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www.info-palestine.net, 19 maggio 2012 (trad.Ossin)
Un tribunale di Israele stabilisce che è l’ebraismo, e non il luogo di nascita, che determina la nazionalità israeliana
Revital Hovel – Ha’aretz
Il tribunale distrettuale di Haifa ha respinto martedì l’azione intentata dal professore Uzzi Ornan contro il ministero dell’interno israeliano, diretta ad ottenere che la propria nazionalità gli fosse riconosciuta per il fatto di essere nato in Israele, e non perché ebreo.
Ornan, linguista e membro dell’Accademia della lingua ebraica, ed anche fondatore della Lega contro la costrizione religiosa in Israele, ha proposto un ricorso contro il ministero dell’interno nel 2010 perché la nazionalità gli venisse riconosciuta in quanto nato in Israele, e non perché ebreo.
Nella sentenza di lunedì, il giudice Daniel Fish ha detto che non v’è alcun dubbio che il ricorrente, il professore Uzzi Ornan, è nato da una madre ebrea e che, di conseguenza, egli è ebreo, condizione che la Legge del Ritorno stabilisce essere la fonte della nazionalità.
“Anche se la definizione di ebreo è stata aggiunta dal legislatore alla Legge del Ritorno solo nel 1970 – scrive Fish – il riferimento alla legge ebraica halakha approvata non costituisce una novità, e una rassegna giurisprudenziale di decisioni precedenti l’approvazione dell’emendamento dimostra che ogni volta che si è dovuto decidere dell’ebraismo di qualcuno quella fonte non è stata mai ignorata”.
Il giudice ricorda due precedenti del 1962 e del 1968, anteriori dunque all’emendamento del 1970, che stabiliscono che è “ebreo chiunque sia nato sa una madre ebraica o che si sia convertito e che non appartenga ad un’altra religione”.
Intervistato da Ha’aretz, Ornan ha dichiarato che, deluso dalla decisione, ha intenzione di ricorrere alla Corte Suprema.
Commentando la propria requisitoria, l’ufficio del Procuratore di Stato, intervenendo a nome del ministro dell’interno, ha dichiarato: “Ornan ha il diritto di pensare che le leggi in questione siano razziste, ma non può imporre la sua opinione personale all’Autorità né costringerla ad agire contro la lettera della legge”.
L’Ufficio del Procuratore di Stato ha respinto l’argomento di Ornan, secondo il quale egli “appartiene ad un’altra religione” e che dunque non può essere considerato ebreo, alla stregua della Legge del Ritorno. “Il fatto che il ricorrente sia iscritto nel Registro della popolazione, per sua dichiarazione, come ateo non cambia il fatto che egli sia ebreo secondo la legge halakhique, cui fa riferimento la Legge del Ritorno”, risponde lo Stato.
“Accettare l’interpretazione del ricorrente comporterebbe la conseguenza rilevante ed inaccettabile che i figli di madre ebrea che vivono all’estero e che dichiarino ai registri della popolazione o in altro modo di essere atei si vedrebbero rifiutare il diritto di fare Alyah (ritorno) in Israele”.
Ornan, 89 anni, è nato e cresciuto a Gerusalemme, e vive oggi a Nofit, un villaggio della Galilea. Durante il Mandato Inglese, ha combattuto nell’Etzel (organizzazione armata sionista, ndt) e nel 1944 è stato esiliato in Eritrea dopo essere stato denunciato agli Inglesi.
Quando è tornato in Israele nel 1948, è stato registrato nel corso del primo censimento del paese ed ha insistito perché non lo registrassero come ebreo. Nella casella “Religione”, ha scritto “nessuna”, e nella casella “Nazionalità” ha scritto “Ebreo”. A quell’epoca il ministero dell’interno tendeva ad accettare qualsiasi dichiarazione senza sollevare problemi.
Nel ’48 non era un problema- dice Ornan – L’atmosfera generale era quella di un paese libero e democratico. Anche allora c’era la forza, ma nessuno ha tentato di cambiare la mia nazionalità in “ebreo”.
www.info-palestine.net, 10 aprile 2010 (trad.Ossin)
Perché non c’è nessun “israeliano” nello Stato ebraico?
Jonathan Cook (Dissident Voice)
L’indicazione della nazionalità (ebraica, araba, buddista….) sulla carta di identità degli israeliani facilita la discriminazione nei confronti dei cittadini arabi
Cittadini classificati come di nazionalità ebraica o di nazionalità araba
Un gruppo di ebrei ed arabi si batte dinanzi ai tribunali israeliani perché si possa essere riconosciuti come “israeliani”, una nazionalità che viene oggi negata nell’ambito di un procedimento che i dirigenti del paese considerano come una minaccia per lo statuto autoproclamato di Stato ebraico.
Israele ha negato il riconoscimento di una nazionalità israeliana al momento della creazione del paese, nel 1948, introducendo anche una insolita distinzione tra “cittadinanza” e “nazionalità”. Anche se tutti gli israeliani sono qualificati come cittadini di Israele”, lo Stato è invece considerato come espressione della “nazione ebraica”, vale a dire non solo dei 5,6 milioni di ebrei israeliani ma anche degli oltre sette milioni di ebrei della diaspora.
Secondo alcuni critici, lo statuto speciale di nazionalità ebraica costituisce un mezzo per indebolire i diritti di cittadinanza dei non ebrei in Israele, specialmente per il quinto della popolazione che è araba. Una trentina di leggi in Israele privilegiano specificamente gli ebrei, specialmente nel campo dei diritti relativi all’immigrazione, alla naturalizzazione, alla concessione di terre, al lavoro.
I rappresentanti degli arabi denunciano da tempo il fatto che l’indicazione della nazionalità ”araba” sulle carte di identità ne faciliti l’individuazione da parte della polizia e dei funzionari, per imporre loro un trattamento discriminatorio.
Il ministero dell’interno ha adottato più di 130 nazionalità per i cittadini israeliani, la maggior parte delle quali definite in termini religiosi ed etnici, prime tra tutte “ebreo” ed “arabo”.
La causa intentata dal gruppo è approdata alla Corte Suprema, dopo essere stata respinta due anni fa da un giudice distrettuale, che ha invece accolto la posizione dello Stato secondo cui non esiste la nazione israeliana.
Secondo il dirigente della campagna per la nazionalità israeliana, Uzi Ornan, professore di linguistica in pensione, “è assurdo che Israele, pur riconoscendo decine di diverse nazionalità, rifiuti di riconoscere proprio quella che il paese dovrebbe rappresentare”.
Il governo si è opposto alle richieste del gruppo, sostenendo che il vero obiettivo della campagna sarebbe quello di “minare l’infrastruttura dello Stato” (riferendosi evidentemente alle leggi e alle istituzioni ufficiali che assicurano ai cittadini ebrei uno statuto privilegiato).
Secondo Ornan, 86 anni, il non riconoscimento di una comune nazionalità israeliana è il fondamento della discriminazione autorizzata dallo Stato verso la popolazione araba.
“Vi sono addirittura due leggi, la legge dei Ritorno per gli ebrei e quella della Cittadinanza per gli arabi, che stabiliscono il diverso modo di far parte dello Stato – dice - Che razza di democrazia è quella che distingue i suoi cittadini in due categorie?”
Yoel Harshefi, l’avvocato che assiste Ornan, dice che il ministero dell’interno è ricorso alla creazione di gruppi nazionali non riconosciuti giuridicamente fuori da Israele, come “Arabo” o ”Sconosciuto”, per evitare di dover riconoscere una nazionalità israeliana.
Nei documenti ufficiali, la maggior parte degli Israeliani sono repertati come “ebrei” o “arabi”, ma gli immigrati il cui ebraismo è posto in dubbio dai rabbini israeliani, che sono i circa 300.000 provenienti dall’Unione Sovietica, sono abitualmente registrati con l’indicazione del loro paese di origine.
“Immaginate le proteste delle comunità ebraiche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Francia, se le autorità tentassero di classificare i cittadini come ‘ebrei’ o ‘cristiani’”, dice Ornan.
Il professore, che vive vicino Haifa, ha agito in giudizio quando il ministero dell’interno ha respinto la sua richiesta di modificare la propria nazionalità qualificandola come “israeliana” nel 2000. Una petizione su Internet che dichiara “Io sono israeliano” ha raccolto diverse migliaia di firme.
Ad Ornan si sono associate altre 20 personalità pubbliche, tra cui l’ex ministro Shulamit Aloni. Diversi membri del gruppo sono stati registrati con nazionalità inconsuete, come “Russo”,
“Buddista”, “Georgiano e “Birmano”.
Tra i ricorrenti figurano due arabi, uno dei quali è Adel Kadaan, che era già ricorso in giudizio nel 1990 per ottenere l’autorizzazione a vivere in qualcuna delle centinaia di comunità in Israele aperte solo agli ebrei.
Uri Avnery, attivista per la pace ed ex membro del parlamento, dice che l’attuale sistema di nazionalità offre agli ebrei che vivono all’etero maggiori diritti di quelli riservati al milione e trecentomila arabi che vivono in Israele.
“Lo Stato di Israele non può riconoscere una nazione israeliana perché è lo Stato della nazione ebraica… esso appartiene agli ebrei di Brooklyn, di Budapest e di Buenos Aires, anche se questi sono cittadini statunitensi, ungheresi o argentini”.
Alcune organizzazioni sioniste internazionali che rappresentano la diaspora, come il Fondo nazionale ebraico e l’Agenzia ebraica, si vedono riconosciuto dalla legislazione israeliana un ruolo particolare, quasi governativo, specialmente in materia di immigrazione e di controllo, su vasti territori israeliani, al solo scopo di favorire gli ebrei.
Ornan ritiene che il non riconoscimento di una comune nazionalità costituisce una violazione della Dichiarazione di indipendenza di Israele, che stabilisce che “lo Stato osserverà una totale eguaglianza sociale e politica per tutti i suoi cittadini, senza distinzione di religione, di razza o di sesso”.
L’indicazione della nazionalità sulla carta di identità degli Israeliani facilita la discriminazione nei confronti dei cittadini arabi, aggiunge.
Il governo obietta che l’indicazione della nazionalità nelle carte di identità è stata
progressivamente soppressa a partire dal 2000 – dopo che il ministero dell’interno, all’epoca retto da un partito religioso, si era opposto a una decisione del tribunale che chiedeva che gli ebrei non ortodossi fossero identificati come “ebrei” sulle carte.
Tuttavia, secondo Ornan, chiunque può immediatamente capire se ha nelle mani la carta di un ebreo o di un arabo, perché la data di nascita sulle carte di identità degli ebrei è indicata secondo il calendario ebraico.
Inoltre la carta di identità di un arabo, al contrario di quello di un ebreo, riporta anche il nome del nonno.
“Una sola occhiata alla vostra carta di identità e qualsiasi funzionario vi troviate dinanzi capisce a quale clan appartenete e può dirottarvi verso qualcuno più preparato a ‘gestire la vostra categoria’”, dice Ornan.
La distinzione tra nazionalità ebraica e nazionalità araba è anche riconoscibile sui documenti che il ministero dell’interno consulta ai fini di importanti decisioni sullo status delle persone, come un matrimonio, un divorzio o un decesso, che sono trattati in termini di assoluto settarismo.
Solo gli israeliani della stessa comunità religiosa sono per esempio autorizzati a sposarsi in Israele, altrimenti devono sposarsi all’estero, e i cimiteri sono separati a seconda dell’appartenenza religiosa.
Alcuni dei ricorrenti lamentano di essere stati penalizzati nei loro interessi professionali. Un Druso, Carmel Wahaba, dice per esempio di avere perso l’occasione di creare una società import-export in Francia perché i funzionari francesi hanno rifiutato di accettare i documenti che lo dichiaravano di nazionalità “drusa” e non “israeliana”.
Il gruppo sostiene si possa ricorrere ad uno stratagemma verbale, traducendo in modo deliberatamente sbagliato l’espressione ebraica “cittadinanza israeliana” sui passaporti del paese con “nazionalità israeliana” in inglese, per evitare problemi coi servizi di frontiera stranieri.
B. Michael, giornalista del Yedioth Aharonoth, il più popolare dei giornali israeliani, fa osservare: “Noi siamo tutti di nazionalità israeliana, ma solo all’estero”.
La campagna tuttavia apre un’accanita controversia davanti ai tribunali.
Una procedura giudiziaria simile, avviata da uno psicologo di Tel Aviv, George Tamrin, è stata respinta nel 1970. Shimon Agranat, all’epoca presidente della Corte Suprema, aveva tuttavia rilevato nella sentenza: “Non esiste nazione israeliana distinta dal popolo ebraico… Il popolo ebraico non è composto solo dagli ebrei che risiedono in Israele ma anche dalla comunità ebraica della diaspora”.
Questa opinione è stata ripresa dal tribunale distrettuale nel 2008, dopo avere ascoltato Ornan.
I giudici della Corte Suprema che hanno svolto la prima udienza in appello il mese scorso hanno fatto intendere che nemmeno loro si faranno convincere dagli argomenti dei ricorrenti. Il giudice della Corte Suprema, Uzi Fogelman, ha detto: “La questione è di sapere se la Corte è davvero l’istanza giusta per risolvere il problema “.
Jonathan Cook è scrittore e giornalista che vive a Nazareth, Israele. E’ componente del comitato di patrocinio del Tribunale Russel per la Palestina, i cui lavori sono stati presentati il 4 marzo 2009