Come hanno torturato Zahra Boudkour
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Testimonianza di Zahra Boudkour sulle torture subite
Sono stata arrestata il 15 maggio 2008 alle ore 9.35 del mattino, appena arrestata mi hanno dato un pugno sul naso, che ha cominciato a sanguinare, mi hanno anche colpito con un bastone sulla testa , mi hanno colpito con calci su tutto il corpo tirandomi i capelli.
Sulla strada mi hanno gettata per terra con un calcio, quando sono caduta hanno continuato a darmi calci sulla schiena e uno di questi selvaggi voleva orinarmi addosso, insultandomi e minacciandomi di stupro. Poi mi hanno rimesso in piedi e mi hanno dato un altro pugno sul naso che sanguinava.
Mi hanno messo in una vettura dove c’erano altri miei compagni e gli animali (gli agenti di polizia) hanno cominciato a toccarmi il seno con un manganello.
Ci hanno condotti alla stazione di polizia, dove siamo stati torturati per 4 o 5 giorni, senza mangiare e senza poter dormire.
Appena arrivati ci hanno bendato gli occhi ed hanno cominciato a interrogarci, accompagnando le domande con calci, pugni e insulti. Mi hanno colpito sulla testa con una sbarra di metallo che mi ha provocato una ferita profonda.
A ogni momento arrivava un poliziotto che ti rivolgeva sempre le stesse domande accompagnate da calci: il nome di tuo padre....; il nome di tua madre…
Ci hanno poi portato in un’altra stanza, gli occhi bendati e le mani legate, e hanno ricominciato a farci le stesse domande, accompagnandole con pugni. Io ho ricevuto un pugno sul naso per la terza volta e il sangue non ha smesso più di colare, ho ricevuto un pugno sulla bocca e un colpo di bastone sulle gambe, questa situazione è durata dalle 10 del mattino fino alle 19 della sera, a più riprese mi hanno portata sola in un angolo dove ero costretta ad appoggiare le mani al muro e rivolgere la schiena a quello che mi interrogava… che mi faceva domande su delle persone, e quando io rifiutavo di rispondere mi dava un calcio sulla schiena fino a farmi girare la testa, e un altro mi ha dato un colpo di bastone sulla faccia, prima di ricondurmi nella sala dove si trovavano i miei compagni.
Poi mi hanno preso un’altra volta e tre torturatori hanno cominciato a interrogarmi a turno, mi minacciavano dicendomi che se avessi confessato sarei stata liberata, e quando ho rifiutato uno di loro mi ha picchiato al volto e mi hanno fatto scendere in una cantina, mi hanno spogliata e hanno cominciato con la tortura psichica: entravano e uscivano, mi hanno lasciata nuda in una stanza e ogni volta che uno di loro entrava mi minacciava di stupro.
Sono restata in questo stato fino al mattino del giorno successivo (il 16.5.2008) senza dormire. Mi hanno condotto all’interrogatorio che è durato dalle 10 alle 13 e prima di entrare nella stanza dove sarei stata interrogata mi hanno dato dei calci e mi hanno bendato gli occhi. Poi mi hanno ricondotto nella cantina e mi hanno tenuta a digiuno per quattro giorni durante i quali siamo rimasti con gli occhi bendati e col divieto di parlare tra di noi.
A mezzo giorno sono tornati e mi hanno chiesto dei nomi e degli indirizzi… e quando io non ho risposto ho ricevuto schiaffi e calci, una volta mi hanno picchiato sostenendo che avevo dato false generalità, e io avevo le mestruazioni e ho sanguinato per due giorni senza vestiti.
Il terzo giorno sono entrati alcuni e hanno cominciato a insultarmi, uno di loro mi ha dato un calcio tra le gambe con forza e poi mi hanno messo in custodia, sempre insultandomi e minacciandomi
Il quarto giorno mi hanno condotto dal procuratore del re, ma prima hanno curato le ferite dei miei compagni , cucendole davanti a tutti noi, tutti i compagni erano feriti per le torture subite, ci hanno minacciato di sodomizzarci con una bottiglie e hanno cercato di costringerci a firmare dei verbali di interrogatorio falsi che non abbiamo firmato.
Il quinto giorno siamo passati davanti al giudice istruttore, restandovi 10 ore, fino alle 5 del mattino del giorno successivo.
Il giorno che abbiamo fatto uno sciopero della fame di 48 ore nella prigione Boulharez mi hanno minacciato e tormentata perché non aderissi allo sciopero della fame, sciopero che ho invece fatto, insieme ai miei compagni, per il miglioramento delle nostre condizioni di vita in carcere.