Il riemergere della Cina come potenza mondiale - 1° parte
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Dissident Voice, 7 marzo 2012 (trad. Ossin)
Il riemergere della Cina come potenza mondiale
James Petras
La storia del potere nel mondo è stata deformata da storici eurocentrici che hanno ignorato il ruolo dominante della Cina nell’economia mondiale dal 1100 al 1800. La brillante retrospettiva storica che John Hobson ha fatto dell’economia mondiale di questo periodo fornisce una quantità di dati empirici che dimostrano la superiorità economica e tecnologica della Cina sulla civiltà occidentale durante la gran parte del millennio precedente, prima che essa fosse assoggettata e cominciasse il proprio declino nel 19° secolo.
Il riemergere della Cina come potenza economica ci spinge a interrogarci sulle sue ascese e cadute precedenti e sulle minacce interne ed esterne che pesano sul futuro immediato di questa superpotenza economica rinascente.
Prima di tutto sottolineeremo i principali caratteri dell’ascesa storica della Cina e della sua superiorità economica sull’occidente prima del 19° secolo a partire dal libro di John Hobson, “Le origini orientali della civiltà occidentale”. Dato che la maggioranza degli storici economici occidentali (liberali, conservatori o marxisti) hanno rappresentato la società cinese come stagnante, arretrata e limitata, “un dispotismo orientale” secondo la loro espressione, è necessario dimostrare che non è vero. Bisogna così soprattutto dimostrare come la Cina, la potenza mondiale tecnologica dal 1100 al 1800, ha consentito la crescita dell’Occidente. E’ stato solo importando e assimilando le innovazioni cinesi che l’Occidente ha potuto effettuare la transizione verso l’economia capitalista e imperialista moderna.
Nella seconda parte analizzeremo i fattori e le circostanze che hanno portato al declino della Cina nel XIX° secolo e la dominazione, lo sfruttamento e il saccheggio conseguente di questo paese da parte delle potenze imperiali occidentali, prima di tutto l’Inghilterra, poi il resto dell’Europa, il Giappone e gli Stati Uniti.
Nella terza parte, sottolineeremo brevemente i fattori che hanno provocato l’emancipazione della Cina dal dominio coloniale e neocoloniale ed analizzeremo il suo recente successo come seconda più grande economia mondiale.
Infine studieremo le minacce passate e presenti che pesano sull’avvento della Cina come potenza economica mondiale, ponendo in luce le similitudini tra il colonialismo inglese del XVIII° e XIX° secolo e le strategie imperiali statunitensi attuali e mostrando i punti di forza e di debolezza delle reazioni cinesi passate e presenti.
La Cina: ascesa e consolidamento della sua potenza mondiale dal 1100 al 1800
John Hobson ha fornito, anche ricorrendo a comparazioni sistematiche, moltissimi dati concreti che dimostrano in modo indiscutibile la superiorità mondiale economia della Cina sull’Occidente e in particolare l’Inghilterra. Eccone qualcuno:
Dal 1078 la Cina è stata il più grande produttore mondiale di acciaio (125.000 tonnellate), mentre l’Inghilterra ne produceva non più di 76.000 tonnellate nel 1788.
La Cina era il leader mondiale dell’innovazione nella produzione tessile già sette secoli prima della “rivoluzione tessile” inglese del XVIII° secolo.
La Cina era la prima potenza commerciale ed era in commercio con la maggior parte dell’Asia dell’ovest, dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Europa.
La “Rivoluzione agricola” cinese e la sua produttività superavano quella dell’Occidente nel XVIII° secolo.
Le sue innovazioni nella produzione della carta, dei libri stampati, delle armi da fuoco e degli utensili, ne hanno fatto una superpotenza la cui produzione era esportata in tutto il mondo grazie ad un sistema di navigazione tra i più avanzati.
La Cina possedeva le più grandi navi mercantili. Nel 1588 le più grandi navi inglesi potevano trasportare 400 tonnellate di merci, quelle cinesi 3000 tonnellate. Anche alla fine del XVIII° secolo i mercanti cinesi disponevano ancora di 130.000 navi mercantili private, infinitamente più degli inglesi.
La Cina ha conservato questo ruolo dominante nell’economia mondiale fino all’inizio del XIX° secolo.
I fabbricanti inglesi ed europei che hanno seguito l’esempio della Cina, copiandone e assimilando i suoi più grandi progressi tecnologici, avendo fretta di inserirsi sul mercato cinese moderno e ricco.
Fino al 1750, il reddito pro capite dei Cinesi uguagliava quello degli Inglesi grazie al loro sistema bancario, la loro economia basata su una carta moneta stabile, le loro produzioni manifatturiere e i buoni rendimenti agricoli.
La posizione dominante della Cina è stata rimessa in questione dalla ascesa dell’imperialismo inglese che ha fatto propri i progressi tecnologici, marittimi e commerciali della Cina e di altri paesi asiatici per diventare una potenza mondiale bruciando le tappe.
L’imperialismo occidentale e il declino della Cina
I pilastri della conquista inglese e occidentale dell’Oriente sono la militarizzazione degli Stati imperiali, il ripudio della reciprocità nelle loro relazioni economiche coi paesi esteri e la natura dell’ideologia occidentale imperiale che permetteva e giustificava la conquista dei pasi esteri.
A differenza della Cina, la rivoluzione industriale inglese e la sua espansione al di là del mare è il risultato di una politica guerriera. Secondo Hobson , tra il 1688 e il 1815, l’Inghilterra è stata in guerra il 52% del tempo. Mentre la prosperità cinese si fondava sul libero scambio, la produzione dei beni e le innovazioni commerciali e bancarie, gli Inglesi preferivano le barriere doganali, le conquiste militari e la sistematica distruzione delle imprese straniere competitive, oltre al furto e al saccheggio delle ricchezze locali. La supremazia cinese era fondata sui “benefici reciproci” dei partner, mentre gli Inglesi ricorrevano ad eserciti di mercenari, la repressione selvaggia e il metodo “dividere per dominare” che attizzava le rivalità locali. In caso di resistenza degli autoctoni, gli Inglesi (come le altre potenze imperialiste) non esitavano a sterminare intere comunità.
Incapace di competere col mercato cinese, l’Inghilterra ha fatto ricorso alla potenza militare bruta. Ha armato e addestrato dei mercenari reclutati nelle sue colonie in India e altrove per imporre alla Cina l’importazione dei suoi prodotti e per imporle dei trattati iniqui con tariffe preferenziali. La Cina è stata inondata di oppio inglese prodotto nelle sue piantagioni indiane, in dispregio delle leggi cinesi che vietavano o regolavano l’importazione e la vendita di narcotici. I leader cinesi, abituati da molto tempo alla superiorità del loro commercio e della loro produzione, non erano preparati alle “nuove regole imperiali” del potere internazionale. La propensione occidentale a colonizzare i paesi con le armi, a saccheggiare le loro risorse ed a reclutare immensi eserciti mercenari al comando di ufficiali europei ha posto fine alla potenza internazionale della Cina.
La base della supremazia economica della Cina era la “non ingerenza negli affari interni dei loro partner commerciali”. All’opposto gli imperialisti inglesi sono intervenuti brutalmente in Asia per adattare le economie locali ai bisogni dell’Impero (eliminando i concorrenti economici, ivi compresi i fabbricanti di cotone indiano più produttivi) ed hanno assunto il controllo degli apparati politici, economici e amministrativi locali per avviare la colonizzazione.
L’Impero inglese si è costruito appropriandosi delle risorse delle sue colonie e militarizzando massicciamente la sua economia. La sua potenza militare ha ben presto soppiantato quella della Cina. La politica estera della Cina è stata indebolita dall’eccessiva fiducia delle élite dirigenti nelle relazioni commerciali. I governanti cinesi e i grandi mercanti, che cercavano di tenersi buoni gli Inglesi, hanno convinto l’imperatore ad accordare loro delle concessioni extra-territoriali devastatrici e ad aprir loro i mercati, a detrimento dei produttori cinesi, rinunciando del tutto alla sovranità locale. Come sempre gli Inglesi hanno attizzato le rivalità interne e finanziato rivolte per destabilizzare ancora di più il paese.
La penetrazione occidentale e inglese del mercato cinese e la colonizzazione della Cina hanno creato una nuova classe: i ricchi “compradores” cinesi che importavano le merci inglesi e facilitavano la conquista delle risorse e dei mercati locali. Il saccheggio imperialista ha generato un maggiore sfruttamento della gran massa dei contadini e degli operai cinesi schiacciati da pesanti imposte. I leader cinesi spremettero i contadini per pagare i debiti di guerra e i deficit commerciali imposti dalle potenze imperiali occidentali. Ciò ha spinto i contadini alla fame e alla rivolta.
All’inizio del XX° secolo (meno di un secolo dopo le Guerre dell’Oppio), la Cina aveva perso il suo status di potenza economica mondiale; era diventato un paese a pezzi, per metà colonizzato e la cui immensa popolazione era ridotta alla povertà. I principali porti erano controllati da agenti dell’imperialismo occidentale e l’interno del paese era retto da signori corrotti e brutali. Milioni di persone erano diventate schiave dell’oppio inglese.
Gli Universitari inglesi: eloquenti difensori delle conquiste imperiali
Tutta la classe accademica occidentale – e alla loro testa gli storici imperialisti inglesi – hanno attribuito la dominazione imperialista inglese sull’Asia alla “superiorità tecnologica” dell’Inghilterra e alla povertà della Cina e la sua colonizzazione al “ritardo orientale”, senza menzionare la superiorità millenaria del commercio e dei progressi tecnologici della Cina che è durata fino all’inizio del XIX° secolo. Alla fine degli anni 1920, con l’invasione imperiale giapponese, la Cina ha perduto la sua unità. Sotto il dominio imperiale, centinaia di milioni di cinesi sono morti di fame o sono stati deportati o assassinati mentre le potenze occidentali e il Giappone saccheggiavano la sua economia. Ciò ha totalmente screditato tutta l’élite cinese collaboratrice dei “Compradores” agli occhi dei Cinesi.
Il ricordo del paese prospero, dinamico e potente che era stato la Cina è rimasto nella memoria collettiva del popolo cinese ma è stato completamente tenuto nascosto dai prestigiosi intellettuali statunitensi e inglesi. I commentatori occidentali hanno screditato la memoria collettiva della supremazia della Cina, definendola illusione ridicola dovuta alla nostalgia per i signori e la monarchia, e all’arroganza senza fondamento degli Han.
La Cina rinasce dalle ceneri del saccheggio e dell’umiliazione imperiale: la rivoluzione comunista cinese
E’ il successo della rivoluzione comunista cinese della metà del XX° secolo che ha reso possibile l’ascesa della Cina moderna al rango di seconda economia mondiale. L’armata “rossa”, l’esercito popolare di liberazione, ha prima di tutto vinto l’esercito imperiale giapponese e poi l’esercito imperialista USA sostenuto dal Kuomintang, l’esercito “nazionale” guidato dai “compradores”. Ciò ha permesso la riunificazione della Cina in uno Stato sovrano indipendente. Il governo comunista ha abolito i privilegi extraterritoriali degli imperialisti occidentali, posto fine al potere dei signori della guerra e dei gangster e cacciato i proprietari milionari di bordelli, i trafficanti di donne e di droga oltre agli altri “fornitori di servizi” dell’impero USA-europeo.
In tutti i sensi la rivoluzione comunista ha forgiato lo stato cinese moderno. I nuovi leader hanno allora proceduto alla ricostruzione di un’economia devastata dalle guerre imperiali e il saccheggio dei capitalisti giapponesi e occidentali. Dopo più di 150 anni di infamia e umiliazioni, il popolo cinese ha ritrovato la sua fierezza e la sua dignità nazionale. Questi elementi socio-psicologici hanno giocato un ruolo essenziale nella capacità del paese di difendersi dagli attacchi, il sabotaggio, il boicottaggio e i blocchi USA che sono seguiti alla liberazione.
Contrariamente a ciò che pretendono gli economisti occidentali e gli economisti neoliberali cinesi, la crescita dinamica della Cina non è cominciata nel 1980. E’ cominciata invece nel 1950, con la riforma agraria che ha fornito terra, infrastrutture, crediti e assistenza tecnica a centinaia di milioni di contadini e operai agricoli miserabili. Grazie a quello che oggi si definisce “capitale umano” e ad una gigantesca mobilitazione sociale, i comunisti hanno costruito strade, aeroporti, ponti, canali e linee ferroviarie, oltre alle industrie di base, come il carbone, l’acciaio, il ferro, che hanno costituito la colonna vertebrale dell’economia della Cina moderna. Il vasto sistema educativo e sanitario della Cina comunista ha prodotto una forza lavoro motivata, istruita e in buona salute. Il suo esercito altamente professionale ha impedito agli Stati Uniti di estendere il loro impero militare attraverso la penisola coreana, fino ai confini della Cina. Così come gli storici e i propagandisti hanno fabbricato la storia di una Cina “decadente e stagnante” per giustificare la brutale conquista, allo stesso modo i loro omologhi contemporanei hanno riscritto la storia dei primi trenta anni della Rivoluzione comunista cinese, negando il suo ruolo positivo nello sviluppo di tutti gli elementi di un’economia, di uno Stato e di una società moderna. E’ chiaro che la rapida crescita della Cina è stata conseguenza dello sviluppo del suo mercato interno, della rapida formazione di scienziati, tecnici e lavoratori qualificati e che la rete di sicurezza sociale che proteggeva e promuoveva la mobilità degli operai e dei contadini erano i frutti della pianificazione e degli investimenti comunisti.
La crescita in potenza della Cina sullo scacchiere mondiale è cominciata nel 1949, con l’allontanamento di tutta la classe finanziaria speculatrice parassitaria dei “compradores” che erano serviti da intermediari agli imperialisti europei, giapponesi e statunitensi per drenare le grandi ricchezze della Cina.
James Petras è un professore di sociologia della Binghamton University, New York, a riposo. Lotta da 50 anni per l’uguaglianza ed è consigliere dei senza terra e senza lavoro di Brasile e Argentina. E’ co-autore di Globalization Unmasked (Zed Books). Il suo ultimo libro è: The Arab Revolt and the Imperialist Counterattack.
Per consultare l'originale:
http://dissidentvoice.org/2012/03/chinas-rise-fall-and-re-emergence-as-a-global-power/