Incontro con Elbachir Hazzam (il blogger di Taghjijt arrestato per “diffusione di notizie che danneggiano la reputazione del Marocco")


Taghjijt è un piccolo villaggio situato a 70 km da Guelmim. Strade polverose d’estate e fangose d’inverno, completamente isolato dalle principali vie di comunicazione, gruppi di case, pochi caffè, un hotel chiuso (per mancanza di clienti, presumo), qualche cyber café, l’unico strumento di comunicazione col mondo.
Il 1° dicembre 2009 è stato teatro di avvenimenti incredibili, che lo hanno per un momento portato all’attenzione dell’opinione pubblica (almeno marocchina). Con qualche esagerazione, Le Journal Hebdomadaire aveva parlato, in un servizio di Hicham Houdaifa del 19-25 dicembre 2009, di una “nuova Sidi Ifni”, la città del sud che si era ribellata contro l’emarginazione ed è stata poi teatro di una punizione collettiva da parte delle forze di sicurezza marocchine.
La vicenda di Taghjijst è stata invece assolutamente più banale: una piccola manifestazione di studenti che chiedevano l’apertura di una biblioteca e la concessione di tariffe agevolate sui mezzi di trasporto verso le città universitarie, un sit-in studentesco davanti all’edificio del Municipio ed uno stupido Caid che ha preso paura ed ha chiamato la polizia.
Ma, nella sua banalità, quello che è successo a Taghjijst risulta addirittura agghiacciante, perché dimostra la straordinaria reattività repressiva delle autorità marocchine anche nei confronti delle manifestazioni di protesta più innocue.

Taghjijt – 15 febbraio 2010
Incontriamo nella sua casa El Bachir Hezzam (27 anni), il blogger arrestato in seguito agli avvenimenti del 1 dicembre 2009 e recentemente scarcerato. Non parla francese, ma ha in compenso un fratello più giovane, Abdellah Hazzam, di circa 21 anni, che lo parla bene ed ha partecipato alla manifestazione.
El Bachir Hazzam è laureato in studi religiosi (le facoltà islamiche sono molto “facili” in Marocco e, per questo motivo, attirano moltissimi studenti di non grande livello culturale) ed è politicamente un islamista. E’stato condannato dal Tribunale di Guelmim in prima istanza – il 18 gennaio 2010 – alle pena di quattro mesi di prigione ferma per “pubblicazione di informazioni che danneggiano la reputazione del Marocco nel settore dei diritti dell’uomo”. La pena è stata ridotta in appello (dinanzi alla Corte di Appello di Tiznit, l’8 febbraio 2010), a due mesi. Così è stato anche scarcerato.
Ma cosa è successo il 1 dicembre 2009 a Taghjijst?
Niente di particolarmente importante – ci risponde Abdellah Hazzam - Un gruppo di studenti si è riunito nello spiazzo di fronte alla sede della Municipalità e tre delegati hanno consegnato al Caid una lista molto semplice e breve di rivendicazioni:
1)    Facilitazioni per il pagamento dei mezzi di trasporto verso le sedi universitarie
2)    L’apertura di una biblioteca nel villaggio per consentire agli studenti di lavorare
Il Caid ha rifiutato ed ha chiamato la polizia.
Chiediamo se la manifestazione avesse assunto toni violenti. “Assolutamente no – ci risponde – stavamo lì a discutere tra di noi, quando verso le 14 sono arrivate forze ingenti di polizia ed è successo il finimondo”.
A Taghjijst ci sono di solito solo 14 gendarmi, quel giorno sono arrivati circa 400 tra gendarmi e forze ausiliarie. I primi ad essere arrestati sono stati gli studenti che avevano fatto parte della delegazione ricevuta dal Caid. Si tratta di Habibi Ahmed, Chouis Mohamed ed Essalami Abdaziz, li hanno trattenuti nei locali del Comune dalle 18 all’1 di notte. Li hanno torturati. Alla fine sono stati denunciati in 79, di cui 30 studenti.
Io – prosegue Abdellah – sono scappato.  La notte mi sono nascosto in casa di uno zio, poi sono andato ad Agadir. Io non ho posizioni politiche, sono solo uno studente e vorrei essere messo in grado di studiare.
I tre studenti arrestati sono stati poi condannati a sei mesi di prigione ferma.

Al di là della brutale repressione, quello che ha più colpito negli avvenimenti di Taghjijst è stato l’arresto dei blogger. El Bachir Hazzam ci racconta, attraverso suo fratello che traduce in francese, che il giorno 4 dicembre aveva pubblicato sul suo blog “hazzam82.maktoobblog.com” una cronaca degli avvenimenti e il resoconto della repressione. Il 7 dicembre lo hanno convocato alla Gendarmeria di Guelmim, dove lo hanno sottoposto ad un interrogatorio di 46 ore. Sempre le stesse domande che si ripetevano all’infinito, le prime a proposito di quanto aveva scritto nell’articolo incriminato, poi sulle sue opinioni politiche, infine sugli articoli del passato, soprattutto quello scritto dopo le elezioni amministrative del 2007, un articolo dal titolo: “Promesse elettorali:verità o illusioni”. Hazzam aveva parlato della necessità di creare un “fronte nazionale per difendere gli interessi supremi del Marocco” ed ha dovuto spiegare che cosa volesse dire.
Un altro blogger e militante amazigh, Boubker El Yadib, è stato incriminato per degli articoli pubblicati sul suo sito Sousspress. Ma il peggio è stato che il titolare del cyber café dove qualche volta Hazzam e gli altri hanno lavorato ai loro blog, un certo Abdellah Boukfou (26 anni), è stato anche lui arrestato e condannato ad un anno di prigione ferma. Sembra che i poliziotti abbiano infierito su di lui, torturandolo per diversi giorni, tanto che è stato poi ricoverato all’ospedale di Guelmim. In più, gli hanno chiuso il locale e sequestrato le attrezzature. L’accusa più grave è di “incitamento all’odio razziale”, fondata su alcuni documenti (non suoi) trovati nella memoria dei suoi computer.
La verità è che gli apparati repressivi marocchini hanno paura di internet, della libertà e della velocità di comunicazione che il mezzo assicura e della quasi impossibilità di controllarlo.



Torna alla home
Dichiarazione per la Privacy - Condizioni d'Uso - P.I. 95086110632 - Copyright (c) 2000-2024