Il governatore di New York lancia un grave attacco contro la libertà di espressione per proteggere Israele
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The Intercept, 7 giugno 2016 (trad. ossin)
Il governatore di New York lancia un grave attacco contro la libertà di espressione per proteggere Israele
Glenn Greenwald
Una delle più gravi minacce per la libertà di espressione in Occidente è la campagna che si va sviluppando su scala internazionale per – letteralmente – rendere illegale l’invito a boicottare Israele. Della gente è stata arrestata a Parigi – che nel 2015 fu il luogo dove si svolse la manifestazione per la libertà di espressione (di quelli che oltraggiano l’islam) – per avere indossato delle T-shirt che invitano al boicottaggio. Gli studenti favorevoli al boicottaggio nei campus degli Stati Uniti – dove è nato il movimento per il boicottaggio dell’Africa del Sud dell’apartheid negli anni 1980 – vengono regolarmente sanzionati per infrazioni ai regolamenti contro la discriminazione. Funzionari canadesi hanno minacciato azioni legali contro chi invita al boicottaggio. Alcune organizzazioni ufficiali britanniche hanno vietato su base legale alcune forme di invito al boicottaggio. Israele, da parte sua, ha criminalizzato espressamente l’invito a questo tipo di boicottaggio. E tutto ciò accade senza che gli autoproclamati combattenti (crusader = crociati) della libertà di espressione, quando era il momento di difendere le caricature anti-mussulmane, nemmeno aggrottino oggi il sopracciglio.
Ora anche il Governatore democratico di New York, Andrew Cuomo, si è lanciato in una significativa escalation di attacchi contro la libertà di espressione dei cittadini statunitensi sul suolo degli Stati Uniti. Il principe della dinastia politica newyorkese ha promulgato ieri un decreto vincolante per tutti i servizi di competenza governativa, che dispone la cessazione di qualsiasi relazione contrattuale con imprese o organizzazioni che sostengano il boicottaggio di Israele. Esso dunque discrimina, nella fornitura dei servizi, i cittadini che abbiano espresso una particolare opinione, ed è una classica violazione della libertà di espressione (immaginiamo se Cuomo avesse firmato un decreto che disponesse che «chiunque esprima delle opinioni repubblicane sarà immediatamente privato delle prestazioni e dei servizi dello Stato di New York»).
Ancora più inquietante è il fatto che il decreto firmato da Cuomo stabilisca che i suoi commissari debbano compilare «una lista di istituzioni e imprese» che – «o direttamente, o attraverso una società madre o una filiale» – sostengano il boicottaggio di Israele. La lista del governo (dello Stato di New York) sarà poi resa pubblica e alle imprese ivi incluse incomberà l’obbligo di dimostrare che, in realtà, esse non sostengono affatto tale boicottaggio. Donna Lieberman, direttrice della New York Civil Liberties Union, ha dichiarato a The Intercept: «Ogni qualvolta i poteri pubblici creano una lista nera sulla base di opinioni politiche, la cosa suscita gravi inquietudini in ordine al rispetto del Primo emendamento e la cosa vale anche in questo caso.» Robby Soave di Reason [Reason Foundation è una fondazione libertaria che si propone di promuovere la libertà di espressione e il rispetto del diritto] ha oggi denunciato il decreto del governatore come «sfacciatamente autocratico».
Leggere le disposizioni del decreto di Cuomo, ci pone di fronte alla mentalità censoria di un piccolo tiranno, con un pizzico di denigrazione pubblica, come un McCarthy nella sua forma migliore. Verificate voi stessi.
Peggio ancora è la natura autoritaria del decreto. Ben Norton, del sito internet Salon, osserva: «Il Parlamento di New York per mesi non è riuscito a mettersi d’accordo sul varo di una legge anti-boicottaggio». A questo punto, bypassando l’organo competente, Cuomo ha decretato unilateralmente queste sanzioni contro coloro che sostengono il boicottaggio.
Il senatore democratico di New York, Chuck Schumer, non ha perso tempo e reclama ora una disposizione federale ispirata al decreto di Cuomo. Hillary Clinton ha scritto lo scorso luglio una lettera aperta al suo (e del suo partito democratico) supporter milionario, Haim Saban, che si definisce anche lui un fanatico partigiano di Israele, nella quale censura l’iniziativa di boicottaggio di Israele – considerandola una forma di antisemitismo - e lo ha ripetuto ancora in marzo in occasione del suo discorso all’AIPAC [la più importante organizzazione della lobbie sionista degli Stati Uniti]. Molti Repubblicani sono anch’essi favorevoli a misure simili a quelle adottate da Cuomo.
Al di là del McCartismo e della grave minaccia alla libertà di espressione, il tanfo di ipocrisia di Cuomo e dei Democratici rende l’aria irrespirabile. Solo due mesi fa, Cuomo ha vietato ad alcuni funzionari del suo Stato di recarsi in Caroline del Nord, per sottolineare il suo appoggio al boicottaggio di questo Stato, come forma di protesta per la sua legislazione anti-transgender. Il testo di questo decreto filo-boicottaggio di Cuomo cominciava col proclamare che «lo Stato di New York è leader nazionale nella protezione dei diritti civili e delle libertà di tutti i cittadini» e vietava quindi «qualsiasi viaggio o finanziamento pubblico» in Caroline del Nord.
Nel tentativo di giustificare la reazione al boicottaggio di Israele, il consigliere per gli affari giuridici di Cuomo ha dichiarato al New York Times: «Una cosa è la critica politica, altra è sanzionare o penalizzare le attività commerciali» Ma è proprio quello – sanzionare o penalizzare le attività commerciali – che Cuomo ha fatto solo due mesi fa quando ha ordinato il boicottaggio della Caroline del Nord. Guardate un po’ voi come è contorto il suo ragionamento: secondo il governatore di New York, non solo è permesso, ma anche cosa nobile boicottare uno Stato degli Stati Uniti. E’ invece immorale e passibile di sanzioni il fatto di boicottare Israele, un paese straniero colpevole di decine di anni di occupazione illegale e brutale. Le domande rivolte a Cuomo da The Intercept non hanno ottenuto alcuna risposta al momento della pubblicazione di questo articolo.
La cosa più ridicola è che Cuomo (nella foto a destra), quando ha deciso il boicottaggio della Caroline del Nord, ha detto di averlo fatto in quanto in «una società libera, l’uguaglianza dei diritti dei cittadini […] deve essere protetta e rispettata» – che è esattamente lo stesso principio che il movimento per il boicottaggio di Israele cerca di realizzare ponendo fine alla oppressione discriminazione contro i palestinesi. Ma anche se non si condivide l’idea di boicottare Israele, nessuna persona dotata di raziocinio può accettare che Andrew Cuomo e altri dirigenti possano decidere loro quali sono le opinioni politiche accettabili, sanzionando quelli che la pensano in maniera diversa.
L’ipocrisia in materia di libertà di espressione è peraltro diffusa e variegata. Nel 2012 i Repubblicani si infuriarono quando il sindaco di Chicago, Rahm Emmanuel, annunciò lo stop all’espansione in città della catena di ristoranti Chick-fil-A, per sanzionare la militanza anti-gay del suo proprietario, e definirono l’iniziativa del sindaco come un grave attacco alla libertà di espressione (una posizione che noi condividiamo). Lungo tutto l’anno 2015, commentatori come Jonathan Chait del New York Times, si sono autoproclamati difensori della libertà di espressione quando si è trattato di difendere i discorsi razzisti e omofobi che si ascoltavano nei campus, affermando che ogni tipo di discorso, anche quelli ispirati da odio [hate speech] devono essere liberi per la legge». Una posizione che condividiamo.
Poi accade che, in modo sistematico, una campagna internazionale – assolutamente bipartisan negli USA – venga attaccata ricorrendo abusivamente a risorse statali e alla forza della legge, colpendo frontalmente la libertà di espressione e la libertà di riunione, e praticamente nessuno dice niente perché tutto viene fatto allo scopo di proteggere Israele dalle critiche. E’ poi quanto meno strano che una persona che è stata eletta governatore di New York pensi che proteggere Israele dalle critiche rientri tra i suoi compiti. Il fatto poi che faccia tutto questo attaccando il diritto alla libertà di espressione dei cittadini del suo stesso paese – solo qualche settimana dopo avere imposto ilo boicottaggio contro un altro Stato degli Stati Uniti – vi dice tutto quello che c’è da sapere sul ruolo che Israele continua a svolgere nel discorso pubblico negli USA e sulla disponibilità di certe persone a calpestare i principi della libertà di espressione, quando questo sia utile ai propri obiettivi politici.