parla, si sanziona, si minaccia, poi si ricomincia. Questa storia dura da quasi venti anni. Sta diventando schizofrenia. Le minacce di “attacchi preventivi”, reiterate a sazietà, per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari, non sono più credibili, da un lato perché conoscono la verità, dall’altro perché temono le conseguenze che sanno saranno catastrofiche per i loro interessi e il loro gendarme locale.
Anche l’Iran non crede più a questa eventualità, come ha dichiarato l’ambasciatore iraniano in Francia, Ali Ahani, in una intervista a Reuters: “Gli attacchi militari, non ci crediamo completamente”, precisando: “Ovviamente noi siamo preparati a ogni scenario per difenderci, ma non pensiamo che il regime sionista imboccherà questa strada perché subirebbe conseguenze peggiori e imprevedibili non solo per lui, ma per l’intera regione e il mondo”.
A tal proposito ricordiamo la conferma venuta dall’ayatollah Khamenei durante la cerimonia di giuramento e di consegna dei diplomi agli allievi ufficiali della Scuola Superiore: “Chiunque immagini di poter aggredire la Repubblica Islamica Iraniana, si vedrà assestare dei colpi irreparabili… gli Stati Uniti e il regime sionista devono sapere che il popolo iraniano non aggredisce alcun altro popolo, né paese, ma saprà rispondere con tutta la sua potenza, a ogni aggressione e minaccia…”.
D’altronde non si sa più, adesso, chi dovrebbe farlo, chi deve cominciare e chi deve seguire. Anche il regime sionista – che intende perfettamente le conseguenze di una simile avventura – sa di aver perduto la forza e l’iniziativa dopo la crescita della potenza dell’Iran; è la ragione per cui rivolge appelli alla “comunità internazionale” perché lo faccia lei, come dimostra un comunicato dell’ufficio del primo ministro: “La comunità internazionale deve impedire all’Iran di fabbricare delle armi nucleari che rappresentano una minaccia per la pace nella regione e nel mondo intero”. Si tratta bene, per esso, di una questione esistenziale. Il suo dilemma e paradosso, che emerge dalla sua funesta ideologia sionista, lo colloca in una posizione comica e tragica allo stesso tempo. Una posizione in cui “aggredire” o “fare la pace” conducono allo stesso risultato. Vale a dire alla sua sparizione! Il sionismo non può esistere senza espansionismo e ingiustizia, e queste portano inesorabilmente al fallimento e, quindi, alla caduta. Esso si è impantanato nell’inverosimile paradosso “né guerra né pace”. La pace indebolirebbe il suo esercito e una nuova guerra potrebbe significare il suo suicidio a causa dei nuovi rapporti di forza.
Per l’Iran “non tutto il male viene per nuocere”. Durante tutto questo tempo fatto di minacce, di embargo e di assassinii, questo paese, con saggezza e determinazione, ha optato per lo sviluppo della sua economia e dei suoi mezzi di difesa, trasformando queste avversità in punti di forza. Così, contando sulle sue proprie forze, ha registrato folgoranti progressi in materia di autosufficienza, di tecnologie, di armi difensive; ciò che ha reso particolarmente inquieti i partigiani dell’egemonia mondiale.
La Repubblica Islamica Iraniana aveva capito bene che, al posto dell’arma nucleare – in fondo costosa, inutile e condannata dalla morale – era strategicamente e tatticamente più vantaggioso sviluppare delle armi difensive; anche più accattivante: la morale sostiene la vittima e non l’aggressore. I multipli annunci di progressi nello sviluppo di questi tipo di armi sono tali che i provocatori occidentali rivedono di giorno in giorno il loro frasario bellicista. In effetti quando l’aggressore prevede una risposta della stessa portata, è meno tentato dalla sua avventura. Per L. Ivashov, ex capo di stato maggiore russo, favorevole alla consegna degli S 300 all’Iran, “…L’aggressione è meno probabile quando la vittima è in grado di infliggere dei danni intollerabili all’aggressore”. L’Iran ha avvertito, ogni volta che vi è stata una dichiarazione di minaccia, che avrebbe risposto ad ogni aggressione lanciata contro di lui. Recentemente, secondo alcuni media, Massoud Jazayeri, portavoce dei Pasdaran, ha avvertito che “ogni aggressione riceverà una risposta immediata. Noi non agiremo solo nell’ambito del Medio oriente e del Golfo Persico. Nessuna parte del territorio USA sarà al riparo dei nostri attacchi”. Perfino i ricercatori del Congresso USA definiscono ogni attacco contro l’Iran “inutile”, per il fatto, secondo il loro rapporto, che i siti sono “disseminati sull’insieme del territorio iraniano e funzionano in condizioni di sicurezza estrema”.
Il falso pretesto inventato contro l’Iran è oramai caduto in desuetudine. Secondo T. Meyssan, “i pretesi sospetti occidentali sono solo degli artifici… per isolare uno Stato che mette in discussione il dominio militare ed energetico delle potenze nucleari…”. Anche i parlamentari tedeschi di sinistra si oppongono fermamente a questa opzione di guerra chiedendo al loro governo di dichiarare chiaramente l’opposizione di Berlino a qualsiasi attacco contro l’Iran. Quanto ai paesi del BRICS, riuniti ultimamente in India, essi appoggiano con chiarezza l’Iran e il suo programma nucleare; posizione che il Consiglio degli Affari internazionali in India definisce come una “evoluzione molto positiva che opera in favore della pace e della stabilità nell’Asia dell’ovest”.
E’ in effetti vero che un ex vassallo che diventa indipendente e che assume il ruolo di una potenza regionale con cui bisogna fare i conti non è una cosa facile da digerire per quelli che pretendono di essere “padroni del mondo”. Si è ricorso da allora ad ogni mezzo, anche i più abietti, per piegare questo paese e renderlo “soggetto”, se non “satellite”, per potere fare avanzare i loro mortali progetti del “Grande Medio Oriente”. L’AIEA, che è diventato uno strumento al servizio dell’occidente, non può discostarsi da questa politica di demonizzazione dell’Iran a proposito del supposto “nucleare iraniano”, anche se possiede la verità. Il suo ultimo rapporto svela la sua parzialità, quando ritiene che le “vaste” istallazioni di Parchin siano “destinate ad esperimenti a mezzo di esplosivi”, cosa che configura, per l’AIEA, “un forte indizio di un programma di armamento potenziale”. Essi vogliono in realtà visitare i siti militari strategici. Solo questo!
La loro politica prevede anche l’assassinio di scienziati. Se l’Iran decidesse di applicare la stessa assurdità criminale, scommettiamo che sarebbe imbattibile, disponendo di molti più motivi e mezzi culturali e religiosi. Ma l’Iran, non solo resta saggia e resiste, ma tende a diventare in modo irreversibile (secondo noi lo è già) una attore importante nella geopolitica e la geo-strategia regionale, perfino mondiale. Il futuro della regione passa oramai per l’Iran. I progressi tecnologici, le risorse, la pazienza e l’unità dell’Iran hanno avuto ragione dell’arroganza e la cupidigia dell’Occidente. Tutti gli attacchi si sono dimostrati inefficaci, alla luce di questa evoluzione. Si permette perfino di applicare alla Francia e all’Inghilterra, in anticipo e sul campo, la sanzione di boicottare il suo petrolio. Non vende infatti ad essi più il petrolio che le stesse hanno “programmato” di … non comprare!
A differenza dell’Occidente e di Israele, l'Iran non ha mai aggredito nessuno. Chi di questi potenti paesi occidentali si permette di violare le risoluzioni dell’ONU e le leggi internazionali? Mentre l’Iran ha firmato il TNP (Trattato di non proliferazione nucleare) accettando il controllo degli ispettori, Israele rifiuta di firmare e di consentire qualsiasi ispezione internazionale delle sue centrali nucleari riconosciute come militari.
Quanto al “regime” iraniano, esso è assai più democratico di molti altri paesi arabi vassalli e alleati dell’Occidente; di più, dei paesi considerati di “tradizione democratica”. E’ la propaganda, la menzogna, la manipolazione e il controllo pesante sui media e gli organismi detti internazionali che hanno pervertito la verità, nascondendo la realtà. Ricordiamo quanto abbiamo già detto in altra occasione: l’ONU e le sue organizzazioni servono a produrre alibi contro i paesi presi di mira, la CPI (Corte Penale Internazionale) per minacciare “la prigione” ai leader recalcitranti, il FMI per rovinare e impegnare i paesi, la NATO per aggredire e demolire, la stampa per manipolare e controllare l’opinione pubblica. Si può aggiungere la Lega degli “Stati arabi”, questa trappola discreditata, e l’associazione internazionale dei Fratelli Mussulmani che si è schierata con le posizioni occidentali per ciò che concerne la destabilizzazione di alcuni Stati arabi, per mancanza di una lucida visione o per corruzione o furberia. Per esempio, dopo il rifiuto della Francia di accordare un visto di ingresso allo sceicco Youssef al-Qardhaoui, il segretario generale di questa Unione, lo sceicco Kardaghi, si è spinto al punto di fare una bella figura dichiarando che lo “sceicco è stato sempre moderato”, fornendo quali prove le sue fatwa, “una delle quali aveva reso lecito l’intervento militare della NATO in Libia”, perché l’Unione considera “la Francia come un paese alleato (in quanto gioca) un ruolo di primo piano nella Primavera araba e soprattutto in Libia e noi attendiamo un suo contributo alla liberazione della Siria”. La perversione di alcuni arabi va al di la di ogni comprensione nel loro servilismo verso i progetti USA-sionisti. Anche questi ultimi, col loro sostegno all’opposizione armata, non nascondono anche loro l’aspirazione a vedere cadere il “regime di Bachar” che costituisce, con l’Iran, un temibile bastione contro l’egemonia USA su tutta la regione, della quale Israele è designata come feudataria. La Siria era iscritta come una importante tappa per la sua situazione e la sua politica. In un articolo recentemente pubblicato in Yediot Ahranot, Efraim Halevy, ex capo del Mossad, ha ritenuto che “se la pace ritorna in Siria, se il mondo accetta la sopravvivenza del regime di Assad sotto la protezione di Teheran, e se la Turchia, la Russia, la Cina, gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania accetteranno di applicare il piano di Annan, per noi sarà la disfatta strategica più cocente dalla creazione di Israele”.
Dal momento che il progetto si è schiantato contro il “muro” siriano e i suoi successi militari e diplomatici, non restano agli USA che i negoziati sulla base di questo postulato coi paesi emersi dal nuovo rapporto di forze, tra cui l’Iran, poi di fare una croce sui loro sogni di spezzare l’asse Atlantico/Oceano Indiano e Pacifico per bloccare i paesi del BRICS. Saranno costretti a fare “ dei sacrifici” per potersi posizionare, nella migliore delle ipotesi, in futuro come “promotori della pace”, per non rischiare di perdere anche ciò che hanno acquisito. Il Qatar che “finanzia” e “sponsorizza”, l’Arabia Saudita che “arma” e il regime di Erdogan che “ospita” sanno di aver messo in gioco il loro potere o il loro trono in questa partita persa che si conclude in Siria.
Si avverte già il panico dei petro-monarchi e dei sionisti di Israele per quanto accade in Siria – appoggiata dall’asse Cina-Russia-Iran-Iraq-Libano – che diventa il loro peggiore incubo soprattutto dopo che la Russia e la Cina hanno imposto una nuova equazione regionale e mondiale e dopo che la “comunità internazionale” ha apparentemente abbandonato l’opzione militare, il rovesciamento del regime con la forza e la fornitura di armi all’opposizione. Lavrov infierisce assicurando che, anche se questa ultima opzione venisse presa in considerazione, l’esercito siriano la batterà. L’ex capo del Mossad riconosce nel suo articolo il turbamento di Israele in questo modo: “L’Iran è diventato l’alleato strategico delle potenze mondiali negli sforzi tesi a trovare un’uscita dalla crisi siriana (realizzando in tal modo) uno dei suoi obiettivi: diventare una potenza regionale in Medio oriente”.
Gli USA-arabo-sionisti sanno oramai che il progetto che aveva come obiettivo l’Iran, attraverso il ponte siriano è miseramente fallito. Di qui, ancora, queste sempiterne minacce di attacco all’Iran. Ma quando per 20 anni non si fa altro che minacciare, vuol dire che non si vuol fare niente! E’ solo un bluff! L’ultima speranza e l’ultima posta, la Siria, sta polverizzandosi contro la roccia di Damasco; perciò questo capovolgimento nei loro discorsi e nei loro impegni nei confronti della Siria e dell’Iran, dei quali si annuncia surrettiziamente che non hanno carattere militare. O anche queste verosimili informazioni su un certo numero di dirigenti arabi che indirizzano “lettere confidenziali” a Damasco nell’intento di cercare delle soluzioni soprattutto dopo lo shock, per il Qatar e l’Arabia Saudita, del Summit di Bagdad.
Secondo un diplomatico russo in rapporti con Damasco, vi sarebbe stato un accordo USA- Russia durante un incontro tra Medvedev e Obama. Quest’ultimo avrebbe chiesto che Mosca mitighi le cose “fino alle elezioni negli Stati Uniti” in cambio di una riattualizzazione dei suoi “principi annunciati per il mandato in corso; che consistono nel cercare soluzioni piuttosto che conflitti di fronte ai problemi internazionali”, in particolare il problema dello scudo antimissile, e i dossier iraniano e siriano. Questo diplomatico russo afferma che non vi sarà una guerra contro l’Iran e che per la Siria sono in fase di “soluzione politica della crisi… ora la cosa più importante è convincere l’opposizione ad accettare…”. La sorpresa/colpo di grazia viene dal premio Nobel tedesco Gunter Grass che ha pubblicato, nel quotidiano di Monaco Suddeutsche Zeitung, un poema in prosa intitolato “Quello che bisogna dire”. Si tratta di una denuncia dell’armamento nucleare di Israele che “minaccia la pace mondiale” così come le minacce di attacco contro l’Iran. Denuncia “il preteso diritto ad attaccare per primo”. Parla di Israele che dispone “da anni di un arsenale nucleare crescente… e sottomarini nucleari” e critica la consegna da parte del suo paese di sottomarini che potrebbero rendere la Germania complice di un “crimine prevedibile”. Grass denuncia un “silenzio generalizzato (che è una ) menzogna pesante”, prevedendo bene che sarà accusato di “antisemitismo”. “Perché adesso?” “Perché occorre dire ciò che potrebbe essere troppo tardi dire domani”, spiega.
La verità finisce sempre per prevalere sulla menzogna. E’ la legge inesorabile della Natura. Il mondo che verrà sarà oramai più equilibrato con le nuove alleanze, i nuovi raggruppamenti, i nuovi rapporti di forza che vengono dopo decenni di ingiustizia e di dominazione da parte dei paesi che compongono l’Impero.
Le conclusioni dei migliori servizi di informazione del mondo, la Cia, e di altri esperti dimostrano che l’Iran avrebbe potuto possedere questa arma nucleare 12 anni fa. Se non ce l’ha ancora, vuol dire che si minaccia l’Iran per ben altre cose che appartengono al suo diritto indiscutibile e inalienabile.
Ecco che cosa dicevano già tra il 1993 3 il 2000 e quello che ridicono attualmente 12 anni dopo:
• 24 febbraio 1993: il direttore della CIA James Woolsey afferma che “l’Iran è a otto o dieci anni dalla piena capacità di produrre una bomba nucleare, ma che con un aiuto esterno, avrebbe potuto diventare ancora prima una potenza nucleare”.
• Gennaio 1995: il direttore dell’agenzia USA per il controllo degli armamenti e il disarmo, John Holum testimonia che “l’Iran potrebbe avere la bomba nel 2003”.
• 5 gennaio 1995: il segretario alla Difesa William Perry afferma che l’Iran potrebbe essere a meno di cinque anni dalla costruzione di una bomba nucleare, benché “la rapidità..,. dipenderà da come lavoreranno per acquisirla” (“how soon… depends how they go about gettig it”).
• 29 aprile 1996: il primo ministro israeliano Shimon Peres afferma che egli “crede che entro quattro anni (l’Iran) potrebbe avere armi nucleari”.
• 21 ottobre 1998: il generale Anthony Zinni, capo dell’US Central Comand afferma che l’Iran potrebbe avere la capacità di lanciare bombe nucleari entro cinque anni. “Se fossi uno scommettitore, dieri che saranno operativi di qui a cinque anni, che ne avranno le capacità”.
• 17 gennaio 2000: una nuova valutazione della CIA sulle capacità nucleari dell’Iran afferma che la CIA non esclude la possibilità che l’Iran possieda già armi nucleari. La valutazione si basa sul riconoscimento da parte della CIA che non è capace di seguire con precisione le attività nucleari dell’Iran e che non può dunque escludere la possibilità che l’Iran abbia l’arma nucleare”.
In conclusione non sembra inutile ricordare quello che viene denominato progetto “Yinon”, che gli israeliani considerano come strategico e che si inserisce nella stessa strategia del “Grande Medio oriente”. Concepito dai suoi tecnici, consiste in una riconfigurazione del suo “ambiente geo-strategico” grazie ad una “balcanizzazione degli Stati del Medio Oriente e dei paesi arabi”, per farne dei “piccoli stati” senza potenza. L’Iraq, considerato come il pezzo forte, doveva essere diviso in uno stato curdo e due stati arabi (per i mussulmani sciiti e per quelli sunniti), provocando, nel fare ciò, una guerra contro l’Iran. Questo progetto preconizza anche lo smembramento del Libano, dell’Egitto e della Siria; lo spezzettamento dell’Iran, della Turchia, della Somalia e del Pakistan. Prevede anche la divisione dell’Africa del Nord, cominciando dall’Egitto per estenderla poi al Sudan, alla Libia, al Mali e al resto della regione. L’Atlantic nel 2008 e l’Armed Forces Journal nel 2006 avevano pubblicato delle cartine in cui figuravano questi nuovi paesi alla cui formazione aspira il progetto “Yinon”.
Il mondo “arabo e mussulmano” era dunque bene avvertito.