Crisi Siriana
Ventiduesima settimana dell’intervento russo in Siria: Putin annuncia una nuova strategia
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Crisi siriana, marzo 2016 - Questi sono veramente tempi incredibili. Solo due settimane fa avevo sottolineato la possibilità di una drammatica escalation della guerra in Siria, e adesso Putin annuncia il ritiro della “componente aerea tattica” del gruppo di intervento russo in Siria
Saker Italia, 19 marzo 2016
Ventiduesima settimana dell’intervento russo in Siria: Putin annuncia una nuova strategia
The Saker
Questi sono veramente tempi incredibili. Solo due settimane fa avevo sottolineato la possibilità di una drammatica escalation della guerra in Siria, e questa settimana Putin ha annunciato il ritiro di quella che io chiamo la “componente aerea tattica” del gruppo di intervento russo in Siria. Com’è possibile? Come possono i Russi prima parlare di truppe turche pronte ad invadere la Siria e poi ritirare all’improvviso una grossa fetta della loro potenza di fuoco stanziata in Siria?
La spiegazione più stupida è arrivata subito dopo l’annuncio di Putin: “i Russi hanno paura e se la filano, abbandonando la Siria”. Questa interpretazione è stata immediatamente ripresa da un miscuglio eterogeneo di commentatori: americani, con il mito della potenza militare statunitense infranto dall’umiliante confronto fra le performance militari russe e americane, patriottardi russi che accuseranno sempre Putin di aver tradito qualcosa o qualcuno, strateghi da poltrona, che vorrebbero sempre più azioni militari, indipendentemente da ogni altra cosa, ecc.
Come ho già detto in un articolo precedente, il fatto è che i Russi hanno semplicemente raggiunto tutti i loro obbiettivi, e quelli che ora accusano la Russia di “scappare” stanno deliberatamente ignorando le finalità, assolutamente chiare, che aveva la missione (“stabilizzare la legittima autorità e creare le condizioni per un compromesso politico”) o, comunque, non si sono mai preoccupati di scoprirle. Sembra che questa gente non riesca a capire che è logicamente impossibile “scappare” dopo aver raggiunto tutti gli obbiettivi.
A chi fosse interessato all’argomento, vorrei raccomandare l’assolutamente superba analisi di Alexander Mercouris nel suo articolo “Il ritiro russo dalla Siria, perché è avvenuto e perché un cambio di regime è fuori discussione” che io considero la migliore e più esaustiva discussione sull’argomento.
Però non abbiamo ancora risposto alla domanda: perché i Russi hanno ritirato le loro forze proprio quando i Turchi e i Sauditi sembravano pronti ad invadere?
Come nella maggior parte delle impasse logiche, questa domanda si basa su due assunzioni completamente false:
1 – che l’unico (o il miglior) modo per tenere a bada i Turchi sia di minacciarli militarmente
2 – che, dovessero i Turchi decidere di invadere, l’unica, o la miglior soluzione per impedire un’azione del genere sarebbe quella di usare le risorse del contingente militare russo dislocato in Siria.
Esaminiamole una alla volta. Ma, prima di farlo, lasciatemi ripetere ancora una volta il mantra che scandisco ormai da 22 settimane: il contingente militare russo in Siria è piccolo. Non è mai stato concepito per respingere un’invasione turca (non parliamo poi di proteggere la Siria dagli USA o dalla NATO), né tanto meno per combattere una guerra regionale contro Turchia, Arabia Saudita, e Dio solo sa quanti altri staterelli. Questo non è mai stato l’obbiettivo russo e perciò il contingente mandato in Siria non ha mai avuto questo tipo di capacità. Non le aveva 22 settimane fa e non le ha oggi. Secondo, se Erdogan e Casa Saud hanno poco da perdere in una, assolutamente folle, invasione della Siria, la Russia ne ha, e anche molto, e l’ultima cosa che Putin (o la Russia) vuole è un confronto militare di qualsivoglia genere con Turchia ed Arabia Saudita (anche senza l’intervento della NATO). Detto questo, diventa assolutamente evidente che usare un contingente piccolo e vulnerabile in funzione deterrente nei confronti di Turchia ed Arabia Saudita sarebbe la peggiore delle strategie, specialmente se si dovesse arrivare ad una guerra regionale
Quella che hanno fatto i Russi con i Turchi è stata, ancora una volta, una mossa di judo, come solo Putin sa fare. Invece di intensificare le operazioni hanno detto di volersene andare (si, “hanno detto”, ne parliamo dopo). Per i Turchi sarebbe estremamente difficile invadere improvvisamente la Siria quando anche Stati Uniti ed Europa devono accodarsi, anche se malvolentieri, all’iniziativa di pace russa. Non che mi aspetti da Erdogan un tempismo del genere o un po’ di decenza, per quel che vale. Credo però che i suoi aiutanti siano abbastanza furbi da capire che se la Turchia cercasse l’invasione subito dopo la partenza dei Russi, la cosa metterebbe i Turchi in cattiva luce (ancora una volta). Cosa più importante, farebbe apparire quelli che si dovessero opporre all’invasione turca come il “partito dei difensori”.
Diamo ora un’occhiata alla seconda considerazione: se i Turchi dovessero veramente invadere, avrebbe senso, dal punto di vista militare, usare il contingente russo di Khmeimim per contrastare un’invasione turca? In primo luogo, bisogna considerare che i caccia da interdizione pura (SU-30SM, SU-35) non sono stati ritirati, anzi, mi aspetto che questo contingente venga incrementato, piano piano e di nascosto. Tenete poi presente che i SU-34S sono cacciabombardieri di grande autonomia e possono raggiungere gli obbiettivi in Siria decollando dal sud della Russia (o dall’Iran). Per quanto riguarda poi i SU-24M e i SU-25SM, sarebbero molto utili nel caso ci fosse bisogno di contrastare i Turchi, ma sarebbero anche molto vulnerabili, sopratutto nel caso di un attacco contro la base di Khmeimim. Infine, e bisogna ribadirlo, i bombardieri a lungo raggio Tu-22M3 e Tu-160 non sono mai stati dislocati in Siria. Per quanto riguarda poi i missili da crociera russi, questi hanno una gittata di 1.500 km. (i Kalibr) e di 4.500 km. (gli X-101) e possono essere lanciati dal Mar Caspio, dal Mediterraneo o da aerei in volo. Allora, certo, anche se l’attuale riposizionamento delle forze diminuisce il potenziale bellico del contingente militare russo in Siria, non riduce però in nessun modo la capacità effettiva della Russia di colpire i propri obbiettivi in Siria. La base aerea di Khmeimim manterrà il personale a ranghi completi, il suo formidabile sistema di difesa antiaerea (S-400 e Pantsir-F) non verrà toccato così come tutti i caccia russi da superiorità aerea.
Putin stesso ha detto oggi, senza mezzi termini, che la Russia continuerà a controllare lo spazio aereo siriano:
Tutte le componenti dei sistemi di difesa aerea attualmente dispiegati, comprese le unità a corto raggio, Pantsir-F e quelle a largo raggio Triumph S-400, opereranno regolarmente. Vorrei far notare che abbiamo ripristinato in maniera significativa anche le capacità della difesa antiaerea siriana. Tutte le parti interessate sono state informate di questo. Noi ci muoviamo tenendo presente i fondamenti del diritto internazionale: nessuno ha il diritto di violare lo spazio aereo di una nazione sovrana, in questo caso la Siria. Abbiamo messo a punto, insieme alla controparte americana, un meccanismo efficace per prevenire incidenti aerei, ma tutti i nostri partners sono stati avvisati che i nostri sistemi di difesa aerea verranno usati contro ogni bersaglio che noi riterremo una minaccia nei confronti del personale di servizio russo. Voglio sottolinearlo: ogni bersaglio.
Abbastanza chiaro, no?
Nello stesso discorso (Putin) ha mandato un messaggio molto esplicito a tutti i potenziali invasori:
Naturalmente, se fosse necessario, la Russia sarà in grado di potenziare, nel giro di poche ore, il suo contingente nella regione alle dimensioni necessarie per far fronte a specifiche esigenze, usando tutti i mezzi disponibili.
Ancora una volta, direi che il messaggio è assolutamente cristallino: quella che Putin ha annunciato questa settimana è una strategia di tipo nuovo, non certo un ritiro, né tanto meno un ripiegamento.
Il bilancio di questa prima fase delle operazioni è assolutamente impressionante, specialmente se paragonato ai fallimentari risultati conseguiti dalla coalizione americana, le cui operazioni hanno coinciso con un massiccio aumento del numero dei terroristi del Daesh. Guardate voi stessi:
In tutto, durante 5 mesi e mezzo di attacchi aerei, le Forze Aerospaziali Russe hanno portato a termine più di 9.000 missioni e sono state colpite 26.000 infrastrutture dei terroristi. Fra di esse: 2.584 centri comunicazione e comando, 401 campi di addestramento, 181 fabbriche di munizioni, 2.043 depositi di munizioni e carburanti, 9.318 fortificazioni di tutti i tipi, 287 impianti petroliferi e 2.912 autocisterne. 400 città e più di 10.000 kmq. di territorio sono passati sotto il controllo dell’esercito siriano. La provincia di Latakia è stata completamente liberata, le comunicazioni con Aleppo ripristinate. Palmira è assediata ed è stato ristabilito il controllo sugli impianti petroliferi della zona. Sono state messe in sicurezza la maggior parte delle province di Hama e di Homs, ed è stata liberata la base aerea di Kweires. Il numero totale delle perdite fra il personale russo durante l’operazione è stato di tre persone. (fonte)
Ma questi (superbi) risultati bellici sono stati solo il mezzo per raggiungere un risultato molto particolare: “stabilizzare la legittima autorità e creare le condizioni per un compromesso politico”. Adesso però sarà compito della diplomazia russa far fruttare il lavoro dei loro colleghi delle forze armate. E comunque, d’ora in poi questi diplomatici lavoreranno “all’ombra” dell’esercito russo e, ad ogni persona che parlerà con loro verrà ricordato, se necessario, che i Russi possono tornare indietro nel giro di poche ore e che possono colpire dappertutto, dentro o fuori la Siria, nel giro di alcuni minuti. Questa nuova realtà può essere una forma di deterrenza molto più sofisticata che non tenere un piccolo contingente delle Forze Aerospaziali a Khmeimim, vero?
Se però guardiamo oltre la possibilità di un’invasione turco-saudita, cominciamo ad intravvedere quale potrebbe essere il vero indirizzo della strategia russa: invece di sconfiggere prima il Daesh e poi cercare di riformare la Siria per mezzo del dialogo politico, i Russi potrebbero tentare di invertite la sequenza degli eventi, prima trasformando la Siria politicamente e, solo dopo averlo fatto, aiutare una Siria “riformattata” ed unificata a sconfiggere fino in fondo il Daesh. Se questo è davvero il piano russo, allora è un progetto veramente ambizioso ed ardito, che richiederà un enorme sforzo da parte della diplomazia russa, che dovrà portare dalla sua parte, pazientemente, tutta l’opposizione siriana, fazione dopo fazione, mentre allo stesso tempo dovrà vanificare gli sforzi di tutte le parti che vogliono sabotare il processo di pace e privare il popolo russo e siriano di una vittoria tanto meritata.
Se la velenosa alleanza, voluta dagli Stati Uniti, di Ottomani, Wahabiti e Sionisti dovesse riuscire a sabotare il processo di pace, allora i Russi dovrebbero ritornare a far uso della loro forza militare. Con gli S-400 già in posizione, affiancati da un numero ignoto di caccia da superiorità aerea, i cieli siriani rimarrebbero sotto il controllo russo per tutto il prossimo futuro. Le condizioni per la risoluzione del conflitto ci sono tutte, ma, se siano sufficienti ad assicurare una pace duratura, questo è impossibile saperlo.