Crisi Siriana
Amnesty International fomenta la guerra in Siria
- Dettagli
- Categoria: crisi siriana
- Visite: 4911
Consortium News, 11 febbraio 2017 (trad. ossin)
Amnesty International fomenta la guerra in Siria
Rick Sterling
La formidabile macchina propagandistica dell’Occidente ha cooptato diversi gruppi un tempo rispettabili, come Amnesty International, che ha appena pubblicato un equivoco rapporto sui «diritti dell’uomo» destinato a fomentare la guerra in Siria.
Amnesty International (AI) ha prodotto, nel corso degli anni, delle buone inchieste e dei buoni rapporti, che si sono guadagnati ampio consenso. Quello che però è meno noto è che Amnesty International ha anche svolto qualche inchiesta non affidabile, con sanguinose e disastrose conseguenze.
Un esempio lampante è quello dell’Iraq, dove AI ha avallato la storiella falsa dei soldati iracheni che rubavano le incubatrici dagli ospedali, lasciando i bambini morire sul pavimento gelato. Si trattava di una bufala costruita a Washington con lo scopo di influenzare il pubblico e il Congresso degli Stati Uniti.
Un esempio più recente è quello del 2011, quando sono state formulate false accuse relative alla Libia e a Muammar Gheddafi, mentre le potenze occidentali e del Golfo tentavano di rovesciare il suo governo. I responsabili di AI si sono uniti alla campagna, dichiarando che Gheddafi si serviva di «mercenari» per minacciare e uccidere i civili che protestavano pacificamente. Questa campagna propagandistica è riuscita a mettere a tacere ogni critica verso quella che era oramai diventata una invasione e una operazione di «regime change».
Forzando una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU che aveva la finalità di «proteggere i civili», la NATO ha lanciato attacchi aerei pesanti e ha rovesciato il governo libico provocando il caos, la violenza e un sacco di rifugiati. AI ha poi smentito le sue accuse «mercenarie», ma il danno era fatto.
Poi, il 7 febbraio, Amnesty International ha pubblicato un nuovo rapporto intitolato «Macello umano: impiccagioni e sterminio di massa nella prigione di Saydana», che accusa il governo siriano di giustiziare migliaia di prigionieri politici, un insieme di accuse che hanno avuto una eco acritica in tutti i principali media.
Proprio come le storie delle incubatrici irachene/kuwaitiane e dei «mercenari» libici, il rapporto sul «macello umano» interviene in un momento delicato. Esso accusa e condanna il governo siriano a proposito di orribili atrocità contro i civili – e AI rivolge un esplicito appello alla comunità internazionale perché prenda delle «misure». Ma il rapporto di AI non è affatto attendibile e si risolve in una condanna del governo siriano da parte di un Tribunale-bidone.
Le regole di AI non rispettate
Il rapporto di Amnesty International viola i suoi stessi protocolli di ricerca. Come documentato qui dal professore Tim Hayward, il Segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, proclama che Amnesty realizza le sue ricerche «in modo molto sistematico e basandosi su fonti primarie, nel senso che raccogliamo prove a mezzo del nostro personale sul campo. E ogni aspetto della nostra raccolta di dati si fonda su riscontri e controlli incrociati provenienti da tutte le parti in causa, anche se vi sono – si sa – molte parti in tutte le situazioni, perché tutte le questioni che trattiamo sono discretamente controverse. Allora è importante raccogliere diversi punti di vista e verificare i fatti in modo incrociato».
Ma il rapporto di Amnesty è sbagliato sotto ogni punto di vista: si fonda su informazioni ricevute da parti terze (e non da propri informatori), non ha raccolto ascoltato diversi punti di vista e non ha operato i confronti incrociati. Le conclusioni del rapporto non si fondano su fonti primarie, prove materiali o dati raccolti dal personale di AI; i risultati si basano unicamente sulle affermazioni di individui anonimi, raccolte soprattutto nel sud della Turchia da dove si coordina la guerra in Siria.
Amnesty ha raccolto testimoni e deposizioni in una sola delle parti in conflitto: l’opposizione appoggiata dall’Occidente e il Golfo. Per esempio, ha consultato la Rete Siriana per i diritti dell’uomo, che è nota per la sua posizione favorevole ad un intervento della NATO in Siria. AI ha stabilito rapporti con la Commissione per la Giustizia internazionale e la responsabilità, una organizzazione finanziata dall’Ovest che come obiettivo il promovimento di una procedura penale contro la leadership siriana. Non si tratta, con tutta evidenza, di una organizzazione neutrale, indipendente o non partigiana.
Se AI avesse voluto fare ciò che il suo segretario generale pretende che l’organizzazione faccia sempre, avrebbe dovuto consultare altre organizzazione che operano all’interno o all’esterno della Siria, per sentire altre e diverse versioni su quanto accade nella prigione di Saydnaya. Dopo la pubblicazione del rapporto di AI, AngryArab ha reso note le dichiarazioni di un dissidente siriano, Nizar Nayyouf, che è stato detenuto a Saydnaya. Egli contraddice diverse affermazioni contenute nel rapporto di Amnesty International, proprio quel tipo di controllo che AI ha omesso in questa importante occasione.
L’accusa di Amnesty secondo cui le esecuzioni erano «extragiudiziarie» è esagerata o falsa. Perfino prendendo per buona la ricostruzione offerta da Amnesty, ogni prigioniero sarebbe stato giudicato sommariamente da un giudice e ogni esecuzione sarebbe stata autorizzata da un alto funzionario governativo. Noi non sappiamo se il giudice abbia giudicato sulla base di un fascicolo processuale o di altre informazioni. Si potrebbe affermare che si sia trattato di un processo superficiale, ma è chiaro che, sulla base di quello che la stessa AI ha ricostruito, vi è stata una qualche forma di processo giudiziario.
La conclusione di Amnesty secondo cui tutti I prigionieri di Saydnaya venivano condannati è falsa. Amnesty cita un testimone che spiega a proposito del processo: «Il giudice chiede il nome del detenuto e se abbia commesso il delitto. Che la risposta sia sì o no, egli sarà comunque condannato». Ma questa ricostruzione viene contraddetta da un ex prigioniero di Saydnaya, che è attualmente rifugiato in Svezia. In questo reportage, l’ex prigioniero racconta che il giudice «gli aveva chiesto quanti soldati avesse ucciso. Quando egli ha risposto ‘nessuno” il giudice l’ha prosciolto». Anche questo dimostra che vi era comunque una qualche forma di processo giudiziario e che si assolveva anche.
Il rapporto di Amnesty contiene delle fotografie satellitari con legende prive di senso o sbagliate. Per esempio, come sottolinea il dissidente siriano Nizar Nayyouf, la foto a pag. 30 che riprende un cimitero dei martiri è «prima di tutto stupida». La foto e la legenda mostrano che questo cimitero è stato raddoppiato. Però questo non prova le impiccagioni dei prigionieri, perché questi ultimi non sarebbero mai stati interrati in un «cimitero dei martiri», che è riservato ai soldati dell’esercito siriano. Al contrario ciò conferma il fatto che, tra le altre cose, Amnesty International ignora e che i soldati siriani sono morti in gran numero.
Il rapporto di Amnesty afferma a torto – basandosi su dati forniti da uno dei gruppi che patrocinano l’intervento della NATO – che «le vittime sono in gran parte dei civili ordinari considerati oppositori del governo». Benché sia certamente vero che dei civili innocenti siano talvolta ingiustamente arrestati, come accade in tutti I paesi, l’affermazione che i detenuti della prigione di Saydnaya siano per il 95% dei «civili ordinari» è assurda. Amnesty International può fare una simile affermazione senza tema del ridicolo solo perché AI e altre organizzazioni occidentali sono effettivamente del tutto all’oscuro della realtà siriana.
Circostanze omesse
Altre circostanze essenziali, completamente assenti nel rapporto di Amnesty, sono le seguenti:
1. Le potenze occidentali e le monarchie del Golfo hanno speso miliardi di dollari all’anno, a partire dal 2011 per reclutare, finanziare, addestrare, armare e sostenere a mezzo di una propaganda sofisticata una violenta campagna per rovesciare il governo siriano.
2. Nell’ambito di questa operazione, decine di migliaia di fanatici stranieri hanno invaso la Siria e decine di migliaia di Siriani sono stati radicalizzati e pagati dalle monarchie del Golfo per rovesciare il governo.
3. Più di 100.000 soldati dell’Esercito siriano e della Difesa Nazionale sono stati uccisi perché difendevano il loro paese. L’essenziale di questa informazione pubblica viene ancora ignorata da Amnesty International e dai più importanti media dell’Occidente. Questa operazione di «regime change» si è accompagnata ad una distorsione massiccia e ad una manipolazione della realtà.
4. Senza fornire alcuna prova, Amnesty International accusa il più alto dirigente religioso sunnita in Siria, il gran mufti Ahmad Badreddin Hassun, di autorizzare l’esecuzione di «civili ordinari». Quando invece il gran mufti è una vittima personale della violenza della guerra – suo figlio è stato assassinato da terroristi nei pressi di Aleppo –, ed egli ha costantemente fatto appello alla riconciliazione. Dopo l’uccisione del figlio, il gran mufti Hassun ha pronunciato un alto discorso, nel quale perdonava gli assassini e chiedeva la fine delle violenze.
Che cosa ci rivela, a proposito di Amnesty International, il fatto che rivolga accuse personali specifiche contro individui che hanno personalmente sofferto, senza fornire alcuna prova a sostegno?
Nel rapporto, Amnesty utilizza accuse sensazionali ed emotive invece di portare prove fattuali. Il titolo del rapporto è: «Macello umano». E che cosa accompagna un «macello»? Un frigorifero da carne. Quindi il rapporto ricorre all’espressione «frigorifero da carne» ben sette volte, verosimilmente per fare in modo da rafforzare la metafora centrale del macello.
Anche la citazione di apertura del rapporto è iperbolica: Saydnaya è la fine della vita – la fine dell’umanità. Il rapporto è nettamente in contraddizione con una ricerca obiettiva fondata su dei fatti ed una attività di investigazione; sembra concepito per manipolare le emozioni e, in tal modo, creare una nuova opinione in Occidente favorevole ad una escalation della guerra.
Tuttavia, le accuse di Amnesty International sulla politica di «sterminio» che sarebbe portata avanti dal governo siriano trovano smentite nel fatto che la grande maggioranza dei Siriani preferisce vivere nelle zone controllate dal governo. Quando i «ribelli» sono stati finalmente sloggiati da Aleppo est nel dicembre 2016, il 90% dei civili si è precipitato nelle zone sotto controllo del governo.
Nei giorni scorsi, alcuni civili della provincia di Laodicea, che erano stati tenuti prigionieri dai terroristi nel corso degli ultimi tre mesi, sono stati liberati nell’ambito di uno scambio di prigionieri. [Questo video mostra il presidente siriano Bachar Al-Assad e sua moglie mentre incontrano alcuni di questi civili].
Un video
Al rapporto di Amnesty è allegato un disegno animato di propaganda di tre minuti, che insiste nella tesi che I civili siriani che protestano pacificamente vengono imprigionati e giustiziati. In sintonia col tema del rapporto, l’animazione si intitola «Prigione di Saydnaya: macello umano». Amnesty International sembra voler negare che ci sono decine di migliaia di estremisti violenti in Siria, che si servono di auto imbottite di tritolo, lanci di mortaio, per attaccare ogni giorno zone abitate da civili.
Se si tien conto della crisi nazionale – con tanti jihadisti violenti da fronteggiare – è improbabile che la Sicurezza siriana o le autorità della prigione sprechino risorse per reprimere civili non violenti, anche se questo non dimostra certamente che il governo siriano sia esente da ogni colpa. Errori e abusi certamente vi saranno in questa guerra, come si registrano in ogni altra.
Ma il rapporto di AI assomiglia di più alla propaganda che ha accompagnato il conflitto siriano sin dall’inizio, per la sua mancanza di equilibrio e perché ricorda la «gestione della percezione» cui si ricorse per giustificare l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 e l’assalto occidentale in Libia nel 2011. L’iperbole di AI è altresì contraddetta dal fatto che la Siria ha diversi partiti di opposizione che si disputano i seggi dell’Assemblea Nazionale e che fanno liberamente politica, sia alla destra che alla sinistra del partito Baas.
L’affermazione di Amnesty secondo cui le autorità siriane reprimono brutalmente le proteste pacifiche non tengono nemmeno conto del processo di riconciliazione in corso. Nel corso degli ultimi anni, alcuni militanti armati dell’opposizione sono stati incoraggiati a deporre le armi e a reinserirsi pacificamente nella società, un programma ampiamente non segnalato dai media occidentali, perché contraddice la narrazione della «cappa nera» del governo siriano. [Di un esempio recente si parla qui].
Il rapporto di Amnesty cita le fotografie «Cesar» come prove a sostegno della sue accuse di «macello», ma trascura il fatto che quasi la metà di queste foto dimostra il contrario di quanto si afferma. Le «fotografie Cesar» ampiamente pubblicizzate erano una truffa finanziata dal Qatar per sabotare I negoziati di Ginevra, come documentato qui.
Mentre il rapporto di Amnesty lancia diverse accuse contro il governo siriano, AI ignora la violazione della sovranità siriana effettuata dai paesi occidentali e del Golfo. E’ curioso che importanti ONG come Amnesty International si focalizzino su alcune violazioni dei «diritti umani» e del «diritto umanitario», ma ignorino il crimine di aggressione, anche definito crimine contro la pace.
Secondo il Tribunale di Norimberga, l’aggressione è «il crimine internazionale supremo, differenziandosi dagli altri crimini di guerra solo in quanto contiene in sé tutto il male sommato degli altri». L’ex-ministro nicaraguegno ed ex presidente dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, padre Miguel D’Escoto, ne dovrebbesaperequalcosa. Egliafferma: «Quello che il governo degli Stati Uniti fa in Siria equivale ad una guerra di aggressione che, secondo il Tribunale di Norimberga, è il peggior crimine che uno Stato possa commettere contro un altro Stato». Amnesty International ignora questa verità.
Formazione e contesto
Nicolette Waldman (Boehland) è la co-autrice di questo rapporto di Amnesty International, ed è stata intervistata in modo assolutamente acritico da DemocracyNow, il 9 febbraio. La formazione e i precedenti lavori di Waldman rivelano l’esistenza di interconnessioni con i «think tanks» influenti di Washington e le fondazioni di miliardari che finanziano alcune «organizzazioni non governative» – ONG – che dicono di essere indipendenti, senza esserlo nei fatti.
Waldman ha lavorato in precedenza per il «Centro per i civili coinvolti nei conflitti» supportato dall’Open Society di Georges Soros (nella foto a sinistra), Human Rights Watch finanziato dallo stesso Soros, Blackrock Solutions e il Centro per una nuova sicurezza americana (CNAS).
Il CNAS potrebbe fornire l’indizio più significativo di un preciso orientamento politico della redattrice del rapporto, dal momento che esso è diretto da Michele Flournoy, destinata a diventare segretaria alla Difesa se avesse vinto Hillary Clinton. Il CNAS è stato un motore importantissimo dietro i piani neoconservatori e interventisti liberali che miravano a intensificare la guerra in Siria. Benché non sempre accada che i lavori passati o le pregresse esperienze associative orientino i lavori nuovi o futuri, in questo caso invece le accuse dubbie e sensazionali contenute nel rapporto di AI sembrano allinearsi con questi obiettivi politici. [L’Open Society di George Soros ha finanziato anche Amnesty International.]
Che cosa fare quindi col nuovo rapporto di Amnesty International? Questa organizzazione un tempo assai autorevole si è lasciata, in un recente passato, utilizzare come strumento di propaganda per giustificare l’aggressione occidentale contro l’Iraq e la Libia, e questo sembra anche il ruolo che AI sta giocando oggi in Siria.
Il rapporto di Amnesty International è un insieme di accuse basate sul sentito dire e di sensazionalismo in linea coi temi della propaganda occidentale che hanno accompagnato la guerra siriana sin dagli esordi. A cagione della reputazione non meritata di Amnesty per la sua indipendenza e la sua precisione, il rapporto viene ripreso e diffuso largamente dagli organi di stampa dei media liberali sedicenti progressisti che hanno rilanciato le accuse equivoche.
Poco o nulla di spirito critico viene applicato quando il bersaglio è il governo siriano, che ha dovuto fronteggiare anni di aggressioni patrocinate da paesi esteri. Se questo rapporto giustificherà una nuova escalation del conflitto, come sembra nelle intenzioni di Amnesty International, ancora una volta il gruppo si sarà prestato a fornire elementi di giustificazione all’aggressione occidentale in Siria, come ha già ha fatto per l’Iraq e la Libia.
Rick Sterling è un giornalista di inchiesta che vive nella regione della baia di San Francisco.