Stanno uccidendo Ocalan
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''Sui capelli di Abdullah Ocalan sono presenti particelle di elementi chimici come stronzio e cromo con valori molto più alti rispetto al normale. Gli specialisti ai quali abbiamo commissionato gli esami e che non sapevano per ragioni di sicurezza che il paziente era Abdullah Ocalan hanno stabilito che si era in presenza di un caso di intossicazione cronica''. A denunciarlo, lo scorso 1 marzo nel corso di una conferenza stampa che si e' svolta a Roma, e' stato l'avvocato Mahmut Sakar, difensore in Turchia del leader curdo Abdullah Ocalan, tenuto in isolamento sull'isola di Imrali (Turchia), prigione in cui e' l'unico recluso.
L'analisi e' stata effettuata - come e' stato spiegato dal legale di Ocalan - su sei fibre di capelli nel laboratorio francese Laboratoire Chem Tox, dal dottor Pascal Kintz, il quale ha ricevuto il campione lo scorso 16 gennaio ignorando di chi fosse e ne ha effettuato i rilievi tecnici. I risultati degli esami compiuti in Francia sono stati fatti analizzare anche da altri due istituti scientifici di Oslo e da uno italiano che sono arrivati alle stesse conclusioni.
”Dopo aver ottenuto quei risultati, una settimana fa – ha aggiunto l'avvocato Sakar - abbiamo chiesto all'Alto commissario per i diritti umani, al Consiglio d'Europa e al Comitato per la prevenzione della tortura, di intervenire riguardo a tale situazione. Come quegli elementi chimici metallici sono giunti a valori così elevati? Quali problemi comporta tutto ciò per il signor Ocalan? Al riguardo non sappiamo nulla ma la vita del nostro assistito é sottoposta a grave rischio a causa di tutto questo''.
''Riteniamo molto importante che una delegazione super partes, internazionale, vada e controlli proprio sul luogo la salute e lo stato del nostro assistito''. E' quanto chiede l'avvocato Irfan Dundar, legale, insieme a Mahmut Sakar, di Abdullah Ocalan.
''Ocalan dai primi tempi sull'isola ha cominciato ad avere problemi riguardo al clima dell'isola stessa - ha detto l'avvocato Dundar -, disturbi che sono aumentati pian piano. I medici a volte lo hanno visitato ma si e' trattato di visite superficiali, controlli ridotti alla misura della pressione, della febbre e del peso, elementi per noi superficiali. Nonostante le nostre diverse richieste, non e' mai stata effettuata una visita speciale e totale al nostro assistito. Oggi le malattie rilevate sono alle vie respiratorie, ma anche altri disturbi, bruciori in tutto il corpo e pruriti''. ''Chiediamo ai responsabili di governo - ha insistito l'avvocato Sakar - di affrontare il problema con senso di profonda responsabilità. Chiediamo anche che sia inviata una delegazione di medici specialisti e che il governo turco le presti assistenza e collaborazione senza imporre alcuna condizione. Noi ci rivolgiamo alle Nazioni Unite, al Consiglio d'Europa e al Comitato per la prevenzione della tortura che devono adoperarsi per far procedere a un nuovo test medico''.
Alla conferenza stampa e' intervenuto, in videoconferenza, anche il dottore francese che ha effettuato l'analisi da un punto di vista tossicologico sulle fibre di capelli, il quale ha spiegato il metodo utilizzato nell'analisi spiegando di aver trovato livelli di cromo ''circa sette volte maggiori dei valori normali''.
''I dati oggettivi del livello di sostanze chimiche dimostrano che le condizioni di salute di Ocalan sono estremamente gravi e che queste condizioni non possono derivare da un'evoluzione psicofisica naturale ma dall'assunzione, e quindi dico io introduzione nel corpo, di alcune sostanze che determinano una intossicazione cronica''. Lo ha detto Giuliano Pisapia, che si occupò della vicenda del leader curdo in Italia, presente anche lui, insieme all'avvocato Mario Angelelli, alla conferenza stampa a Roma.
Per l'avvocato Pisapia ''tutte e tre le relazioni dicono che queste sostanze possono essere assunte dal corpo umano solo, o per una situazione di carattere ambientale, o attraverso cibo o acqua. La situazione ambientale non può essere perché da nove anni Abdullah Ocalan vive in quell'isola e questa situazione e' solo recente. Il secondo aspetto e' che sia il cibo che l'acqua vengono date direttamente dal personale di controllo dell'isola e solo a lui, in quanto unico detenuto. Inoltre, possiamo dire con assoluta certezza che i capelli analizzati da laboratori assolutamente non politici ma di altissimo livello scientifico, sono di Ocalan. Oggi non possiamo dire come sono usciti dall'isola di Imrali ma possiamo garantire che vi sono dei testimoni che, qualora ci fosse un intervento da parte di un organismo internazionale, sono disposti a testimoniare''.
''Chiediamo che si attivino tutte le forze affinché un organismo internazionale possa fare accertamenti ufficiali in considerazione del fatto che oggi nessun medico autonomo e indipendente e' autorizzato a visitare il leader curdo. Al governo turco - ha spiegato Pisapia - diciamo che questi sono gli elementi che abbiamo, fortemente indiziari di un tentativo di intossicazione irreversibile di Ocalan. Il governo turco é responsabile di fronte a se stesso ma anche di fronte alla comunità internazionale della vita e della salute di Ocalan. Se non ha nulla da temere e' evidente che non può opporsi alla richiesta che viene fatta dai legali ma anche da organismi nazionali e internazionali''
Giovanni Russo Spena ha annunciato una imminente interrogazione sulle condizioni di detenzione nelle carceri turche del leader del Pkk Abdullah Ocalan. ''Le notizie di oggi sulle condizioni di Ocalan – ha afferma il capogruppo del Prc al Senato - sono estremamente allarmanti. Il leader curdo è in grave pericolo di vita non solo a causa delle condizioni inumane di detenzione ma, a quanto sembra, anche in seguito al freddo progetto di eliminarlo fisicamente mediante progressivo avvelenamento''.
''Ricordo - conclude il senatore - che Ocalan ha ottenuto l'asilo politico da un tribunale italiano. Il governo italiano deve pertanto muoversi immediatamente per ottenere dal governo turco chiarimenti e precise garanzie''.
Ricordiamo che, recentemente, la Corte europea dei diritti umani si è pronunciata sul caso e il Consiglio d'Europa ha deciso di dichiarare chiuso il caso. Lo ha stabilito nella sua ultima riunione il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, giudice dell'esecuzione delle sentenze della Corte. Il comitato dei ministri ha valutato positivamente i passi compiuti per rispettare il volere della magistratura. Ankara ha risarcito ad Ocalan quanto stabilito - 120 mila euro - e, nonostante il Tribunale turco abbia rigettato la richiesta di celebrare nuovamente il processo, i ministri hanno preso atto che c'é stato un riesame del caso.
Inoltre, secondo il Consiglio d'Europa, la condanna a morte tramutata in carcere a vita é un altro elemento fondamentale che ha portato alla chiusura del dossier.
Abdullah Ocalan, leader del partito comunista curdo, il Pkk, era stato condannato a morte dal Tribunale di Ankara nel 1999.
In seguito all'abolizione della pena capitale, nel 2002, la sua pena e' stata commutata in carcere a vita. La Corte europea dei diritti dell'uomo, dopo il ricorso intentato dai legali dell'imputato contro la Turchia, ha stabilito che il Tribunale di Ankara aveva violato la Convenzione europea dei diritti umani condannando a morte l'imputato, abusando della detenzione preventiva e celebrando un processo ne' imparziale ne' equo.
Ora le cose cambiano ancora e pare che si stia applicando surrettiziamente la pena capitale.
Fonte: agenzia ANSA
Brevi cenni sul caso Ocalan
di Enzo De Lucia
Il 15 febbraio 1999 Abdullan Ocalan, leader del PKK, mentre si recava all'aereoporto provenendo dall' ambasciata greca di Nairobi, fu rapito e condotto in Turchia con un aereo privato di proprietà di un uomo di affari turco. Un atto di pirateria internazionale, dopo una odissea durata settimane tra Damasco, Mosca, Amsterdam, Roma e Atene. Il rapimento fu un' opera magistrale dei servizi segreti turchi, americani e israeliani. Dal 16 gennaio 1999 è tenuto prigioniero sull’isola di Imral. L’ex presidente del PKK è in stretto regime di isolamento.
Il suo stato di salute peggiora giorno dopo giorno e anche il Comitato contro la tortura del Consiglio d’Europa chiede che venga messa fine a questa tortura.
Tutti i prigionieri sono stati spostati altrove e l’isola dichiarata territorio militare, ora vi risiedono 1000 militari e un solo detenuto, Abdullah Ocalan.
Ocalan è rinchiuso in una cella di 13 metri quadri, la luce resta accesa 24 ore al giorno. Potrebbe ricevere i suoi avvocati una volta alla settimana per la durata di un’ora, ma dal 2002 arbitrariamente non vengono concesse le visite, adducendo i più svariati motivi: maltempo, rottura dell’imbarcazione, vento forte, etc. I suoi parenti stretti possono fargli visita una volta al mese, ma anche loro, quando si presentano al molo d’attracco delle navi, arbitrariamente non vengono fatti partire.
Due volte al giorno Ocalan ha il permesso dell’ora di aria, in un spazio delimitato da alte mura di 40 metri.
In cella non c'è un televisore, e solo raramente gli vengono consegnati i giornali che gli portano i suoi avvocati. Gli è consentito tenere in cella solo solo tre libri contemporaneamente, unica fonte di informazione permessa è il canale radiofonico statale TRT. La posta è censurata e solo raramente gli viene consegnata. Non gli è permesso rispondere alla corrispondenza ricevuta.
IL CPT (Il comitato del Consiglio d’Europa contro la tortura), in occasione di una visita ad Imrali, ha constatato le pessime condizioni fisiche e psichiche di Ocalan e esortato il governo turco ad un miglioramento delle condizioni di detenzione, ma sinora non vi è stata da parte del governo turco nessuna risposta.
Una volta alla settimana viene visitato per 15 minuti da una commissione di tre medici, per conto del Ministero della Salute. Si tratta di medici generici e le visite si limitano alla misurazione della pressione e dei battiti cardiaci e ad un controllo esterno generale. Non sono mai stati fatti esami accurati, ne radiografie o altri indagini.
Ocalan ha richiesto la visita di una commissione internazionale di medici, ma la sua richiesta non è stata mai accolta.
Ocalan ha seri problemi di salute, quali un forte ascesso in capo di forma tumorale e grossi problemi di respirazione.
Di recente gli avvocati difensori di Ocalan hanno tenuto una conferenza stampa nella quale hanno dichiarato che sono state rinvenute tracce di elementi chimici quali lo stronzio e il cromo in misura sproporzionata nei capelli di Ocalan, al punto tale che hanno parlato di avvelenamento.
Il governo turco ha smentito tutto.
Note biografiche
Abdullah Öcalan è nato a Ömerli, un villaggio nel Halfeti-Distretto, Provincia di Urfa, nel sud-est della Turchia (kurdistan), nel 1948. Ha studiato scienze politiche all'università di Ankara e terminato con successo i suoi studi, entrando nell'amministrazione civile.
Influenzato dalla terribile situazione del suo popolo, cui il governo turco negava il diritto di coltivare la propria identità culturale (divieto di usare la lingua curda, proibizione dei cognomi curdi), Abdullah Öcalan divenne membro attivo delle associazioni culturali democratiche dell'est e di quelle che promuovevano i diritti del popolo curdo. Nel 1978, due anni prima del colpo militare, veniva fondato il Partito degli operai del Kurdistan e Abdullah Öcalan ne diventava il capo.
Nel 1984, il partito degli operai del Kurdistan (PKK) ha iniziato la guerra di resistenza contro le forze di governo in Irak, Iran, Siria e Turchia, per ottenere l’indipendenza della nazione curda. Il conflitto, nella sola Turchia, ha provocato circa 30.000 morti. Il PKK ha dichiarato in diverse occasioni dei cessate il fuoco unilaterali, sempre ignorati dal governo turco.
«Io sepolto vivo». Parla Ocalan
Loris Campetti
il manifesto, 2003
(estratto)
Malato, isolato, chiuso in una cella con un'apertura di pochi centimetri, può ricevere solo una visita al mese e solo i giornali governativi. Presidente di un partito che non esiste più (il Pkk ha cambiato due volte nome) vive così da cinque anni. Non può nemmeno scrivere, ma qui parla attraverso i suoi avvocati.
In un mondo normale questa sarebbe stata un'intervista normale a un detenuto politico. Ma questo mondo normale non è e inoltre sopporta al suo interno una enclave ancor meno normale che si chiama Turchia. Dunque quella che vi proponiamo è un'intervista per interposta persona, fatta agli avvocati del prigioniero politico Abdullah Ocalan, presidente di un partito che non esiste più, il Pkk, anzi di un partito che ha già cambiato due volte il nome (prima Kadek e ora Kongra-Gel, cioè Congresso del popolo kurdo) dal momento dell'operazione di pirateria internazionale che ha portato al sequestro di Apo in un'ambasciata di un paese europeo in Kenya da parte dei servizi segreti di mezzo mondo. Dopo averlo arrestato e mostrato al mondo la preda ferita e soggiogata nel migliore stile americano, Ocalan è stato farsescamente processato e condannato a morte da un tribunale speciale, quindi la condanna è stata tramutata in ergastolo per dimostrare all'Europa che Ankara ha le carte in regola per entrare nella buona società. Ocalan, sepolto vivo nel carcere di Imrali, non ha potuto neanche rispondere per iscritto alle nostre domande per la semplice ragione che non ha il diritto di scrivere, può solo parlare ai suoi avvocati che prendono appunti. In teoria una volta alla settimana, così come ai suoi familiari. In pratica le visite al nemico numero uno dello stato turco sono consentite una volta al mese. Se va bene: tra una visita e l'altra sono passate anche 15 settimane (tra il 24 novembre del 2002 e il 12 marzo del 2003).
Chi è oggi Ocalan, come vive? Ce lo raccontano, in un modesto e accogliente appartamento del vecchio quartiere Pera di Istanbul pieno di fumo e di tè, gli avvocati Mahmut Sakar e Aysel Tugluk. «E' un uomo ancora forte psicologicamente ma provato nel corpo. E' malato di asma e la malattia si è aggravata provocando disturbi in tutto l'apparato respiratorio. Ha la sinusite e la faringite, se non verrà curato la malattia attaccherà i polmoni. Ha avuto una brutta emorragia, ha cercato di consegnarci un campione del sangue ma la direzione del carcere di Imrali dov'è tenuto in stretto isolamento non ci ha consentito di portarlo fuori perché venisse analizzato. Sicuramente non potrà guarire nelle condizioni in cui è recluso, in un'isola umida sul mar di Marmara, in una cella grande come questa stanza con un cesso in un angolo e con i microbi che la fanno da padroni. Può aprire la finestra solo di due centimetri per (non) cambiare l'aria. "Mi manca l'ossigeno", ci ripete a ogni udienza. Ha diritto a un'ora d'aria al mattino e a una il pomeriggio in un'area chiusa tra quattro mura con una griglia di ferro per soffitto che gli consente di vedere il cielo a strisce. Come collegio di difesa abbiamo fatto un nuovo ricorso alla corte di Strasburgo per i diritti umani per chiedere la fine dell'isolamento del signor Ocalan. Può ricevere 10 giornali la settimana da noi, se non ci viene autorizzata la visita non può averne - il procuratore sostiene che l'amministrazione non ha soldi per comprarglieli - e i giornali ammessi sono solo tre, quelli graditi al regime. Spesso capita che le forbici della censura taglino gli articoli ritenuti inopportuni. Può avere tre libri, ora sta ne sta leggendo uno sull'ambiente. Ha una radio che prende solo il canale di stato Tlt ma funziona male e spesso non riesce neanche a sentirla. Il procuratore sostiene che l'amministrazione non può spendere i soldi per queste cose e non consente a noi di portargliene una nuova».
Così vive, si fa per dire, Abdullah Ocalan, un nome e un cognome che dovrebbe tener sveglio tutte le notti un ex presidente del consiglio dei ministri italiano. Dopo la sua espulsione da Roma (e che qualcuno venga ancora a raccontarci che se n'è andato di sua spontanea volontà), a Ocalan è stata riconosciuto lo stato di esiliato in Italia. La Corte di Strasburgo ha condannato la Turchia per il processo di Ocalan e la condanna in violazione delle più elementari norme giuridiche ma Ankara si è appellata contro la sentenza. «Se grazie a Strasburgo il mio processo venisse annullato - dice Ocalan - non accetterei di essere nuovamente processato in Turchia e chiederei di rispondere a un tribunale internazionale, come nel caso di Milosevic».
[…]
Appello Urgente
Colonia, 16 luglio 2004
Dal 9 giugno 2004 ad Abdullah Ocalan non è stato consentito di ricevere visite dei suoi legali e dei suoi familiari. Le autorità turche sostengono ufficialmente che l’imbarcazione solitamente utilizzata per il viaggio verso l’isola-prigione di Imrali, è danneggiata e deve essere riparata. Il fatto che vi siano modi alternativi per viaggiare rende questo tipo di motivazione non molto convincente, e ciò ha causato gravi preoccupazioni.
Fin da quando fu sequestrato illegalmente e condotto in Turchia, il 15 febbraio 1999, il leader del popolo Kurdo è stato tenuto prigioniero, in isolamento, in condizioni che sono tra le più disumane. Egli è l’unico prigioniero in un edificio fortificato. L’isola-prigione è stata dichiarata zona militare, il che significa che è sottoposta alla giurisdizione dello staff addetto a gestire le situazioni di crisi; tale staff deve rispondere del proprio operato unicamente al primo ministro turco. Frequentemente le visite di legali e familiari vengono impedite, adducendo di volta in volta differenti motivazioni; il diritto del recluso a comunicare con il mondo esterno viene in tal modo negato. I quasi sei anni di detenzione in isolamento hanno gravemente inciso sulla salute del leader kurdo. La Turchia ha impedito una visita del detenuto da parte di una commissione medica indipendente.
Le misure adottate contro Ocalan violano il diritto internazionale. Esse non sono conformi alla Convenzione Europea dei Diritti Umani. La richiesta, presentata dal Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT) del Consiglio d’Europa, di abbandonare le misure - adottate contro Ocalan - che ne prevedono l’isolamento, sono state ignorate dal governo turco. Sono state, al contrario, ulteriormente rafforzate le misure restrittive nei suoi confronti. Lo scopo della deprivazione delle facoltà sensoriali, posta in atto contro Ocalan, è di distruggerlo sia mentalmente che fisicamente. Ciò equivale a un’esecuzione effettuata per gradi. Quale paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, la Turchia ha il dovere di rispettare i Criteri di Copenhagen, che comprendono anche l’attenersi a standard obbligatori di garanzia dei diritti umani. Le istituzioni europee, responsabili di portare avanti l’allargamento dell’UE, tacciono riguardo a tale situazione; e le istituzioni turche, in essa coinvolte, considerano tale silenzio delle istituzioni europee come un’approvazione della loro condotta attuale.
Nonostante tutti questi problemi Abdullah Ocalan sta continuando a propugnare una soluzione democratica del conflitto turco - kurdo nonché la democratizzazione dell’intera regione mediorientale. Egli aveva e tuttora riveste un ruolo di notevole portata nella ricerca di una soluzione pacifica. Il ricorso, nei suoi confronti, alla detenzione in isolamento, evidenzia che il fine del governo turco è di trovare una soluzione al problema, ma estromettendo la parte kurda. In tal modo si vuole giungere a una soluzione definitiva, ma favorevole unicamente agli interessi dello stato turco. Le riforme legislative, che sono state introdotte a seguito delle pressioni da parte dell’UE, sembrano essere unicamente di natura cosmetica.
Ecco perché si richiede che:
• Una delegazione internazionale appositamente costituita possa recarsi a Imrali; e
• La detenzione in isolamento di Abdullah Ocalan sia rimossa, con effetto immediato!
UN Special Rapporteur on Torture C/o Office of the High Commissioner for Human Rights
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OSCE Office for Democratic Institutions and Human Rights
Mr. Sirpa RAUTIO Aleje Ujazdowskie 19, 00-557 Warsaw / POLAND, Tel:
International Bar Association 271 Regent Street London W1B 2AQ, Tel:
Physicians for Human Rights 100 Boylston Street Suite 702 Boston, MA 02116 USA Tel:
Human Rights First 333 Seventh Avenue,13th Floor, New York, NY 10001-5004
Tel: (212) 845 52 00 , Fax: (212) 845 52 99, Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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