Il regalo di Natale dell’ambasciatore israeliano a Washington
- Dettagli
- Visite: 3114
Arrêt Sur Info, 24 dicembre 2015 (trad.ossin)
Il regalo di Natale dell’ambasciatore israeliano a Washington
L.D.
L'ambasciatore israeliano a Washington, propagandista di uno "Stato canaglia"
L’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Ron Dermer, ha deciso quest’anno di regalare, per il nuovo anno, prodotti delle colonie israeliane “di Giudea, di Samaria e delle alture del Golan”(1)
E’ noto che, in termini pressoché costanti dal 1967 (e del tutto inefficaci), gli Stati Uniti, qualsiasi sia il presidente in carica, condannano la colonizzazione dei territori palestinesi occupati, e che in particolare Barack Obama la considera un ostacolo a qualsiasi ipotesi di accordo di pace. Si tratta quindi ancora una volta di una provocazione del governo israeliano nei confronti del suo protettore statunitense, la cui indulgenza peraltro non ha mai mancato di manifestarsi.
“Quest’anno ho deciso di fare dei regali per il nuovo anno, che aiutino anche a combattere il BDS (la campagna per il boicottaggio dei prodotti che Israele produce nei territori palestinesi illegalmente occupati, ndt)”, ha scritto l’ambasciatore sul suo profilo tweet ufficiale. “Ho deciso di fare regali che contribuiscano a contrastare il tentativo dei nemici di Israele di distruggere il solo e unico Stato ebraico. Questo tentativo porta il nome del movimento BDS”.
“Le principali forze che operano dietro questo movimento sono costituite da fanatici che tentano attivamente di eliminare Israele”, ha aggiunto. “Purtroppo ad essi si sono occasionalmente uniti altri che credono stupidamente che, promuovendo il BDS, contribuiscono a favorire la pace tra Israeliani e Palestinesi”.
Dermer ha ancora aggiunto che “indipendentemente dalle motivazioni individuali di chi sostiene il BDS, sia i fanatici che i cretini stanno oggettivamente diffondendo un nuovo antisemitismo. Un tempo erano gli ebrei che venivano stigmatizzati e discriminati rispetto agli altri popoli. Oggi è lo Stato ebraico ad essere stigmatizzato e discriminato rispetto ad altri Stati”.
Evidentemente l’ambasciatore israeliano a Washington non ha voluto risparmiarsi un accenno all’Unione Europea, e alla sua recente decisione di etichettare i prodotti delle colonie israeliane nei territori palestinesi occupati (compreso Gerusalemme est e l’altipiano del Golan, la cui annessione da parte di Israele non è riconosciuta da nessun paese al mondo).
E tira fuori in proposito l’ultima storiella alla moda nelle sfere governative e diplomatiche israeliane, secondo cui, dei 200 conflitti territoriali nel mondo, l’Unione Europea ha deciso di attaccarsi solo a prodotti “fabbricati dagli ebrei” (cosa non vera, perché se delle imprese israeliane si istallano nei territori palestinesi occupati, è soprattutto per sfruttare una mano d’opera araba a buon mercato e alla quale non vengono riconosciuti l’insieme dei diritti di cui godono i lavoratori israeliani (2).
Inoltre l’ambasciatore sembra non abbi mai sentito parlare, per esempio, delle sanzioni economiche ben altrimenti severe di una semplice etichettatura, prese nei confronti della Russia, a proposito dell’Ucraina…
Bambini palestinesi arrestati dai soldati israeliani. Splendido esempio di "libertà, tolleranza e correttezza"
Conclude la sua missiva descrivendo Israele come “un faro di libertà, di tolleranza e di correttezza”, che tutti i cattivi del mondo, necessariamente antisemiti, tentano di far passare per uno “Stato paria”. Per provare che Israele non è uno “Stato paria”, l’ambasciatore distribuisce dunque in regalo dei prodotti di queste colonie, dimostrando così nei fatti che, più che uno “Stato paria”, Israele è uno “Stato canaglia”.
Note:
(1) Giudea e Samaria: nomi sionisti e biblici delle due regioni che compongono la Cisgiordania (“West Bank”, in inglese)
(2) La propaganda israeliana non esita nemmeno a sostenere che, boicottando i prodotti israeliani, i consumatori europei penalizzano i lavoratori palestinesi. Il nostro sommario sulle azioni di boicottaggio nel quadro del BDS fa giustizia di queste argomentazioni che rappresentano una specie di capolavoro di ipocrisia propagandistica.