Lettere dal carcere
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Lettere dal carcere
Mohamed M’kheitir è detenuto da oltre due anni in un carcere mauritano. Nel dicembre del 2014 è stato condannato a morte per apostasia, attualmente è in attesa del processo di appello. Gli abbiamo chiesto una testimonianza sulla detenzione e sul processo, ci ha fatto giungere queste due brevi lettere… drammatiche e commoventi
M'Kheitir durante il processo
Ciao fratello Nicola,
Per quanto riguarda la richiesta che mi hai fatto di una testimonianza sulla mia vita all'interno del carcere e le difficoltà della prigionia, cercherò di seguire un ordine temporale.
Primo: (aspetti – difficoltà della prigione)
La società mauritana vive una condizione sociale gerarchica basata su tre livelli (onorati – maula, fabbri e schiavi). Io faccio parte della seconda, la religione è stata utilizzata per consacrare (formare) questi attuali strati sociali. Da tempo stavo scrivendo su una questione, portando prove su quella che è la responsabilità degli uomini di religione e il ruolo che giocano nella consacrazione di queste classi sociali e dello schiavismo. Alla fine di dicembre 2013 ho scritto uno di questi articoli e per me è stata la fine. Erano i giorni delle festività di fine anno e sono andato a trascorrere alcuni giorni fuori città ma, dopo solo un giorno, ho ricevuto una telefonata dalla capitaneria della gendarmeria nazionale che mi chiedeva di presentarmi da loro in Caserma. Sono giunto dopo 2 ore e così è iniziato l'interrogatorio sull'articolo. Ho detto loro quale fosse il vero contenuto dell'articolo, ma loro mi hanno detto che dovevo restare sotto custodia cautelare fino a che la questione non fosse stata esposta al Procuratore della Repubblica.
Sono rimasto in loro custodia 3 giorni soffrendo un forte freddo, fame, solitudine. Il quarto giorno, esattamente in data 5 gennaio del 2014, sono stato portato dal Sostituto Procuratore, che mi ha fatto lo stesso interrogatorio, cui ho risposto allo stesso modo finché non sono stato portato in prigione (cella di isolamento).
Dovevo occuparmi io della pulizia, il cibo e le condizioni igieniche erano disgustosi.
C'erano scarafaggi. Sono stato 6 mesi senza tagliarmi i capelli, senza tagliarmi le unghia, senza lavarmi.
L'unica nota positiva dall'inizio di gennaio fino al 7 luglio del 2014, è stato il trasferimento in un nuovo carcere.
Nella prossima lettera ti scriverò del nuovo carcere e del tribunale.
Classi "inferiori" in Mauritania
II Parte
Il giorno 7 luglio 2014 sono stato trasferito nel nuovo carcere. Le cose sono un po’ migliorate, Sono riuscito a lavarmi, dopo sei mesi, e per la prima volta ho potuto farmi i capelli (taglio) e anche tagliarmi le unghia come avevo più volte chiesto senza nessun riscontro positivo. Ma ho continuato a rimanere in isolamento, senza visite dei familiari. Sono rimasto in questa condizione fino al 16.12. 2014, quando sono stato portato dal direttore del carcere. Era per la prima volta dopo 8 mesi che vedevo la luce del sole. Venni portato dal direttore per essere informato che per il giorno 23.12.2014 era stabilita la mia causa.
Il 23 dicembre venni svegliato alle prime luci dell'alba e venni informato che la Polizia mi stava aspettando per condurmi in aula di tribunale. Mi trovai dinanzi al collegio giudicante, in prima fila c'erano gli uomini di religione, mentre nelle ultime file c'erano i loro sostenitori. Poi vi erano donne coperte, penso che erano lì per testimoniare contro di me, in aula vi erano circa 400 persone. Nessuno lì per aiutarmi se non io stesso, un mio amico e un mio avvocato.
L'interrogatorio ebbe inizio e subito capii che non era iniziato nel migliore dei modi. Quando il giudice mi descrisse come un criminale, capii che la sentenza era già stata emessa e la fine non sarebbe stata lieta. L'interrogatorio proseguì con domande e risposte. Verso le ore 18 uno dei consiglieri mi pose una domanda: <<ti è mai capitato di essere stato insultato pubblicamente per razzismo da parte di un singolo o di un gruppo?>>.
Io risposi: <<Sì !>>.
Questi mi chiese: <<In che modo?>>.
Ho avuto parecchi insulti e sono stato trattato con razzismo, l'ultima volta è stato proprio da parte del Sostituto procuratore qui presente che rappresenta la Procura generale. E’ accaduto prima di entrare in carcere. Ad un certo punto venne chiesto al Procuratore se quanto avevo detto fosse vero e questi rispose <<Sì, non permettiamo che i “fabbri” siano in condizione di parità con noi>>.
In quel momento le donne iniziarono a gridare come per sostenere ciò che aveva appena detto il Sostituto procuratore. Io intervenni chiedendo al giudice perché permettesse tutto ciò che il Sostituto procuratore mi aveva detto.
Il giudice mi rispose: <<taci!>>.
Ancora una volta le voci si alzarono in aula e venni portato fuori e la seduta fu rinviata al giorno dopo.
Ritornai in aula alla stessa ora. Fu data la parola alle parti civili. Gli interventi furono tutti contro di me, verso le ore 20:00 iniziò la mia difesa che però non durò più di 10 minuti. La corte si ritirò per deliberare e in tarda serata la corte si pronunciò per la pena di morte. Quindi ritornai in carcere e il giorno seguente per la prima volta ricevetti la visita della mia famiglia.
Dopo ritornai alla mia solitudine ma questa volta con il sapore della pena di morte.
Un mercato a Nouakchott - Mauritania
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