Dichiarazione Balfour, la violenza del testo
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Le schede di ossin, novembre 2017 - Un secolo fa, la lettera del ministro degli esteri britannico, Lord Balfour, al dirigente sionista Lord Rothschild, la Dichiarazione di Balfour, segnava l’avvio della conquista coloniale sionista della Palestina araba (nella foto, la naqba: i Palestinesi cacciati dalla Palestina)
Oumma, 1° novembre 2017 (trad. ossin)
Dichiarazione Balfour, la violenza del testo
Bruno Guigue
Un secolo fa, la lettera del ministro degli esteri britannico, Lord Balfour, al dirigente sionista Lord Rothschild, la Dichiarazione di Balfour, segnava l’avvio della conquista coloniale sionista della Palestina araba
Leggere ogni tanto il Figaro consente talvolta di trovare qualche perla! Cito : “La Dichiarazione Balfour è uno dei documenti diplomatici più importanti della storia del Medio oriente del XX secolo: la promessa di un focolare nazionale ebraico in Palestina; il sionismo politico ottiene una garanzia giuridica internazionale” (Véronique Laroche-Signorile, 31/10). Ecco quello che è forte, addirittura fortissimo. Far passare la Dichiarazione Balfour per una “garanzia giuridica internazionale” è davvero un exploit concettuale.
Firmata il 2 novembre 1917, questa dichiarazione era una lettera del ministro degli affari esteri britannico, Lord Balfour, indirizzata al dirigente sionista Lord Rothschild. Che cosa dice? “Il governo di Sua Maestà auspica l'insediamento in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e farà ogni sforzo per facilitare la realizzazione di questo obiettivo, restando chiaramente inteso che non sarà fatto nulla per pregiudicare i diritti civili e religiosi delle collettività non ebraiche presenti in Palestina, né i diritti e lo status politico di cui godono gli Ebrei in ogni altro paese”.
Per Londra, questo testo perseguiva un duplice obiettivo. La Prima Guerra Mondiale era nella sua fase più acuta, e si trattava di guadagnare all’Intesa la simpatia dell’opinione ebraica mondiale. Deponendo questo dono ai piedi del movimento sionista, si contava di ottenere l’appoggio entusiasta degli ebrei statunitensi. Ma non è tutto. Sponsorizzato dall’Impero britannico, l’insediamento nazionale ebraico doveva diventarne il bastione avanzato nel cuore del Medio oriente. La Dichiarazione Balfour, in realtà, è un atto unilaterale, espressione della politica imperiale britannica.
E’ per questo che essa non offriva alcuna “garanzia giuridica internazionale” a nessuno. Definire le cose in modo improprio impedisce di comprenderle, e infatti fu esattamente il contrario. Stringendo un’alleanza tra l’Impero e un movimento nazionalista europeo intriso di ambizioni coloniali, la lettera di Balfour è precisamente la negazione di qualsiasi garanzia legale internazionale. Essa mette a verbale la sottrazione ai proprietari legittimi di una terra che viene offerta alla predazione sionista, in violazione del diritto dei popoli di disporre di se stessi. La Dichiarazione Balfour è lo stupro coloniale della Palestina araba, e nient’altro.
Come dice lo scrittore sionista Arthur Koestler, “una nazione ha offerto a un’altra nazione il territorio di una terza”. L’insediamento nazionale ebraico è fiorito grazie a questa prevaricazione, e la violenza della conquista sionista si trova ad essere legittimata in nome di una “missione civilizzatrice” della quale l’occupante britannico (1922-1947) ha osato approfittare senza vergogna. Al cuore della Dichiarazione Balfour è il colonialismo europeo nella sua deplorevole banalità. Essa distingue infatti tra due popoli che non si trovano nella stessa barca. Il primo si vede riconoscere dei diritti politici, mentre il secondo (90% degli abitanti) viene spazzato via con un tratto di penna. Il primo è un soggetto, il secondo un semplice oggetto.
Certo, si riconoscono alle “collettività non ebraiche” dei “diritti civili e religiosi”. Ma questo riconoscimento viene fatto in vuoto e per difetto. Per definirlo si ricorre alla negazione. Si parla di “popolazioni non ebraiche”, e non di popolazioni arabe. Il testo le priva di qualsiasi esistenza positiva, li tratta come soprannumerari che vengono esclusi dal beneficio dell’autodeterminazione. Perché i “diritti civili e religiosi” non sono “diritti politici”, ma diritti relativi al proprio status personale e all’esercizio del culto. Che gli Arabi conservino pure i loro costumi, dal momento che non ostacolano la marcia del popolo ebraico verso la sovranità!
Contro i Palestinesi, la Dichiarazione Balfour ha esercitato una violenza simbolica di lunga portata. Essa sigillò l’alleanza tra un movimento nazionalista che voleva “una Palestina tanto ebraica quanto l’Inghilterra è inglese” (Haïm Weizmann) e un Impero egemonico che intendeva restare tale. L’Impero si è dissolto, ma il sionismo si è imposto con la forza. Privandoli dei diritti politici, Balfour ha trasformato gli autoctoni in residenti di seconda categoria, ne ha fatto stranieri nel loro stesso paese. La violenza del testo coloniale ha continuato ad avere effetti negativi lungo un intero secolo, culminati col tentativo di cancellazione (di un popolo e di una identità) che solo la resistenza del popolo palestinese è riuscita a far fallire.