Libia: il nido di vipere
- Dettagli
- Visite: 5799
Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 20 aprile 2014 (trad. ossin)
Libia: il nido di vipere
Alain Rodier
Secondo Jean Yves le Drian, ministro francese della Difesa, il sud della Libia è diventato "un nido di vipere per i militanti islamisti". Si trova in questo d'accordo con le analisi di numerosi osservatori, che continuano a essere inquieti per gli sviluppi della situazione in questo paese, dopo la caduta del colonnello Gheddafi. Infatti, per capire quel che sta succedendo, bisogna tener conto anche della realtà storica locale. Perché in Libia il livello locale ha più importanza della scala regionale, che a sua volta prevale su quella nazionale. Di conseguenza il paese è oggi diviso tra più fazioni armate (1) che controllano il territorio lì dove si sono impiantate, talvolta anche in un solo villaggio. Risultato sorprendente, si sono create delle "frontiere interne", che sono spesso ancora più sorvegliate di quelle con gli Stati vicini. I miliziani controllano altri miliziani e gli scontri sono frequenti, giacché gli interessi sono divergenti, senza contare gli odi ancestrali che perdurano, addirittura si sono esacerbati. Corollario di questo stato di fatto: l'insicurezza è dappertutto, rapimenti, arresti arbitrari, blocco dei terminal petroliferi, taglieggiamenti dei commerci, ecc.
Il governo centrale è quasi del tutto inesistente. Il Primo Ministro Ali Zeidan, appoggiato dalla Alleanza delle Forze Nazionali (AFN) di Mahmud Jibril, è stato dimissionato dal Congresso Nazionale Generale (CNG), l'11 marzo 2014. Si trova attualmente in Germania. E' stato sommariamente sostituito dal Ministro della Difesa, Abdallah al-Thini, che si è anche lui dimesso il 13 aprile. Il presidente del CNG, il berbero Nouri Abu Sahmein, è lui pure sul banco degli imputati, per quanto si fosse ufficialmente schierato con gli islamisti. Queste trame, che potremmo definire "politiche", tradiscono la volontà degli islamisti del Partito della Giustizia e della Costruzione (PJC) e del "Blocco della fedeltà al sangue dei martiri" di riprendere il sopravvento sulla coalizione di maggioranza, l'AFN. Da sottolineare che l'ultima organizzazione citata è guidata da Abdel Wahab Qaid, fratello di Yahia al-Liby, numero tre di Al Qaida, ucciso nel 2012 da droni statunitensi in Pakistan.
Non bisogna meravigliarsi di questa virata della Libia verso l'islam radicale, se si tiene conto che la più alta autorità morale del paese è il Gran Mufti sceicco Sadek al-Gahariani, la cui sensibilità è estremamente settaria. Ricordiamo che il governatore militare di Tripoli è Abdelhamid Belhadj, un ex dirigente di Al Qaida sospettato di aver partecipato agli attentati di Madrid del 2004.
Per contro, è estremamente difficile avere una visione chiara di quel che succede, particolarmente nelle zone decentrate, perché vi regna l'instabilità e le testimonianze degne di fiducia sono rarissime. I traffici criminali sarebbero in pieno boom. Ovviamente si tenta di tenerli nella massima discrezione, in quanto la pubblicità nuoce al buon andamento degli affari. Ma le organizzazioni criminali transnazionali sanno approfittare in modo molto opportuno delle zone di "non diritto", per estendervi le loro attività. La Libia offre loro condizioni ideali, in quanto la sua posizione geografica e strategica tra il continente africano e l'Europa, le sue risorse di idrocarburi e gli innumerevoli capi locali pronti a tutto pur di arricchirsi, ne fanno una piattaforma perfetta per le loro attività illecite.
Occorre aggiungere a questo quadro le migliaia di soldati vaganti dell'islam radicale, sia locali che provenienti dal Sahel. Tutti trovano in questo paese un rifugio sicuro che permette loro di ristabilirsi prima di partire verso altri fronti.
Mappa realizzata da Juliane Benin
Ovest
A ovest i Berberi (Amazigh) controllano il djebel Nefussa, alla frontiera con la Tunisia, e le istallazioni di gas di Nalut. Solo la città di Al-Jamil, che conta oltre 100.000 abitanti in maggioranza arabofoni, sfugge al loro controllo. I Berberi rivendicano un maggiore riconoscimento della loro lingua e della loro cultura nella nuova Costituzione in gestazione da due anni.
La situazione si complica quando la frontiera viene unilateralmente chiusa. Così, il 9 marzo, forze libiche hanno bloccato il posto di frontiera di Ras Jedir. La popolazione della regione di Ben Guerdane in Tunisia ne ha subito le dirette conseguenze. Infatti i diversi traffici provenienti dall'ovest libico, dei quali vive il sud tunisino (petrolio, prodotti cinesi o turchi) si sono interrotti, con grande danno per i potentati locali. Tuttavia il posto di frontiera sarebbe stato riaperto l'11 aprile! Gli affari hanno potuto dunque riprendere normalmente.
Il Consiglio militare rivoluzionario della città di Zinten, posto sotto l'autorità di Mokhtar Khalifah Shahub, ha fornito fino a ventitré milizie che si sono insediate e hanno mantenuto l'ordine a Tripoli fino a poco tempo fa. In origine queste milizie erano nel loro complesso fedeli alla Alleanza della Forze nazionali (AFN) che governava Tripoli.
Le più conosciute sono le Brigate al-Qaqa, comandate da Uthman Mulayqithah, e al-Senvaiq, guidata da Isam al-Trabulsi. Non solo queste milizie sono in grado di tornare in forza in qualsiasi momento a Tripoli, ma esse possono anche rivolgersi verso sud.
Il centro nord
Misurata, prima città portuale libica di 400.000 abitanti, centro della rivoluzione, è un centro economico di prima importanza. Infatti l'industria agroalimentare e le imprese di trasporto sono fiorenti. Le milizie, la più importante delle quali è "lo scudo della Libia" - forte di 20.000 uomini, sono state espulse con la forza da Tripoli nel novembre 2013. Esse detengono localmente il potere e sono fedeli alle autorità islamiche del "Blocco della fedeltà al sangue dei martiri", rappresentata in seno al CNG, e intervengono in altre regioni, soprattutto sulla costa est del paese e in particolare a Sirte. Un ritorno in forze a Tripoli non è da escludere. Uno dei loro principali capi è Wissan Ben Hamid.
Misurata è in aperta ribellione contro il CNG, dal quale i suoi otto deputati si sono ritirati. Tuttavia essa accoglie numerosi uomini d'affari, molti dei quali Turchi. La solidarietà tra i Fratelli mussulmani che comandano ad Ankara e in Libia sembra giocare a pieno. Essa ospita anche la mafia turca, che ha grande esperienza nel campo del contrabbando. Nel campo della droga (2), è diventata uno dei punti di passaggio della cocaina sud-americana e dell'eroina orientale proveniente dall'Afghanistan e dal Triangolo d'oro e l'Africa dell'ovest. Giacché la via del Mali è stata parzialmente interrotta dall'operazione Serval, la Libia si trova adesso sulla strada delle carovane della droga. Essa è il porto di imbarco per la "rotta del Mediterraneo centrale", che conduce merci ed esseri umani verso Malta, l'Italia, Creta e la Grecia. All'arrivo, le mafie italiane dividono il bottino con le mafie turche e la criminalità locale. Infatti la malavita libica non è in grado di assicurare la distribuzione in Europa delle merci che invia.
Più a est, la città di Sirte, l'ex feudo della famiglia Gheddafi, è stata teatro di scontri tra la milizia "Lo scudo della Libia", localmente comandata da Abubaker A-Nuairi, e gli indipendentisti dell'est. Un accordo ha fatto cessare i combattimenti e le forze in conflitto si sono ritirate ai primi di aprile. Tuttavia il centro di Sirte resta sotto il controllo di Ansar al Sharia.
L'Est
A est i sostenitori di una autonomia - qualcuno giunge perfino ad aspirare all'indipendenza - si chiamano "federalisti". Si sono impadroniti dei terminal petroliferi di Zuetina e al-Hariga il 7 aprile. I federalisti hanno capito di non potere esportare impunemente grandi quantità di petrolio. Infatti il 10 marzo 2014 avevano caricato la petroliera Moming Glory, battente bandiera nord coreana, di 200.000 barili di petrolio. Ma le Seal (Forze di operazione speciale della marina USA, ndt) hanno intercettato la nave nelle acque internazionali, tra la Libia e Cipro e l’ hanno riportata a Tripoli.
Più in generale, la produzione di petrolio libico, che era di 1,5 milioni di barili al giorno prima del 2011, è oggi caduta a 250.000 barili/giorno. Se tutto andrà bene, le autorità sperano di portarla nuovamente a 1 milione di barili/giorno entro l'estate 2014.
Il 5 novembre 2013 i federalisti hanno costituito un governo della Cirenaica autonoma, composto da 24 membri. Amministrativamente hanno suddiviso lo Stato in quattro "regioni": Ajdabiya, Tobruk, Bengasi e Dema. In modo da tentare di commercializzare il petrolio che controllano. Hanno costituito la Libyan Oil and Gas Corporation e una banca regionale a Tobruk. Ibrahim Jadhrane di Marsa el Brega, ex responsabile della sicurezza delle istallazioni petrolifere dell'est (Petroleum Facilities Guard) è diventato capo dei federalisti. E' lui che negozia la restituzione dei porti petroliferi con Tripoli. Per il momento egli si oppone alla restituzione di al-Sadra, mentre una "notizia rossa" dell'Interopol che riguarda lui e il fratello Khaled Awed non è stata ritirata.
La "Brigata dei martiri del 17 febbraio" è la più potente milizia dell'est libico. La sua principale base è situata a Bengasi, ma è anche presente a Kufra, nel sud est del paese. La milizia "Scudo della Libia" di Misurata è presente anche a Bengasi e, più a sud, a Kufra.
Il Sud
Lungo la frontiera con l'Algeria si trova il feudo delle tribù tuareg originarie dell'Algeria. Esse controllano il sito petrolifero di Oubari. Queste 18.000 famiglie tuareg, istallatesi da più di una ventina di anni in Libia, reclamano oggi la regolarizzazione della loro situazione. Occorre dire che Tripoli non vuole più corrispondere salari ai funzionari (e, dunque, anche ai militari o assimilati) che non siano di nazionalità libica, ciò che è amministrativamente il loro caso.
Più a est i Tubu, che sono dei Tuareg di nazionalità libica, denunciano di essere emarginati da Tripoli. Uno dei movimenti più conosciuti è il "Fronte libico per la salvezza dei Tubu" di Issa Abdul Majid Mansur, personaggio che ha l'abitudine di soggiornare di tempi in tempo a Parigi. Egli dispone di un importante mezzo di pressione: la principale stazione di elettricità del sud della Libia si trova in territorio tubu.
Un altro personaggio noto è il "colonnello" ciad-nigero-libico Baraka Wardougou, che "assicura l'ordine" a Murzuk. Questo ex comandante dell'Esercito di Liberazione del Sahel in Niger sarebbe molto legato alle autorità del Ciad.
La zona dove sono presenti i Tuareg e i Tubu è quella del sud del Fezzan e la Cirenaica, dove l'autorità dello Stato è inesistente. Una delle città-chiave è Sebha, dove i Tubu si sono scontrati con la principale tribù araba della regione (presente anche in Algeria), gli Ulad Slimane. Due tribù arabe fedeli a Gheddafi sono emarginate: i Qadafa e i Magariha.
Molti traffici passano per l'est: provenienti dall'Algeria, avendo come punto di passaggio principale la località di Ghat e come incrocio la città di Sebha; dal Niger, attraverso il passo di Salvador, sempre in direzione di Sebha. Lo stesso dal Sud: dal Ciad (Faya, Ouniaga Kebir) verso Sebha, a ovest, e Kufra, a est, poi di là verso Jalu e le città costiere situate tra Sirte e Tobruk.
Non bisogna dimenticare più a est la rotta delle carovane che parte dal Sudan (El-Fasher) e arriva a Kufra. I traffici sono a doppio flusso: verso il Sahel, le armi rubate nei depositi di Gheddafi; verso la Libia, la droga, le sigarette, l'alcol e gli esseri umani.
I movimenti jihadisti
Al nord, due gruppi portano lo stesso nome: Ansar al Sharia. Il più importante è originario di Bengasi ed è guidato da Muhammad al_Zahawi. Washington accusa questa organizzazione di aver partecipato all'assalto del 21 settembre 2012 contro il consolato statunitense di Bengasi, nel corso del quale venne assassinato l'ambasciatore Christopher Stevens. Questa organizzazione assicura la "sicurezza" di diversi edifici pubblici, come l'ospedale al-Jalaa e si occupa dell'aiuto sociale alle popolazioni locali.
L'altro gruppo, guidato da un ex personaggio di Guantanamo, Abu Soufiane Ben Qoumou, è originario di Dema. Questa località viene considerata da anni una importante base di partenza degli jihadisti che vanno all'estero. Molti volontari libici, ma anche maghrebini vi transitano prima di raggiungere la Siria e, in misura minore, il Sinai.
Muhammad al-Zawahi
Le due formazioni, che sembrano cooperare, hanno esteso i loro tentacoli fino alle città costiere della Cirenaica, in particolare a Ajdabiya e Sirte.
Dalla caduta del regime di Gheddafi, Bengasi e i suoi dintorni sono obiettivo di attentati cha hanno preso di mira, in un primo momento, supposti ex fedeli del regime. Oramai invece sono i rappresentanti dell'autorità centrale a essere nel mirino. La maggior parte di questi omicidi è imputata agli islamisti radicali. A queste violenze "politiche", si aggiungono quelle dovute al racket, i rapimenti, i furti ecc. Regna l'insicurezza perché lo Stato non è in grado di assicurare il compito proprio di protezione della popolazione.
Una nuova organizzazione è nata a fine aprile a Dema: “il Consiglio della Choura della gioventù islamica": Sembra si tratti dell'abbozzo di uno Stato islamico, il cui obiettivo è di estendere la propria influenza a tutta la Libia e poi al Maghreb. Ansar al Sharia Bengasi, che si fuso con questa nuova organizzazione, ha dichiarato che accetterà l'aiuto di tutti i volontari jihadisti. Ed è qui che cresce l'inquietudine. Infatti Al Qaida nel Maghreb islamico (AQMI), che è in piena riorganizzazione (3), tenterebbe di estendere le proprie attività oltre l'est di Algeri, dove si situa la sua storica base. Khaled Chaieb, il capo di AQMI recentemente designato da Abdelmalek Droukdel per supervisionare le attività del movimento nella regione, ha già stabilito legami con Ansar Al Sharia Tunisia (4). E' verosimile che si spinga anche più a est, in Libia. Ormai manca solo che la bandiera di Al Qaida sventoli su Dema.
Tuttavia non tutto va per il verso giusto per gli jihadisti. Una parte della popolazione sembra esasperata dai loro comportamenti violenti. Così Ali Abdallah Bin Taher, uno dei principali vice di Ben Qoumou è stato ritrovato crivellato di colpi il 7 aprile, poco fuori Dema. Sarebbe stato giustiziato da un misterioso "servizio informativo di Dema" che lotta contro l'oscurantismo.
A sud, gli islamisti di AQMI sarebbero presenti dall'inizio della "rivoluzione" libica. In particolare, Mokhtar Belmokhtar (MBM), oggi in dissidio con AQMI, vi è venuto a fare spese diverse volte. Le armi libiche abbandonate negli arsenali di Gheddafi interessavano molto i più celebri contrabbandieri del Sahel. Fatto inquietante, diversi dei suoi convogli sarebbero stati segnalati fino in Camerun, dove fornirebbe le retroguardie di Boko Haram che sono qui istallate. Sarebbe stato egli stesso personalmente segnalato in più occasioni nella città frontaliera di Ghat. Altri dirigenti di AQMI si sarebbero insediati a Sebha. Tra essi, Abd al-Basset Azzouz, che sarebbe un inviato speciale di Ayman Al Zawahiri, il leader di Al Qaida centrale, e un certo Najib al-Issaoui.
La presenza di accampamenti jihadisti sarebbe stata segnalata nel sud ovest libico, tra il passo di Salvador, la regione di Ghadames (5) (alla frontiera algerina) e Oubari, dove anche MBM avrebbe soggiornato. Le popolazioni locali, che sono tuareg e tubu, apporterebbe di frequente il loro aiuto logistico ai colonnelli jihadisti, regola di ospitalità, favorita da qualche piccolo beneficio ricevuto. La difficoltà risiede nella identificazione formale di questi gruppi di combattenti islamici che si confondono per lo più nelle carovane tradizionali che percorrono il deserto. Solo se si reclutassero degli agenti nelle località e nelle oasi, che sono punti di passaggio obbligati in queste immensità desertiche ostili, si potrebbero ottenere delle informazioni interessanti. Oltre alla difficoltà di realizzare simili azioni clandestine, occorrerebbe pure che questi agenti potessero trasmettere le informazioni raccolte in tempo reale, perché possano essere sfruttate in modo operativo.
Conclusione
La Libia rappresenta un grande motivo di inquietudine per gli occidentali. Luogo di passaggio di tutti i traffici criminali, asilo per gli jihadisti internazionali, deposito di armi, in cui vengono ad approvvigionarsi il crimine organizzato e i movimenti rivoluzionari islamici... Manca solo la pirateria marittima per renderlo simile alla Somalia. Inoltre la Libia può diventare un centro di destabilizzazione per tutti i paesi confinanti, essendo impossibile controllare le frontiere in modo penetrante a causa delle grandi distanze. Già sul terreno, gli Occidentali non sono più i benvenuti, sospettati di volersi ingerire negli affari interni del paese. Non è affatto sicuro che il presidente Sarkozy, e nemmeno Bernard Henry Levy, vi troverebbero ancora una accoglienza calorosa. Infatti i Libici temono soprattutto un nuovo intervento internazionale che sarebbe considerato come una ingerenza inaccettabile degli infedeli nei loro affari interni, e dio sa quanto sono numerosi! Il precedente intervento ha consentito di eliminare un dittatore ma questo vuoto politico brutalmente realizzato ha permesso che spuntassero fuori tutte le forze centrifughe e violente che Gheddafi manteneva sotto un pugno di ferro.
Note:
[1] Queste milizie hanno diversi nomi. nelle grandi città, sono designate come "Stanze di operazione rivoluzionaria della Libia" (Libya Revolutionaries Operations Room/LROR) e sono per lo più sotto il controllo del Partito della giustizia e della costruzione (PJC), affiliato ai Fratelli Mussulmani.
[2] Le mafie turco-curde controllano tutta la rotta dei Balcani
[3] Guarda Note d'Actualité n° 349 di aprile 2014 : «Nouveaux objectifs pour AQMI»
[4] Le autorità tunisine, che hanno dichiarato Ansar Al Sharia Tunisia come movimento terrorista, affermano che è legato a AQMI
[5] Il raid effettuato a In Amenas del gennaio 2012 da un commando di MBM è partito da questa regione