Fabrizio de André : Fiume Sand Creek
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Fabrizio De André : Fiume Sand Creek
La canzone “Fiume Sand Creek” (1981) compare nel decimo album pubblicato da Fabrizio De André. Composta con Massimo Bubola, parla del massacro delle donne e dei bambini Cheyenne del campo di Send Creek, ad opera dell’esercito degli Stati Uniti. L’epopea della nazione USA, sorta dal furto delle terre e dal genocidio dei nativi americani, è una delle ragioni – secondo Noam Chomsky – del fortissimo legame, anche sentimentale, tra Stati Uniti e Israele, una nazione quest’ultima che sta facendo lo stesso col popolo palestinese
Testo:
Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale
c'è un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek
I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
e quella musica distante diventò sempre più forte
chiusi gli occhi per tre volte
mi ritrovai ancora lì
chiesi a mio nonno è solo un sogno
mio nonno disse sì
a volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek
Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
il lampo in un orecchio e nell'altro il paradiso
le lacrime più piccole
le lacrime più grosse
quando l'albero della neve
fiorì di stelle rosse
ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek
Quando il sole alzò la testa oltre le spalle della notte
c'eran solo cani e fumo e tende capovolte
tirai una freccia in cielo
per farlo respirare
tirai una freccia al vento
per farlo sanguinare
la terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek
Si sono presi i nostri cuori sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale
ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek
Arizona Dream, 2 giugno 2009 (trad.Ossin)
Il massacro di Sand Creek: Il racconto di George Bent (Cheyenne), testimone oculare, 28 novembre 1864
George Bent, figlio di una Cheyenne e di un ranger USA, lui stesso diventato mercante nella sua tribù, viene costretto ad accompagnare Chivington nella sua spedizione criminale. In seguito sarà chiamato a testimoniare dinanzi al Congresso, dopo l’apertura di una inchiesta sul massacro da lui descritto nel testo che segue.
L’anno 1864 viene principalmente segnato dalla disfatta dei Sudisti di fronte all’esercito dell’Unione. Il 2 settembre cade Atlanta, capitale della Confederazione, e il 21 settembre Savannah si arrende all’esercito di Sherman. Lincoln viene rieletto per un secondo mandato l’8 novembre.
La guerra di Secessione, che concentra le energie degli eserciti in un conflitto fratricida, rallenta ma non interrompe la Conquista dell’Ovest. I Pellerossa delle Pianure vedono i loro territori di caccia minacciati e le loro popolazioni decimate dalle epidemie. Già nel 1849 vi è stata la corsa all’oro della California e, durante i due decenni seguenti, si segnala la presenza di metalli preziosi, oro e argento, in diversi Stati dell’Ovest. Nel 1862 l’Homestead Act facilita l’insediamento di coloni, con l’accordare loro dei lotti di 80 ettari, a condizione che li coltivino per cinque anni.
Di fronte all’invasione dei nuovi venuti, i Sioux Santee, sterminati dalla carestia, si sollevano in Minnesota. Più a sud, gruppi di Cheyenne, Arapaho e Sioux, alleatisi per difendere le loro terre, scatenano una serie di offensive contro le carovane, i ranch e le stazioni di diligenza.
Il governo federale, costretto a confrontarsi tanto con il conflitto contro il Sud, che con il moltiplicarsi degli scontri tra Pellerossa e coloni, invia degli ambasciatori di pace nelle Grandi Pianure dell’Ovest. Grazie agli sforzi di mediazione del maggiore Edward Wyncoop, alcuni Cheyenne e Arapaho cessano le ostilità e si accampano in attesa dei risultati dei negoziati. Uno di questi campi, situato a Sand Creek, nel Colorado, raggruppa qualcosa come settecento persone, in maggioranza donne e bambini. Esso viene posto sotto l’autorità del capo Black Kettle e sotto la protezione della bandiera dell’Unione, issata in segno di pace.
I rapporti amicali di Wyncoop coi Pellerossa gli valgono la disapprovazione delle autorità militari e viene dunque rimosso dal comando. Come ha sottolineato lo storico Dee Brown, se Wyncoop avesse mantenuto il comando, il massacro di Sand Creek sarebbe potuto senz’altro essere evitato. Ma il suo successore, il colonnello John Chivington è fermamente deciso ad “uccidere gli Indiani… perché è giusto e onorevole ricorrere a tutti i mezzi per farlo”.
Così il 28 novembre, nonostante l’opposizione di una parte dei soldati e degli ufficiali, Chivington lancia un attacco a sorpresa contro il campo pacifico dei Cheyenne di Sand Creek, massacrandone la maggior parte. Solo qualcuno riesce a fuggire, tra cui lo stesso Black Kettle, che perderà la vita quattro anni più tardi nella battaglia di Washita River, vinta da Custer.
Il massacro di Sand Creek resta, con Wounded Knee, uno degli episodi più cupi della Conquista dell’ovest. Nel Congresso, dove il racconto della carneficina suscita indignazione, Chivington venne radiato dall’esercito, ma nessun processo viene intentato contro di lui. Tutta questa tragica vicenda contribuirà ad esacerbare gli antagonismi e la violenza nei territori dell’Ovest. Il 7 novembre 2000, il presidente Clinton ha approvato la costruzione di un monumento ai morti di Sand Creek, che è stato inaugurato nel 2002.
Rapporto di George Bent (Cheyenne), testimone oculare, il 28 novembre 1864:
Guardando dalla parte dove si trovava la tenda del capo, ho visto che Black Kettle aveva attaccato una bandiera dell’Unione al palo di una tenda per segnalare alle truppe che si trattava di un campo amico. Una parte dei guerrieri si era precipitata verso i cavalli e tutti gli altri, terrorizzati, correvano in ogni direzione. Black Kettle gridava loro di non aver paura, che il campo era sotto protezione e che non correvano alcun pericolo.
Improvvisamente i soldati aprirono il fuoco contro questa folla di uomini, donne e bambini e tutti cominciarono a scappare. Il grosso dei Pellerossa si precipitò verso il letto del fiume che era a secco (…). Nel frattempo gruppi di giovani tentavano di mettere i cavalli al riparo dei soldati (…). Io mi unii ad uno di questi gruppi, composto da une decina di Cheyenne, uomini di mezza età. Avevamo fatto solo qualche passo, quando i soldati ci hanno individuato ed hanno aperto un fuoco nutrito, costringendoci a rifugiarci ancora nel letto del fiume, dal quale siamo poi risaliti dietro altri Indiani, mentre una compagnia di cavalleria ci seguiva da vicino e ci sparava contro ad ogni passo. Lungo il cammino abbiamo visto molti Indiani, uomini, donne e bambini, qualcuno ferito, altri morti, che giacevano nella sabbia e nelle pozze d’acqua. Poco dopo abbiamo raggiunto il gruppo principale, e la gente si nascondeva in fossi che aveva scavato sulla riva del fiume. In quel momento venni gravemente ferito da un proiettile che mi colpì all’anca, ma riuscii a scivolare in uno di quei fossi. Gli uomini di Chivington si erano quasi tutti raggruppati lungo questi fossi, e altri li raggiunsero, perché avevano rinunciato a inseguire i piccoli gruppi che si erano sparpagliati nelle colline.
I soldati concentrarono il fuoco sulle persone che erano nei fossi e noi rispondevamo con dei fucili e delle frecce, ma avevamo ben pochi fucili. I soldati non sono scesi a battersi corpo a corpo ma, almeno una volta o due, quando erano riusciti ad uccidere più di un uomo in qualche fosso, sono discesi per finire i feriti e abbattere le donne e i bambini che erano ancora vivi.
Il combattimento è durato fino al tramonto, quando infine l’ufficiale che li comandava ha richiamato i suoi uomini e sono ripartiti seguendo il letto del fiume fino all’accampamento dal quale ci avevano cacciati. Sul cammino del ritorno, i soldati hanno preso lo scalpo dei morti che si trovavano disseminati lungo il letto del fiume ed hanno sembrato i corpi in un modo che nessun Indiano saprebbe eguagliare. Little Bear mi ha recentemente detto che dopo la battaglia ha visto i soldati prendere lo scalpo ai morti e anche ad una vecchia ancora viva. L’ha vista errare senza sapere dove andare e era stata privata dello scalpo interamente e la pelle della fronte le cadeva sugli occhi.
Quando l’attacco è iniziato, Black Kettle, sua moglie e White Antilope, si sono piazzati davanti alla tenda di Black Kettle e vi sono rimasti anche quando tutti gli altri erano fuggiti. A questo punto anch’egli ha deciso di darsi alla fuga, vedendo che restare non sarebbe servito a niente ed ha gridato a White Antilope di seguirlo.
“Niente vive a lungo, salvo la terra e le montagne”, fino a che i soldati non l’abbattono. Kettle e sua moglie hanno seguito gli Indiani che fuggivano lungo il letto del fiume, i soldati li tallonavano.
Poco dopo hanno colpito la moglie. Pensando che fosse morta, mentre i soldati lo seguivano da vicino, Black Kettle ha continuato a fuggire. I soldati lo hanno seguito fino ai fossi, ma non sono riusciti a prenderlo. Dopo la battaglia egli è sceso di nuovo lungo il letto del fiume per cercare il corpo di sua moglie. L’ha trovato poco dopo, ella non era morta e le sue ferite non erano gravi (…). Black Kettle se l’è caricata sulle spalle ed ha risalito il letto, fino a quando non ha incontrato un uomo a cavallo e allora l’ha sistemata sul cavallo, fino al campo cheyenne di Smokey Hill…
Mio fratello Charlie era nel campo ed è stato fatto prigioniero con Jack Smith, un altro sangue misto. Dopo il combattimento, i soldati hanno preso Jack Smith e l’hanno abbattuto a sangue freddo. Alcuni ufficiali avevano spiegato a Chivington chi fosse e l’avevano supplicato di risparmiare quel ragazzo, ma egli aveva seccamente risposto che aveva già dato i suoi ordini e che non si doveva fare alcun prigioniero e che non aveva altri ordini da dare. Alcuni soldati hanno abbattuto Jack e stavano per abbattere anche mio fratello ma, fortunatamente, Charlie conosceva alcune guide e questi ragazzi lo hanno protetto. I soldati avevano catturato qualche donna e qualche bambino ma, giunti al forte, li hanno consegnati a mio padre, a eccezione di due ragazzine e di un ragazzo, che sono stati condotti a Denver per metterli in mostra come grandi curiosità.
Una quindicina di chilometri dopo il campo, ci siamo fermati in un burrone per passarvi la notte. La notte era fitta e gelida, nessuno di noi aveva abiti caldi perché eravamo stati buttati fuori dal letto senza avere il tempo di vestirci. I feriti soffrivano tantissimo. Non c’era legna, ma gli uomini e le donne che non erano feriti hanno raccolto dell’erba e con essa hanno fatto del fuoco. Hanno sistemato i feriti vicino al fuoco e li hanno ricoperti di erba perché non gelassero. E hanno lanciato dei richiami per tutta la notte nella speranza di attirare l’attenzione degli Indiani sperduti nelle colline di sabbia.
Abbiamo preso la strada verso est per raggiungere l’ accampamento cheyenne di Smoky Hills, situato a circa sessanta o settanta chilometri di lì. I feriti avevano male dappertutto ed erano tutti rigidi, io potevo appena mantenermi a cavallo. L’anca mi si era gonfiata per effetto del freddo e sono stato costretto a marciare un po’ a piedi prima di poter montare a cavallo. Non solo la metà di noi erano feriti, ma dovevamo anche occuparci delle donne e dei bambini. Infatti il massacro ha colpito soprattutto le donne e i bambini. Più di ¾ delle persone uccise durante il combattimento erano donne e bambini.
Marciavamo da non molto tempo, quando abbiamo cominciato a incontrare degli Indiani del campo di Smoky Hill. Venivano verso di noi, chi con un cavallo, chi con delle coperte, con della carne cotta e altre cose. Alcuni dei nostri uomini erano riusciti a fuggire a cavallo al momento dell’attacco ed avevano raggiunto Smoky Hill, da dove erano partiti degli aiuti verso di noi. In questo campo quasi tutti avevano un amico o un membro della propria famiglia. Quando siamo arrivati in vista delle tende, tutti hanno lasciato il campo per venirci incontro, piangendo e gemendo come non avevo mai sentito.
Un anno dopo questo attacco, esso è stato oggetto di diverse inchieste. Gli amici del colonnello Chivington erano determinati a provare che il nostro campo era ostile, ma non sono riusciti a portare alcuna prova a sostegno di questa tesi. Ed è stato solo quando le inchieste sono state aperte che hanno cominciato a porsi delle domande. Ma, al momento dell’attacco, poco importava loro sapere se noi eravamo Indiani ostili o amici.
Uno dei più alti ufficiali di Chivington ha recentemente dichiarato: “Quando siamo arrivati al campo di Sand Creek, non ci importava di sapere se quegli Indiani erano amici o meno”: Tutti a Denver sapevano bene che il colonnello aveva ordinato alle sue truppe di uccidere gli Indiani, di “ucciderli tutti, grandi e piccoli”.
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