Bahar Kimyongür all'obbligo di dimora in Italia
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Mondialisation.ca, 3 dicembre 2013 (trad. ossin)
Bahar Kimyongür all'obbligo di dimora in Italia
Comunicato del CLEA
Martedì 3 dicembre la giustizia italiana ha scarcerato Bahar Kimyongür imponendogli la misura dell'obbligo di dimora. Il cittadino belga dovrà dunque restare in Italia per tutto il tempo che occorrerà alla Corte di Appello di Bergamo per pronunciarsi sulla richiesta di estradizione.
Bahar Kimyongür non è più in prigione, il peggio per il momento è stato evitato.
Infatti il cittadino belga è rimasto detenuto in prigione per 13 giorni, a causa delle sue opinioni.
La decisione del Tribunale ha accolto, in parte, le richieste degli avvocati del "prevenuto" e dei cittadini che si sono mobilitati, in Beglio e in Italia: niente giustifica una prolungata carcerazione del nostro compatriota.
E tuttavia in questa vicenda nulla è risolto.
Bahar Kimyongür deve affrontare adesso una situazione davvero problematica.
In esilio forzato, dovrà restare diverse settimane all'obbligo di dimora nel comune di Marina di Massa. Lo Stato turco dispone di 40 giorni (a partire dal 21 novembre, data in cui Bahar è stato fermato) per trasmettere all'Italia le sue "deduzioni", durante i quali al nostro amico sarà vietato di muoversi, di allontanarsi dalla cittadina toscana, almeno per altri 27 giorni.
Bandito dal suo paese, come farà per lavorare, per occuparsi dei figli che vivono e sudiano in Belgio? Questa decisione è tanto più scandalosa, se si pensi che Bahar Kimyongür si è sempre presentato ai tribunali, in Belgio o all'estero, quando lo Stato turco l'ha convocato.
Dato che il dossier turco non contiene prove e che il cittadino belga dà tutte le garanzie relativamente alla sua presenza alle udienze in Italia, il CLEA continua a chiedere la liberazione immediata di Kimyongür e il suo ritorno in Belgio.
Bahar si trova dunque in una situazione davvero critica. L'Italia avvierà, nelle prossime settimane, l'esame della richiesta di estradizione presentata dalla Turchia; settimane che rischiano di prolungarsi all'infinito.
E' dunque necessario mantenere la mobilitazione per impedire che il cittadino belga sia consegnato nelle mani dei torturatori turchi, perché gli sia restituita al più presto la libertà di movimento e il diritto di parola.
Comitato per la Libertà di Espressione e di Associazione
3 dicembre 2013