La politica estera di Kouchner
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Afrique Asie – settembre 2007
Editoriale
La sorprendente visita che Bernard Kouchner, l’ex socialista sostenitore dell’ingerenza umanitaria riconvertito al sarkozysmo, sta per effettuare in Iraq, al di là della sua inutilità, annuncia una svolta nella politica estera della Francia dall’inizio della V Repubblica. Il fatto che sia intervenuta il giorno stesso in cui Nicolas Sarkozy rientrava dalle sue vacanze americane, dopo avere incontrato i Bush nella loro proprietà di Kennebunkport, significa un allineamento della politica dell’amministrazione repubblicana, non solo in Iraq ma anche in Africa e nel resto del mondo? Qualsiasi cosa dicano i difensori di questa nuova strategia, truccata da “realismo” politico, bisogna ammettere che si tratta di un vero e proprio allineamento. Secondo Jean-Pierre Chevènement, fondatore e presidente d’onore del Movimento dei cittadini, che si era ferocemente opposto alle due guerre nordamericane contro l’Iraq (1991 e 2003), la visita a Bagdad del ministro francese degli affari esteri “sembra come un viaggio a Canossa, quando gli imperatori venivano, pentiti, in ginocchio sulla neve, a confessare i loro errori al papa… I benefici del non-allineamento della Francia sulla politica nordamericana al momento dell’invasione dell’Iraq sono svaniti”.
Il nuovo inquilino dell’Eliseo non aveva bisogno di molti argomenti per convincere Bernard Kouchner a realizzare questa svolta. Predicava a qualcuno che era già convinto. L’ex ministro di Mitterrand non era forse uno dei rari partigiani della guerra nordamericana contro l’Iraq, col pretesto di sbarazzarsi di Saddam e di instaurare la democrazia? Recandosi a Bagdad in un aereo militare il cui itinerario è restato segreto fin dopo il suo atterraggio acrobatico – insicurezza oblige -, ha avuto tutto l’agio di apprezzare il “benfatto” di questa “liberazione” che si era augurato. Un milione di morti civili iracheni dal 2003, comunità spinte le une contro le altre, uno Stato in brandelli, una economia rovinata e per soprammercato saccheggiata, un terrorismo cieco, pulizia etnica e un esodo massiccio… In circa quattro anni di occupazione nordamericana, il popolo iracheno, al quale Kouchner diceva – e dice – di voler portare soccorso, ha sofferto più che in ventiquattro anni di dittatura di Saddam.
Però lui pretende di volere “ascoltare i dirigenti iracheni di tutte le comunità”. Occorrerebbero ben più dei tre giorni furtivi che è rimasto in Iraq per adempiere a una tale promessa. Alla fine non avrà ascoltato che i suoi amici al potere giunti sui furgoni dell’occupante nordamericano, che fanno parte del problema e non della soluzione. E giustamente: sono i suoi amici curdi attualmente al potere – Balzani e Talbani -, quelli che lo hanno invitato, che sono accusati di essere gli istigatori di questo carnaio. Volendo estendere la superficie del loro stato futuro, tentano di intimidire questa comunità perché si metta sotto il giogo del futuro Kurdistan autonomo o indipendente. Cosa fino ad oggi rifiutata.
Ma al di là del retrofondo ideologico neoconservatore che ha condotto Kouchner in Iraq, bisogna interrogarsi sui risultati di questa visita. E fare la constatazione successiva: non solo non serve in alcun modo alla diplomazia francese, della quale Kouchner ha la responsabilità, ma piuttosto rende evidente l’impotenza di una diplomazia che sta perdendo il credito guadagnato con la sua opposizione alla guerra, senza alcun vantaggio in termini di efficacia politica. Questa visita interviene nel momento peggiore. La nave Bush è abbandonata da tutti e il governo di Al-Maliki è sull’orlo dell’implosione. E’ un regalo gratuito fatto a chi non lo merita. Come sottolinea crudamente il deputato verde Noel Marnare: “La Francia si comporta come un barboncino… Andare a Bagdad dopo la visita di Sarkozy a casa Bush è un modo di sporcarsi le mani, un modo di appoggiare la politica nordamericana in Iraq”.