Un kamikaze a Nouakchott
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Attentato kamikaze a Nouakchott
Nouakchott, 8 agosto 2009 - “E’ Dio che mi ha salvato… Dio è grande!” Sambah è agitatissimo: poco fa è passato alla guida del suo taxi davanti all’Ambasciata di Francia, giusto in tempo per vedere il giovane kamikaze mauritano farsi esplodere nel tentativo di uccidere due agenti francesi della sicurezza. “Si è spezzato in due – dice – la testa da una parte, il resto del corpo dall’altra…”
Sambah è un ragazzo della Guinea Conakry, venuto in Mauritania per trovare un lavoro e tentare di raggiungere l’Europa. Nel suo paese ha partecipato alle manifestazioni contro Lansana Conté, sperando che le cose potessero cambiare, poi si è gettato nell’”adventure” dell’emigrazione clandestina.
“Non credevo che avrei mai visto una cosa simile nella mia vita… - continua a ripetere - Dio è grande, Dio mi ha salvato”.
La strada che porta all’Ambasciata francese è stata subito presidiata dalle forze di sicurezza, che allontanano in modo brusco i numerosi curiosi, E’ vietato prendere foto, solo la televisione nazionale è autorizzata.
Tra la folla accorsa a vedere che cosa è successo, Biram Abdeid, rappresentante di SOS ESCLAVE. Non nasconde il suo scetticismo: “E’ come se questo attentato se lo fossero chiamato… il nuovo regime, uscito dal colpo di Stato del 6 agosto 2008 e poi legittimato dalle elezioni successive, cerca di ottenere il sostegno dell’occidente battendo il tasto del pericolo terrorista e presentandosi come fronte avanzato della lotta contro l’estremismo violento… Questo attentato gli è capitato a fagiolo…”
Nella serata si è appreso che il kamikaze era un giovane di 22 anni, già ricercato per appartenenza alla rete terrorista. Sembra che altri due presunti terroristi, Mohamed Ould Abdou (alias Salamn) e Mohamed Abdallah Ould Ahmednah, attualmente in prigione a Nouakchott, accusati di aver partecipato ad un attacco contro militari mauritani nel settembre 2008, siano stati interrogati sui possibili contatti col giovane attentatore e sulla possibilità che altri attentatori muniti di cinture esplosive siano penetrati in territorio mauritano.
Gli avvenimenti nei dispacci di agenzia
Un kamikaze ha azionato la sua cintura di esplosivo sabato, a Nouakchott, nei pressi dell’Ambasciata di Francia, al passaggio di due francesi che facevano jogging, senza ferirli.
In Mauritania non c’erano stati fino ad oggi attentati sucidi, ma essa è stata il bersaglio, dal 2007 di diversi attacchi di Al Qaida au Maghreb islamique (Aqmi).
Questa ultima azione segue di sei settimane l’uccisione di un nord americano a Nouakchott, rivendicata dalla sezione maghrebina di AlQaida, ed è avvenuta tre giorni dopo l’investitura dell’ex generale golpista Mohamed Ould Abdel Aziz nella carica di presidente eletto della Mauritania.
Secondo il consigliere dell’Ambasciata di Francia, Marc Flattot, “due francesi, impiegati nella sicurezza, si trovavano vicino all’uomo al momento dell’esplosione. Sono attualmente in ospedale, del tutto indenni, ma in stato di shock”.
Il giovane terrorista si è ucciso intorno alle 19 (ora locale), in una strada nella quale ci sono l’Ambasciata di Francia e l’Ambasciata di Libia.
Secondo Flattot, i due francesi facevano jogging, quando il kamikaze ha azionato la cintura di esplosivo che portava sui fianchi.
Una fonte di polizia ha dichiarato che “due occidentali erano stati ricoverati in ospedale”, sottolineando che non sono in pericolo di vita.
Due Mauritani, testimoni dell’esplosione, hanno dichiarato che “due francesi” sono stati “leggermente feriti, insieme ad una donna Mauritana”. Secondo uno di questi testimoni, “uno dei due francesi presentava del sangue sul petto, l’altro sulle braccia”.
In serata, il corpo dilaniato del giovane kamikaze giaceva ancora sul marciapiede coperto di sabbia.
Il telegiornale delle 20.00 della televisione nazionale non ha parlato dell’attentato. Solo 24 ore dopo un servizio televisivo ha dato notizia del fatto. Quasi a compensare il ritardo, sono state trasmesse le immagini crude del corpo dilaniato dell’attentatore, soffermandosi lungamente sui dettagli.
La Mauritania, vasto paese dell’Africa dell’ovest per ¾ desertico, è stato già segnato alla fine del 2007 dall’assassinio di quattro francesi ad Aleg (250 chilometri a est di Nouakchott), per il quale tre giovani mauritani vicini ad AlQaida sono attualmente detenuti, in attesa di giudizio.
Un mese e mezzo fa, un nordamericano che viveva e lavorava a Nouakchott, è stato ucciso a colpi di pistola in pieno giorno nel quartiere di Ksar.
Un Mauritano considerato capo della cellula responsabile dell’omicidio – Mohamed Abdallahi Ould Hemdnah, alias “Eness” – è stato arrestato la settimana scorso, con l’accusa di “omicidio ed appartenenza ad AlQaida”. Secondo una fonte giudiziaria, avrebbe ammesso la sua partecipazione anche all’assassinio di soldati, nel 2007 e 2008, al nord del paese.
Insieme a lui sono stati arrestati altri due Mauritani, nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio del nordamericano.
Il 5 agosto, nel corso della cerimonia di investitura come presidente della Repubblica islamica di Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz aveva assicurato: “Noi faremo ogni sforzo per lottare contro il terrorismo e le sue cause”.
Questo generale di 53 anni ha diretto, il 6 agosto 2008, il colpo di stato che ha rovesciato il presidente Sidi Ould Cheikh Abdallahi.
In seguito ha ripetutamente accusato il presidente deposto – al potere per 15 mesi – di essersi mostrato troppo debole di fronte al terrorismo.
Nouakchott, 11 agosto 2009 – A tre giorni dall’attentato, le indagini non hanno fatto alcun progresso. Resta ancora ignota perfino l’identità del kamikaze. In un primo tempo era stato identificato come Ahmed Ould Sidi Ould Vih El Barka, grazie ad una carta di identità che portava con sé. Si è poi accertato che il documento appartiene ad un’altra persona che viene attivamente ricercata, sperando di poterne ricavare notizie utili. Alcuni detenuti appartenenti a AlQaida lo hanno riconosciuto, ma solo col nome di battaglia di Abou Ghoutada, ignorandone la vera identità.
Le forze di sicurezza ritengono peraltro che l'attentatore sarebbe un haratine, vale a dire un componente della comunità di ex schiavi. Il titolare della carta di identità potrebbe aver voluto farsi passare per morto, per eludere le ricerche della polizia.
L’analisi dei dati fin qui noti ha fatto nascere alcuni dubbi sulla dinamica del fatto. Secondo alcuni, infatti, sarebbe certo che il giovane si è fatto volontariamente esplodere. Egli avrebbe aspettato pazientemente di avere a portata di esplosione degli stranieri e, a quel punto, dopo aver avvisato i guardiani della vicina ambasciata degli Emirati Arabi Uniti (non volendo evidentemente provocare l’uccisione di mussulmani), si è lanciato verso i francesi al grido si “Allahou Akbar” (Dio è grande), azionando il detonatore.
Ma alcuni particolari non quadrano: soprattutto il fatto che recasse con sé 70.000 ouguiya (pari a quasi 200 euro, una somma piuttosto rilevante in Mauritania) ha fatto pensare che in realtà non avesse intenzione di morire. Si è così affacciata l’ipotesi che l’esplosivo possa essere stato fatto detonare a distanza e contro la volontà dell’attentatore.
Un attentato “estraneo ai valori dell’islam”
Condannando fermamente l’attentato compiuto vicino all’Ambasciata di Francia, i responsabili religiosi mauritani hanno rivolto un appello per lottare contro il reclutamento dei giovani per finalità di terrorismo. La classe politica unanimemente ed i più autorevoli religiosi della Mauritania hanno condannato il primo attentato suicida nella storia del paese, che ha provocato tre feriti leggeri vicino all’Ambasciata di Francia, come un “comportamento totalmente estraneo” alla società mauritana e all’islam.
Nel corso del giornale delle ore 20.00 della televisione di Stato, la sola del paese, i responsabili religioni della Repubblica islamica di Mauritania hanno vivamente denunciato domenica questo attacco contro gli stranieri, “che l’islam esige siano protetti allo stesso modo dei residenti”.
Presentando le scuse ai telespettatori che avrebbero potuto esserne scioccati, la televisione pubblica ha diffuso ripetutamente le immagini del corpo dilaniato del kamikaze che si è fatto esplodere sabato sera nelle vicinanze dell’Ambasciata di Francia a Nouakchott. Due gendarmi francesi che facevano jogging ed un Mauritano sono rimasti leggermente feriti.
Lavaggio del cervello
Questo tipo di azione “non può trovare giustificazioni in alcuna religione al mondo”, ha dichiarato l’imam della grande moschea di Nouakchott, Ahmedou Ould Lemrabot. Questo giovane che “si è ucciso ed ha tentato di uccidere altre persone – ha insistito – non andrà nel paradiso promesso da Allah e dal suo profeta Maometto ai mussulmani”.
Da parte sua, l’erudito Mohamed Hassan Ould Dedew, capo spirituale degli islamisti del partito Tawassoul (moderato), ha vivamente denunciato, durante un dibattito in diretta, l’atto di questo giovane “smarrito” che “ha subito un lavaggio del cervello al quale bisognerà far fronte con le prediche e il dialogo”.
“Questa è gente che non ha ben compreso la nostra religione – ha insistito Ould Dedew -, prima si combattono tra loro, poi se la prendono con gli stranieri, la cui tranquillità e sicurezza è voluta dai precetti dell’islam”.
Atto barbaro
La classe politica, assai divisa dal colpo di Stato realizzato un anno fa dal generale Mohamed Ould Abdelaziz, si è in questa occasione mostrata unanime nella condanna dell’”atto barbaro”.
L’Union pour la République (UPR) – partito di maggioranza in Parlamento, che sostiene l’ex golpista Ould Abdelaziz, eletto presidente in giugno – ha rivolto l’invito a costituire una “unione sacra” intorno al nuovo capo di stato “contro il terrorismo”.
Nel suo comunicato, l’UPR parla di una “devianza totalmente estranea” alla società mauritana e fa appello a “tutti i giovani smarriti, reclutati da queste fazioni terroriste (…), a ritrovare la ragione e rientrare nei ranghi dei costruttori della Repubblica islamica di Mauritania”.
Dall’altro lato, il Front National pour la défense de la démocratie (coalizione di partiti costituitasi per denunciare il colpo di stato dell’agosto 2008) ha anch’esso parlato di “comportamenti totalmente estranei” alla società mauritana ed “ai valori ed agli insegnamenti della santa religione”.
Ha rivolto un appello “a tutti i Mauritani preoccupati di preservare la stabilità del paese a sollevarsi contro la cultura della violenza barbara che recluta giovani innocenti per fini oscuri che mettono in pericolo l’unità del popolo (mauritano) e la loro stessa esistenza”.
Ma AQMI non ha come obiettivo prioritario gli occidentali, piuttosto i regimi arabi
Anche se l’attentato di Nouakchott non è stato ancora rivendicato, tutto lascia credere che sia opera di Al-Qaida nel Maghreb islamico (AQMI), la stessa organizzazione che, un mese e mezzo fa, aveva già rivendicato l’uccisione di un nordamericano a Nouakchott.
Al-Qaida nel Maghreb islamico è soprattutto un marchio, quello del movimento di Oussama Ben Laden. Nell’assumere ufficialmente la veste di Al-Qaida, nel gennaio 2007, il Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento (GSPC), l’ultimo gruppo terrorista algerino ancora strutturato, ha raggiunto il suo obiettivo: ottenere una esistenza mediatica planetaria. “Il principale motivo di fascino di AQMI tra i giovani è la sua notorietà”, commenta H’Mida Layachi, direttore del quotidiano algerino Djzair News, specialista dell’islamismo. La decisione del GSPC di entrare nell’orbita di Al-Qaida è stata presa fin dal 2005. Da quando Stati Uniti e Algeria hanno istituzionalizzato la loro cooperazione securitaria nel 2004, il GSPC è stato sottoposto ad una forte pressione che lo ha isolato sempre più in Algeria. Inoltre le ripetute amnistie varate dal Governo algerino ne hanno sempre di più sguarnito le fila, provocando una grave carenza di combattenti. Infine molti dei suoi dirigenti sono stati costretti a fuggire nei paesi del Sahel, come il Niger, il nord del Mali e la Mauritania.
Nel 2005 il GSPC si è allora diviso in due fazioni: uno voleva proseguire la lotta sul solo territorio algerino, l’altro ambiva ad allargare il fronte ai paesi vicini. E’ questa seconda tendenza, che fa riferimento a Abdelmalek Droukdel, alias Abou Moussab, che ha finito per imporsi.
Sono state le guerre USA in Iraq e in Afghanistan a ridare fiato al terrorismo algerino e, soprattutto, a restituirgli degli obiettivi. Senza l’Iraq non si sarebbero realizzate le condizioni di una internazionalizzazione della jihad (guerra santa). E, d’altra parte, anche Al-Qaida si trovava in una posizione di debolezza, alla ricerca di una nuova strategia. “Ha capito di dover passare per l’Iraq - spiega Mohammed Darif, docente universitario marocchino – per instaurare lo Stato islamico nel mondo arabo, e ha visto nel Maghreb un vivaio capace di alimentare le sue truppe”.
Quando due diplomatici algerini sono sequestrati in Iraq nel luglio 2005, il GSPC coglie l’occasione: invece di condannare l’operazione, fa atto di sottomissione al capo di AlQaida in Iraq, Abou Moussab Al Zarqaoui (che resterà ucciso un anno dopo nel corso di un bombardamento nord americano nel nord dell’Iraq) ed approva l’esecuzione dei diplomatici algerini. Si tratta di una svolta. Anche Internet vi gioca un ruolo importante. Il movimento dispone oramai della rete di siti web islamisti radicali per diffondere i suoi comunicati e i suoi video. Il massimo di visibilità, AQMI la ottiene anche grazie alla stampa internazionale (il New York Times ha pubblicato in prima pagina, il 1 luglio 2008, la foto di Abdelmalek Droukdel), soprattutto audiovisiva. Tanto che Al Jazira verrà spesso accusata di rendersi strumento di AQMI.
Sul terreno, i combattenti di AQMI sono per la maggior parte membri algerini dell’ex-GSPC, oltre a qualche Libico, Marocchino, Tunisino e Mauritano. Si tratterebbe di un centinaio di elementi operativi nei campi di addestramento in Algeria, oltre a piccole cellule mobili e nomadi, sparse nel Maghreb e nel Sahel.
La prova di forza avviene nel 2007: tra il 10 e il 14 aprile una decina di attentati suicidi concomitanti vengono compiuti tra Casablanca e Algeri (7 morti da una parte, 24 dall’altra). Quattro mesi più tardi nella periferia di Tunisi si svolge una vera e propria battaglia tra le forze di sicurezza e membri di AQMI. In dicembre si registrano degli attentati suicidi contro le sedi delle Nazioni Unite e dell’Interpol a Algeri.
Sempre in dicembre quattro turisti francesi sono uccisi in Mauritania e l’azione viene rivendicata da AQMI. Nel 2008 vi sono i rapimenti di residenti austriaci nel sud della Tunisia, rapimenti di Canadesi, Tedeschi e Svizzeri nel nord del Niger , tutte operazioni concepite come fonti di finanziamento attraverso il riscatto degli ostaggi. Finanziamento che si realizza anche con altri mezzi: soprattutto traffici di ogni genere, di armi, sigarette, automobili. Il denaro cosi raccolto viene investito e “ripulito” nel settore immobiliare in Algeria. L’ambizione del movimento è chiara: diventare la principale forza di opposizione armata in Maghreb. Il principale obiettivo – secondo H’Mida Layachi – non sono gli occidentali ma i regimi arabi. L’obiettivo immediato di AQMI è di farli cadere per rimpiazzarli con un potere islamico. “L’Occidente e gli ebrei – conclude il giornalista algerino - non sono altro che una tappa successiva nella strategia di Al Qaida”.