Info-Palestine, 30 novembre 2012 (trad.ossin)



ONU: Salvagente per Abbas e il suo gruppo. Ma dopo?
Gregg Carlstrom


E’ una vittoria simbolica, e un premio di consolazione dopo il fiasco dell’anno scorso, quando Abbas volle la piena adesione alle Nazioni Unite, cosa che richiedeva l’approvazione del Consiglio di sicurezza. Però Abbas non era riuscito a mettere insieme sufficienti appoggi per presentare il progetto di adesione

E allora che cosa succede adesso? Ho rivolto questa domanda – che cosa farete il 30 novembre? – a molti dirigenti e analisti palestinesi nei giorni scorsi.

La loro risposta unanime è stata il non rispondere. “Ci penseremo il giorno dopo” ha detto Husam Zumlot, un vecchio arnese della Organizzazione per la liberazione della Palestina. “Non voglio formulare ipotesi” ha detto Hanane Ashrawi, un altro vecchio dirigente dell’OLP. E così di seguito, forse con qualche buona ragione: questa vittoria diplomatica porta pochi vantaggi reali.

Il più significativo è che i Palestinesi potranno ratificare lo Statuto di Roma e aderire alla Corte Penale internazionale , cosa che consentirà loro di denunciare gli Israeliani – per i crimini di guerra commessi a Gaza o per la illegale realizzazione delle colonie nella Cisgiordania occupata.

Migliaia di persone, dagli ufficiali dell’esercito fino ai coloni, potranno essere incriminati nell’ambito di  inchieste al livello internazionale.

Il governo israeliano, che recentemente molto attenuato le sue critiche verso la richiesta palestinese all’ONU, ha anche ridimensionato le minacce sulle conseguenze.  Ma, come contropartita, le fonti di Gerusalemme riferiscono che, se i Palestinesi entreranno nell’ICC (Corte Internazionale di Giustizia), la reazione israeliana sarà durissima, e comprenderà misure come il taglio dei trasferimenti dei diritti doganali all’Autorità di Ramallah.

Una vittoria simbolica all’ONU è una cosa, ma un’ondata di atti di accusa che impedirebbe effettivamente agli ufficiali israeliani di recarsi all’estero, ne sarebbe un’altra…

Cosa che spiega perché i Palestinesi siano timorosi di rivelare le loro intenzioni. Nessuno dei funzionari dell’OLP che ho intervistato ha parlato dei progetti relativi alla Corte Internazionale. (Diversi paesi europei, tra i quali soprattutto il Regno Unito, sembra, hanno proposto di votare “sì” all’ONU in cambio della promessa palestinese di non aderire all’ICC).

L’ammissione all’ONU permetterà anche ai Palestinesi di entrare a far parte di dozzine di organizzazioni dell’ONU, come L’Organizzazione Mondiale della Sanità (si può supporre che questo comporterà dei risvolti finanziariamente interessanti per Abbas e il suo gruppo – Nd T).

Ma anche questo non è sicuro, perché gli Stati Uniti sono tenuti, in virtù di una loro legge, a tagliare ogni finanziamento a qualsiasi organizzazione dell’ONU che riconosca lo Stato Palestinese.

L’UNESCO ha accettato l’anno scorso la Palestina come membro di pieno diritto, e gli USA hanno subito congelato 80 milioni di dollari di finanziamento annuale, cosa che rappresenta più di 1/5 del bilancio dell’organizzazione.

“E’ comunque una cosa buona, ma non è questo che porrà fine all’occupazione”, era la sensazione comune a tutti i Palestinesi a proposito dell’adesione alle Nazioni Unite.

Simbolica o meno, è una sconfitta diplomatica importante per il governo israeliano, che ha lavorato mesi e mesi a fare pressioni aggressive su scala planetaria perché il noto fosse “no”.

Ma alla fine non è stato altro se non un ennesimo pezzo di carta elaborato da una organizzazione mondiale che tanto spesso ha deluso i Palestinesi. “Ci sono più di 200 (o) 300 risoluzioni delle Nazioni Unite che sono restate senza applicazione” ha detto Ghazi Hamad, un dirigente di Hamas (resistenza palestinese) a Gaza.

Il risultato più atteso del voto di giovedì, forse, saranno gli effetti sui colloqui di riconciliazione tra Fatah e Hamas.

Quest’ultimo ha avuto un atteggiamento eccezionalmente positivo a proposito  dell’iniziativa di Abbas, organizzando perfino una manifestazione pubblica oggi a Gaza per esprimere il proprio sostegno – un contrasto radicale con l’atteggiamento dell’anno scorso, quando i dirigenti di Hamas avevano superbamente ignorato l’iniziativa e scoraggiato ogni manifestazione pubblica.

I dirigenti palestinesi in Cisgiordania hanno presentato il voto dell’ONU come un fatto di “resistenza”, una vittoria che Abbas potrà contrapporre a quella che è diffusamente considerata la vittoria riportata da Hamas nella guerra degli otto giorni della settimana scorsa con Israele.

I colloqui di riconciliazione si sono arenati decine di volte nel passato. Ma forse il successo all’ONU fornirà ad Abbas un po’ di fiducia e lo renderà più disponibile a smussare i contrasti con un Hamas più rafforzato che mai.

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