Una buona notizia per il 2016: il crollo dell’impero USA è imminente
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Entrefilets.com, 23 dicembre 2015 (trad. ossin)
Dalla caduta dell’Impero alla sopraffusione del Sistema
Una buona notizia per il 2016: il crollo dell’impero USA è imminente
L’esperimento ha dell’incredibile. Provate a tenere una bottiglia d’acqua nel congelatore per circa due ore e mezzo, poi prendetela delicatamente. Vedrete che l’acqua è ancora liquida nonostante la sua temperatura sia scesa molto al di sotto dello zero. Basta allora un colpetto sulla bottiglia perché l’acqua si trasformi istantaneamente in ghiaccio. L’effetto è sorprendente. E’ la sopraffusione. Questa brutale trasformazione di fase può applicarsi anche alla biologia, come alle società umane. Proprio come l’acqua della nostra bottiglia, il Sistema neoliberale statunitense, all’origine della nostra contro-civiltà, si trova già al di sotto del fatidico grado zero. Malgrado la sua apparente normalità, è in uno stato di totale disorganizzazione e basta un semplice shock per provocarne l’implosione. La caduta dell’impero USA, oramai matura, costituirà senz’altro lo shock decisivo in questione
L’illusione dell’iper-potenza
Già da diversi anni, il declino dell’Impero statunitense ha conosciuto una accelerazione fenomenale. La sua economia sta in piedi solo a prezzo di un indebitamento permanente. Sul piano militare, il Pentagono mette in campo mezzi sempre più colossali per risultati sempre più modesti, avendo raggiunto peraltro il tetto massimo in materia di tecnologia militare. Infine, sul piano geopolitico, l’Impero sconta fallimenti ed errori, che comportano un declino della sua leadership negli affari mondiali.
Oramai, anche se la superpotenza USA è ancora ben reale, non è più paragonabile all’idea che ce n’eravamo fatta. Perché l’immagine della iper-potenza statunitense è soprattutto il frutto di un’illusione fantastica, di una meravigliosa operazione di comunicazione realizzata da 70 anni di propaganda hollywoodiana che ha ipnotizzato gli spiriti. Sotto la vernice, l’Impero mostra le crepe. E sta perdendo anche l’ultima battaglia, quella dei cuori, e adesso sono rimaste solo la casta politica liberale e i suoi chierici mediatici a credere ancora ai suoi giochi di prestigio.
Un’economia deteriorata
Dunque, prima di tutto sul piano economico, la resilienza statunitense è illusoria. Attualmente negli Stati Uniti più di 46 milioni di persone fanno la coda (foto a destra) davanti alle banche alimentari (1). La disoccupazione esplode nonostante le statistiche truccate (2) che consentono al Mercato dei pazzi di credere ancora al miraggio. Ma in realtà, se si calcolano i disoccupati di lunga durata eliminati dalle statistiche all’epoca di Clinton, la disoccupazione in USA oscilla tra il 13% della popolazione attiva, secondo gli estimatori più ottimisti, e il 23% (3), calcolato dai più realisti.
Solo l’onnipotenza del dollaro nei mercati internazionali, drogata da emissione di banconote a pieno regime, mantiene il Titanic USA a galla, a prezzo di un indebitamento senza fine. Allo stato, la somma dei debiti privati e pubblici degli Stati Uniti raggiunge la cifra stratosferica di 64.000 miliardi di dollari (4).
Il dollaro ha oramai perso tanto prestigio, che perfino il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha inserito nel suo paniere lo yuan cinese come moneta di riserva. La crescita di potenza dei BRICS ha consentito loro ogni audacia, ivi compresa quella di creare una loro banca di investimenti in concorrenza con la Banca Mondiale di osservanza statunitense.
In realtà gli Stati Uniti non sono più in grado di difendere la loro egemonia monetaria, e perfino gli acquisti di energia, soprattutto del petrolio, cominciano ad essere negoziati in rubli o in yuan, cosa impensabile solo pochi anni fa. In passato, tutti i regimi che avevano osato escludere il dollaro nelle negoziazioni energetiche, come l’Iraq o la Libia, sono stati cancellati dalla carta geografica.
Ma c’è di peggio.
Oramai, non si tratta più di capire quale sarà la nuova bolla speculativa made in USA, ma quando scoppierà, sapendo bene che già sta lì, sotto la vernice, pronta a gonfiarsi, ineluttabilmente.
Un Rambo dai piedi d’argilla
Sul piano militare, è lo stesso miraggio, lo stesso fascino costruito, la medesima illusione. Nonostante i 630 miliardi di dollari di budget annuale, 1,5 milioni di personale militare, 20.000 tank e aerei, una decina di portaerei e centinaia di sottomarini, decine di agenzie di informazione che impiegano migliaia di spie, le performance dell’Impero sono deludenti.
Da 25 anni, tutti i suoi interventi si sono chiusi con cocenti fallimenti, sia in Iraq e in Afghanistan, che nella guerra “per procura” siriana.
In un quarto di secolo di gesticolare militare, e nonostante l’inside job dell’11 settembre (5) e il famoso progetto di Nuovo Medio Oriente che aveva permesso di varare, oggi gli Stati Uniti, dopo avere perso l’Asia centrale, stanno per perdere anche il Medio Oriente.
Certo la fascinazione resta. Gli Stati Uniti hanno delle meravigliose portaerei che solcano i mari in permanenza, dei favolosi bombardieri ufficialmente invisibili che scintillano in cielo, ma a che servono esattamente?
A cosa serve oggi tenere sotto controllo, con spese enormi, l’intera superficie del mare come i talassocrati dei secoli passati, quando un solo aereo russo, grazie ai suoi novi sistemi di oscuramento (6), può avvicinarsi a ognuno di questi mastodonti sufficientemente per colarli a fondo con un clic? A cosa servono ancora dei bombardieri invisibili, talmente cari che il Pentagono non osa mandarli in volo senza una squadra completa di caccia di scorta, annullando in un solo colpo la soro invisibilità?
Ugualmente, mentre la Russia e la Cina riescono ancora ad ammodernare tecnologicamente i loro armamenti costruendo strumenti semplici, ma performanti ed efficaci, il Pentagono non riesce a spezzare il tetto di cristallo tecnologico che lo porta a inanellare fiaschi come se fossero perle (I limiti della chincaglieria USA), come il celebre bombardiere del futuro, quello F-35 il cui prezzo non cessa di volare, mentre lui non riesce a farlo.
Allo stato attuale, perfino gli analisti anglo-sassoni ritengono che gli Stati Uniti siano stati superati in materia di tecnologie militari, di fronte ai materiali russi e cinesi (7)
Geopolitica della fuga in avanti
Sul piano geopolitico, infine, il bilancio è altrettanto doloroso per l’Impero. Anche il suo tentativo di scompaginare l’Eurasia, costruendo di sana pianta una guerra in Ucraina, è lungi dall’aver dato i risultati auspicati. In men che non si dica, e con l’aiuto di qualche piccolo uomo verde, Vladimir Putin ha girato la manovra a suo vantaggio riportando la Crimea in patria e nel girone russo, così assicurandosi un accesso definitivo ai mari caldi in modo quasi insperato.
Questa nuova guerra fredda 2.0 è anche stata un formidabile acceleratore per spingere la Russia e la Cina a intensificare la loro cooperazione a tutti i livelli. Nel tentativo disperato di creare il suo famoso intermarium (8), onde ostacolare qualunque possibile avvicinamento tra Europa e Russia, gli Stati Uniti hanno precipitato la costituzione di un temibile blocco asiatico col quale, presto o tardi, l’Europa finirà col collegarsi.
Anche l’India e il Pakistan stanno oramai per entrare nell’Organizzazione di cooperazione di Shangai, che riunisce già molte Repubbliche dell’Asia Centrale, oltre alla Russia e alla Cina. Questo scontro omerico, nel quale l’Impero arretra inesorabilmente, trova il suo apice nel nuovo Grande Gioco intorno alle risorse energetiche e alla famosa “guerra dei tubi” o “oleodottistan”, vale a dire la guerra per il controllo delle rotte per il trasporto del petrolio e del gas. Una guerra che d’altronde spiega in gran parte l’improvvisa riabilitazione dell’Iran e l’attuale guerra in Siria, soprattutto.
Summit dell'Organizzazione di cooperazione di Shangai
Ma anche qui gli Stati Uniti vedono i loro progetti severamente ostacolati (9), perfino con le armi se necessario. Russia e Cina non esitano oramai più a difendere militarmente i loro interessi di fronte agli intrighi di un Impero USA che non fa più paura. Ebbene, un Impero che non si teme più è un Impero in agonia. L’Impero USA non combatte più ai giorni nostri per allargarsi, neppure per tenere, si batte per frenare il suo declino. E se l’Impero non è certamente morto e conserva una terribile capacità di nuocere, non per questo non può dirsi vinto.
Dall’indignazione alla rivolta
La caduta dell’Impero è dunque solo una questione di tempo, e trascinerà con sé ineluttabilmente la caduta del Sistema neoliberale che ha generato. Non crediamo infatti che vi sarà un semplice trasferimento dei centri di potere occidentali verso l’Asia e il passaggio ad altri del controllo delle stesse strutture neoliberali mortifere, insomma il classico arretrare per saltare meglio.
Noi siamo convinti che la caduta dell’Impero USA sarà il punto di rottura, lo shock che provocherà la sopraffusione (10) del Sistema. Il terremoto sarà indubbiamente terribile, ma salutare. Il modello di civiltà neoliberale che ha prodotto quella contro-civilità che è la nostra è infatti un cancro che corrode e distrugge non solo i viventi, la terra, i mari, l’aria, tutto ciò che si muove, nuota, spunta o vola, ma che annichilisce anche le società umane, degradandole ad un agglomerato di egoismi e concorrenze, di consumatori compulsivi alienati, dal cervello (definitivamente) a disposizione.
Il nostro pianeta non è già più in grado di digerire tutti gli escrementi di questo Sistema di produzione massiccia e, se questa follia adatta a consumare tutto l’universo non cessa, è evidente che spariremo. Provocando una sopraffusione del Sistema per sua propria dinamica, la Storia potrà però salvarci da noi stessi, aiutandoci a tirare lo sciacquone su questa mafia neoliberale e offrendoci l’occasione per un cambiamento radicale.
Spetterà allora alle società civili di cogliere l’occasione, di smetterla di indignarsi inutilmente, ma piuttosto di ribellarsi, dapprima per impedire al Sistema di instaurare quel totalitarismo che costituisce il suo sbocco naturale e la sua ultima linea di difesa, poi per rimboccarci le maniche e sviluppare altri modi di essere, di coabitare, di cooperare, per nutrire altri ideali diversi dalla proprietà e dal possesso, per cercare infine di costruire una società libera, egalitaria e decente, alla quale abbiamo per il momento rinunciato.
Note: