Monta la tensione tra Francia e Qatar per la guerra in Mali e la Tunisia
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World Socialist Web Site, 28 febbraio 2013 (trad. Ossin)
Monta la tensione tra Francia e Qatar per la guerra in Mali e la Tunisia
Jean Shaoul
Monta la tensione tra Francia e Qatar con le accuse che la petro-monarchia sarebbe in procinto di armare i separatisti e i militanti islamisti legati ad Al Qaida in Mali e, più in generale, di propagandare l’integralismo islamico in Africa.
La Francia ha collaborato strettamente col Qatar per abbattere Muammar Gheddafi in Libia. Ed è anche in procinto di cooperare con Doha, oltre che con Ryad e Ankara, nel sostegno alla guerra settaria che si propone di rovesciare il presidente Bachar al-Assad e di isolare l’Iran. Ma ora c’è stato un ritorno di fiamma perché la politica del Qatar confligge con gli interessi geostrategici e commerciali della Francia in Mali e in Tunisia, centrali nel progetto francese di ri-colonizzare il suo ex impero in Africa del Nord e dell’Ovest.
Il primo ministro del Qatar Cheikh Hamad ben Jassim al-Thani si è opposto all’intervento francese in Mali, raccomandando piuttosto il dialogo.
Il primo segretario del Partito socialista (PS) al potere, Harlem Désir, ha denunciato quello che ha definito “una forma di indulgenza” da parte del Qatar verso i “gruppi terroristici che occupano il Nord del Mali”. Le sue osservazioni sono state seguite dalla visita del ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian a Doha per discutere del Mali con Thani.
Una dichiarazione del ministero della Difesa ha sottolineato senza equivoci che il Qatar è “un cliente privilegiato della Francia” nel settore degli armamenti e che le commesse hanno raggiunto il 450 milioni di euro, contro i 200 milioni di euro di materiali venduti nel 2007. Il ministero ha anche fatto presente che, dal 16 febbraio al 7 marzo, si svolgeranno esercitazioni comuni in Qatar – battezzate Gulf Falcon 2013 – che coinvolgeranno 1300 soldati francesi e un identico numero di qatariani.
La stampa francese ha accusato il Qatar di propugnare la secessione del Nord del Mali, proprio come la stampa francese aveva sostenuto la secessione del Sud Sudan. Ciò avrebbe permesso al Qatar di stringere solidi legami con la nuova nazione – che si suppone sia ricca di petrolio e di gas – e di estendere anche la sua influenza in direzione dell’Africa dell’Ovest e dell’Africa sub-sahariana.
Nel giugno scorso, il settimanale Le Canard Enchainé aveva pubblicato un articolo, “Il nostro amico del Qatar finanzia gli islamisti in Mali”. Citava fonti dei servizi di informazione militare francesi che affermavano che il Qatar garantisce, attraverso tra l’altro la Croce Rossa, un sostegno finanziario a diversi gruppi: gli insorti Tuaregh del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (MNLA), l’Ansar-Dine, l’organizzazione Al-Qaida nel Maghreb islamico (AQMI) e il suo gruppo dissidente, il Movimento per l’unicità e la jihad nell’Africa dell’Ovest (MUJAO).
Roland Marchal, specialista dell’Africa sub-sahariana, ha suggerito che forze speciali del Qatar sarebbero entrate nel Nord del Mali per formare le reclute di Ansar El Dine, che fa parte di Al Qaida, un’accusa avanzata anche dall’Express. Il Qatar aveva fatto la stessa cosa in Libia. In Tunisia e in Egitto, la monarchia al-Thani aveva finanziato nel 2011 e nel 2012 i partiti politici dei Fratelli Mussulmani, come parte integrante della sua strategia più generale di portare al potere dei governi islamisti sunniti, con l’obiettivo di annientare l’opposizione nella classe operaia araba, di prendere di mira il regime sciita in Iran e di rafforzare la propria posizione nei confronti dell’Arabia Saudita.
Il governo tunisino guidato dagli islamisti e che ha rimpiazzato il cliente di lunga data della Francia, Zine El Abdine Ben Ali, è al momento furente contro la campagna scatenatagli contro da Parigi per screditarlo. La Francia si è irritata per il rifiuto della Tunisia di sostenere ufficialmente l’intervento francese in Mali e di autorizzare gli aerei militari francesi a sorvolare il suo spazio aereo. Il portavoce del Presidente, Adnan Manser, ha dichiarato di temere che il conflitto avrebbe potuto minacciare i paesi vicini, tra cui la Tunisia.
Le tensioni si sono accentuate quando si è appreso che i terroristi che avevano partecipato all’attacco contro il sito di estrazione del gas nel Sud dell’Algeria, apparentemente una rappresaglia per la guerra francese in Mali, si erano rifugiati in Tunisia, che è confinante sia della Libia che dell’Algeria. Importanti nascondigli di armi, di quelle che non si trovano normalmente in Tunisia, degli RPG, delle bombe e dei Kalashnikov, sono stati scoperti a Medenine.
L’assassinio, ai primi del mese di febbraio, di Chokri Belaid, leader del partito di opposizione laico, il Fronte popolare, ha convinto l’allora primo ministro Hamadi Jebali, del partito islamista Ennahdha, ad accusare alcuni militanti vicini ad Al-Qaida di avere commesso l’assassinio e di accumulare armi con l’intenzione di far sorgere uno Stato islamico.
Il ministro francese dell’interno, Manuel Valls, ha denunciato questo omicidio come un attentato contro “i valori della rivoluzione del gelsomino” in Tunisia. Ha dichiarato che “c’è un fascismo islamico che cresce un po’ dappertutto e questo oscurantismo… deve essere evidentemente condannato… perché nega quello stato di diritto, quella democrazia per la quale i popoli libico, tunisino, egiziano si sono battuti…”.
Valls ha anche rivendicato che la Francia appoggia i partiti di opposizione pseudo di sinistra, per stabilizzare la Tunisia e controllare l’opposizione della classe operaia.
Questi discorsi hanno provocato una manifestazione dei partigiani di Ennahdha, che hanno scandito slogan e issato cartelli su cui era scritto: “Fuori la Francia!” e “Basta Francia! La Tunisia non sarà mai più una colonia francese”.
L’intervento di Valls è stato così arrogante che il portavoce del Fronte popolare tunisino di pseudo sinistra, il presidente del Partito comunista dei lavoratori tunisini, Hamma Hammami, si è sentito in obbligo di dichiarare: “Come Fronte popolare, noi siamo contro la Francia, gli Stati Uniti e tutti i paesi arabi che si ingeriscono nei nostri affari interni”.
L’interesse che la Francia nutre per i suoi ex territori coloniali in Africa del Nord e in Sahel è determinato sia dalla loro ricchezza in risorse naturali – soprattutto il petrolio, il gas, l’uranio, l’oro e altri minerali preziosi - sia dalla penetrazione degli Stati Uniti e della Cina in una regione che la Francia considera il suo cortile di casa.
Il presidente dell’epoca, Jacques Chirac, aveva all’inizio cercato di ostacolare l’iniziativa Pan-Sahel (PSI) di Washington, promulgata nel 2001 e che prevedeva che le forze militari USA avrebbero addestrato truppe del Mali, del Ciad, della Mauritania e del Niger, con il pretesto della “guerra al terrorismo” annunciata dopo gli attentati dell’11 settembre. In seguito, questa iniziativa era stata allargata in modo da includervi anche l’Algeria, la Mauritania, il Marocco, il Senegal, la Nigeria e la Tunisia, con la sigla TSCTI, Iniziativa transahariana di lotta contro il terrorismo. Essendosi già individuati come possibili obiettivi la Libia, il Sudan e la Somalia.
Il PSI e il TSCTI avevano dato vita, nel 2007, all’AFRICOM, all’interno dell’EUCOM (United States European Command), con sede a Stoccarda, dal momento che nessun paese africano voleva ospitarlo. L’AFRICOM aveva preso il controllo del TSCTI. Chirac aveva cercato il sostegno della Germania, invitandola nel 2007 al summit franco-africano, ma Angela Merkel aveva rifiutato, non volendo contrariare Washington.
La crescita di influenza della Cina aveva pesato molto nella decisione del presidente francese, Nicolas Sarkozy, di rientrare nel 2009 nella NATO e di firmare un accordo con la Gran Bretagna nel 2010 per integrare gli eserciti dei due paesi. Il ruolo della Francia sarebbe quello di ausiliario di Washington in Africa del Nord e in Sahel, per ottenere la sua parte di bottino nella ristrutturazione della regione.
Sarkozy aveva cercato di rafforzare la posizione economica declinante della Francia corteggiando l’emiro del Qatar, vendendo 80 airbus a Doha per la sua compagnia aerea Qatar Airways, vendendogli più dell’80% del suo fabbisogno di armi e incoraggiando i Fondo sovrano del Qatar ad acquistare circa 70 miliardi di dollari USA di titoli pubblici francesi.
La Francia ha promulgato una legge speciale che esonera dalle imposte l’emiro e altri investitori del Qatar che abbiano acquistato valori immobiliari francesi. Ha anche proposto a Doha di aderire alla sua Organizzazione internazionale della francofonia (OIF), accettando le scuole di lingua francese controllate dal Qatar nel Golfo, nel Maghreb e in Africa.