Kaddafi - A colpi di petrodinari
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Jeune Afrique 8-14 giugno 2008 - A colpi di petrodinari
I grandi discorsi del leader libico sullo sviluppo dell’Africa e la lotta contro la povertà si accompagnano ad investimenti massicci e fruttuosi. La Libya Africa Portfolio gestisce gli investimenti alla maniera dei traders della City o di New York.
La Torre Kaddafi a Dakar ed i suoi 67 livelli, una fattoria di 100.000 ettari in Mali, 69 ville presidenziali di grande prestigio in Benin, una fabbrica di caucciù nella città di Gbanga in Liberia, il canale di Tombouctou, il finanziamento di un satellite di telecomunicazioni panafricano Rascom o dei 250 km del progetto di oleodotto Rwanda-Burundi , il riscatto delle azioni Mobil Oil Cameroun, il centro commerciale El-Fateh, il più grande del Burkina a qualche passo dal Lybia Hotel Sofitel e le sue cinque stelle…
Un unico donatore è all’origine di questi investimenti nell’Africa sub sahariana, tra cui circa una ventina di hotel di lusso. Lo sguardo dissimulato dietro gli occhiali neri, la testa perennemente coperta da un copricapo dal quale sfuggono riccioli di capelli neri un poco folli, Mouammar Kaddafi, il dirigente libico, distribuisce così le sue liberalità in più di quaranta paesi.
“Bisogna realizzare gli Stati Uniti d’Africa. Il continente soffre dell’abbandono delle sue potenzialità e delle sue ricchezze, e della sua incapacità di trarre profitto, mentre è sfruttato e saccheggiato da società straniere colonialiste”, ha dichiarato ancora una volta durante il 9 ° congresso dell’Organizzazione dell’unità sindacale africana, a Tripoli, il 14 maggio. Un giro di riscaldamento prima del summit della Comunità degli Stati sahelo-saharaiani (Cen-Sad) che si terrà dal 12 al 18 giugno a Cotonou (Benin). L’appuntamento annuale di questa istituzione, messa al servizio delle sue ambizioni panafricane, sarà l’occasione di una nuova dimostrazione di forza della Grande Jamahiriya sul continente e non mancherà di esaltare la generosità della “Guida” libica.
Il profitto innanzi tutto
Il Burkina può essere considerato come la testa di ponte di questa offensiva a sud del Sahara. Si avvantaggia direttamente di una amicizia di quasi trenta anni tra il presidente Blaise Campaoré e Mouammar Kaddafi, quando Tripoli sosteneva la rivoluzione sankarista. Politicamente oramai meno appassionata, la relazione si è spostata sul piano economico. Con la scusa dell’aiuto e della cooperazione, giocando il ruolo del vicino prodigo e caritatevole, il dirigente libico estende la sua influenza sulla zona. Innaffia i paesi di dollari, attento a quanto questi investimenti rendono di profitti.
Dal 2006 l’attivismo libico si è moltiplicato con la creazione della Lybia Africa Portfolio (LAP). Questo fondo di investimento piazza i rendimenti del petrolio libico, superiori a 50 miliardi di dollari all’anno, nel settore degli hotel, nelle banche, nella raffinazione e distribuzione di benzina, l’agricoltura, il mercato immobiliare, il trasporto aereo, le miniere, le telecomunicazioni… Con base a Tripoli, è collegato ad una oscura autorità di tutela, la Lybian Investment Authority. La LAP è diretta da Béchir Salah Béchir, il capo di gabinetto di Kaddafi dal 1998.
Dotata al suo avvio di un capitale di 5 miliardi di dollari, il fondo ha visto la sua forza d’urto arrivare a 8 miliardi di dollari alla fine di gennaio 2008. “Come tutti i fondi di investimento degni di questo nome, il LAP è obbligato ad assicurare un ritorno ai suoi investimenti. L’unico criterio è il profitto. E se dal 2006 la Libia interviene per aiutare i paesi a svilupparsi, lo fa nei settori più redditizi e per contrastare le iniziative di paesi come la China”, spiega un industriale francese che ha dimestichezza con la LAP. La Lybia Africa Portfolio è alla testa di una costellazione eteroclita e opaca di filiali dagli interessi spesso incrociati, possiede tutte le imprese libiche attive sul continente. Controlla per esempio la compagnia nazionale Al-Afriqiyah Airlines, Oil Libya Holding Company (l’ex Tamoil), alla testa della rete di stazioni di rifornimento in sedici paesi d’Africa, o LAP Green Networks, operatore di telefonia mobile, detentore di partecipazioni di maggioranza in Sonitel e Sahelcom in Niger, ed in UTL in Uganda.
La LAP capeggia inoltre due fondi di investimento. Da una parte la Libyan Arab Foreign Investment Company (Lafico). Questo braccio armato finanziario del paese all’estero è presente nel capitale di più di ottanta imprese nel mondo (turismo, immobiliare, industrie, agricoltura, trasporti, miniere). Il suo capitale è stimato in due miliardi di dollari. Ed alcune delle assunzioni di partecipazione la portano nel continente (gestione di hotel nel Ciad ed in Mali, partecipazione nelle foreste in Gabon, officina di imbottigliamento di acqua in Etiopia) E d’altra parte la Libyan Arab African Investment Company (Laaico) interviene in tutti i settori che producono grandi profitti. E’ presente in più di 25 paesi, dal Burkina allo Zambia, passando per l’Africa del sud, la Repubblica Centrafricana ed il Congo Brazzaville. Possiede diciannove filiali, una manciata delle quali ha come azionisti anche degli Stati (Guinea, Niger, Madagascar, Etiopia). Il 60% dei progetti che finanzia la Laaico riguardano il settore immobiliare ed il turismo, ma è presente anche nel settore agroalimentare, le telecomunicazioni, le miniere, il settore idraulico… Il totale dei suoi investimenti in Africa oltrepassa il miliardo di dollari. Una manna che potrebbe raddoppiare tra il 2008 e il 2012, grazie all’aumento dei proventi petroliferi della Libia.
Il Mali è uno dei paesi più gratificati dalla generosità della “Guida” libica. L’8 maggio Bagdhady Aly Mahmoudy, il segretario del Comitato popolare della Grande Jamahiriya (l’equivalente del Primo Ministro di Kaddafi) è sbarcato a Bamako per impegnare il suo paese nel finanziamento di dieci nuovi progetti. Già molto presente, la Libia costruisce o ristruttura non meno di cinque hotel (Kempinski Al-Farouk, Sofitel Amitié, Azalai…), tutti a cinque stelle. Solo per ristrutturare il Sofitel, i finanzieri della Laaico avrebbero speso 24 milioni di euro. Tra la nuova Banca Commerciale del Sahel (BCS) nel microcredito, con un capitale di 10 milioni di euro, il salvataggio della Società nazionale del tabacco (Sonatam), iniettando 70 milioni di euro, o la promessa di un cementificio e di una fabbrica di produzione di fosfati, la Libia è su tutti i fronti.
Due sono i progetti emblematici della onnipresenza libica. Entro il febbraio 2009, la Cité presidenziale dovrà raggruppare su ottanta ettari più di una ventina di ministeri in quattordici edifici installati intorno alla nuova presidenza del Mali, sulle sponde del fiume Niger. Costo: 60 milioni di dollari. Meno sfavillante, lo sfruttamento di 100.000 ettari nel sud del Niger dovrà creare 10.000 posti di lavoro nella coltura del riso, del mais della canna da zucchero e del miglio. Una società mista, la Malibya, dotata di un capitale di 85 milioni di euro, provvede alla pianificazione dei lavori, avviati nel 2004.
Investimenti a tutto campo
Per gestire tutti questi cantieri, il LAP si è assicurato i servigi di Amadou Bany Kanté. Rappresentante del fondo in Mali ed in Africa dell’ovest, è incaricato di assistere la presidenza del Mali per le questioni di investimenti…
Identica procedura in Burkina. Dove gli interessi della Jamahiriya sono rappresentati da Mahamadi Savadogo, soprannominato “Kaddafi” per avere lungamente soggiornato, da studente, in Libia. Questo figlio di commercianti, che gestisce per altro anche il suo gruppo, Smaf International, è uno degli uomini d’affari più potenti del Burkina e l’intermediario degli ambienti d’affari del suo paese con Tripoli.
E così a Ouagadougou, il grande viale a due carreggiate intitolata a Pascal-Zagré, l’ex ministro dell’economia, non esisteva ancora cinque anni fa. Finanziato dalla Laaico, si stende a perdita d’occhio e conduce al Libya Hotel Sofitel, un lussuoso cinque stelle inaugurato nel 2005, in occasione del 7° summit della Cen-Sad. E conduce anche all’ampio centro commerciale El-Fateh, in fase di completamento a Ouaga 2000, un complesso di una cinquantina di boutique, uffici e ristoranti senza eguali in Burkina.
Gli interessi libici sono visibili anche nella finanza con l’arrivo, nel 1988, della Banca Commerciale del Burkina (BCB), posseduta per la metà dalla Libyan Arab Foreign Bank (LAFB). Nel 2004, ha aperto anche una filiale della Banca del Cen-Sad, la Banca Sahelo-saheliana per gli investimenti ed il commercio in Burkina (BSIC Burkina). Entrambe contribuiscono soprattutto a finanziare le campagne nel settore del cotone.
Tutti questi investimenti rispondono ad una logica? “Assai attiva in Africa, la Libia vuole giocare un ruolo ma, come spesso ha fatto, non sa che direzione prendere e va dappertutto”, afferma un diplomatico francese. Questi investimenti provano soprattutto che il discorso ufficiale libico sulla necessità di promuovere gli affari tra Africani è spesso contraddetto quando si tratta di preservare la redditività dei progetti, affidando la loro realizzazione a società straniere. In Mali, il completamento dell’hotel Mariama Palace è stata assegnato ad una società cinese per 25 milioni di dollari. In Burkina la Laaico ha affidato la costruzione del complesso commerciale El-Fateh alla società Nord France Africa e la gestione del Sofitel ad Accor.
Sempre preoccupata dei suoi interessi, la Grande Jamahiriya negozia senza cedere terreno per ottenere vantaggi proprio da quegli Stati che dice di aiutare. In Mali i 100.000 ettari del progetto agricolo sono stati offerti graziosamente dallo Stato alla Cen-Sad. In Burkina la Libia ha ottenuto a inizio maggio che i suoi investitori nelle infrastrutture di base, le miniere, gli idrocarburi ed il settore immobiliare beneficino di un esonero totale dai diritti e dalle tasse all’importazione. A fine maggio, il paese ha ottenuto dal Burundi che i suoi investitori siano trattati allo stesso modo delle imprese locali. Business is business. Anche per la Libia di Kaddafi.
Jean-Michel Meyer con Frédéric Lejeal