Svelata la guerra segreta di Israele contro la Corte penale internazionale
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La guerra in Medio Oriente, 1°giugno 2024 - Un'inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, in collaborazione col sito israelo-palestinese +972 e la rivista in lingua ebraica Local Call, ha rivelato i sorditi dettagli dello spionaggio israeliano nei confronti della Corte Penale Internazionale. Israele è, oggi più che mai, il peggior Stato canaglia...
The Guardian, 28 maggio 2024 (trad.ossin)
Svelata la guerra segreta di Israele contro la Corte penale internazionale
Harry Davies , Bethan McKernan e Yuval Abraham da Gerusalemme e Meron Rapoport da Tel Aviv
Esclusivo: l'inchiesta rivela come le agenzie di intelligence abbiano cercato di bloccare il procedimento giudiziario per crimini di guerra, e l’interesse ossessivo di Netanyahu per quanto emergeva dalle comunicazioni intercettate
Benjamin Netanyahu (a sinistra) si è molto impegnato nelle operazioni di intelligence contro la Corte penale internazionale e il suo procuratore capo, Karim Khan. Composizione: Guardian Design/Getty
Quando il procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI) ha annunciato la sua richiesta di mandati di arresto contro i leader israeliani e di Hamas, ha lanciato un avvertimento criptico: “Insisto sul fatto che tutti i tentativi di ostacolare, intimidire o influenzare impropriamente i funzionari di questa Corte devono cessare immediatamente".
Karim Khan non ha fornito dettagli sui tentativi di influenzare il lavoro della Corte penale internazionale, ma ha sottolineato che un'articolo del suo trattato istitutivo configura come un reato qualsiasi interferenza di questo tipo. Se simili iniziative dovessero continuare, ha aggiunto, “il mio ufficio non esiterà ad agire”.
Il pubblico ministero non ha detto chi aveva tentato di interferire, né in che modo.
Ora, un’inchiesta del Guardian e delle riviste israeliane +972 e Local Call rivela come Israele abbia condotto una “guerra” segreta quasi decennale contro la Corte. Lo Stato ebraico ha mobilitato le sue agenzie di intelligence per sorvegliare, hackerare, fare pressioni, diffamare e presumibilmente minacciare i funzionari di livello superiore della Corte penale internazionale, nel tentativo di bloccare le indagini su Israele.
L’intelligence israeliana ha intercettato le comunicazioni di numerosi funzionari della Corte penale internazionale, tra cui Khan e il suo predecessore, Fatou Bensouda, controllandone telefonate, messaggi, e-mail e documenti.
La sorveglianza è continuata negli ultimi mesi, fornendo al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu una conoscenza anticipata delle intenzioni del pubblico ministero. Una recente comunicazione intercettata faceva intendere che Khan volesse emettere mandati di arresto contro israeliani, ma fosse sotto “tremende pressioni da parte degli Stati Uniti”, secondo una fonte a conoscenza del suo contenuto.
Karim Khan. La sorveglianza è continuata negli ultimi mesi, fornendo a Netanyahu una conoscenza anticipata delle intenzioni di Khan. Fotografia: Luis Acosta/AFP/Getty Images
Anche Bensouda, che in qualità di procuratore capo aveva avviato le indagini della Corte penale internazionale nel 2021, quelle stesse sfociate nell’annunzio della scorsa settimana, era stata spiata e presumibilmente minacciata.
Netanyahu si è molto impegnato nelle operazioni di intelligence contro la Corte penale internazionale ed è stato descritto da una fonte come “ossessionato” dalle intercettazioni sul caso. Sotto la supervisione dei suoi consiglieri per la sicurezza nazionale, l’attività di spionaggio è stata messa in atto dalla agenzia di spionaggio nazionale, lo Shin Bet, dalla direzione dell'intelligence militare, Aman, e dalla divisione di cyber-intelligence, Unità 8200. Le informazioni raccolte attraverso le intercettazioni sono state, dicono le fonti, trasmesse ai ministeri della giustizia, degli affari esteri e degli affari strategici.
Un'operazione segreta contro Bensouda, rivelata martedì dal Guardian, è stata condotta personalmente dallo stretto alleato di Netanyahu, Yossi Cohen, che all'epoca era il direttore dell'agenzia di intelligence israeliana per l’estero, il Mossad. Ad un certo punto, il capo dello spionaggio si avvalse addirittura dell’aiuto dell’allora presidente della Repubblica Democratica del Congo, Joseph Kabila.
I dettagli della campagna israeliana durata nove anni per contrastare l'indagine della CPI sono stati scoperti dal Guardian, da una pubblicazione israelo-palestinese +972 Magazine e da Local Call, un giornale in lingua ebraica.
L'inchiesta congiunta è stata realizzata attraverso interviste a più di due dozzine di attuali ed ex ufficiali dell'intelligence israeliana e funzionari governativi, figure di alto livello della CPI, diplomatici e avvocati che hanno familiarità con il caso della CPI e con i tentativi israeliani di bloccarne l’attività.
Contattato dal Guardian, un portavoce della Corte penale internazionale ha affermato di essere a conoscenza di "attività proattive di raccolta di informazioni intraprese da un certo numero di agenzie nazionali ostili alla Corte". Ha affermato che la Corte penale internazionale sta continuamente implementando contromisure contro tali attività e che "nessuno dei recenti attacchi contro di essa da parte delle agenzie di intelligence nazionali" è riuscito a raggiungere il nucleo delle prove raccolte, che è rimasto al sicuro.
Un portavoce dell'ufficio del primo ministro israeliano ha detto: "Le domande che ci sono state rivolte sono piene di molte accuse false e infondate, capaci di danneggiare lo Stato di Israele". Un portavoce militare ha aggiunto: “L’IDF [le Forze di Difesa Israeliane] non hanno condotto e non conducono operazioni di sorveglianza o altre operazioni di intelligence contro la CPI”.
Da quando è stata istituita nel 2002, la Corte penale internazionale è stata il tribunale permanente di ultima istanza per il perseguimento di individui accusati di alcune delle peggiori atrocità del mondo. Ha accusato l'ex presidente sudanese Omar al-Bashir, il defunto presidente libico Muammar Gheddafi e, più recentemente, il presidente russo Vladimir Putin.
La decisione di Khan di chiedere mandati contro Netanyahu e il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, insieme ai leader di Hamas implicati nell'attacco del 7 ottobre, costituisce la prima volta che un procuratore della CPI ha chiesto mandati di arresto contro il leader di uno stretto alleato occidentale.
Palestinesi sfollati che raccolgono acqua in un quartiere di Khan Younis, nel sud di Gaza, che è stato devastato dagli attacchi aerei israeliani. Fotografia: Eyad Baba/AFP/Getty Images
Le accuse di crimini di guerra e crimini contro l'umanità che Khan ha rivolto a Netanyahu e Gallant si riferiscono tutte alla guerra di otto mesi di Israele a Gaza, che secondo l'autorità sanitaria locale ha ucciso più di 35.000 persone.
Ma le indagini della CPI sono in corso da un decennio, e sono procedute lentamente suscitando crescenti allarmi tra i funzionari israeliani sulla possibilità dell’emissione di mandati di arresto, che impedirebbero agli accusati di recarsi in uno qualsiasi dei 124 stati membri della Corte per paura di essere arrestati.
È proprio l’aggirarsi di questo spettro di procedimenti giudiziari all’Aja che, secondo un ex funzionario dell’intelligence israeliana, ha portato “l’intero establishment militare e politico” a considerare la controffensiva contro la Corte penale internazionale “come una guerra che doveva essere intrapresa, perché Israele aveva bisogno di essere difeso. È stata descritta in termini militari”.
Questa “guerra” è iniziata nel gennaio 2015, quando è stato confermato che la Palestina avrebbe aderito alla Corte dopo essere stata riconosciuta come Stato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite. La sua adesione è stata condannata dai funzionari israeliani come una forma di “terrorismo diplomatico”.
Un ex funzionario della difesa che ha familiarità con le operazioni israeliane contro la Corte penale internazionale ha detto che l'adesione alla Corte è stata “percepita come il superamento di una linea rossa”, e “forse la mossa diplomatica più aggressiva” intrapresa dall'Autorità Palestinese che governa la Cisgiordania. “Essere riconosciuto come Stato all’ONU passi”, hanno aggiunto. “Ma la Corte penale internazionale è un meccanismo con i denti”.
Una minaccia consegnata a mano
Per Fatou Bensouda, una rispettata avvocatessa gambiana eletta procuratrice capo della Corte penale internazionale nel 2012, l’adesione della Palestina alla Corte ha portato con sé una decisione epocale. Secondo lo Statuto di Roma, il trattato che ha istituito la Corte, la Corte penale internazionale può esercitare la sua giurisdizione solo sui crimini commessi all’interno degli Stati membri o commessi da cittadini di quegli Stati.
Israele, come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, non ne è membro. Dopo l'accettazione della Palestina come membro della Corte penale internazionale, qualsiasi presunto crimine di guerra – commesso da persone di qualsiasi nazionalità – nei territori palestinesi occupati ricadeva ora sotto la giurisdizione di Bensouda.
Il 16 gennaio 2015, poche settimane dopo l’adesione della Palestina, Bensouda ha avviato un esame preliminare su quella che nel linguaggio legale della Corte veniva chiamata “la situazione in Palestina”. Il mese successivo, due uomini che erano riusciti a ottenere l'indirizzo privato del pubblico ministero si presentarono a casa sua all'Aia.
Fonti a conoscenza dell'incidente hanno detto che gli uomini hanno rifiutato di identificarsi al loro arrivo, ma hanno detto che volevano consegnare a mano una lettera a Bensouda a nome di una donna tedesca sconosciuta che voleva ringraziarla. La busta conteneva centinaia di dollari in contanti e un biglietto con un numero di telefono israeliano.
Fonti informate hanno affermato che, sebbene non sia stato possibile identificare gli uomini, o accertare pienamente le ragioni del loro agire, si è ritenuto che la spiegazione più plausibile fosse che Israele aveva voluto avvertire il pubblico ministero che sapeva dove viveva. L'ICC ha denunciato l'incidente alle autorità olandesi e ha messo in atto ulteriori misure di sicurezza, installando telecamere a circuito chiuso nell’abitazione.
L'indagine preliminare della CPI nei territori palestinesi era uno dei tanti dossier sul tavolo della Corte che si trovavano nella fase degli accertamenti preliminari. Bensouda all’epoca si occupava anche di altre nove indagini complete, compresi eventi nella RDC, in Kenya e nella regione del Darfur in Sudan.
I funzionari dell'ufficio del pubblico ministero ritennero che il tribunale fosse vulnerabile all'attività di spionaggio e adottarono misure di contro-sorveglianza per proteggere le loro indagini riservate.
In Israele, il consiglio di sicurezza nazionale (NSC) del primo ministro adottò una contromossa, coinvolgendo le sue agenzie di intelligence. Netanyahu e alcuni dei generali e dei capi dello spionaggio che autorizzarono l’operazione avevano un interesse personale al buon esito di essa.
A differenza della Corte internazionale di giustizia (ICJ), un organismo delle Nazioni Unite che si occupa della responsabilità legale degli Stati nazionali, la CPI è un tribunale penale che persegue gli individui, prendendo di mira coloro ritenuti maggiormente responsabili delle atrocità.
Diverse fonti israeliane hanno affermato che la leadership dell'IDF voleva che anche l'intelligence militare collaborasse alle attività, poste in essere da altre agenzie di spionaggio, dirette a proteggere gli alti ufficiali dalle accuse. "Ci è stato detto che gli alti ufficiali hanno paura di accettare incarichi in Cisgiordania perché hanno paura di essere perseguiti all'Aia", ha ricordato una fonte.
Due funzionari dell'intelligence impegnati nelle operazioni di intercettazioni della CPI hanno affermato che l'ufficio del primo ministro ha mostrato un vivo interesse per il loro lavoro. L'ufficio di Netanyahu, hanno detto, ha segnalato “aree di interesse” e “istruzioni” concernenti il monitoraggio dei funzionari della Corte. Un altro ha descritto il primo ministro come “ossessionato” dalle intercettazioni che fornivano notizie sulle attività della Corte penale internazionale.
E-mail hackerate e chiamate monitorate
Cinque fonti che hanno familiarità con le attività dell'intelligence israeliana hanno affermato che quest'ultima spiava abitualmente le conversazioni che intercorrevano tra Bensouda e il suo staff con i Palestinesi. Impedita da Israele di accedere a Gaza e alla Cisgiordania, compreso Gerusalemme Est, la Corte penale internazionale è stata costretta a condurre gran parte delle sue ricerche per telefono, il che l’ha resa più vulnerabile alla sorveglianza.
Grazie al loro completo controllo delle infrastrutture delle telecomunicazioni palestinesi, dicono le fonti, gli agenti dell'intelligence erano in grado di intercettare le chiamate senza installare spyware sui dispositivi del funzionario della CPI.
“Quando Fatou Bensouda parlava con qualcuno in Cisgiordania o a Gaza, quella telefonata entrava nei sistemi [di intercettazione]”, ha detto una fonte. Un altro ha detto che non c’è stata alcuna esitazione interna a spiare il pubblico ministero, aggiungendo: “Bensouda è nera e africana, quindi chi se ne frega?”
Il sistema di sorveglianza non ha intercettato le chiamate tra i funzionari della CPI e coloro che si trovavano al di fuori della Palestina. Tuttavia, diverse fonti hanno affermato che il sistema prevedeva la selezione automatica dei numeri di telefono intercontinentali dei funzionari della CPI le cui chiamate le agenzie di intelligence israeliane decidevano di ascoltare.
Secondo una fonte israeliana, una grande lavagna in un dipartimento di intelligence israeliano conteneva i nomi di circa 60 persone sotto sorveglianza – metà delle quali palestinesi e metà provenienti da altri paesi, compresi funzionari delle Nazioni Unite e personale della Corte penale internazionale.
All’Aia, Bensouda e il suo staff sono stati allertati dai consiglieri per la sicurezza e tramite canali diplomatici che Israele stava monitorando il loro lavoro. Un ex alto funzionario della CPI ha ricordato: “Siamo stati informati che stavano cercando di ottenere informazioni su dove eravamo giunti con l’esame preliminare”.
I funzionari sono inoltre venuti a conoscenza di minacce specifiche contro un’importante ONG palestinese, Al-Haq, che era uno dei numerosi gruppi palestinesi per i diritti umani che fornivano informazioni alla CPI, spesso in lunghi documenti che dettagliavano gli incidenti che chiedeva venissero presi in considerazione dal pubblico ministero. L’Autorità Palestinese ha presentato dossier simili.
Tali documenti spesso contenevano informazioni sensibili come le testimonianze di potenziali testimoni. Si ritiene inoltre che le dichiarazioni di Al-Haq abbiano indicato precise responsabilità, in ordine a reati di competenza della Corte, di alti funzionari, inclusi capi dell'IDF, direttori dello Shin Bet e ministri della difesa come Benny Gantz.
Dopo che la Corte penale internazionale ebbe avviato un’indagine completa sul caso Palestina, Gantz designò Al-Haq e altri cinque gruppi per i diritti dei Palestinesi come “organizzazioni terroristiche”, giudizio non condiviso da diversi Stati europei ma poi recepito, senza prove, dalla CIA. Le organizzazioni hanno affermato che tali designazioni costituivano un “attacco mirato” a coloro che sono più attivamente impegnati nella collaborazione con la Corte penale internazionale.
Secondo diversi attuali ed ex funzionari dell’intelligence, le squadre militari di cyber-offensiva e lo Shin Bet hanno entrambi monitorato sistematicamente i dipendenti delle ONG palestinesi e dell’Autorità Palestinese che stavano collaborando con la CPI. Due fonti dell'intelligence hanno raccontato come agenti israeliani siano entrati nelle e-mail di Al-Haq e di altri gruppi che comunicavano con l'ufficio di Bensouda.
Una delle fonti ha affermato che lo Shin Bet ha persino installato lo spyware Pegasus, sviluppato dal settore privato NSO Group, sui telefoni di diversi dipendenti di ONG palestinesi, nonché di due alti funzionari dell'Autorità Palestinese.
Tenere sotto controllo i documenti palestinesi presentati all'inchiesta della CPI era considerato parte del mandato dello Shin Bet, ma alcuni funzionari dell'esercito erano preoccupati che lo spionaggio di un'entità civile straniera oltrepassasse i limiti, poiché aveva poco a che fare con le operazioni militari.
“Non ha niente a che fare con Hamas, non ha niente a che fare con la stabilità in Cisgiordania”, ha detto una fonte militare riguardo alla sorveglianza della CPI. Un altro ha aggiunto: “Abbiamo usato le nostre risorse per spiare Fatou Bensouda – questo non è qualcosa di legittimo da fare come intelligence militare”.
Incontri segreti con la CPI
Legittima o meno, la sorveglianza della Corte penale internazionale e dei Palestinesi che chiedevano l'avvio di procedimenti giudiziari contro gli israeliani ha fornito al governo israeliano una posizione di vantaggio in un canale segreto che aveva aperto con l'ufficio del pubblico ministero.
Gli incontri di Israele con la Corte penale internazionale furono estremamente delicati: se resi pubblici, avrebbero potuto minare la posizione ufficiale del governo, che non riconosceva l'autorità della Corte.
Secondo sei fonti a conoscenza degli incontri, essi hanno visto impegnata una delegazione di importanti avvocati e diplomatici governativi che si sono recati all'Aia. Due delle fonti hanno affermato che gli incontri sono stati autorizzati da Netanyahu.
La delegazione israeliana era stata selezionata dal ministero della Giustizia, dal ministero degli Esteri e dall'ufficio dell'avvocato generale militare. Gli incontri si sono svolti tra il 2017 e il 2019 e sono stati guidati dall’eminente avvocato e diplomatico israeliano Tal Becker.
“All’inizio c’era tensione”, ha ricordato un ex funzionario della CPI. “Entravamo nei dettagli di incidenti specifici. Dicevamo: ‘Riceviamo accuse su questi attacchi, questi omicidi’ e loro ci fornivano informazioni".
Una persona con conoscenza diretta di come Israele preparava questi incontri segreti ha detto che ai funzionari del ministero della Giustizia sono state fornite informazioni di intelligence raccolte dalle intercettazioni, prima che le delegazioni arrivassero all'Aia. "Gli avvocati che si sono occupati della questione presso il Ministero della Giustizia avevano una grande sete di informazioni di intelligence", hanno detto.
Per gli israeliani, gli incontri segreti, sebbene delicati, hanno rappresentato un'opportunità unica per presentare direttamente argomenti legali che mettevano in discussione la giurisdizione del pubblico ministero sui territori palestinesi.
Hanno anche cercato di convincere il pubblico ministero che, nonostante il carattere assai discutibile delle indagini avviate dall'esercito israeliano sugli illeciti commessi dai suoi uomini, esso dispone di solide procedure per poter provvedere da solo alla punizione dei responsabili di illeciti.
Questa era una questione critica per Israele. Un principio fondamentale della Corte penale internazionale, quello di complementarità, impedisce al pubblico ministero di indagare o processare individui se sono oggetto di indagini credibili a livello statale o di procedimenti penali.
Agli uomini impegnati nella sorveglianza della Corte è stato impartito l’ordine di scoprire quali episodi specifici avrebbero potuto rientrare nel procedimento avviato dalla CPI, hanno detto diverse fonti, al fine di consentire agli organi investigativi israeliani di “aprire indagini retroattivamente” sui medesimi fatti.
"Dovevamo capire esattamente quali episodi sarebbero stati portati alla Corte penale internazionale, per fare in modo che l'IDF avviasse delle inchieste indipendenti su di essi, così da poter invocare la complementarità", ha spiegato una fonte.
Gli incontri segreti di Israele con la Corte penale internazionale si sono conclusi nel dicembre 2019, quando Bensouda, annunciando la fine del suo esame preliminare, ha affermato di ritenere che esistesse una “base ragionevole” per concludere che sia Israele che i gruppi armati palestinesi avevano commesso crimini di guerra nei territori occupati.
È stata una battuta d'arresto significativa per i leader israeliani, anche se avrebbe potuto andare peggio. Con una mossa che alcuni nel governo considerarono un parziale successo dell’attività di lobbying di Israele, Bensouda si fermò prima di avviare un'indagine formale.
Infatti, ha annunciato che avrebbe chiesto a un collegio di giudici della CPI di pronunciarsi sulla controversa questione della giurisdizione della Corte sui territori palestinesi, a causa di “questioni legali e fattuali uniche e altamente controverse”.
Però Bensouda ha anche chiarito che era disposta ad aprire un’indagine completa se i giudici le avessero dato il via libera. È stato in questo contesto che Israele ha intensificato la sua campagna contro la Corte penale internazionale e si è rivolto al suo principale capo dello spionaggio per alzare la pressione su Bensouda personalmente.
Minacce personali e una “campagna diffamatoria”
Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2021, mentre la camera preliminare esaminava le questioni giurisdizionali, il direttore del Mossad, Yossi Cohen, intensificò i suoi sforzi per convincere Bensouda a non procedere con le indagini.
I contatti di Cohen con Bensouda – che sono stati raccontati al Guardian da quattro persone informate appartenenti all’entourage del pubblico ministero, nonché da fonti informate sull'operazione del Mossad – erano iniziati diversi anni prima.
In uno dei primi incontri, Cohen sorprese Bensouda quando fece un'apparizione inaspettata a un incontro ufficiale che il pubblico ministero stava tenendo con l'allora presidente della RDC, Joseph Kabila, in una suite di un albergo di New York.
Fonti informate hanno detto che venne dapprima chiesto allo staff di Bensouda era stato di lasciare la stanza, e a questo punto il direttore del Mossad è apparso improvvisamente da dietro una porta in un “agguato” la cui coreografia era stata attentamente preparata.
Dopo l'incidente di New York, Cohen ha continuato a contattare il pubblico ministero, presentandosi senza preavviso e sottoponendola a chiamate indesiderate. Sebbene inizialmente amichevole, dicono le fonti, il comportamento di Cohen è diventato sempre più minaccioso e intimidatorio.
All'epoca stretto alleato di Netanyahu, Cohen era un veterano dello spionaggio del Mossad e si era guadagnato una reputazione all'interno del servizio come abile reclutatore di agenti, e molto esperto nel coltivare rapporti con funzionari di alto livello di governi stranieri.
I resoconti dei suoi incontri segreti con Bensouda segnalano ch’egli intendesse “costruire un rapporto” con il pubblico ministero, mentre tentava di dissuaderla dal portare avanti un’indagine che avrebbe potuto coinvolgere alti funzionari israeliani.
Tre fonti informate sulle attività di Cohen hanno affermato di aver appreso che il capo dello spionaggio aveva cercato di reclutare Bensouda per soddisfare le richieste di Israele durante il periodo in cui era in attesa della decisione della camera preliminare.
Hanno detto che è diventato più minaccioso dopo aver iniziato a rendersi conto che il pubblico ministero non si sarebbe lasciato convincere ad abbandonare le indagini. Ad un certo punto, si dice che Cohen abbia fatto commenti sulla sicurezza di Bensouda e minacce sottilmente velate sulle conseguenze per la sua carriera se avesse continuato. Contattati dal Guardian, Cohen e Kabila non hanno risposto alla richiesta di un commento. Bensouda ha opposto il No Comment.
Quando era ancora pubblico ministero, Bensouda ha formalmente rivelato i suoi incontri con Cohen a un piccolo gruppo all'interno della Corte penale internazionale, con l'intenzione di mettere agli atti la sua convinzione di essere stata "minacciata personalmente", hanno detto fonti a conoscenza delle rivelazioni.
Non è questo l'unico modo in cui Israele ha cercato di esercitare pressioni sul pubblico ministero. Più o meno nello stesso periodo, i funzionari della Corte penale internazionale hanno scoperto i dettagli di quella che le fonti hanno descritto come una “campagna diffamatoria” diplomatica, riguardante in parte un membro stretto della famiglia.
Secondo molteplici fonti, il Mossad aveva ottenuto materiale frutto di intercettazioni su un’operazione che avrebbe potuto danneggiare il marito di Bensouda. Le origini del materiale – e se autentico – rimangono poco chiare.
Tuttavia, spezzoni di informazioni sono stati diffusi da Israele tra i funzionari diplomatici occidentali, dicono le fonti, nel tentativo fallito di screditare il procuratore capo. Una persona informata della campagna ha detto che ha avuto poca presa tra i diplomatici e si è ridotto ad un disperato tentativo di “infangare” la reputazione di Bensouda.
La campagna di Trump contro la Corte penale internazionale
Nel marzo 2020, tre mesi dopo che Bensouda aveva deferito il caso Palestina alla camera preliminare, una delegazione del governo israeliano avrebbe discusso a Washington con alti funzionari statunitensi su “un'iniziativa congiunta israelo-statunitense” contro la Corte penale internazionale.
Un funzionario dell’intelligence israeliana ha affermato che consideravano l’amministrazione di Donald Trump più cooperativa di quella del suo predecessore democratico. Gli israeliani si sono sentiti sufficientemente a loro agio da chiedere informazioni all'intelligence statunitense su Bensouda, una richiesta che secondo la fonte sarebbe stata "impossibile" durante il mandato di Barack Obama.
Giorni prima degli incontri a Washington, Bensouda aveva ricevuto l'autorizzazione dai giudici della CPI a condurre un'indagine indipendente sui crimini di guerra in Afghanistan commessi dai talebani e dal personale militare afghano e statunitense.
Temendo che le forze armate statunitensi venissero perseguite, l’amministrazione Trump si è impegnata in una campagna aggressiva contro la Corte penale internazionale, culminata nell’estate del 2020 con l’imposizione di sanzioni economiche statunitensi a Bensouda e a uno dei suoi alti funzionari.
Tra i funzionari della CPI, si credeva che le restrizioni finanziarie e sui visti imposte dagli Stati Uniti al personale giudiziario fossero legate tanto alle indagini sulla Palestina quanto al caso dell’Afghanistan. Due ex funzionari della Corte penale internazionale hanno affermato che alti funzionari israeliani avevano espressamente indicato loro che Israele e gli Stati Uniti stavano lavorando insieme.
In una conferenza stampa nel giugno di quell’anno, alti esponenti dell’amministrazione Trump segnalarono la loro intenzione di imporre sanzioni ai funzionari della CPI, annunciando di aver ricevuto informazioni non specificate su “corruzione finanziaria e illeciti ai più alti livelli dell’ufficio del pubblico ministero”.
Oltre a fare riferimento al caso dell’Afghanistan, Mike Pompeo, segretario di Stato di Trump, ha collegato le misure statunitensi al caso della Palestina. "È chiaro che la Corte penale internazionale sta mettendo Israele nel mirino solo per scopi palesemente politici", ha detto. Mesi dopo, Pompeo accusò Bensouda di “aver compiuto atti di corruzione a suo vantaggio personale”.
Gli Stati Uniti non hanno mai fornito pubblicamente alcuna informazione a sostegno di tale accusa e Joe Biden ha revocato le sanzioni mesi dopo essere entrato alla Casa Bianca.
Ma all’epoca Bensouda dovette affrontare una pressione crescente derivante da un’attività evidentemente concordata dietro le quinte da parte dei due potenti alleati. In quanto cittadina gambiana, non godeva della protezione politica che avevano altri colleghi della CPI provenienti da paesi occidentali. Una ex fonte della Corte penale internazionale ha affermato che ciò l’ha resa “vulnerabile e isolata”.
Le attività di Cohen, dicono le fonti, hanno suscitato gravi preoccupazioni nel pubblico ministero e l'hanno portata a temere per la sua incolumità personale. Quando nel febbraio 2021 la camera preliminare ha finalmente confermato che la Corte penale internazionale aveva giurisdizione in Palestina, alcuni alla Corte penale internazionale credevano addirittura che Bensouda avrebbe dovuto lasciare la decisione finale di aprire un’indagine completa al suo successore.
Il 3 marzo, tuttavia, mesi prima della fine del suo mandato di nove anni, Bensouda ha annunciato un’indagine approfondita sul caso Palestina, avviando un processo che avrebbe potuto portare ad accuse penali, anche se ha avvertito che la fase successiva avrebbe potuto richiedere tempo.
- "Qualsiasi indagine intrapresa dall'ufficio sarà condotta in modo indipendente, imparziale e obiettivo, senza timori o favoritismi", affermò. “Alle vittime palestinesi e israeliane e alle comunità colpite chiediamo pazienza”.
Khan annuncia mandati di arresto
Quando Khan ha assunto la guida dell’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale nel giugno 2021, ha ereditato un’indagine che in seguito ha affermato “è sulla faglia di San Andreas per colpa della politica internazionale e degli interessi strategici”.
Quando è entrato in carica, altre indagini – tra cui eventi nelle Filippine, nella RDC, in Afghanistan e in Bangladesh – hanno distratto la sua attenzione e nel marzo 2022, giorni dopo che la Russia ha lanciato l’invasione dell’Ucraina, ha aperto un’indagine di alto profilo su presunti crimini russi di guerra.
Inizialmente, l'inchiesta politicamente delicata sulla Palestina non è stata trattata come una priorità dalla squadra del procuratore britannico, hanno detto fonti vicine al caso. Uno ha affermato che era in effetti “sullo scaffale” – ma l'ufficio di Khan lo contesta e afferma di aver istituito una squadra investigativa ad hoc per portare avanti l'indagine.
In Israele, i migliori avvocati del governo consideravano Khan – che in precedenza aveva difeso signori della guerra come l'ex presidente liberiano Charles Taylor – come un pubblico ministero più cauto di Bensouda. Un ex alto funzionario israeliano ha affermato che c’era “molto rispetto” per Khan, a differenza del suo predecessore. La sua nomina alla corte era vista come un “motivo di ottimismo”, hanno detto, ma hanno aggiunto che l'attacco del 7 ottobre “ha cambiato le cose”.
L’ attacco di Hamas nel sud di Israele, nel corso del quale i militanti palestinesi hanno ucciso quasi 1.200 israeliani e rapito circa 250 persone, ha ovviamente comportato la commissione di crimini di guerra. Lo stesso vale, secondo molti esperti legali, per il successivo attacco israeliano a Gaza, che si stima abbia ucciso più di 35.000 persone e portato la Striscia sull'orlo della carestia a causa del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele.
Alla fine della terza settimana di bombardamenti israeliani a Gaza, Khan si è recato al valico di frontiera di Rafah. Successivamente si è recato in Cisgiordania e nel sud di Israele, dove è stato invitato a incontrare i sopravvissuti all'attacco del 7 ottobre e i parenti delle persone uccise.
Nel febbraio 2024, Khan ha rilasciato una dichiarazione dai termini forti che i consulenti legali di Netanyahu hanno interpretato come un segnale inquietante. In un post su X, infatti, ha messo in guardia Israele dal lanciare un assalto a Rafah, la città più meridionale di Gaza, dove all'epoca si stavano rifugiando più di un milione di sfollati.
- “Sono molto preoccupato per il bombardamento annunciato e la possibile incursione di terra da parte delle forze israeliane a Rafah”, ha scritto. “Coloro che non rispettano la legge non dovrebbero lamentarsi poi, quando il mio ufficio prenderà provvedimenti”.
I commenti hanno suscitato allarme all’interno del governo israeliano poiché sembravano discostarsi dalle sue precedenti dichiarazioni sulla guerra, che i funzionari avevano considerato caute e rassicuranti. "Quel tweet ci ha sorpreso molto", ha detto un alto funzionario.
Le preoccupazioni in Israele sulle intenzioni di Khan sono aumentate il mese scorso quando il governo ha informato i media che riteneva che il pubblico ministero stesse contemplando mandati di arresto contro Netanyahu e altri alti funzionari come Yoav Gallant.
L'intelligence israeliana aveva intercettato e-mail, allegati e messaggi di testo di Khan e di altri funzionari nel suo ufficio. “La questione della Corte penale internazionale è balzata in cima alla scala delle priorità per l’intelligence israeliana”, ha detto una fonte dell’intelligence.
È stato attraverso le comunicazioni intercettate che Israele ha capito che Khan ad un certo punto stava considerando di entrare a Gaza attraverso l'Egitto e voleva assistenza urgente per farlo “senza il permesso di Israele”.
Un’altra valutazione dell’intelligence israeliana, ampiamente diffusa nella comunità dell’intelligence, si basava sulla comunicazione intercettata tra due politici palestinesi. Uno di loro diceva che Khan aveva segnalato la possibilità di imminenti richieste di mandati di arresto contro i leader israeliani, ma aveva anche avvertito di essere “sotto una tremenda pressione da parte degli Stati Uniti”.
È in questo contesto che Netanyahu ha rilasciato una serie di dichiarazioni pubbliche avvertendo che una richiesta di mandati di arresto poteva essere imminente. Ha invitato “i leader del mondo libero a opporsi fermamente alla Corte penale internazionale” e a “usare tutti i mezzi a loro disposizione per fermare questa mossa pericolosa”.
Ha aggiunto: “Marchiare i leader e i soldati israeliani come criminali di guerra getterà carburante sul fuoco dell’antisemitismo”. A Washington, un gruppo di senatori repubblicani statunitensi di alto livello aveva già inviato una lettera minacciosa a Khan con un chiaro avvertimento: “Prendi di mira Israele e noi prenderemo di mira te”.
La Corte penale internazionale, nel frattempo, ha rafforzato la propria sicurezza con controlli regolari negli uffici della procura, controlli di sicurezza sui dispositivi, aree senza telefono, valutazioni settimanali delle minacce e l'introduzione di attrezzature speciali. Un portavoce della Corte penale internazionale ha detto che l'ufficio di Khan è stato sottoposto a “diversi tipi di minacce e comunicazioni che potrebbero essere viste come tentativi di influenzare indebitamente le sue attività”.
Khan ha recentemente rivelato in un'intervista alla CNN che alcuni leader eletti erano stati "molto schietti" con lui mentre si preparava a emettere mandati di arresto. "'Questo tribunale è costruito per l'Africa e per teppisti come Putin', è stato quello che mi ha detto un alto leader."
Nonostante le pressioni, Khan, come il suo predecessore nell'ufficio del pubblico ministero, ha deciso di andare avanti. La settimana scorsa, Khan ha annunciato che aveva chiesto mandati di arresto per Netanyahu e Gallant insieme a tre leader di Hamas per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Ha detto che il primo ministro e il ministro della difesa israeliani sono stati accusati per lo sterminio, la fame, il rifiuto degli aiuti umanitari e il deliberato attacco ai civili.
In piedi davanti a un leggio con due dei suoi principali procuratori – uno statunitense e l’altro britannico – al suo fianco, Khan ha affermato di aver ripetutamente chiesto a Israele di intraprendere azioni urgenti per rispettare il diritto umanitario.
- “Ho sottolineato in particolare che la fame come metodo di guerra e il rifiuto degli aiuti umanitari costituiscono reati previsti dallo statuto di Roma. Non avrei potuto essere più chiaro", ha detto. “Come ho più volte sottolineato anche nelle mie dichiarazioni pubbliche, chi non rispetta la legge non dovrebbe lamentarsi poi quando il mio ufficio interviene. Quel giorno è arrivato”.
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