Crisi Siriana
Israele vuole la guerra ma i suoi nemici gliela negano
- Dettagli
- Categoria: crisi siriana
- Visite: 5726
Crisi siriana, 5 maggio 2018 - Entità metafisica investita di prerogative fuori del comune, Israele ha il diritto di bombardare chi vuole e quando vuole. Per ottenere questa impunità, è vero che lo Stato-colono ha colonizzato tutto il mondo: Washington, Parigi, Londra e perfino l’ONU....
Oumma, 2 maggio 2018 (trad.ossin)
Israele vuole la guerra ma i suoi nemici gliela negano
Bruno Guigue
Israele bombarda di nuovo la Siria, Israele semplifica le procedure per entrare in guerra, Israele accusa l’Iran di avere l’arma atomica… Non c’è dubbio, suvvia: Israele è la pace, l’amore tra i popoli e la luce delle nazioni. Entità metafisica investita di prerogative fuori del comune, essa ha il diritto di bombardare chi vuole e quando vuole. Per ottenere questa impunità, è vero che lo Stato-colono ha colonizzato tutto il mondo: Washington, Parigi, Londra e perfino l’ONU. Nell’attesa, questi guerrafondai bombardano la Siria, a costo di provocare una escalation devastatrice.
E’ allucinante, mai i missili del 30 aprile sono stati la centesima operazione israeliana contro la Siria dal 2013. Quando attaccano le istallazioni militari siriane, però, i dirigenti sionisti sanno bene che Damasco e Teheran (altro loro bersaglio) finiranno per rispondere. Non può esser loro sfuggito che un aereo israeliano (due, a credere a certe fonti) è stato abbattuto in febbraio, né che la DCA (difesa antiaerea) siriana ha respinto la maggior parte dei missili lanciati il 14 aprile dal trio neocoloniale.
Ma un fatto è certo: nessuna azione di rappresaglia è stata lanciata contro Israele per queste aggressioni, né contro i paesi occidentali per quella del 14 aprile. Bersaglio diretto di atti di guerra, l’Iran e la Siria dimostrano una prudenza che sconcerta taluni osservatori. Questa pazienza calcolata, tuttavia, farebbe male l’aggressore a prenderla come un’ammissione di debolezza. In campo strategico, dimostrare sangue freddo non è un difetto ma una qualità. Il provocatore cerca sempre di imporre i suoi tempi.
Rispondere impulsivamente equivarrebbe ad accettare le sue condizioni. Lo stesso vale per le provocazioni verbali, e si è visto con quanta ironia Teheran ha replicato alle ultime accuse a proposito del suo ipotetico programma (nucleare) clandestino. Queste « accuse trite e ritrite », ha dichiarato il ministro iraniano degli affari esteri, sono solo un « bluff continuamente ripetuto », come quello di un « ragazzino che grida al lupo ». Quando uno Stato che dispone di 300 testate nucleari sottratte a ogni controllo internazionale pretende di dispensare lezioni ad uno Stato privo di armi nucleari, e soggetto a stretti controlli da parte dell’AIEA, effettivamente può dirsi che la realtà superi la finzione.
Ma se l’Iran e la Siria non rispondono pan per focaccia all’aggressore (almeno non immediatamente), e si mantengono in atteggiamento difensivo, è per la semplice ragione che non vogliono uno scontro militare con un avversario del quale conoscono la follia omicida. Frutto di una guerra coloniale, l’entità sionista prospera solo a patto di rendere questa guerra perpetua, perché è la guerra che giustifica la violenza strutturale esercitata contro i Palestinesi – che Israele ha spogliato – e contro tutti coloro che le resistono nella regione.
Al contrario, l’Iran e la Siria non esercitano alcuna dominazione coloniale e non aggrediscono alcuno Stato straniero. Lungi dall’auspicare la guerra, questi due paesi temono invece una deflagrazione generale che possa abbattersi come una calamità sui popoli della regione. Vittime della guerra e dell’embargo, la Siria e l’Iran aspirano solo alla ricostruzione e allo sviluppo. Se si astengono di rispondere alle aggressioni straniere, è perché hanno altre priorità, e perché il gioco, al momento, non vale la candela.
Il futuro dirà se hanno avuto ragione, ma questi due Stati privilegiano attualmente una strategia difensiva che è stata sperimentata durante l’aggressione tripartita del 14 aprile. Il 70 % dei missili nemici sono stati neutralizzati, e la difesa antiaerea siriana dissuade oramai gli aerei ostili dall’avventurarsi nello spazio aereo siriano. A proposito dell’attacco israeliano del 30 aprile, alcune fonti parlano di uso di missili di media portata ultimo grido, lanciati dallo spazio aereo giordano.
Questo tipo di missili sarebbero in grado, nelle attuali condizioni, di eludere i radar della DCA. Se questa informazione è esatta, si tratta di una nuova sfida lanciata all’esercito siriano e ai suoi alleati, soprattutto russi, che hanno dichiarato che riforniranno prossimamente la Siria di S-300. In ogni caso, Mosca non ha, più di Damasco e Teheran, interesse a che lo scontro attuale degeneri in guerra aperta. Il suo intervento militare in Siria ha dimostrato la sua efficacia da ottobre 2015. Ma è chiaro che la Russia non si lascerà trascinare in un conflitto importante in un teatro di operazione lontano dal territorio nazionale.
Si legge a volte che Mosca avrebbe stretto un accordo con Israele autorizzandola a colpire Hezbollah e l’Iran in cambio della sua neutralità nel conflitto siriano. Nessuna prova è stata mai prodotta dell’esistenza di un simile accordo, ed è inverosimile. Il coordinamento operativo tra le forze siriane ed alleate sul campo, de facto, rende impossibile un simile doppio gioco. La Russia si è impegnata in un conflitto che oppone lo Stato siriano ad un terrorismo di importazione.
Da questo punto di vista, non si può dire che non abbia onorato i suoi impegni con gli alleati: Daesh è stata quasi sradicata, e i suoi vari avatar sono a mal partito. Ma Mosca evita accuratamente qualsiasi escalation con gli Stati della regione. La Turchia approva i bombardamento occidentali sulla Siria, ma ciò non impedisce alla Russia di associare la Turchia ai negoziati di Astana. Il groviglio di conflitti nella regione confonde le cose, è vero. Ma parliamo del mondo reale. La forza delle cose spinge gli uni e gli altri a fare dei compromessi, e solo il risultato conta. Che cosa avrebbero guadagnato Siria e Iran a fare una guerra totale contro Israele e gli USA? E’ proprio perché non la vogliono, che non rispondono alle provocazioni. Essi si riservano il diritto di farlo al momento giusto, quello che sceglieranno loro. La vittoria è un lungo esercizio di pazienza.