Marrakesh - Gli studenti contrattaccano
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Tortura e umiliazioni
Dalle loro celle, i detenuti hanno fatto pervenire alle famiglie lettere nelle quali descrivono le condizioni del loro arresto e nelle quali si sono svolti gli interrogatori. E, nelle loro parole, ritornano di continuo i colpi, gli insulti e le minacce di stupro. “Un poliziotto ha appoggiato il manganello sul mio petto giurando che stava per stuprarmi – scrive Zagara Boudkour – Mi hanno riempita di botte prima di gettarmi un una cella tutta nuda, inondata del mio sangue”. Parla di umiliazioni anche la testimonianza di Hafid Hafidi: “I poliziotti mi hanno spogliato completamente, mi hanno legato per le mani ed hanno cominciato a darmi calci nelle parti intime”. Identica la testimonianza di Redouane Zoubairi, che aggiunge: “Un poliziotto mi ha infilato il dito in un orecchio, voleva con tutta evidenza bucarmi il timpano”.
Di fronte a tali accuse, le Autorità restano al momento silenziose. E malgrado diversi tentativi di contattarlo, il prefetto di polizia di Marrakech è rimasto irraggiungibile. Dal canto loro le famiglie dei detenuti non hanno atteso queste testimonianze per attivarsi. Fin dall’indomani dell’arresto dei loro cari, hanno messo in campo molte iniziative per trasmettere le loro rivendicazioni all’amministrazione penitenziaria, al procuratore del Re ed al Ministro della Giustizia. Senza risultati. “Ogni amministrazione scarica la competenza sulle altre – afferma Omar Arbib, membro della sezione di Marrakech dell’AMDH (Association marocaine des droits humans). I responsabili si passano di mano la patata bollente”. A far crescere la tensione, alcune associazioni di difesa dei diritti dell’uomo, AMDH e OMDH per prime, hanno solidarizzato con gli studenti e numerosi loro militanti hanno anch’essi aderito allo sciopero della fame degli studenti nella giornata del 18 luglio.
Dalle loro celle, i detenuti hanno fatto pervenire alle famiglie lettere nelle quali descrivono le condizioni del loro arresto e nelle quali si sono svolti gli interrogatori. E, nelle loro parole, ritornano di continuo i colpi, gli insulti e le minacce di stupro. “Un poliziotto ha appoggiato il manganello sul mio petto giurando che stava per stuprarmi – scrive Zagara Boudkour – Mi hanno riempita di botte prima di gettarmi un una cella tutta nuda, inondata del mio sangue”. Parla di umiliazioni anche la testimonianza di Hafid Hafidi: “I poliziotti mi hanno spogliato completamente, mi hanno legato per le mani ed hanno cominciato a darmi calci nelle parti intime”. Identica la testimonianza di Redouane Zoubairi, che aggiunge: “Un poliziotto mi ha infilato il dito in un orecchio, voleva con tutta evidenza bucarmi il timpano”.
Di fronte a tali accuse, le Autorità restano al momento silenziose. E malgrado diversi tentativi di contattarlo, il prefetto di polizia di Marrakech è rimasto irraggiungibile. Dal canto loro le famiglie dei detenuti non hanno atteso queste testimonianze per attivarsi. Fin dall’indomani dell’arresto dei loro cari, hanno messo in campo molte iniziative per trasmettere le loro rivendicazioni all’amministrazione penitenziaria, al procuratore del Re ed al Ministro della Giustizia. Senza risultati. “Ogni amministrazione scarica la competenza sulle altre – afferma Omar Arbib, membro della sezione di Marrakech dell’AMDH (Association marocaine des droits humans). I responsabili si passano di mano la patata bollente”. A far crescere la tensione, alcune associazioni di difesa dei diritti dell’uomo, AMDH e OMDH per prime, hanno solidarizzato con gli studenti e numerosi loro militanti hanno anch’essi aderito allo sciopero della fame degli studenti nella giornata del 18 luglio.
Al momento i sette condannati attendono la data del loro processo in appello. “Il processo è cominciato, ma viene continuamente rinviato a causa dello stato di salute dei detenuti in sciopero della fame – spiega Mohamed Masoudi, altro avvocato della difesa – Quanto a quelli che hanno rifiutato di firmare i verbali redatti dalla polizia, ignoriamo quando saranno giudicati”. Vicenda da seguire…