Matteo Salvini, Liliana Segre, o del sovranismo tradito
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The saker, 15 gennaio 2020 (trad.ossin)
Matteo Salvini, Liliana Segre, o del sovranismo tradito
Giuseppe Verdi
Il nazionalismo è morto. Il suo cadavere putrescente giace di fronte a Palazzo Montecitorio, sede del Parlamento italiano (il suo centro di potere sempre più periferico). La gente inizia a notarlo, la gente inizia ad avvertirne la puzza insopportabile. Quel che resta della breve esperienza nazionalista italiana ha finalmente mostrato la sua vera faccia vigliacca, inchinandosi all'élite globalista internazionale e ripudiando il suo potenziale veramente rivoluzionario. Questa è la storia di come il nazionalismo italiano sia stato cooptato dall'establishment per attuare la sua agenda malvagia
Nel novembre 2019, la notizia che una sopravvissuta italiana all'Olocausto, di 89 anni, era stata messa sotto protezione della polizia dopo aver ricevuto svariate minacce di morte ha riempito le prime pagine. Liliana Segre, un'attivista ebrea italiana che era stata nominata senatrice a vita all'inizio dello scorso anno per "meriti sociali" (ma si era trattato in realtà di una mossa politica del Presidente della Repubblica per dare un contentino a una certa parte dell'intellighenzia), avrebbe ricevuto duecento messaggi di odio al giorno (sic!). Per precauzione, le è stato persino assegnata una scorta di due agenti di polizia. Com'era prevedibile, dopo tali attacchi inspiegabili si è manifestata una forte e chiara indignazione da parte dei media mainstream e di tutti i più importanti esponenti politici, in una gara di empatia e sostegno. Poi, alcuni giorni dopo, la storia è rientrata nel silenzio. Non solo il numero di minacce era stato grossolanamente esagerato, ma non c’erano nemmeno prove attendibili che quei (pochi) messaggi violenti potessero essere seguiti da atti di violenza reali. Perché dunque i media e le élite avrebbero messo in scena una tanto magistrale dimostrazione di finta indignazione e condanna? Perché i canali di informazione e i talk show nazionali avrebbero dedicato ore (!) ogni giorno a discutere di qualcosa che chiaramente non poggiava su basi solide? Ancora più importante, qual è il rapporto tra questa notizia successivamente apparsa irrilevante e la nostra diagnosi iniziale sullo stato del nazionalismo italiano?
In questo breve saggio, segnalerò un nesso tra le due, partendo da una breve descrizione della politica nazionalista italiana degli ultimi due anni. Analizzerò il ruolo svolto dalla Lega di Matteo Salvini nell'elaborazione di un discorso nazionalista su misura per immigrazione e identità italiana, quel che è stato detto e cosa è stato frainteso. Dirò qualcosa anche dei presunti partiti di "opposizione", confrontando il loro background ideologico e le loro basi sociali. Sosterrò che l'ascesa della Lega e il suo potenziale per il movimento internazionale anti-globalista sono oramai solo una facciata, un elaborato progetto di opposizione controllata messo in atto per raccogliere voti nella fascia di centro destra ed estrema destra, paralizzando così i movimenti politici più veri e più pericolosi. Le conseguenze dell'affaire Segre e il flirtare di Salvini con le élite sioniste ne saranno una evidente testimonianza.
Molto è stato scritto sulla "ascesa dell'estrema destra" e sulla politica antiestablishment in Italia per tutto il 2018 e il 2019. Per qualche tempo, abbiamo goduto di una grande copertura da parte di famosi giornali neoliberisti come The Economist e Time Magazine, e sono anche apparsi alcuni articoli preoccupati su The Guardian. Non dirò quindi nulla di nuovo. Purtroppo, però, il lavoro dei corrispondenti stranieri tende spesso ad essere fortemente distorto, principalmente a causa delle barriere linguistiche / culturali e dei pregiudizi politici. D'altra parte, quando gli italiani scrivono della politica italiana sui media stranieri, tendono a semplificare eccessivamente le cose. Ciò rende impossibile tracciare confronti significativi e individuare le tendenze comuni che condividiamo con il resto dell'Europa. Cercherò quindi di porvi rimedio, fornendo alcune notizie di base sui tre principali partiti politici italiani e sulla loro storia più recente, insieme a un'analisi di come le lotte geopolitiche si riflettano nella politica italiana.
La Lega è la formazione leader della coalizione di centrodestra, anche se da poco. Detto questo, tutti concordano su un punto, vale a dire che nel parlare della Lega bisogna distinguere due epoche, quella prima e quella dopo Matteo Salvini. Dal 1995 fino al 2013 (quando Salvini è diventato segretario), la Lega è stato un partito indipendentista, che si batteva principalmente per fare del Nord Italia (Padania) un'entità federalista con poteri regolamentari speciali (enfatizzando alcune differenze etniche e culturali tra il Nord altamente industrializzato e operoso, e il Sud meno sviluppato, principalmente agricolo e "pigro"). Dopo diverse esperienze come partito di supporto nei governi di coalizione guidati da Silvio Berlusconi, la Lega potrebbe essere giustamente descritta come un partito "conservatore dell’establishment". Dalle riforme fiscali conservatrici al sostegno agli interventi atlantisti in Libia e Siria (la prima assolutamente contraria all'interesse nazionale, avendo dato il via ad un flusso incontenibile di immigrazione clandestina attraverso il Mediterraneo), la Lega si è data una immagine di partito conservatore completamente addomesticato e conforme. C'erano (e ci sono ancora) alcune voci scandalose nel partito, e sono quelle che raccolgono più ostilità, che vengono dipinte come "razziste", "xenofobe" e via dicendo. Ma sono voci marginali, forse utilizzate dalle stesse élite per tenere sotto controllo la leadership del partito. Come già accennato, dopo il Congresso del Partito del 2013, Salvini ha assunto la direzione e ha deciso di cambiare la narrazione. In primo luogo, ha lasciato cadere qualsiasi riferimento all'indipendenza e al federalismo del Nord (che aveva reso la Lega comprensibilmente impopolare al Sud), attestandosi su di una opposizione più condivisa a livello internazionale nei confronti dell'Unione europea e della sua burocrazia. Ha anche deciso, inoltre, di adottare il cliché dello "scontro di civiltà", diventando il campione della politica anti-immigrazione, l'unica questione che ancora gli assicura il maggior consenso tra gli elettori. D'altra parte, si è preoccupato di conservare due aspetti della precedente leadership, vale a dire l'appello ai valori culturali / etnici italiani e il sostegno incontrastato all'alleanza NATO e al progetto imperialista USA. Salvini è l'incarnazione (anche se non gli piace essere ritratto come tale) del politico di professione. Attivista da quando aveva 17 anni, poi studente in Storia e Politica fino ad un semestre prima della laurea a causa degli impegni politici, ha dedicato la sua vita al partito, riuscendo a trasformare la Lega, da catalizzatore dell'insoddisfazione del Nord, in una calamita di sentimenti nazionalisti insoddisfatti. La chiave del suo successo è stata prevedere l'ondata nazionalista del 2015-2016 e guidarla abilmente, portando così una Lega marginale (8% alle sue prime elezioni generali) a diventare il primo partito italiano (con un consenso stimato in 35 % secondo i sondaggi più recenti [gennaio 2020]).
Il Partito Democratico (PD), d'altra parte, è il tipico partito neoliberista. Nel corso degli anni, il PD si è impigliato profondamente nel losco funzionamento della politica regionale e locale, identificandosi efficacemente (e a giusto titolo) con "l'establishment". Il PD è di solito descritto come di "centro-sinistra", anche se ha seguito una traiettoria che sarà molto familiare al lettore politico e che incarna in qualche modo il decadimento generale della sinistra moderna. Da partito comunista integrale (fondato da Antonio Gramsci nel 1921), la sua direzione decise di sottoporlo ad una complessa procedura di chirurgia plastica, ribattezzandolo Partito Democratico di Sinistra nel 1991, poi Democratici di Sinistra nel 1998 (con il logo del partito finalmente (?) ripulito dalla falce e martello), e infine solo Partito Democratico nel 2007. Insieme all'estetica, si sono preoccupati di adeguare gradualmente anche l'ideologia del partito. Da comunista militante a socialista, poi moderatamente riformista e infine apertamente neoliberista quando Renzi (un chiaro ammiratore di Tony Blair) ne è stato segretario dal 2013 al 2017. Attualmente anche i più fedeli sostenitori hanno difficoltà a trovare tracce di progressismo economico e, anche quando i suoi iscritti affermano di essere "dalla parte dei lavoratori", è sempre en passant, come un tributo formale alla loro pesante eredità. In effetti, hanno sicuramente avuto accesso alle analisi di dati più affidabili, scoprendo che i lavoratori italiani non sono più il loro riferimento demografico chiave. Attualmente, come per quasi tutta la sinistra occidentale, la loro ideologia è intrisa di globalismo neoliberista, concentrata su questioni di razza e genere piuttosto che sul conflitto di classe o sul capitalismo avvoltoio, a favore del business dell'immigrazione di massa e dei "diritti umani", nella speranza che questa nuova forza lavoro a basso costo costituirà una ricca fonte di elettori "progressisti".
Il Movimento 5 stelle (M5S) è stata una delle più grandi rivelazioni della recente politica italiana. Il più giovane tra i maggiori partiti (fondato nel 2009), è anche il più misterioso quanto al suo orientamento ideologico. Nato dalle menti visionarie del comico Beppe Grillo e dell'imprenditore Davide Casaleggio, il movimento (che rifiuta fortemente la denominazione di partito) è (o dovremmo dire era) centrato attorno alle sue cinque stelle, ovvero Acqua, Trasporti, Sviluppo, Connettività, Ambiente, i pilastri del suo attivismo iniziale. A prima vista, sembra una specie di conglomerato tecno-libertario di attivisti, come altri movimenti anti-establishment in Europa (si pensi a Podemos in Spagna o a Piratenpartei in Germania). Tuttavia, la differenza cruciale è che gli attivisti del M5S provengono dalle più diverse esperienze politiche (dai comunisti e dai verdi, ai fascisti e ai democratici cristiani), creando così un mix altamente imprevedibile di idee e voci. Ciò che li ha uniti era il risentimento verso un sistema politico percepito come corrotto, lento e infiltrato dalla criminalità organizzata. Al vecchio sistema, essi opponevano una nuova alternativa pulita, lontana dai meccanismi nepotistici della politica italiana e contro la logica neoliberista alla quale altri partiti erano stati asserviti a partire dalla fine degli anni '90. Attualmente guidato da Luigi Di Maio, un giovane ex iscritto alla facoltà di legge senza precedenti esperienze politiche, il partito ha perso un'enorme possibilità di diventare l'avanguardia nazionalista / identitaria, principalmente a causa della sostanziale mancanza di una filosofia politica condivisa. Ciò che aveva reso il movimento affascinante e incontrollabile si è anche rivelata la sua principale debolezza. La leadership dei M5S non è stata in grado di sfruttare il vuoto ideologico e colmarlo con una strategia politica coerente. L'Eurasianismo (o anche una forma più mite di coscienza geopolitica) avrebbe potuto benissimo costituire la base perfetta per questa nuova forza populista, riunendo così voci provenienti da ambienti molto diversi e unendole in un obiettivo chiaro, il rifiuto dei dogmi neoliberisti globalisti e la promozione di un ordine mondiale multipolare. Tuttavia, ciò non è accaduto (e a questo punto non accadrà). Il M5S rimane una tela bianca di parlamentari e senatori, finora abilmente sfruttata sia dalla Lega che dal Partito Democratico per far avanzare le loro agende.
Ora quest'ultima affermazione richiede qualche ulteriore spiegazione, che prenderà la forma di una breve cronologia politica degli ultimi due anni. Dopo le elezioni di marzo 2018, la politica italiana si è trovata in una impasse. Il M5S di Luigi Di Maio (che correva da solo) ha ottenuto il risultato impressionante del 35,9% dei voti. La coalizione di centrodestra è riuscita a raccogliere un 41,5%, con la Lega in testa al 19,6%. Il Partito Democratico e la sua coalizione di centrosinistra ha raggiunto circa il 20%, sebbene ciò abbia segnato la sua peggiore performance in assoluto. Dal momento che il M5S aveva ottenuto il maggior numero di voti, ma non abbastanza per governare da solo, il Presidente della Repubblica ha incaricato Di Maio di trovare un partner adatto. Dopo tre mesi di intense consultazioni e negoziati, il M5S ha formato un controverso governo di coalizione con la Lega, basato su un "contratto governativo" condiviso, un elenco di punti programmatici e proposte legislative concordate in anticipo da entrambe le parti. Ministeri e nomine sono state quindi spartite tra le due forze, con Salvini al Ministero degli Interni e Di Maio alla guida del Ministero dello Sviluppo Economico. Giuseppe Conte, avvocato e professore dell'Università di Roma, è stato nominato Primo Ministro, congiuntamente designato dalle due forze, mentre Salvini e Di Maio si sono assegnati il ruolo puramente nominale di Vice Primo Ministro. L'anno seguente, Salvini è abilmente riuscito a sottrarre un'enorme quantità di consensi al M5S, lanciando una crociata personale contro l'immigrazione clandestina. Una presenza ossessiva su Facebook, la polemica contro il degrado delle periferie italiane e la continua partecipazione ai talk show per discutere della sinistra rincitrullita, gli ha assicurato molta popolarità. Una popolarità non eguagliata nemmeno a distanza dal M5S, rimasto impigliato sin dall'inizio nella proposta gravemente difettosa e controversa di istituire una versione più leggera del reddito di base universale, chiaramente impopolare tra tutti gli italiani che lavorano. Quindi, dopo soli tredici mesi, Salvini ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti del proprio Primo Ministro, a motivo del clima ostile insorto tra la Lega e M5S. Gli analisti ritengono che questo fosse il suo piano da sempre. Dopo aver prosciugato il MeS di tutto il suo consenso, scaricando tutti i ritardi e le carenze sui suoi partner di coalizione, la Lega sarebbe uscita da nuove elezioni come partito leader. Sembra, però, che durante gli studi universitari, Salvini non abbia seguito troppo assiduamente i corsi di diritto costituzionale. Così, dopo l’approvazione della mozione, il Presidente della Repubblica ha dato il mandato al Primo Ministro Conte di formare un nuovo governo, evitando completamente la Lega. Com'era prevedibile, il M5S si è subito rivolto al Partito Democratico, il suo nemico giurato, per costruire una nuova maggioranza. Entrambi (temendo nuove elezioni e una probabile vittoria della Lega), hanno subito accettato di formare un governo. A partire da ora (gennaio 2020), le due forze sono attualmente al governo, mentre la coalizione di centrodestra è confinata all'opposizione e sta raccogliendo un consenso ancora più grande (non solo nei sondaggi ma anche nelle elezioni locali, la più recente delle quali ha visto vincere il candidato della Lega con un 57% senza precedenti). Solo il tempo dirà se l'attuale maggioranza resterà in carica fino alla fine della legislatura (2023) o se il popolo italiano sarà chiamato al voto prima. Ciò che è chiaro è che sia M5S che il Partito Democratico temono il consenso di Salvini (l'unica ragione per cui hanno accettato di formare un governo). Quindi, a meno che non scoppi una crisi molto grave o che i due leader non si sentano sufficientemente forti da poter sfidare Salvini nelle urne, dovremmo aspettarci che questo governo prosegua.
Ora torniamo all'inizio. A prima vista sembra ora che il nazionalismo (incarnato dal primo governo di coalizione) sia alla fine morto, ucciso da politici astuti e da sotterfugi legali. Ma, guardando più da vicino, ci rendiamo conto che il nazionalismo non è mai stato vivo. Che la Lega non sarebbe stata il vero catalizzatore delle forze nazionaliste europee (come temevano gli esperti di The Guardian) era già abbastanza chiaro. I primi dubbi sono emersi quando la Lega fu una delle prime (e rare) forze ad aderire a The Movement, l'internazionale nazionalista (neoconservatrice) guidata da Steve Bannon. Subito dopo le elezioni europee del 2018, Bannon ha fatto una tournée in Europa per esportare il carattere statunitense (e sionista) del nazionalismo trumpiano nei partiti nazionalisti europei emergenti. Inutile dire che la Lega era tra i membri più importanti di questo nuovo gruppo, con Bannon che sosteneva il progetto nazionalista italiano e che elogiava Salvini definendolo un "leader di livello mondiale". Altre importanti bandiere rosse ancora meno conosciute includono le dichiarazioni ingiustificate di Salvini su Hezbollah, durante una visita a Gerusalemme alla fine del 2018, e la sua scoperta rivoluzionaria che Israele è "un bastione della democrazia in Medio Oriente". Inoltre, durante un dibattito televisivo ostile con uno dei più noti media globalisti italiani, definendo l'Iran come un "pericolo globale", precisò che "né io né il mio governo ci impegneremo con coloro che vogliono cancellare uno Stato e un popolo con violenza” ( fonte ). Alcuni commentatori ben informati hanno messo in evidenza queste contraddizioni, tracciando anche interessanti parallelismi con il noto marchio del nazionalismo trumpiano e, soprattutto, con il nazionalismo israeliano [vedi un esempio qui (italiano)].
[ Addendum : alla luce dei recenti sviluppi nel Vicino Oriente, segnaleremo un risultato positivo di questa transizione del governo. Nonostante il peso diplomatico italiano sia irrilevante sulla scena mondiale in questo momento, è positivo che il governo abbia deciso di restare estremamente silenzioso in questa prima fase di scontri tra Stati Uniti e Iran, unendosi ad altri paesi dell'UE nella richiesta di una soluzione pacifica. Da parte sua, Salvini si è affrettato a schierarsi con il presidente Trump e a definire il comandante Soleymani come un "terrorista". Ci si può chiedere solo cosa sarebbe successo se la Lega e la sua leadership sionista fossero stati ancora al governo e quali effetti avrebbe potuto avere sugli altri paesi europei].
Detto questo, dovrebbe ora essere chiaro che l'élite globalista internazionale non può aver paura che Salvini cerchi di destabilizzare la roccaforte del Leviatano nel Vicino Oriente. E cosa ne è del suo sostegno aperto e vocale alla Russia e al presidente Putin (per il quale ha ricevuto molte critiche)? Ancora una volta, dobbiamo esaminare questa questione partendo dalla più ampia prospettiva del progetto nazionalista anglo-europeo (o sovranismo come ai media piace etichettarlo con velata ironia). Come ha già sottolineato un articolo molto informato, Salvini e i nuovi nazionalisti vedono la Russia non come un alleato determinante per instaurare un ordine mondiale multipolare, ma piuttosto come un mezzo per indebolire l'opposizione all'Impero in Oriente. Avvicinandosi alla Russia, cercano di porre ostacoli alle sue alleanze con partner strategici nel Vicino e Medio Oriente, con l'obiettivo finale di tenere lontana la Cina. Come ha affermato un analista eurasiatico, il vero obiettivo dei nazionalisti occidentali dietro la loro storia d'amore con la Russia è "rompere l'asse Mosca-Teheran-Damasco" (Perra, 2019, vedi l'articolo sopra ) e quindi rafforzare l'equilibrio unipolare del potere descritto da Charles Krauthammer. Dopo le elezioni del 2018, è diventato dolorosamente chiaro che la Lega non è altro che un elaborato progetto di opposizione controllata. Un partito rimosso dal suo contesto federalista originale e proiettato nell'arena internazionale. Un partito che è stato usato dalle élites per promuovere una variante alla vainiglia della politica di destra del 21 secolo, sottraendo consenso alle forze politiche marginali più imprevedibili, come il M5S, Casa Pound Italia (CPI) o il Partito Comunista Italiano, finora gli unici che osino parlare criticamente dell'occupazione militare statunitense in Italia e mettere in discussione il progetto neoliberista e le sue élite globaliste. In effetti, il travolgente supporto di cui la Lega gode è principalmente radicato nel suo atteggiamento nei confronti dell'immigrazione (che è stato notevolmente esagerato da una copertura mediatica follemente distorta) e deriva dalla speranza che, con qualcuno come lui al potere, l'Italia non seguirà la stessa strada della Francia o dell'Inghilterra. Inoltre, il consenso di Salvini dipende anche dalla profonda identità cattolica italiana, che suscita istintiva simpatia nei confronti delle sue ingannevoli invettive contro le degenerazioni (l’opposizione all'adozione per le coppie omosessuali) e la sua (almeno per ora) opposizione all'agenda omosessuale. A parte queste caratteristiche cruciali, c'è ben poca differenza tra, diciamo, le politiche economiche della Lega e quelle di alcuni tecnocrati del Partito Democratico formatisi alla London School of Economics. Come sempre nell'ordine mondiale globalista, mettere in discussione i dogmi neoliberisti è diventato il nuovo peccato originale e nessuno dei partiti politici tradizionali italiani è disposto a commetterlo.
Detto questo, però, possiamo ancora avere un ragionevole dubbio sulle vere intenzioni della Lega. Dopotutto, si potrebbe pensare che Salvini sia abbastanza saggio da fingere il suo sostegno all'élite sionista solo per crescere nei sondaggi, restando nel contempo segretamente contrario al progetto Atlantista. In effetti, è esattamente questo che le élite temono. E’ per questo che i media mainstream si sono impegnate in una feroce campagna di denigrazione di Salvini e della leadership della Lega, per scoprirne le vere intenzioni. Questo è anche il motivo per cui Salvini è attualmente sottoposto a numerosi procedimenti (politici) da parte di illustri membri della magistratura, con lo spettro della prigione che lo perseguita costantemente. Ed è qui che entra in gioco l'affaire Segre.
Il presunto "incidente" è avvenuto a seguito di un voto parlamentare che ha istituito una commissione del Senato sui "discorsi di incitamento all’odio". Il disegno di legge, che alla fine è stato approvato senza i voti dei senatori della Lega, era stato presentato dalla stessa Segre. Quest’ultima, in un'intervista del 2018, ha detto che la sua nomina a senatrice le aveva fatto venire in mente che avrebbe potuto usarla per promuovere questa legge (si può leggere l'intervista qui ). La "Commissione Segre" (come i media l'hanno battezzata) sarà una commissione speciale del Senato incaricata di individuare casi di " Intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all'odio e alla violenza nei confronti di individui o gruppi sociali sulla base di determinate caratteristiche come etnia, religione, origine, orientamento sessuale, genere o altre condizioni fisiche e psicologiche " [testo completo in italiano qui ]
Inoltre, potrà produrre documenti e suggerimenti al Parlamento, compresi quelli relativi alla legislazione intesa a contenere tali fenomeni. Coloro che hanno seguito il dibattito politico negli ultimi tre anni conosceranno sicuramente questo tipo di gergo e la sua origine. La legge è diventata sempre più importante nella politica contemporanea, essendo utilizzata dalla classe dominante non solo per mettere a tacere l'opposizione (senza perdere l'etichetta democratica molto gonfiata) ma anche per forgiare socialmente le nostre società, insegnando implicitamente ciò che è e ciò che non è appropriato. Ora, è ovviamente difficile prevedere fino a che punto, eventualmente, questa Commissione sarà un’arma puntata contro i leader politici o gli intellettuali controversi. In effetti, in un'epoca in cui i media sono allo stesso tempo giuria e carnefice quando si tratta di questioni politiche e sociali, forse una tale Commissione sembrerebbe ridondante. Ciò che è probabile che accada, tuttavia, è che la Commissione (più ne scriviamo, più inizia a sembrare orwelliana) utilizzerà i suoi poteri per individuare figure controverse (e non intendiamo quelle dell’opposizione controllata, presente in Internet, ma piuttosto solide, colte voci con opinioni dissenzienti sui dogmi globalisti) e costringerle al silenzio (con tutto il peso della legge).
Al momento, però, non siamo tanto interessati alla Commissione in sé, quanto piuttosto alla copertura mediatica che ha avuto il voto del Senato. E’ abbastanza rivelatore il fatto che la narrazione dei media si è concentrata su senatori di centrodestra che non hanno votato. I riflettori si sono puntati sulla Lega, ai cui esponenti sembra sia stato "detto" di astenersi, citando il rischio abbastanza evidente di una violazione della libertà di parola. Naturalmente, la maggior parte della colpa è stata attribuita a Salvini, che è stato "costretto" dai media a sopportare giorni di vergogna pubblica praticamente su tutte le reti di informazione, fino a quando ha finalmente accettato di organizzare un incontro con Liliana Segre nel suo appartamento privato a Roma. Salvini in seguito ha rifiutato di rivelare il contenuto del colloquio. Tuttavia, il fatto che Segre avesse ricevuto una lettera nientemeno che dal presidente israeliano Rivlin, che esprimeva "orrore e disgusto" per quello che era successo, è sufficiente per ritenerlo un investitura simbolica della senatrice da parte dell'élite sionista. Ora è chiaro che l'incontro è stato una sorta di avvertimento ufficiale a Salvini, un modo per dirgli (usando il più innocuo dei messaggeri) che l'élite sionista sta osservando ogni suo passo. Un chiaro avvertimento che coloro che lo hanno messo dove si trova ora non tollereranno alcun ritardo nei loro piani. Inoltre, non è irragionevole prevedere nuove proposte legislative pro-sioniste provenienti dai membri della Lega nel tentativo di segnalare un loro maggiore sostegno. Lo stesso Salvini ha recentemente suggerito (in una breve parentesi durante un talk show), che la Lega elaborerà una legge simile a quelle anti-BDS del Nord America, fino forse a definire le critiche a Israele ed al sionismo come "antisemite”. Se vuoi rimanere pertinente e senza problemi, devi prosternarti di fronte alle persone giuste.
Per riassumere questa breve panoramica della politica nazionalista italiana, abbiamo cercato di descrivere un contesto piuttosto complesso e chiarire come gli equilibri internazionali si riflettano nei tre principali partiti italiani. La Lega sta ottenendo il consenso a un ritmo senza precedenti, essendo ora il partito leader secondo i sondaggi. Ciò che garantisce questo consenso è principalmente la retorica anti-immigrazione di Salvini (che finora è stata seguita solo in parte dalla politica attuale). A parte l'immigrazione e un lieve conservatorismo sociale, la Lega non è altro che un partito conservatore medio europeo. Dalle politiche economiche neoliberiste al forte e chiaro sostegno all'occupazione israeliana e statunitense nel Vicino Oriente, Salvini è riuscito abilmente a costruire e mantenere l'immagine di un partito amico dei sionisti. Sebbene il Partito Democratico (con il suo totale distacco dalla classe lavoratrice, il sostegno spudorato all'immigrazione di massa e alla cabala omosessuale globale) sia ancora il favorito delle élite, i due hanno lavorato (segretamente) insieme con lo stesso obiettivo, ovvero eliminare qualsiasi potenziale minaccia al sistema. Il M5S, con la sua mancanza di una base ideologica coerente, è stato la vittima più illustre in questa campagna. Pertanto, la Lega, un tempo annunciata dai nazionalisti europei come l'unica vera speranza per la destra identitaria radicale (o almeno come un veicolo di quei sentimenti), ora fa pienamente parte dell'establishment neoliberista. Mentre le élite aspettano che la sua leadership abbandoni anche gli ultimi segni del vero conservatorismo e della tradizione, il destino della Lega sembra essere già stato scritto. Non si tratta più di se, ma di quando.
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