Crisi Siriana
Siria: un “cessate il fuoco”, quale “cessate il fuoco”?
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Crisi siriana, marzo 2016 - Segno dei limiti del progetto russo-statunitense, il segretario di Stato John Kerry, parla di un piano “B”. Poche informazioni girano sul contenuto esatto di esso, in quanto Washington si mantiene discreta sul punto e perfino Mosca non ne è informata, almeno ufficialmente (nella foto, Sergej Lavrov e John Kerry)
Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 1 marzo 2016 (trad. ossin)
Siria: un “cessate il fuoco”, quale “cessate il fuoco”?
Alain Rodier
Una “cessazione delle ostilità” è entrata in vigore in Siria venerdì 26 febbraio a mezzanotte. Nei giorni precedenti, dunque, i belligeranti hanno considerevolmente intensificato l’impegno militare per potersi trovare in una posizione di forza il mattino del 27 febbraio. L’esercito regolare siriano, con l’appoggio di Hezbollah libanese, delle milizie sciite iraniane e afghane e, soprattutto, dell’aviazione russa , ha moltiplicato le operazioni offensive lungo tutto il fronte, dal nord al sud del paese. Tuttavia esso ha ottenuto successi modesti, giacché anche i ribelli hanno impegnato tutte le loro forze nei combattimenti.
Sergej Lavrov e John Kerry
La battaglia di Aleppo
La battaglia di Aleppo ha registrato spettacolari ribaltamenti della situazione. Mentre nell’autunno del 2015 le forze governative erano quasi assediate nei quartieri ovest della città – la rotta di rifornimento versa Hama, a sud, venendo ogni tanto interrotta soprattutto da raid del gruppo Stato Islamico (IS) – la situazione si è completamente rovesciata dopo l’offensiva generalizzata che ha preso avvio in febbraio con l’appoggio massiccio dell’aviazione russa e, soprattutto, grazie al coordinamento con le operazioni realizzate dalle Forze Democratiche Siriane (FDS), il cui nucleo centrale è costituito dai Curdi delle Unità di Protezione del Popolo (YPG), il braccio armato del Partito dell’Unione Democratica (PYD – 1). Queste ultime hanno lanciato un’offensiva da Afrin verso ovest per contribuire al blocco del “corridoio di Azaz”, attraverso il quale transitano gli aiuti provenienti ai ribelli dalla Turchia. Per evitare che la città di Azaz cada nelle mani delle FDS, centinaia di “volontari” vi sono stati dispiegati d’urgenza, provenienti dalla vicina Turchia. Quindi, dalla posizione di “assediati”, le forze governative sono diventate “assedianti”, rosicchiando territorio verso l’est e il sud di Aleppo.
Poi improvvisamente, il 22 febbraio, il gruppo Stato Islamico (IS), che sembra avere coordinato le proprie operazioni con altri movimenti ribelli – tra cui il Fronte El-Nusra (una novità a tale livello) – è riuscito a tagliare un’altra volta l’asse dei rifornimenti governativi verso Hama, a sud del lago Jabboul, impadronendosi di una decina di villaggi, tra cui Rasm Al-Nafal e Khanasser. Le forze governative ad Aleppo si sono quindi ritrovate nuovamente nella situazione di assediati.
Sono stati lanciati quindi dei potenti contro-attacchi grazie a rinforzi (2) provenienti da altri fronti della regione di Aleppo, i quali sono stati, di conseguenza, sguarniti, stoppando nettamente l’avanzata locale delle forze governative. Il 26, l’asse nord-sud veniva liberato e i villaggi precedentemente conquistati dagli insorti ripresi.
Ma nel resto del paese le forze governative progrediscono molto modestamente e subiscono anche delle serie controffensive: da parte di Daesh nei pressi della città simbolo di Palmyra; e da Jaysh al-Fatah, con l’appoggio dei Turchi, a nord della città di Rabia (nel nord della provincia di Laodicea), ripresa ai ribelli dell’ESL il 26 febbraio 2016. Così il rischio che riprendano i combattimenti nella regione di Aleppo è molto elevata, se non certo.
L’accordo di cessazione delle ostilità
L’accordo di “cessazione delle ostilità” negoziato tra Russi e Statunitensi, e approvato con la risoluzione 2268 del 26 febbraio 2016 da parte dell’ONU, prevede un cessate il fuoco tra i belligeranti, con esclusione del gruppo Stato Islamico (IS) e del Fronte El-Nusra. Le Nazioni Unite dovranno indicare, nei prossimi giorni, le altre formazioni da considerare “terroriste”, in quanto solo 97 gruppi (su una stima di più di 1000) hanno accettato la tregua. Un “Alto Comitato per i negoziati”, che raggruppa 36 movimenti ribelli, ha aderito all’accordo, ma solo per un periodo di due settimane. Una nuova riunione dovrà tenersi il 7 marzo, se la tregua sarà “globalmente rispettata”.
Gruppi di lavoro sono incaricati di delimitare il territorio di ciascuno, di assicurare le comunicazioni tra i diversi protagonisti, di verificare le accuse di rottura della tregua e di fare il punto sulle infrazioni constatate, per poi proporre sanzioni. Questi gruppi hanno sede a Mosca, Washington, Amman, Laodicea e Ginevra.
Di fatto solo alcune zone dovrebbero beneficiare di una effettiva cessazione delle ostilità: da nord a sud, le province di Hama, di Homs, la regione di Qalamoun – a nord-ovest di Damasco – e Deraa. I combattimenti dovrebbero invece proseguire nella regione di Aleppo, a nord di Laodicea e ai confini delle regioni curde.
Il piano B di John Kerry
Segno dei limiti del progetto russo-statunitense, il segretario di Stato, John Kerry, parla di un piano “B”. Poche informazioni girano sul contenuto esatto di esso, in quanto Washington si mantiene discreta sul punto e perfino Mosca non ne è informata, almeno ufficialmente (3).
Infatti, se riprendessero gli scontri generalizzati, ripiombando la Siria nel caos e nella violenza, non è escluso che gli Stati Uniti accettino l’insistente richiesta del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di creare una “zona-cuscinetto” all’interno del territorio siriano, lungo la frontiera turca, tra la regione di Afrin a ovest e l’Eufrate a est, con una profondità da 10 a 30 chilometri. A Washington basterebbe autorizzare Ankara a fare entrare le sue forze terrestri in questa regione. Da 15.000 a 20.000 uomini e centinaia di blindati del 2° Esercito turco stanno attualmente in stato di mobilitazione lungo la frontiera. Il fatto nuovo potrebbe essere l’appoggio diretto dell’aviazione USA – verosimilmente insieme a velivoli turchi e sauditi. L’obiettivo sarebbe quello di impedire all’aviazione russa di contrattaccare, creando una “zona di esclusione aerea” sui cieli della “zona cuscinetto”. E’ qui che il rischio di escalation è più forte. Mosca è pronta ad assumerlo? Solo il presidente Vladimir Putin lo sa.
Questa soluzione, del tutto illegale sul piano del diritto internazionale, presenta tuttavia un vantaggio: la possibilità di creare una “zona di accoglienza” per le popolazioni che fuggono dalla guerra, sistemandovi immensi campi per rifugiati, con l’aiuto della comunità internazionale. Ciò permetterebbe di evitare che gli sfollati entrino in Turchia, per proseguire poi verso l’Europa.
Per contro, essa determinerebbe una divisione della Siria che, comunque, sembra ineluttabile a termine. A ovest, gli Alauiti e le altre minoranze, a nord, la “zona cuscinetto/di esclusione aerea”, delimitata da un Kurdistan autonomo e un Sunnistan a sud-est. Quest’ultima entità sarebbe governata da Daesh. Sarebbe possibile eventualmente mutare questa situazione di fatto, sostenendo le forze sunnite “moderate”, quelle cioè che non vogliono Daesh al comando. Di fatto Daesh non è molto popolare in Siria – a differenza che in Iraq – giacché una grande maggioranza dei suoi adepti sono stranieri (Iracheni, Caucasici, Sauditi, ecc.).
Il presidente Barack Obama ha avvertito il governo siriano e i suoi alleati russi: “Il mondo vi guarda”. In realtà tutti trattengono il fiato aspettando di vedere chi cederà per primo. E l’altra questione importante è: come potrà proseguire la lotta contro Daesh e il Fronte El-Nusra, che hanno avuto l’intelligenza di mescolarsi con gli altri gruppi ribelli? (4)
Note:
[1] Paradossalmente le FDS sono direttamente sostenute – con grande rabbia del presidente turco Erdogan – dagli USA nel nord-est del paese. Gli Statunitensi sperano che le FDS conquistino Raqqa, la «capitale» dello Stato Islamico. Ma sembra che l’obiettivo dei Curdi sia tutt’altro: l’unificazione di un Kurdistan siriano indipendente (il Rojava) lungo la frontiera siro-irachena.
[2] Tra cui le Tiger forze del noto maggiore-generale Suheil Al-Hassan.
[3] Se il Servizio di informazione esterna russo - il SVR, erede della Direzione Prima del KGB – fa bene il suo lavoro, Mosca dovrebbe avere qualche idea circa il contenuto del piano “B”.
[4] Per Daesh, soprattutto lungo le linee di contatto con l’esercito siriano