L’eccezionalismo statunitense ci regala elezioni davvero d’inferno
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Williamblum, 11 marzo 2016 (trad. Ossin)
L’eccezionalismo statunitense ci regala elezioni davvero d’inferno
William Blum
Se le primarie statunitensi si chiudessero con Hillary Clinton contro Donald Trump, e venissi privato del mio passaporto, e fossi costretto in qualche modo a scegliere tra i due, o mi pagassero per farlo (e bisognerebbe pagarmi tanto)... voteri per Trump
Mi preoccupo soprattutto della politica estera. La politica estera degli Stati Uniti è la più grande minaccia per la pace mondiale, la prosperità e l’ambiente. E quando si tratta di politica estera, Hillary Clinton è un vero disastro. Par causa sua, dall’Iraq e la Siria, alla Libia e l’Honduras, il mondo è diventato un posto molto peggiore; tanto che la considero una criminale di guerra che dovrebbe essere processata. E non c'è da aspettarsi di meglio nelle questioni interne, da parte di questa donna che ha ricevuto 675.000 $ da Goldman Sachs – una delle società più reazionarie e anti-sociali di questo triste mondo - per soli quattro discorsi, e ha ricevuto molto di più in donazioni nel corso degli ultimi anni. Si aggiunga il posto che ha occupato per sei anni nel consiglio di amministrazione di Walmart, mentre suo marito era governatore dell'Arkansas. Si può pensare di condizionare il comportamento delle grandi imprese accettando il loro denaro?
Il Los Angeles Times ha pubblicato un editoriale all'indomani delle multiple elezioni del 1^ marzo che cominciava così: “Donald Trump non è adatto a diventare presidente degli Stati Uniti”, e proseguiva: “La verità è che Trump non ha alcuna esperienza di governo”.
Quando devo riparare una vettura, cerco un meccanico che conosca quel modello. Quando ho un problema di salute, preferisco un medico specialista di quella parte del corpo che è malata. Ma quando si tratta di uomini politici, l’esperienza non significa niente. L’unica cosa che conta sono le sue idee. Per chi preferite votare? Per una persona che ha un’esperienza di trent’anni al Congresso e che non condivide nessuna delle vostre idee in materia politica e sociale, o che è addirittura contro, o per qualcuno che non ha mai partecipato alle elezioni, ma che condivide le vostre idee su ogni questione importante? I 12 anni di Clinton in importanti posti di governo non hanno alcuna importanza per me.
A proposito di Trump, The Times ha proseguito: “Ha una vergognosa poca conoscenza dei problemi che affliggono il paese e il mondo”.
La conoscenza è influenzata dalla ideologia. In qualità di Segretario di Stato (gennaio 2009-febbraio 2013), e con un buon accesso alle informazioni, Clinton ha giocato un ruolo chiave nella distruzione, nel 2011, dello Stato sociale moderno e laico della Libia, provocando nel caos totale la sua distruzione, e la dislocazione generalizzata verso i punti caldi dell’Africa del Nord e del Medio Oriente dell’enorme arsenale di armi che il leader libico Muammar Gheddafi aveva accumulato. La Libia è diventata oggi un rifugio per I terroristi, da Al Qaeda a ISIS, mentre Gheddafi era stato un nemico di primo piano dei terroristi.
A cosa sono servite l’esperienza e le conoscenze del segretario di Stato Clinton? A lei bastava solo sapere che la Libia di Gheddafi, per diverse ragioni, non sarebbe mai diventata uno Stato marionetta sufficientemente docile verso Washington. Ed è così che gli Stati Uniti, con la NATO, hanno bombardato il popolo libico quasi quotidianamente per più di sei mesi, con la scusa che Gheddafi voleva invadere Bengasi, il centro libico dei suoi avversari, e che gli Stati Uniti avrebbero salvato gli abitanti. Il popolo statunitense e i media statunitensi hanno ovviamente avallato questa storiella, anche se non è mai stata presentata alcuna seria prova del fatto che si stava preparando un massacro (La cosa più somigliante ad una versione ufficiale del governo degli Stati Uniti – un rapporto del Congressional Research Service sugli avvenimenti in Libia in quell’epoca – non menziona in alcun modo il rischio di un massacro) (1)
L’intervento occidentale in Libia, secondo il New York Times, è una di quelle cose che Clinton ha “difeso”, riuscendo a convincere Obama in “quello che era senza dubbio il suo momento di maggiore influenza come segretario di Stato” (2). Tutta la sua esperienza e conoscenza non le hanno impedito di commettere questo errore disastroso in Libia. E si può dire la stessa cosa a proposito della scelta di appoggiare il progetto di mutamento di regime in Siria, invece di sostenere il governo siriano nella lotta contro ISIS e gli altri gruppi terroristi. Ancora più disastrosa fu l’invasione dell’Iraq nel 2003, che lei ha votato in quanto senatrice. Entrambe le iniziative furono naturalmente altrettante violazioni flagranti del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite.
Un altro “successo” della politica estera della signora Clinton, che i suoi sostenitori in estasi ignoreranno, e rari sono coloro che sanno perfino di cosa si tratti, è il colpo di Stato contro il progressista moderato Manuel Zelaya in Honduras nel giugno 2009. Seguendo uno scenario ben rodato in America Latina, le masse oppresse riescono alla fine ad eleggere un presidente deciso a modificare lo status quo, a tentare di porre fine a due secoli di oppressione… e poco dopo, l’esercito rovescia il governo democraticamente eletto, mentre gli Stati Uniti – quando non sono direttamente coinvolti nel colpo di stato – non fanno niente per impedirlo o punire (come solo gli Stati Uniti sanno punire) il regime militare. Nel frattempo i funzionari di Washington fanno mostra di essere sconvolti per tale “affronto alla democrazia” (vedi Mark Weisbrot, “Top Ten Ways You Can Tell Whinch The United States Government is On With Regard to the Military Coup in Honduras”) (3).
Nelle sue memorie del 2014, “Hard Choices”, Clinton rivela fino a quel punto fosse indifferente al ristabilimento del legittimo governo di Zelaya: “Nei giorni che hanno seguito (il colpo di Stato) ho parlato coi miei omologhi del continente... Abbiamo insieme escogitato un piano per ristabilire l’ordine in Honduras e fare in modo che potessero essere organizzate al più presto nuone elezioni regolari, in modo da rendere secondaria la questione di Zelaya”.
La questione di Zelaya era tutto tranne che secondaria. I leader latno-americani, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali esigevano con forza il suo immediato ritorno. Washington, invece, ha rapidamente ristabilito le relazioni diplomatiche col nuovo Stato poliziesco di destra, e dopo di allora l’Honduras è diventato una fonte maggiore di bambini migranti in viaggio verso gli Stati Uniti.
Il titolo dell’articolo del settimanale Time sull’Honduras alla fine di quell’anno (3 dicembre 2009) così riassumeva la situazione: “La politica di Obama in America Latina assomiglia a quella di Bush”.
E Hillary Clinton assomiglia ad un conservatore. E da molti anni; fin dagli anni 1980, quando era la moglie del governatore dell’Arkansas, ha fermamente appoggiato gli squadroni della morte torturatori conosciuti col nome di “Contras”, un esercito di mercenari dell’Impero in Nicaragua. (4)
Poi, nel corso delle primarie per le presidenziali del 2007, il venerabile periodico conservatore, il National Review di William Buckley, pubblicò un editoriale di Bruce Bartlett. Bartlett fu consigliere politico del presidente Ronald Reagan, funzionario del Tesoro sotto il presidente George H.W. Bush, e membro dei due preincipali Think tank conservatori, la Heritage Foundation e il Cato Institute – Vi è chiaro il quadro? Bartlett disse ai suoi lettori di essere quasi certo che i democratici avrebbero vinto le elezioni nel 2008. Che fare allora? Appoggiare il democratico più conservatore. Ha scritto: “Per la gente di destra che si proccupa di esaminare più da vicino quelle che a prima vista sembrano opinioni simili dei candidati democratici, è abbastanza chiaro che Hillary Clinton è la più conservatrice” (5).
Nel corso delle stesse primarie, si è assistito al fatto che il maggiore periodico statunitense destinato al pubblico dei più ricchi, Fortune, abbia pubblicato in copertina una foto della signora Clinton col titolo: “Business loves Hillary” (6).
E che cosa succede nel 2006? Non meno di 116 membri della comunità della sicurezza nazionale del partito repubblicano, molti dei quail sono ex dell’amministrazione Bush, firmano una lettera aperta minacciando, se Trump ottenesse la nomination, di uscire dal partito, e qualcuno perfino di votare… Hillary Clinton! “Hillary è il male minore, e di gran lunga”, ha detto Eliot Cohen, del Dipartimento di Stato sotto Bush II. Cohen si è dato da fare perchè i neocon firmassero il manifesto “Dump-Trump” (Fate perdere Trump). Un altro firmatario, l’esperto di politica estera Robert Kagan, ha dichiarato: “L’unica opzione è di votare per Hillary Clinton” (7).
L’unica opzione? Non ci sono anche Bernie Sanders o Jill Stein, il candidato del partito verde?... Ah, capito, non abbastanza conservatori.
E il signor Trump? Lui è assai più critico verso la politica estera USA di Hillary o Bernie. Considera la Russia di Vladimir Putin come una forza positiva e un alleato, e sarebbe molto meno propenso di Clinton a muovere guerra contro Mosca. Dichiara che sarà “imparziale” nella questione della soluzione del conflitto israelo-palestinese (in opposizione al sostegno incondizionato di Clinton a Israele). Si rifiuta di definire il senatore John McCain un “eroe”, solo perché venne fatto prigioniero (Quale altro politico oserebbe dire una cosa del genere?)
Definisce l’Iraq un “disastro totale”, condannando non solo George W. Bush, ma anche i neoconservatori che gli stavano intorno. “Hanno mentito, hanno detto che c’erano armi di distruzione di massa che invece non c’erano. E loro sapevano che non c’erano. Non c’erano armi di distruzione di massa”. Mette in discussione l’idea che “Bush ha assicurato la nostra sicurezza”, e aggiunge: “Che amiate o meno Saddam, egli aveva però l’abitudine di uccidere i terroristi”.
Sì, è un personaggio sgradevole. Faccio davvero fatica a immaginarlo come amico. Sì, e allora?
Note:
1 - “Libya : Transition and U.S. Policy”, updated 4 marzo 2016.
2 - New York Times, 28 febbraio 2016
3 - Mark Weisbrot, “Top Ten Ways You Can Tell Which Side The United States Government is On With Regard to the Military Coup in Honduras”, Common Dreams, 16 dicembre 2009
4 - Roger Morris, ex membro del National Security Council, Partners in Power (1996), p.415. Per un quadro più complete di Hillary Clinton, vedi il nuovo libro di Diane Johnstone, Queen of Chaos.
5 - National Review online, 1 maggio 2007
6 - Fortune magazine, 9 luglio 2007
7 - Patrick J. Buchanan, “Will the Oligarchs Kill Trump ?”, Creators.com, 8 marzo 2016