Storie di genocidio
Abed è stato ucciso mentre cercava notizie del padre
- Dettagli
- Categoria: Storie di genocidio
- Visite: 2795
Storie di genocidio, 28 maggio 2024 - Diamo un volto alle vittime del genocidio. Non sono solo numeri, sono esseri umani soppressi da una furia sadica che non ha uguali nella storia moderna (nella foto, il piccolo Abed)
The Electronic Intifada, 24 maggio 2024 (trad. ossin)
Abed è stato ucciso mentre cercava notizie del padre
Asil Almanssi (*)
Abed è uno dei tanti adolescenti uccisi nel genocidio di Gaza
Conosciamo Akram da quando eravamo piccoli. È un amico di mio padre.
Akram vive da molti anni con le sue due sorelle. È più giovane di loro.
Lo amavano come se fossero sua madre. E, in un certo senso, si comportavano come tale da quando la loro stessa madre era morta.
Akram aveva quattro figli e una figlia.
Majduleen, sua figlia, gli era particolarmente cara. Studentessa di inglese, era molto brillante.
Morì tragicamente di malattia durante il suo ultimo anno di college. La sua perdita colpì profondamente Akram.
Quando è scoppiata la guerra in corso, Israele ha ordinato un’evacuazione di massa dalla parte settentrionale di Gaza.
Ma Akram e la sua famiglia sono rimasti nel nord, più precisamente nel campo profughi di Jabaliya. Non se ne sono andati nemmeno quando le truppe israeliane hanno effettuato la prima invasione di terra del campo.
Per più di un mese la loro casa è stata effettivamente sotto assedio.
Vivevano in uno stato di vero terrore.
Potevano sentire le urla dei feriti e il lamento delle madri i cui figli venivano uccisi.
Potevano sentire il rumore degli edifici che crollavano. E i proiettili e i missili lanciati contro di loro.
La maggior parte delle mura di casa aveva subito danni.
Il cibo era scarso. Era troppo pericoloso avventurarsi fuori e cercare qualcosa che placasse la fame.
Ad un certo punto, i soldati israeliani hanno bussato alla porta della loro casa. La famiglia pensava che sarebbero stati tutti uccisi.
Non hanno aperto la porta. Dopo aver bussato ripetutamente, i soldati alla fine se ne sono andati.
La famiglia si è sentita sollevata. Pensavano di averla scampata.
Ma poi Israele ha attaccato alcuni magazzini molto vicini alla casa della famiglia.
È scoppiato un incendio che si è propagato fino alla loro casa. Un vicino è riuscito a salvarli e ha offerto loro rifugio.
Quando le truppe israeliane si sono ritirate da Jabaliya, la famiglia è tornata in quello che restava della loro casa. Hanno intrapreso alcuni rudimentali lavori di riparazione e sono tornati a vivere.
Le truppe israeliane hanno invaso nuovamente Jabaliya questo mese.
La nuova – e continua – offensiva ha colto tutti di sorpresa. Tutti avevano sperato che il precedente ritiro di Israele fosse irreversibile.
Quando seppe della nuova invasione, Akram decise anche questa volta di restare nel campo.
Eppure sua moglie e i suoi figli insistevano dicendo che non sarebbero riusciti a far fronte a un’altra invasione.
Akram sosteneva che l’invasione avrebbe interessato altre aree del campo. Gli israeliani avevano attaccato il quartiere della famiglia durante la precedente invasione ed era improbabile che lo facessero di nuovo.
Tuttavia non cercò di convincere la moglie e i figli a restare. E così sono andati nella zona di Sheikh Radwan a Gaza City.
Akram e le sue sorelle sono rimasti a Jabaliya.
Angosciante
Abbiamo cercato di rimanere in contatto con lui. Ma la rete di comunicazioni era molto scarsa.
Quando abbiamo contattato i suoi figli, ci hanno detto che non avevano più sue notizie.
Il 16 maggio, il figlio quindicenne di Akram, Abed, ha deciso di andare a Jabaliya per vedere come stava suo padre. Abed non ha informato in anticipo né la madre né i fratelli del suo pericoloso viaggio.
Quando Abed ha raggiunto la casa di famiglia, Akram è rimasto sorpreso.
Come era riuscito Abed a recarsi a Jabaliya quando proiettili e missili venivano lanciati da tutte le direzioni?
Abed ha risposto che Dio lo aveva accompagnato. Dopo aver controllato come stavano suo padre e le sue zie, Abed li ha salutati.
Sulla porta di casa, Akram ha raccomandato ad Abed di fare attenzione.
Prima ancora di chiudere la porta, Abed veniva colpito da una scheggia.
Akram è corso verso Abed che giaceva a terra. Il bombardamento era intenso e nessuno era in grado di portare aiuto.
Non c'erano ambulanze, né taxi e nemmeno carri trainati da asini.
Akram ha dovuto portare suo figlio a piedi fino all'ospedale Kamal Adwan, nella zona di Beit Lahiya, nel nord di Gaza.
Abed è stato dichiarato morto.
Akram ha portato il corpo avvolto di suo figlio a sua madre e ai suoi fratelli. Lo hanno seppellito nel cimitero di Sheikh Radwan.
È stato estremamente angosciante per Akram. Si è sentito colpevole del martirio di Abed.
Appena sepolto suo figlio, Akram ha cominciato a preoccuparsi delle sorelle.
Voleva tornare a Jabaliya. Ma i suoi figli hanno cercato di impedirglielo.
Temevano che sarebbe stato ucciso proprio come Abed.
Le sorelle di Akram sono ancora intrappolate a Jabaliya. Non è possibile contattarle.
(*) Asil Almanssi è uno scrittore che vive a Gaza.
LEGGI ANCHE: