Pete Seeger : "Se avessi un martello"
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Il 27 gennaio 2014, all’età di 94 anni, è morto Pete Seeger, il più famoso folk-singer statunitense. Comunista, iscritto al partito comunista USA, fu vittima del maccartismo e della caccia alle streghe negli anni 1950. Fu ispiratore con Woody Guthrie, di Bob Dylan e di una intera generazione di musicisti. Ci ha lasciato alcune canzoni rimaste nella storia, come “If i had a hammer…” (Se avessi un martello). Questa canzone, composta con Lee Hayes negli anni 1940, venne eseguita per la prima volta durante un concerto di solidarietà coi dieci dirigenti del partito comunista USA all’epoca detenuti, e la cui condanna a pesanti pene detentive segnò un punto di svolta nella caccia alle streghe negli Stati Uniti
L’articolo che segue venne scritto da Laurent Lévy nel 2001, dopo l’attacco alle Torri Gemelle di Manhattan, non riguarda dunque la morte di Seeger, ma richiama l’autentico significato della canzone: la denuncia contro l’arroganza e la ingiustizia del potere, contro la caccia alle streghe. Segue una traduzione italiana del testo, non quella depositata che è una insulsa canzonetta (“Datemi un martello”, interpretato da Rita Pavone negli anni 1960).
Seguono ancora: un video con l’esecuzione di Pete Seeger, poi quella di Victor Hara e, infine, un’altra canzone di Pete Seeger: “Turn, turn, turn”, interpretata da The Byrds
Le Grand Soir, 28 gennaio 2014 (trad.ossin)
Riflessioni ascoltando una canzone famosa
Pete Seeger: "Se avessi un martello"
Laurent Lévy
Ricordando Pete Seeger, morto il 27 gennaio scorso all'età di 94 anni, ri-pubblichiamo questo testo in suo omaggio, già pubblicato in questo sito sette anni fa, dove si fa questione di Pete Seeger ovviamente, ma anche di Claude François, di Paul Robeson, del maccartismo e della "guerra al terrorismo"
La canzone aveva colpito le mie orecchie nel momento stesso in cui facevo ingresso alla Festa dell'Humanité. Animava una delle attrazioni ambulanti che accoglievano i visitatori.
In un'altra vita, quando militavo nel partito comunista, non mi sarei più perso una sola festa dell'Humanité. Più di una volta vi andavo in anticipo per dare una mano a montare lo stand della mia federazione... A quell'espoca non c'erano stand "commerciali" nella festa - o quanto meno non erano così in evidenza. C'erano solo gli stand militanti, che donne e uomini di buoni propositi animavano per finanziare l'attività delle loro organizzazioni, e anche per rafforzarle, lì sul posto. Ma poco importa tutto questo oggi.
Non era a questo che pensavo quando sentivo Claude François sghignazzare:
"Se avessi un martello (oh, no!)"
Era il secondo week end di settembre dell'anno 2001. Qualche giorno prima le due torri gemelle del World Trade Center, "il centro del mercato mondiale" erano crollate colpite da due aerei di linea. Gli Statunitensi denunciavano un uomo il cui stesso nome era ampiamente sconosciuto dal grande pubblico, Osama Bin Laden. Denunciavano il regime afghano dei Talebani. Annunciavano una prossima guerra. War on terror! Guerra al terrore, guerra al terrorismo.
"Se avessi un martello (oh, oh!)"
Questa canzone... era appropriata... Bisognava che lo dicessi a qualcuno, anche al primo venuto forse. Avevo la ridicola sensazione di essere l'unico a sapere cosa era veramente.
Passeggiavo tra i viali della Festa. Bandiere statunitensi. Slogan di solidarietà con gli Stati Uniti. Non avevo ascoltato le parole di Robert Hué, all'epoca segretario generale, ma si diceva avesse sentito il bisogno di affermare la propria solidarietà "al popolo statunitense e ai leader che si era dato". Io mi dicevo che i comunisti se ne erano dati di ben strani, di dirigenti. Durante i dibattiti della Festa, scoprivo con sbigottimento la loro incapacità di pensare il mondo. Solo qualche specialista non comunista di questioni internazionali o di Medio oriente diceva qualcosa di utile. Poco dopo, quando le prime bombe a frammentazione sarebbero cadute sull'Afghanistan, avrei ascoltato anche uno dei più alti responsabili del partito di Gabriel Peri dire con la massima tranquillità che Bush aveva ragione, che "noi" avevamo fronteggiato il pericolo nazista negli anni '20 del ventesimo secolo e che non era il caso di ricominciare oggi, con un pericolo altrettanto inquietante.
Ma al momento era Claude François che sghizzava nella mia testa.
Incontrai un’amica e le raccontai. “Devi dirlo a R.”, mi disse. R., vecchio cocco nostalgico, gli piacerebbe. Raccontai la storia a R.
“Se avessi un martello…” “If i had a hammer…”
La canzone dell’idolo yè yè di fatto era un adattamento, come accade di frequente resa insipida e svuotata di senso, di una canzone di Pete Seeger e Lee Hayes, composta negli anni 1940, e cantata per la prima volta durante un concerto di solidarietà coi dieci dirigenti del partito comunista statunitense all’epoca detenuti, e la cui condanna a pesanti pene detentive segnò un punto di svolta nella caccia alle streghe negli Stati Uniti. Avevano accusato questi uomini, nessuno dei quali possedeva un’arma, dirigenti di un partito di qualche povero migliaio di aderenti, di progettare il rovesciamento con la forza del governo e della costituzione degli Stati Uniti. Le prove? Erano nei libri di Marx e di Lenin che erano, diciamo, il loro pane quotidiano e che usavano per la formazione dei militanti.
R. era emozionatissimo. Mi offrì un’altra coppa di champagne. Si stupiva di non conoscere questa storia, aveva delle giustificazioni.
Io avevo sempre amato Pete Seeger e le correnti folk della canzone statunitense, di cui è uno dei più famosi esponenti. Sapevo che era assolutamente “di sinistra”. Molte delle sue canzoni lo dicono di per se stesse, composte per i sindacati, per i diritti civili dei Neri, contro la guerra del Vietnam. Da militante comunista, mi sono molto interessato al comunismo e alla sua storia. Ignoravo però che Seeger era stato anche lui un militante del partito comunista statunitense, e che aveva peraltro pagato caro la fedeltà alle sue scelte di gioventù.
Oggi “Se avessi un martello” non ricorda più niente a nessuno, se non, per quelli di una certa età, una canzonetta yèyè assolutamente insipida cantata, tra gli altri, da Calude François (e interpretata in italiano, in modo altrettanto insulso, da Rita Pavone, ndt). Ma fin dalle prime battute qualunque statunitense, fosse o meno un agente dello FBI, sapeva negli anni 1940 che questa canzone era, non poteva non essere, una canzone dei “rossi”. Non evocava forse il “martello della Giustizia”, col quale far sparire angoscia e pericoli, per scolpire l’amore tra gli uomini? La “campana della libertà” che doveva suonare per lo stesso scopo?
Ma, si dirà, non bisogna esagerare. La stessa “caccia alle streghe” aveva di mira solo i comunisti, non tutti quelli che chiamiamo “liberal”, vale a dire i militanti delle libertà pubbliche. Addirittura. Tra le domande che venivano rivolte alle persone convocate davanti alla “commissione per le attività anti-statunitensi”, lo strumento maggiore di questa “caccia”, si trova spesso questa (rivolta alle persone bianche):
“Ha degli amici Neri?”
(in subordine, quasi per metonimia: “Possiede un disco di Paul Robeson?”
Immaginate le conseguenze di una risposta positiva.
Si domandava anche:
“Segue gli Uffici religiosi?”
O ancora:
“Crede in dio?”
Ovvio che qui una risposta negativa aveva nefaste conseguenze.
Non mi ero accorto, al momento, del colpo che arrivava. Ma quando sento oggi alcuni spiriti buoni spiegare: “Io non ho niente contro i mussulmani, solo contro gli islamisti”, provo, pensando al maccartismo degli anni 1950, un senso di dejà vu. Che cosa significava essere “comunisti” negli Stati Uniti di Edgar Hover? Carriere rovinate per una firma in calce ad una petizione. Che cosa significa, nella Francia di oggi, essere “islamista”? Per qualcuno è sufficiente frequentare il sito internet oumma.com o non odiare Tariq Ramandan (che, sia detto per inciso, i gruppi salafisti odiano dal canto loro cordialmente). Secondo taluni funzionari dei servizi generali di informazione, è sufficiente essersi recati in Arabia saudita, col dubbio pretesto di un pellegrinaggio (autentico!). Secondo taluni datori di lavoro, e perfino talune amministrazioni, basta portare la barba. Non voglio nemmeno parlare del velo…
Victor Hara: El Martillo
Uno degli insegnamenti della storia della “caccia alle streghe” negli Stati uniti è la potenza del maremoto ideologico che la ha accompagnata, l’ha seguita, gli è abbondantemente sopravvissuta. Come le idee più semplici possano essere state demonizzate. Come, in nome della lotta contro un pericolo, indubbiamente sovrastimato ma reale (lo spionaggio sovietico e il ruolo di molti comunisti statunitensi in questo ambito) abbiano reso delitto di opinione anche comportamenti che non avevano intrinsecamente niente di condannabile: pacifismo, antirazzismo, ansia di giustizia sociale… La maggior parte delle organizzazioni di difesa delle libertà civili e dei diritti dell’uomo hanno finito col prestarsi a questo gioco, come nella Francia di oggi molti “antirazzisti” tradizionali si prestano al gioco dell’islamofobia più marcata.
Il dramma è che l’ora non è propizia alle idee complesse. Non sono solo le torri gemelle del “centro del mercato mondiale” ad essere crollate l’11 settembre 2001, ma anche un certo modo di avere diritto alla parola. E’ il momento dell’evidenza. Un apparente buon senso vale più di un ragionamento, per quanto pertinente sia; e, da questo punto di vista, Nicolas Sarkozy ne sa ancora di più di George Bush. La divisione del mondo tra “buoni” e “cattivi” era già netta nell’ideologia statunitense dai tempi dell’Unione Sovietica. Ma la caduta del muro di Berlino non vi ha posto fine; le ha dato al contrario forza e potenza. Nel mondo destrutturato di questo inizio di secolo, il nemico è invisibile: è dunque più pericoloso. I suoi amici, e anche coloro che diano prova della minima condiscendenza, devono essere identificati, controllati, messi in condizione di non nuocere. Come il medico che non identifica l’origine di una infezione può ordinare un “antibiotico a largo spettro”, si pratica la stigmatizzazione, la discriminazione, poi l’odio “a largo spettro”, la paranoia come metodo di governo. La vicenda del facchino di Roissy (Abderrezak Besseghir, un francese di origine algerina, sospettato della preparazione di atti terroristici, in seguito rivelatisi solo come un complotto ordito dalla famiglia della moglie per vendicarsi di lui, in seguito alla morte della donna, ndt) ha dimostrato fino a dove può giungere questo maccartismo oramai planetario: può andare ancora oltre.
If i ha a hammer… Se avessi un martello… Ma ecco: questo martello deve essere ancora forgiato..
If I had a hammer
(Pete Seeger - Lee Hayes)
If I had a hammer,
I'd hammer in the morning
I'd hammer in the evening,
All over this land.
I'd hammer out danger,
I'd hammer out a warning,
I'd hammer out love between my brothers and my sisters,
All over this land.
If I had a bell,
I'd ring it in the morning,
I'd ring it in the evening,
All over this land.
I'd ring out danger,
I'd ring out a warning
I'd ring out love between my brothers and my sisters,
All over this land.
If I had a song,
I'd sing it in the morning,
I'd sing it in the evening,
All over this land.
I'd sing out danger,
I'd sing out a warning
I'd sing out love between my brothers and my sisters,
All over this land.
Well I got a hammer,
And I got a bell,
And I got a song to sing, all over this land.
It's the hammer of Justice,
It's the bell of Freedom,
It's the song about Love between my brothers and my sisters,
All over this land.
It's the hammer of Justice,
It's the bell of Freedom,
It's the song about Love between my brothers and my sisters,
All over this land.
Se avessi un martello
Se avessi un martello.
Lo batterei la mattina,
Lo batterei la sera,
Per tutto il paese lo batterei.
Lo batterei per allontanare un pericolo,
Lo batterei per mettere in guardia,
Lo batterei per creare l'amore tra tutti i miei fratelli
Per tutto il paese.
Se avessi un campanello,
Lo suonerei la mattina,
Lo suonerei la sera,
Per tutto il paese lo suonerei.
Lo suonerei per un pericolo,
Lo suonerei per mettere in guardia,
Lo suonerei per celebrare l'amore tra tutti i miei
Per tutto il paese. [fratelli,
Se avessi una canzone,
La canterei la mattina,
La canterei la sera,
Per tutto il paese la canterei.
Griderei il pericolo,
Griderei per mettere in guardia,
Griderei a squarciagola l'amore tra tutti i miei fratelli
Per tutto il paese.
Ebbene, ho un martello,
Ho un campanello,
Ho una canzone da cantare per tutto il paese.
E' un martello di giustizia,
E' un campanello di libertà,
E' una canzone che parla dell 'amore tra tutti i miei
Per tutto questo paese. [fratelli,
(traduzione: lottacomeamore.it)
The Byrds: "Turn! Turn! Turn!"