Il camion bianco
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Arrêt sur Info, 17 luglio 2016 (trad. ossin)
Il camion bianco
Slobodan Despot
Alle 3 e 52 del mattino del 15 luglio, il presidente della Repubblica francese twittava un messaggio prevedibile, ma tutto sommato stupefacente:
Cosa significa questa presa di posizione?
1) Che l’Eliseo, ad appena qualche ora dall’attentato, sa già tutto — o pretende di sapere già tutto — dei motivi, degli appoggi e della rete di cui faceva parte l’uomo che ha commesso l’attentato di Nizza (identificato come un Tunisino residente in Francia).
2) Che l’Eliseo stabilisce un rapporto diretto tra questa tragedia e lo Stato Islamico (giacché ufficialmente è lo Stato Islamico l’obiettivo degli «attacchi» dell’aviazione francese in Iraq e in Siria).
3) Che l’Eliseo pensa (o sembra implicitamente pensare) che è «intensificando gli attacchi» contro lo Stato Islamico che si potrà porre rimedio al problema dei massacri in Francia, considerati espressione del terrorismo islamico legato alla corrente salafita.
Questo semplice tweet veicola una tale serie di contraddizioni, di idiozie e di confusione, da far tremare i polsi per poco che si rifletta sulle sue implicazioni.
Ma dove è andato a finire il Padamalgam?
Come è possibile capire di primo acchito che un assassino seriale è un agente dello Stato Islamico, quando non era nemmeno classificato « S » dai servizi di informazione e nessun elemento noto della sua vita anteriore deponeva in questo senso?
Dove è andata a finire la scrupolosa prudenza che i poteri politici e mediatici impongono agli oppositori e alla popolazione con lo slogan Padamalgam (non confondiamo le cose, ndt)? In nome di che la Presidenza francese ha scartato a priori l’ipotesi del fatto di cronaca violento ma apolitico? Dopo tutto, non hanno forse i primi commenti messo in evidenza che Mohammed Laouej Bouhlel era un ladruncolo violento e che aveva problemi familiari? Dopo una simile presa di posizione da parte del vertice dello Stato, quale giudice, quale poliziotto, quale criminologo oserebbe affermare che il gesto di Bouhlel ha motivazioni diverse dal fanatismo islamico? E se per caso lo facesse, come tratterebbero i media questa voce dissonante?
Ma ammettiamo pure che l’Eliseo abbia ragione, che quest’uomo abbia effettivamente agito per conto dello Stato Islamico. Che rapporto potrebbe comunque esservi tra gli attacchi contro lo Stato Islamico in Medio Oriente e un gesto come il suo? Quando sembra, per contro, che siano stati proprio i rovesci recentemente subiti da IS a favorire la dislocazione della guerra sul terreno dell’avversario, vale a dire sul territorio dei paesi che lo combattono.
Nel qual caso, perché la Francia è il principale, per non dire l’unico obiettivo dei terroristi dell’IS? Il contributo della Francia alle operazioni della coalizione occidentale nella regione è simbolica. D’altronde questa coalizione ha provocato molti meno danni ad IS di quanto abbia saputo fare l’alleanza dell’aviazione russa con l’esercito siriano. Perché IS non ha mandato un camion bianco a schiacciare dei civili russi?
Ammettendo pure che la Francia sia un serio avversario per IS (cosa che con tutta evidenza invece non è), come potrà essa, nello stesso tempo, combattere contro IS sul campo e proseguire l’ostentato idillio con i creatori e gli sponsor di questa creatura mostruosa, vale a dire le petromonarchie del Golfo, i neocon statunitensi e gli strateghi dello Stato di Israele, che esplicitamente ammettono di dare una mano a IS che, come contropartita, non ha mai attaccato interessi israeliani? La Francia non è forse stata negli ultimi anni l’avversario più accanito di Bachar el-Assad, giungendo perfino ad augurarsi la sua morte, e il protettore esplicito degli islamisti (sedicenti moderati) in Siria?
Ecco dunque sintetizzata in 140 caratteri la confusione (che deriva dall’asimilazione subito fatta tra l’origine araba dell’assassino e il terrorismo islamico), la contraddizione (tra le gesticolazioni e la realtà sul terreno) e le sciocchezze (il pensare che dei bombardieri mandati in Medio Oriente possano impedire ai camion bianchi di schiacciare il pubblico del 14 luglio a Nizza).
Deliberata stupidità?
Di fatto, stupidaggini, contraddizioni e confusione sono le tre muse ispiratrici di tutta la politica islamica della Francia, sia sul piano interno che estero.
All’estero, la Francia partecipa a operazioni coloniali che rendono inabitabili intere regioni e trasformano Stati, poco democratici ma pacifici, in calderoni di sofferenza, odio e fanatismo. Queste ingerenze criminali sono, allo stesso tempo, l’alibi e la causa reale del flusso di rifugiasti che invade l’Europa.
Sul piano interno, la Francia impedisce ogni discussione di fondo sulla coabitazione tra la popolazione di origine cristiana-laica e il modello di società islamica, e protegge la predicazione di un islam letterale, regressivo e violento sostenuto dalle intoccabili monarchie del Golfo.
Se il terrorismo islamico davvero fosse, per il governo francese, quel nemico numero uno che fa finta di combattere, dovrebbe chiuderebbe le moschee salafite, arrestare o espellere senza pietà gli imam che predicano l’odio, la violenza o modi di vita contrari alle leggi francesi. Lo promise all’indomani di Charlie e di Bataclan, e non ha fatto niente. Una misura elementare sarebbe quella di vietare come incitamento all’assassinio tutte le opere religiose che esortano ad ammazzare. Essa sguarnirebbe notevolmente alcune biblioteche di «centri culturali islamici». Questo non sarebbe certo sufficiente a risolvere il problema, ma costituirebbe un segnale molto più chiaro del lancio di bombe astratte nei deserti della Mesopotamia. Più chiara ancora sarebbe un’azione diplomatica, ancora meglio militare, contro il «Daesh che ha vinto», vale a dire l’Arabia Saudita. Insomma, come ha detto un capo di Stato popolarissimo nel resto del mondo, si dovrebbero «braccare i terroristi nei cessi». Non è forse un buon metodo per sradicare il fenomeno, ma è il solo che fino ad oggi conosciamo.
Ma il governo francese non fa niente di tutto questo. Fa tutto il contrario. Lascia campo libero ai fanatici e combatte chi li combatte, tanto all’estero che sul piano interno. Le circostanze dei grandi attentati terroristi rilevano in ogni occasione così palesi errori nei sistemi di sicurezza e informazione – come la passività dei militari della forza Sentinelle presenti davanti al Bataclan, la censura sulle orribili sevizie subite dalle vittime, o semplicemente le mancate dimissioni dei ministri responsabili che contemplano queste tragedie come osservatori passivi e piagnucolanti — che è legittimo sospettare una vile alleanza, in Francia, tra il governo e il caos.
La fabbrica degli assassini
Il massacro della Promenade des Anglais riunisce in sé tutte queste aberrazioni in una scena propriamente onirica. Un sogno ad occhi aperti – un incubo piuttosto. La Promenade des Anglais è uno dei simboli dell’Europa civilizzata e decadente. Era chiusa per accogliere, nonostante lo stato di emergenza, la folla degli spettatori del 14 luglio. La Francia usciva da un mese di assembramenti ad alto rischio – gli Europei di calcio – dove non era successo assolutamente nulla, come se i terroristi fossero tutti tifosi di football. E all’improvviso si è visto piombare su questo boulevard inondato di bermuda un camion tutto bianco — il bianco, colore dell’Ihrâm (abito bianco del pellegrinaggio islamico, ndt), della sacralizzazione e della morte — che andava a uccidere a caso, procedendo talvolta a passo d’uomo, come in slow motion. Per due chilometri nessuno è riuscito a fermarlo, nessuno dei poliziotti in servizio (compreso un eroico motociclista) sembra avere avuto l’idea di sparare alle gomme. Nessuna banda chiodata per difendere efficacemente questa zona sensibile in stato di allerta contro le incursioni motorizzate. Per due chilometri il camion bianco è scivolato come sul burro. Poi si è fermato, si ignora ancora il perché. Solo allora la cabina di guida è stata crivellata di colpi. E’ stato a questo punto che il terrorista di una sola serata, spuntato dal nulla come agente dormiente, il presunto Mohammed Laouej Bouhlel, è stato ucciso. Come i fratelli Kouachi, gli assassini di Charlie Hebdo. Come Abdelhamid Abaaoud e sua cugina, mitragliati con 5000 proiettili (contro gli 11 colpi sparati da loro) in un appartamento di Saint-Denis il 18 novembre 2015. Come Amedy Coulibaly. Si sono tutti portati le loro motivazioni e la rubrica degli indirizzi nella tomba. La terror-sfera franco-islamica è una sfera del silenzio.
L’unica cosa reale e incontestabile di questa vicenda è la morte. La morte delle vittime e quella dei loro assassini, e con essa la spaventosa sofferenza di migliaia di sopravvissuti. Oltre questa realtà, cui si confà solo il raccoglimento e la compassione, tutto il resto è onirico, torbido e confuso. E tale è destinato a restare. Vegliano a ciò i media di informazione, commercializzando fino all’oscenità la sofferenza degli innocenti, evitando accuratamente di volgere lo sguardo dove la curiosità professionale, il buon senso e il bisogno di giustizia dovrebbero orientarlo.
Il video dell'arresto dell'uomo misterioso vicino al camion bianco
All’indomani del massacro, un video partito dalle reti israeliane è diventato virale in internet. Si vedono i poliziotti, sul retro del camion bianco, che buttano a terra, picchiano e poi portano via un uomo con una t-shirt grigia, dopo avere «neutralizzato» l’autista. Per il governo e i media francesi, nel momento in cui scrivo (26 ore dopo i fatti), quest’uomo e questo video non esistono. Forse non esisteranno mai. Il camion bianco deve restare una apparizione misteriosa e intimidatrice come Moby Dick, la mitica balena bianca di Herman Melville. Il governo francese e i suoi megafoni mediatici, per giustificare le loro operazioni criminali in Medio oriente, hanno bisogno di scenari semplici e di consumatori sempliciotti.
Ciò di cui non si accorgono — o di cui si accorgono forse troppo bene — è che, a forza di fabbricare degli idioti senza idee e senza radici, forniranno sempre più agenti dormienti allo Stato Islamico, che potrà renderli operativi con uno schiocco di dita e che già lo fa. Il «reclutamento» di Bouhlel è forse solo dovuto al coniugarsi delle sue frustrazioni coniugali con la visione di un video di IS sull’uso dei camion come arma da guerra. Cosa c’è di più semplice del rivestire una vendetta suicida con dei nobili alibi religiosi? Contro questa democratizzazione del fanatismo, né gli «attacchi» nel deserto né lo stato di emergenza serviranno a niente.