Oman, tra continuità e incertezza
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Cf2r (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), marzo 2018 (trad.ossin)
Oman, tra continuità e incertezza
Abderrahmane Mekkaoui
Il processo di successione del sultano Qabous Ibn Taymour Ben Saïd (77 anni) è iniziato in pompa magna, subito dopo l’annuncio della nomina di Asåad ben Tarek ben Taymour Al-Saîd, cugino del sultano e suo rappresentante speciale con delega alle Relazioni Internazionali e alla Cooperazione. Asaad è stato designato come vice presidente del Consiglio dei Ministri, del quale il sultano Qabous Ibn Taymour è presidente effettivo dopo il colpo di Stato contro suo padre del 1970, realizzato con l’aiuto dei Britannici e dei Giordani. Dopo diversi decenni di potere assoluto, il sultano omanese, gravemente malato (1) e senza discendenti diretti (2), ha posto le basi per la sua successione in un sultanato, la cui posizione geostrategica è essenziale in una regione caratterizzata dalla instabilità e dalla violenza: conflitto in Yemen, rivolte sciite in Bahreïn, tensioni tra Arabia Saudita e Iran, e tra l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti, senza dimenticare l’embargo imposto al Qatar, ecc.
Il sultano Qabous è riuscito, durante il suo regno, a trasformare un paese arretrato e medioevale in un’oasi di stabilità e modernità, appoggiandosi – tra gli altri – agli ex ribelli marxisti della provincia del Dhofar. Sul piano regionale, è stato riconosciuto come un mediatore di fiducia, grazie alla sua positiva neutralità nei conflitti, dovuta alla sua appartenenza alla terza scuola dell’islam, chiamata Ibadismo (3). La sua saggezza ha fatto dell’Oman un intermediario imprescindibile in tutti i negoziati per attenuare le tensioni in Medio oriente e nel Maghreb, e dell’Ibadismo una terza via. Il sultanato ha svolto soprattutto un ruolo decisivo influenzando gli Ibaditi libici durante la « primavera araba » e anche durante i tragici avvenimenti di Ghardaïa, in Algeria (2014).
Una strana procedura di successione
Il decreto di nomina di Asaad Ibn Tarek (63 anni) spiega che questa importante decisione reale è dettata dall’interesse generale della nazione omanese. Da notare che il Principe ereditario è più giovane dell’altro candidato alla successione, Fahd Ben Mahmoud Al-Saïd, fino ad oggi vice presidente del Consiglio dei Ministri, intelligentemente rimosso con questo decreto reale a causa del suo matrimonio con una cittadina francese e del suo essere lontano cugino del sovrano Qabous.
In caso di vacanza di potere, la costituzione del paese prevede il processo di successione agli articoli 5 e 6. Si tratta di una procedura giuridica, unica e complessa, che stabilisce che il Consiglio della famiglia reale degli Al-Boussaidi – dinastia regnante dal 1749 – dovrà scegliere il sultano tra cinque candidati potenziali, compresi i tre fratelli e tutti i cugini del sultano. A tal uopo, la costituzione omanese, adottata nel 1996, prevede che, se il Consiglio di famiglia non riesca nello spazio di tre giorni a designare un nome consensuale come successore, è allora il Consiglio della Difesa nazionale, composta da ufficiali dell’esercito, dal presidente della Corte Suprema e dai presidenti delle due Camere, che risolverà la questione costituzionale aprendo la busta magica, sigillata personalmente dal sultano, contenente il suo testamento segreto nascosto in due diversi luoghi segreti del paese. Malgrado le incertezze legate a questa strana procedura, pensiamo che, salvo sorprese, il prossimo sultano dell’Oman sarà Asaad Ibn Tarek o suo figlio Taymour Ben Asaad.
Le ragioni per le quali si è scelto questo cugino di Qabous sono varie. Prima di tutto, ha una rimarchevole esperienza militare. Viene dalla prestigiosa Accademia militare di Sandhurst (Regno Unito) ed è stato generale del corpo dei blindati, concepito dagli Inglesi come una forza di élite e scudo del regime. Nel 2002, inoltre, è stato nominato ministro degli Esteri e Rappresentante speciale del Sultano. In tale veste ha giocato un ruolo attivo in diversi conflitti regionali e internazionali. E’ diventato il diplomatico discreto e insostituibile incaricato dei rapporti di Oman con tutti gli Stati esteri. Il suo attivismo diplomatico ha portato ad un avvicinamento all’Occidente, soprattutto agli USA, in particolare per la sua mediazione riuscita nello spinoso dossier del nucleare iraniano. Tutti i fattori oggettivi fanno di lui l’uomo della situazione dopo la morte prossima del sultano Qabous.
Tuttavia, molti osservatori statunitensi ed israeliani, che seguono da vicino la situazione politica, economica e sociale di Oman, pensano che la popolazione del sultanato sia inquieta e preoccupata per l’assenza di successori diretti e per la procedura di successione ritenuta pericolosa e complessa. Noi non condividiamo questa analisi. Infatti gli Omanesi sanno che il loro sultano ha attentamente preparato la sua successione, fin dal 2002.
Consapevoli delle sfide estere che minacciano il sultanato, Qabous ha organizzato una strategia di transizione discreta sulla quale ha ottenuto il consenso dei membri della sua famiglia, dei capi delle tribù, degli ufficiali dell’esercito, degli uomini d’affari e dei religiosi ibaditi. Ha fatto approvare dalla famiglia reale la scelta della candidatura di Assaad Ibn Tarek, cugino del monarca, e di suo figlio Taymour Ben Asaad (36 anni), presentandoli come i pilastri del sultanato. Queste candidature hanno ottenuto anche l’avallo degli attori stranieri (Stati Uniti e Regno Unito che dispongono di basi militari e truppe sul territorio del sultanato). Quindi la transizione è già avviata nel silenzio generale. La scelta consensuale di Asaad Ibn Tarek, militare di carriera convertito alla diplomazia e agli affari, è una garanzia politica per gli Omanesi e i loro alleati occidentali. Molti Omanesi si aspettano quindi una transizione tranquilla.
Un sultanato indebolito e minacciato
Gli Omanesi sono piuttosto preoccupati dalle mire di altri attori regionali sul sultanato. Le potenze in competizione nella zona sarebbero già in azione. L’incertezza del futuro, propagata tra la popolazione del sultanato, non è innocente. Viene generalmente alimentata dai grandi media finanziati dagli Iraniani o dai paesi del Golfo (4). L’obiettivo recondito della propaganda dei diversi competitori mira a influenzare la successione in loro favore. Questa ingerenza subdola negli affari interni del sultanato provoca talvolta manifestazioni popolari violente. Si osserva anche con inquietudine la massiccia presenza di elementi di Al Qaeda e di Daesh sulla frontiera con lo Yemen (province di Moukala e dell’Hadramaout). Ciò rappresenta una vera minaccia per la sicurezza e la stabilità del sultanato, come anche la possibilità di un conflitto esplicito tra i Sauditi e gli Iraniani, che potrebbe rapidamente incendiare tutta la regione.
L’altra importante sfida con cui deve confrontarsi il sultanato è la crisi economica che lo colpisce in pieno e spinge la popolazione a manifestare dal 2011. La caduta dei prezzi del petrolio, che costituisce la principale ricchezza del paese, ha avuto conseguenze negative sul potere di acquisto della popolazione la cui maggioranza ha meno di 25 anni. Ciò spiega le frustrazioni socioeconomiche nella gestione dello Stato.
Le manifestazioni del 2017 hanno evidenziato le vere ragioni del malcontento popolare, presentate da qualcuno come una risposta al tradimento del governo omanese che non rispetterebbe gli impegni assunti (5). Si è trattato di una reazione all’aumento del prezzo del carburante del 75%, dopo una revisione del contributo statale alla Cassa di compensazione. Questo aumento, in un paese produttore di petrolio (6) ha portato con sé una serie di altri aumenti vertiginosi soprattutto del prezzo dell’acqua, dell’ elettricità e di altri prodotti di prima necessità.
Nella difficile situazione che attraversa il sultanato, non è nemmeno del tutto da escludere che queste agitazioni sociali siano teleguidate da coloro che non hanno apprezzato la scelta di Asaad Ibn Tarek come successore di suo cugino Qabous e dai sostenitori esteri di questi ultimi.
In ogni caso la principale sfida che il governo omanese deve affrontare è il mantenimento dell’equilibrio di bilancio. Esso si fonda sull’ipotesi molto ottimistica di un prezzo del petrolio di 80 dollari al barile. E dunque nessun equilibrio si può avere con un prezzo che non supera i 45 dollari e una riserva modesta di divise straniere. I decisori omanesi sono dunque costretti a porre mano a riforme economiche impopolari, come l’aumento di imposte e tasse, la privatizzazione di settori strategici e il debito estero. Questa situazione complica il processo politico in corso.
Dunque il sultanato è costretto ad aprire la sua economia agli investimenti iraniani, ad autorizzare la realizzazione di un gasdotto tra Teheran e Mascate e la delocalizzazione dell’industria automobilistica iraniana. Progetta anche di sviluppare il turismo, grazie all’esperienza di Francesi e Britannici. Altri attori regionali (India e Pakistan), che hanno consolidate relazioni con Oman, avranno anche loro qualcosa di dire nel futuro sviluppo dell’economia del sultanato.
Conclusioni
Durante il regno e per impulso di Qabous, nel sultanato di Oman si è realizzata una rivoluzione ideologica e religiosa silenziosa (l’Ibadismo) che lo ha protetto dalle derive islamiste dei paesi vicini (come il wahhabismo in Arabia saudita). E’ sa notarsi d’altronde che il sultanato non è mai risultato coinvolto, nemmeno lontanamente, negli avvenimenti terroristi che hanno recentemente scosso il mondo. Però questa rivoluzione, che è rimasta molto dipendente dalla rendita petrolifera, non ha paradossalmente prodotto una modernizzazione economica e industriale. Quindi, con la malattia del sultano Qabous, il paese si trova indebolito e preda delle bramosie dei suoi vicini più prossimi.
Note:
(1) E’ in agonia in Germania per un cancro al colon
(2) Né fratelli, né figli, giacché contrariamente ai costumi beduini il sultano è rimasto celibe
(3) Discende dai Kharigiti, che furono combattuti e perseguitati dagli Omayyadi e dagli Abbasidi e si rifugiarono in Oman nel VII secolo. La loro dottrina, messa ai margini per secoli, si situa nel prolungamento storico del conflitto religioso tra la maggioranza sunnita e gli sciiti. Gli Ibaditi, tuttora perseguitati fuori dall’Oman, sono noti per la loro diffidenza e la loro cultura del segreto nei confronti dei mondi sunnita e sciita
(4) I Sauditi rimproverano sempre agli Omanesi i loro importanti rapporti politici ed economici con l’Iran, a detrimento del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG)
(5) Contratto sociale non scritto varato dal sultano Qabous nel 1972 in base al quale lo Stato si impegna a garantire buone condizioni di vita al popolo, in cambio del mantenimento del sistema politico istituito nel 1970
(6) Oman, che non è membro dell’OPEP, esporta un milione di barili/giorno verso il Giappone e la Cina