Perché la Crimea si ribella
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Le Courrier de Russie, 25 febbraio 2014 (trad.ossin)
Perché la Crimea si ribella
Julia Breen
La politologa Maria Sergueieva, originaria della Crimea, ha pubblicato un lungo testo sui social network per spiegare come questa regione si trovi in una situazione unica e non possa accettare alcuno dei nuovi scenari politici che si stanno profilando in Ucraina
Nota per i lettori: La Crimea è una penisola del sud dell'Ucraina, con statuto di Repubblica autonoma. In passato parte della Repubblica socialista sovietica di Ucraina, è stata annessa all'Ucraina indipendente nel 1991, nonostante la sua popolazione sia in schiacciante maggioranza (98%) russofona. Sebastopoli, città situata nel sud della Crimea, ha una lunga storia eroica ed è famosa per la sua resistenza durante la guerra di Crimea e la Seconda Guerra Mondiale. Essa ospita la base navale della flotta del Mar Nero, condivisa dal 1997 dalla Russia e l'Ucraina.
Si leggono in questi giorni nei social network molte reazioni a quanto sta accadendo in Crimea, ma nessuno sembra rendersi conto del carattere unico della situazione in questa regione. Si sentono, per esempio, paragonare i fatti di Sebastopoli e quelli di Tskhinvali (la battaglia di Tskhinvali ha avuto luogo dall'8 al 10 agosto 2008, durante la Seconda Guerra dell'Ossezia del sud, tra le forze georgiane e quelle della Federazione russa, ndt).
In Ossezia si trattava di un classico conflitto etnico, intrecciato alle indelebili tracce di sangue della guerra precedente: laggiù tutti sapevano ciò che distingue i Georgiani dagli Osseti, e ciò che distingue entrambi dai Russi. Mi trovavo a Tskhinvali durante gli ultimi giorni del conflitto - per la strada delle donne mi fermavano e mi dicevano in lacrime: "Russa, grazie a te e al tuo popolo per averci salvati dai Georgiani". In Crimea, una simile chiarezza è impossibile, proprio perché gli abitanti di Kerc e di Sebastopoli non sanno veramente molto bene ciò che li distingue dagli abitanti di Kiev e da quelli di Mosca.
Un altro incredibile errore è la formula "Sud-Est" che associa la Crimea alle altre regioni dell'Ucraina - perché Donec'k e Dnepropetrovsk si distinguono dalla Crimea in modo evidente. Le regioni orientali sono molto più simili, quanto a mentalità, alla nostra regione di Krasnodar in Kouban.
La giornalista Ilya Kramnik ha scritto un post molto buono, nel quale sottolinea appunto che Kerc, Odessa e Sebastopoli sono prima di tutto città del progetto marittimo russo-europeo e che, se bisogna proprio trovare somiglianze, esse sono piuttosto con San Pietroburgo. E' più o meno così.
Le città della Crimea sono prima di tutto città dell'antica civiltà pontica, città dei grandi imperi marittimi, città antiche di diverse migliaia di anni.
Palazzo Bakchisaray, Crimea
La mia infanzia ne è il miglior esempio, in quanto non assomiglia a nessun'altra. Quando i bambini della mia età andavano a trascorrere l'estate in campagna o nei campi dei pionieri, io passavo la stagione, da maggio a settembre, a Kerc. Qui giocavo come se niente fosse tra le rovine dell'antico Panticapeo, mi arrampicavo, entusiasta, sulle rovine di fortezze talvolta turche, talaltra genovesi; andavo con mamma a pregare in una basilica bizantina del IX secolo, trovavo nell'orto dei bossoli della Grande Guerra, e una volta mi è perfino capitato di imbattermi su un pezzo antico che ho portato al museo. Un po' più avanti negli anni, ho fatto scavi con una spedizione archeologica nella città antica di Nymphaion e ho messo in scena tragedie greche nel teatro conservato di Cherson, usando le bandiere come fossero tuniche. E questo, senza parlare della Gurzuf di Checov o della Koktebel di Volochine. La continuità delle città, delle culture e delle civiltà era una cosa naturale.
Un impero marittimo non ha niente a che vedere con un impero terrestre
E poco importa che sia Romano, Bizantino, Ottomano, Russo o Sovietico. Durante tutto questo tempo Sebastopoli-Cherson è stata una città diversa, pur restando sempre la stessa. Io trovo assai facilmente una lingua comune con la gente delle città della civiltà pontica. Gente diversa, ma che si assomiglia in qualcosa di importante. Tento di spiegare questi caratteri. Mancanza di radicalismo e capacità di trattare, di fare compromessi. Il mare, il porto, il commercio, la solidarietà. Ma, nello stesso tempo, questa gente è incredibilmente attaccata all'idea di Stato, pronta, per la difesa della patria, a vere imprese che non hanno nulla di illusorio. Se all'improvviso, vi capita di incontrare qualcuno che a prima vista vi sembra liberale, ma che poi, sulle questioni essenziali e fondamentali, si dimostra un Grande Patriota, allora potete essere sicuri che si tratta di un abitante della Crimea o di Odessa.
Quando si scrive che la Crimea mantiene tracce della mentalità imperiale sovietica che occorre sopprimere al più presto, si dimentica che queste contrade erano un "buco sperduto vicino al mare" dell'impero. E di quale Unione Sovietica si parla? Kerc festeggiava i suoi 2500 anni quando Mosca celebrava il suo 850° anniversario; e io non ho il minimo dubbio sul fatto di sapere chi è inquieto per chi. E' come Istanbul - non ci sono più Bizantini, ma la città è ancora Costantinopoli. O Roma - quest'unica e stesa città di diverse civiltà diverse. Questo non la distruggerà mai.
Lungofiume di Sebastopoli
Malgrado la forte urbanizzazione, non esistono poi tante vere città - con una identità urbana propria e popolate da veri cittadini. Vi sono per lo più sobborghi ingranditi, abitati da ex contadini. Ma Odessa, Sebastopoli e Kerc sono proprio delle città. E' impossibile, a Mosca, trovare una casa dove una sola e stessa famiglia abbia abitato per centinaia di anni. Ma in queste tre città è possibile, anche quando il governo sovietico ha lasciato alla famiglia, della casa o del palazzo originario, solo due o tre stanzette.
Queste tre città sono tutte città-eroi della Grande Guerra. Non parlerò di Odessa, per la semplice ragione che la conosco meno delle altre, ma per Sebastopoli e Kerc, la grande Guerra patriottica non è, ancora oggi, un'espressione vuota di significato. Il fascismo non è un'accusa insignificante, e il 9 maggio è più importante del Capodanno, è la più sentita festa della città, e perfino la Giornata del pescatore passa in secondo piano. A Kerc, durante l'occupazione, la metà della popolazione si è data alla macchia nelle catacombe.
La revisione ideologica della Seconda Guerra Mondiale, attualmente in corso nella Ucraina occidentale, è percepita come niente altro che fascismo. Non v'è altra parola, né altra propaganda per spiegarla in altro modo. Perché tutta la città ha combattuto, nascosto, aiutato. Non erano "gli occupanti fascisti contro gli occupanti sovietici", erano "io, i miei amici, i miei vicini contro il nemico venuto a prendersi la nostra terra".
Credo che sia stato precisamente in Crimea che ho cominciato a comprendere molto giustamente il nazionalismo come un modo di rivendicare l'origine etnica sotto la dominazione dell'identità culturale russa. o, al contrario, a comprendere molto giustamente cosa sia la fratellanza multinazionale. Russi, Ebrei, Greci, Tartari, Tedeschi, Armeni e perfino italiani discendenti dai Genovesi. Durante la guerra le famiglie russe hanno rischiato la vita nascondendo gli Ebrei. E negli anni 1990, quando vi è stata la carestia e le pensioni non venivano versate, i vecchi Ebrei che non erano andati in Israele, al contrario, hanno condiviso solo coi vecchi Russi i generosi aiuti alimentari inviati dalla comunità ebraica. Ciò che non impedisce né agli un né agli altri di litigare, spesso e volentieri, durante i rituali battibecchi di cortile.
Porto di Sebastopoli
Bisogna capire che la Crimea che io descrivo è la Crimea urbana e marittima, litoranea. Vi è poi una Crimea contadina, della steppa, tartara. Qui, al contrario, l'identità etnica e religiosa è davvero forte e non esiste la minima possibilità di un progetto comune, la minima possibilità di intendersi. Al contrario, la capacità di discutere dell'altra parte viene intesa piuttosto come segno di debolezza. E' proprio per questa ragione che sono cominciati tutti i conflitti etnici, con occupazione illegale delle terre. Io non credo affatto che la lingua ucraina abbia, per i tartari della Crimea, una qualunque importanza, ma il rigido nazionalismo etnico dei contadini dei Carpazi è più comprensibile ai loro occhi- e ciò che si assomiglia si associa.
Bisogna capire che la Crimea non è con Yanukovych e nemmeno con Putin
Tutti costoro leggono internet, hanno le loro posizioni critiche. Quando votano per il partito delle regioni (il partito di Victor Yanukovych, il presidente deposto, ndt), è prima di tutto un voto contro il progetto filo-nazionalista occidentalista (e, soprattutto, un voto per la lingua russa). In secondo luogo, per le garanzie sociali del ricco Est industriale alla povera Crimea. Ma in alcun caso per delle persone né per simpatia nei confronti di tutti questi politici, Yanukovych in testa. "Da voi, in Russia, non è tutto oro, ma almeno Putin non vi fa vergognare, mentre questi di qui, sono nient’altro che clowns": è piuttosto qualcosa come questo. Bene, e poi i nostri nuovi "fondamenti spirituali" alla moda non fanno, diciamo, la gioia degli abitanti della Crimea. Perché essi sono allo steso tempo grandi patrioti e piccoli conservatori.
Il progetto che oggi Maidan (la piazza dei manifestanti ucraini di Kiev, ndt) propone per la Crimea, non solo è inaccettabile, ma non ha alcun senso. Via, diventiamo un piccolo paese euro-orientale-ucrainofono e mettiamoci a vivere secondo il principio del "non più lontano della porta della mia capanna". Quando si hanno 3 mila anni, è difficile essere sedotti da simili meschinità.
Peraltro il separatismo russo e il nazionalismo russo, nella forma auspicata per la Crimea da certi blogger esaltati, è altrettanto impossibile. La cosa si presenta, tra gli internauti, come una specie di Galiza alla rovescia. Non ci saranno in Crimea lotte anarco-partigiane, perché essere Russi in Crimea significa appartenere ad un grande progetto di civiltà, non a una storia etnica locale. Se la storia fosse locale, le cose coi Tartari di Crimea sarebbero più violente, ma più semplici. La mentalità dei Russi dice: "E' la nostra terra e tutti possono viverci senza dare fastidio agli altri", quella dei Tartari di Crimea dice: "E' la nostra terra e solo la nostra".
Guardate il modo commovente in cui Aleksei Tchalyi è stato eletto capo di Sebastopoli. Il vecchio capo ha presentato spontanee dimissioni, i deputati sostenevano Tchalyi, ma era incredibilmente importante, per tutti loro, di rispettare la legittimità, di essere giuridicamente irreprensibili.
A Leopoli (bastione dei filo-europei) non si preoccuperebbero troppo della legalità, e abbiamo visto che non se ne sono troppo preoccupati. Ma a Sebastopoli, si potrebbe dire per ridere, si ha paura di infrangere la legge durante un colpo di Stato. E' appunto questo sentimento dello Stato di cui parlo. Vero, la cosa è strabiliante - tutta questa gente è pronta a morire per la patria ma non pronta a morire per loro personalmente e per i loro interessi.
E in queste condizioni, la Russia purtroppo non ha niente da proporre al momento alla Crimea. Perché noi non abbiamo dei Grandi Progetti nemmeno per i nostri concittadini. I Giochi Olimpici, i Campionati del mondo di football, e anche, suvvia, migliorare poco a poco la qualità della vita nel limite delle frontiere esistenti. Pensare che, se il Parlamento della Crimea assumesse la decisione dell'indipendenza, la Russia invierebbe dei tank a colpo sicuro è dolce quanto poteva essere, alla fine degli anni 1990, la lettura delle fantasie patriottiche di Nikitine o Zvyagintsev - deliziose quanto prive di senso. E purtuttavia sì, in simili condizioni, gli abitanti della Crimea andrebbero a combattere, in un fronte unito, proprio "per la Russia e la libertà fino alla fine". Ma occorre comprendere, ancora, che se il pragmatico governo russo ha argomenti per negoziare e intendersi con l'Est industriale, la Crimea, dal canto suo, è povera. Tutte le risorse energetiche sono all'Est - se si strappa la Crimea, come si vive? Se si fosse costruita in Crimea una centrale nucleare all'epoca, gli argomenti sarebbero diversi. Le stazioni balneari di Crimea sono le dirette concorrenti di quelle di Krasnodar, nelle quali abbiamo già investito somme incredibili. Vi sono molti patrioti nell'industria della difesa, evidentemente, ma essi non esauriscono l'establishment russo. Certamente si vorrebbero, come minimo, dei reali investimenti con un sostegno ampio alla lingua russa e una politica di espansione culturale, ma per il momento non è ancora chiara la struttura ideologica (se si rinuncia al progetto imperiale) e, finanziariamente, non vi si crede poi troppo.
Io penso che tutto questo finirà, in un modo o nell'altro, con un accordo mercanteggiato. Soprattutto se la gente di Maidan ritrova la ragione non manda nessuno in Crimea, accontentandosi di lasciare andare le cose per il loro verso. La repubblica, proprio perché poverissima, dipende interamente dalle sovvenzioni per la sua sopravvivenza, e i negoziati saranno inevitabili. Le esigenze logiche degli abitanti della Crimea saranno le seguenti: rifiuto di fornire combattenti delle forze speciali e la possibilità di scegliere da sé medesimi un governo al posto di quello designato da Kiev. In seguito, diciamo, la stessa Kiev si impegnerà fortemente nelle elezioni per fare in modo che, in un primo tempo, gli abitanti eleggano come sempre dei politici fautori dell'unione con la Russia e poi tutti questi politici - oplà - vengano eletti e facciano tutto quello che ordina Kiev, smettendo di parlare a vanvera. Quante volte è andata così, non vale la pena fare i nomi; gli abitanti della Crimea si sono fatti giocare alle elezioni, fino ad oggi, come bambini.
Sarebbe bello che il pronostico sia errato, si ha voglia di un incredibile e imprevedibile buon esito qualsiasi, perché io amo moltissimo gli abitanti della Crimea e sono assai fiera di quello che sta accadendo in questo momento a Kerc e a Sebastopoli, mi inquieto molto per loro. Ma sì, noi, noi siamo realisti.