Il piano di battaglia dei mercati
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Fakirpresse.info, 12 aprile 2012 (trad. Ossin)
Il piano di battaglia dei mercati
Adrien Levrat
E’ una nota di nove pagine, in inglese, redatta dal “primo broker indipendente in azioni europee”. In questo documento, che si può trovare integralmente sul sito di Reporterre, si scopre il “piano di battaglia dei mercati” se vince François Hollande. Eccone una traduzione…
Cheuvreux è il “primo broker indipendente in azioni europee”. Con uffici in quattordici paesi, a Tokyo, San Francisco, Amsterdam, Boston, questa filiale del Crédit Agricole consiglia 1200 investitori istituzionali, soprattutto anglosassoni – soprattutto fondi pensione e banche.
A questi 1200 clienti “corporate”, questa società ha indirizzato una breve nota in inglese, di sole nove pagine. Che non era destinata al grande pubblico, dunque solo agli operatori di mercato. Ma quando abbiamo scoperto questo documento, grazie al sito www.reporterre.net, abbiamo avuto l’impressione di scoprire il piano di battaglia dei finanzieri.
Perché essi preparano già il dopo elezioni. E contano di ottenere una vittoria, qualsiasi sia il vincitore: la fine del CDI (il contratto a tempo indeterminato).
Un popolo avvisato ne vale due.
Qui sotto il nostro reporter Adrien propone una traduzione di questa nota redatta dal “capo economista” di Cheuvreux Nicolas Doisy.
La scelta
Se sarà eletto il 6 maggio prossimo, come è probabile, il socialista François Holland dovrà chiarire la propria posizione su due questioni pressanti: l’austerità di bilancio e la riforma del mercato del lavoro…
Nicolas Sarkozy è tutto sommato più coraggioso e trasparente su questi due punti – ma è anche considerato il futuro perdente delle elezioni. Così come François Mitterrand nel 1981-1983, François Hollande sarà costretto a non piacere sia ai mercati finanziari che ai suoi elettori, perché è certo di non potere conciliarli. Avvertito del rischio di esasperare allo stesso tempo i mercati finanziari e la Germania, sa che alla fine cederà alle loro richieste…
(…) L’obiettivo primario della Francia sarà di restare nell’Eurozona ma anche, e sarà altrettanto importante, di continuare a svolgere il ruolo di co-leader con la Germania anche a prezzo di una forte disoccupazione…
Il mercato del lavoro
E’ spiacevole per François Hollande, ma la necessità di una liberalizzazione del mercato del lavoro è il risultato diretto dell’appartenenza della Francia alla zona euro, così non si può avere l’una senza avere anche l’altra…
La sola questione è dunque di sapere se François Hollande tenterà di rispettare le sue promesse o si correggerà da solo appena eletto. Il buon senso gli consiglierebbe di fare subito questa liberalizzazione del mercato del lavoro. Ma la prudenza innata di Hollande e l’orientamento del suo partito imporranno dei freni: di conseguenza solo una pressione esterna rimetterà la politica francese nella buona direzione.
Con la Germania che ha liberalizzato il suo mercato del lavoro recentemente (e la Spagna e l’Italia che adesso seguono), François Hollande non avrà alcuna scelta. Altrimenti la Francia dovrà affrontare la collera dei suoi partner dell’Eurozona (e la collera del mercato) se non volesse realizzare la stessa riforma degli altri.
Ingannare il popolo
Non fosse che a causa del fallimento del referendum sulla Costituzione dell’UE nel 2005, François Hollande dovrà navigare controcorrente nella sinistra.
Il trattato venne respinto perché doveva consacrare il libero mercato come principio fondatore dell’Unione Europea, attraverso l’inserimento della direttiva Servizi nella Costituzione. Questo rigetto fu una manifestazione tipica del pregiudizio francese (di sinistra come di destra) contro il mercato.
In questa prospettiva, sarebbe politicamente intelligente che i suoi partner dell’Eurozona permettessero a François Hollande di strappare qualche concessione, anche se priva di conseguenze reali. La richiesta di rinegoziazione del trattato sarebbe allora utilizzata per ingannare il pubblico francese, facendogli accettare delle riforme convenienti, tra cui quella del mercato del lavoro.
La fiducia
Tra il 1981 e il 1983 François Hollande è stato molto vicino alla svolta del rigore” effettuata da François Mitterrand, soprattutto nel marzo 1983, perché era il consigliere economico del presidente quando questi decise che la Francia sarebbe restata nella Comunità Economica Europea.
Mentre la Francia sarà indubbiamente posta di fronte alla necessità di una stessa politica economica ragionevole a partire dal luglio 2012 – così come nel 1981-9183 – è molto poco probabile che François Hollande abbia dimenticato le lezioni dei suoi anni di formazione. E soprattutto la lezione che esitare troppo a lungo tra due opzioni politiche ha un costo elevatissimo quando si subisce la pressione dei mercati e dunque che, in simili circostanze, la migliore politica è di essere chiari, e di fare una scelta filo-europea.
(…) François Hollande ha l’animo di un europeo convinto. Tra il 1993 e il 1997 ha presieduto il think tank di Jacques Delors, il “Club temoin”. Questo dovrebbe aiutarlo ad attuare una politica efficace di riforme che aiutino la crescita, come il taglio delle spese e liberalizzare il mercato del lavoro (e dei servizi) in una maniera o nell’altra. La vera sfida per lui sarà di trovare una formula politica per vendere queste riforme alla popolazione francese.
Il suo programma
François Hollande ha già detto agli elettori di centro che non avrebbe cambiato alcune delle misure più emblematiche e più utili del suo avversario, se sarà eletto. Ha in particolare reso noto che non avrebbe ripristinato l’infame sistema delle 35 ore, già abolito da Nicolas Sarkozy.
Ha anche pubblicamente sottoscritto il programma di riduzione del deficit accettato da Nicolas Sarkozy con i partner della zona euro.
Fino ad ora ha evitato di promettere qualsiasi cosa concreta che sarebbe ipoteticamente piaciuta al suo elettorato popolare implicante l’intervento dello Stato. Ha solo proposto qualche modifica minore alla riforma delle pensioni del suo oppositore, o alla sua politica sull’impiego pubblico, senza tuttavia prevedere un aumento del numero dei funzionari.
Tutto sommato la sola ambiguità di François Hollande fino ad ora è di non aver fatto alcuna proposta di riforme favorevole alle imprese, in particolare dal punto di vista della rigidità del mercato del lavoro. Benché non si possa rimproverargli di non avere un approccio strategico, alcuni chiarimenti diventeranno rapidamente necessari dopo le elezioni.
La minaccia di attacchi dei mercati contro il debito sovrano della Francia, dovuta alla collera dei partner della zona euro provocata dall’inazione, dovrebbe essere sufficiente a costringere l’eurofilo pragmatico che è in lui.
Il peggio
Nel peggiore dei casi (che non è tuttavia il più probabile) la pressione dei suoi partner dell’Eurozona e dei mercati lo obbligherà a fare un’inversione di marcia.
Il peggiore degli scenari è che la Francia dovrà rassegnarsi alla liberalizzazione del mercato del lavoro, solo dopo che si sarà dimostrata l’inefficacia di altre politiche di rilancio. Si può sperare che il processo si esaurirà in qualche mese (e non in qualche anno come negli anni ’80) senza troppe tensioni sociali.
Un catalizzatore possibile (ed ahimè augurabile) di questa virata a 180 gradi potrebbe essere un aumento della disoccupazione sostanziale e inesorabile, in particolare tra i giovani.
Un altro argomento efficace, in questo contesto, sarà la pressione dei mercati che vi sarà probabilmente se Hollande si mostrerà troppo esitante a fare riforme coraggiose. Questa prospettiva, spiacevole per un presidente appena eletto, dovrebbe incitarlo fortemente a non fare stupidi giuochi coi mercati.