Crisi Siriana
Kobane, il doppio gioco turco
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Crisi siriana, ottobre 2014 - In definitiva, ci si può legittimamente interrogare sulle vere finalità della Coalizione internazionale contro lo Stato Islamico, se non miri più a fare della Siria ciò che si è fatto dell’Afghanistan, dell’Iraq e della Libia piuttosto che a sradicare la barbarie degli islamisti coi quali gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali si sono sempre molto bene accomodati… (nella foto, carri armati turchi assistono, senza intervenire, all'assalto islamista di Kobane)
espritcors@ire, 10 ottobre 2014 (trad. ossin)
Kobane, il doppio gioco turco
Richard Labévière
“Il terrore non sarà fermato finché non collaboreremo in vista di una operazione terrestre”, ha appena dichiarato commosso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che insiste oramai per un “intervento militare a terra”… Nonostante queste dichiarazioni infiammate e il via libera datogli dal Parlamento cinque giorni fa, la presidenza turca rifiuta di intraprendere qualsiasi operazione militare contro gli jihadisti di Dae’ch, che arma e finanzia dal 2011
L’abbandono agli jihadisti della città di Kobane è emblematico dell’ambiguità della posizione di Ankara, che condiziona il suo intervento alla realizzazione di una zona tampone e di esclusione aerea (simile a quella che venne imposta in Libia dalla risoluzione 1973 delle Nazioni Unite), ed alla formazione militare dei ribelli siriani “moderati”, come ha ricordato il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu alla CNN lunedì scorso. La Turchia cerca di far passare il messaggio che non farà niente a Kobane se non otterrà l’impegno della coalizione internazionale, e soprattutto degli Stati Uniti, ad attaccare il regime di Bachar al-Assad. E’ questo il ricatto che spiega il non intervento e il doppio gioco di Ankara: aiutare i Curdi di Erbil e di Kirkuk che le vendono il petrolio a prezzi bassi, lasciando massacrare i Curdi di Siria, che hanno avuto l’impudenza di non essersi ribellati a Bachar al-Assad.
Parigi, la cui partecipazione alla Coalizione resta simbolica – due attacchi aerei in tre settimane – sembra avere deciso di assumere una posizione simile a quella di Ankara. Da un lato, Laurent Fabius ha affermato, martedì davanti al Parlamento, che “bisogna fare di tutto perché i terroristi di Dae’ch siano fermati e respinti”… “Tutto”, ma cosa esattamente? Dall’altro lato, al Quai d’Orsay – dove ancora ci si rifiuta di ricevere le forze democratiche curde – si giustifica l’abbandono di Kobane con “la divisione dei compiti tra i paesi membri della coalizione”. Che efficacia! Altro argomento invocato, la scelta dei partner siriani “giudicati frequentabili”. Venerdì scorso il portavoce del ministero degli Affari esteri affermava, senza ridere: “Secondo noi, l’interlocutore che può lottare sul campo in modo più efficace contro Dae’ch e contro Bachar al-Assad, è la Coalizione nazionale siriana”. Veramente allucinante! Allo stato attuale la Coalizione nazionale siriana, che non ha mai smesso di fornire il triste spettacolo delle sue lotte intestine, della sua corruzione e della sua assenza di rappresentatività, non ha quasi alcun legame con le principali formazioni della ribellione armata siriana.
Gli amici dei miei nemici sono miei amici
Incorreggibile, per Parigi la cacciata di Bachar al-Assad è ancora la principale preoccupazione mediorientale, molto più importante della neutralizzazione degli jihadisti di Dae’ch e di Al-Nosra. Non molto tempo fa, d’altronde, Laurent Fabius osava dire che “i ragazzi di Al-Nosra fanno un buon lavoro…”. Ricordiamo che Nosra non è altro che Al Qaeda in Siria. I suoi affiliati sarebbero diventati più frequentabili del regime di Damasco? Quando si chiede alle nostre autorità che armano la ribellione siriana detta “moderata” che cosa quest’ultima espressioni significhi esattamente, le risposte restano fumosissime, e addirittura qualcuno dei rappresentanti di Al Nosra è stato ricevuto, qualche mese fa, all’Assemblea nazionale… E mentre ancora si resta allucinati davanti a questa opzione che considera prioritaria la “cacciata” di Bachar al-Assad rispetto a quella dei “barbari” dello Stato islamico, si apprende che i servizi francesi tentano di riprendere i contatti con i loro omologhi siriani per meglio gestire il rientro dei jihadisti di origine francese. Che coerenza!
Sul terreno, i Curdi di Kobane hanno opposto una resistenza tanto eroica quanto disperata agli jihadisti di Dae’ch, senza troppi aiuti aerei o terrestri. Vero è che il loro capo Barthoum aveva respinto la richiesta turca di istallare delle teste di ponte da utilizzare per operazioni contro l’esercito regolare siriano. Insomma, si ripropone la commedia libica: la “responsabilità di proteggere” le popolazioni civili per meglio realizzare operazioni dirette a rovesciare il regime… Si sono visti i risultati! A 150 chilometri da Aleppo e a 30 chilometri dalla frontiera siriana, Kobane costituisce un punto strategico per il controllo di una cinquantina di località siriane. E’ inutile precisare l’importanza del controllo di questa regione per il seguito delle operazioni militari in Siria
Piccoli calcoli
Da buone fonti, si può dire che Washington cerca chiaramente di punire il partito di sinistra dell’Unione democratica del Kurdistan (PYD), che ha sempre rifiutato di collaborare con quella Coalizione nazionale siriana tanto amata da Laurent Fabius. I Curdi di Siria hanno sempre respinto le ingerenze occidentali in Siria per rovesciare Bachar al-Assad e i loro ausiliari parigini (le sorelle Kodmani e il povero Buran Ghalioun). Assai vicino al suo omologo della Turchia – il PKK – il PYD si è sempre difeso da ogni ingerenza turca e islamista nella sua grande regione, lungo la frontiera siro-turca nelle vicinanze di Aleppo. Ankara, che tiene ancora prigionieri i capi del PKK, cerca sempre di dividere i Curdi iracheni dai loro compatrioti iraniani, siriani e turchi. L’abbandono degli abitanti di Kobane si iscrive purtroppo nelle circonvoluzioni di questo piano turco che si avvale del sostegno di Washington e, in misura minore, di Parigi.
Malauguratamente ancora, Kobane ha pagato le spese dei piccoli calcoli di Ankara e di Washington, che preferiscono la presenza degli jihadisti di Dae’ch ad una durevole influenza del PYD, favorevole alla riconquista dell’asse Damasco/Aleppo da parte dell’esercito regolare siriano. Washington continua a scommettere su un Barzani filo-occidentale contro un PYD assai influente e popolare in Siria, in Turchia e anche in Iraq.
In definitiva, ci si può legittimamente interrogare sulle vere finalità della Coalizione internazionale contro lo Stato Islamico. Ci si può legittimamente chiedere se non miri più a fare della Siria ciò che si è fatto dell’Afghanistan, dell’Iraq e della Libia piuttosto che a sradicare la barbarie degli islamisti coi quali gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali si sono sempre molto bene accomodati…