Si prepara (Soros?) una «rivoluzione arancione» contro Trump?
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entrefilets, 14 novembre 2016 (trad. ossin)
Si prepara (Soros?) una «rivoluzione arancione» contro Trump?
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E’ una missiva edificante. E’ firmata dai «presidenti» dell’Unione Europea e dovrebbe essere una lettera di felicitazioni al POTUS (Presidente degli Stati Uniti) da poco eletto, Donald Trump. Ebbene questo messaggio, apparentemente banale, contiene tra le righe un vero e proprio ultimatum al sovversivo anti-Sistema, al quale si dice in sostanza: «Ok, sei stato eletto, ma adesso ecco la Regola: o ti sottometti, o ti distruggeremo». Certamente gli operatori-buffoni della succursale europea (altro non sono i firmatari Tusk e Juncker) operano qui solo come riconoscibili messaggeri dell’oligarchia del Sistema neoliberale atlantista. Ma in questo periodo di transizione alla testa dell’Impero USA, bisognava ben richiamare ufficialmente Donald Trump all’ordine, chiarendo quali sono le regole del gioco nel «cortile dei grandi» dove è appena penetrato con effrazione. Dall’altro lato della tenaglia, c’è l’inesauribile Soros, che si occupa di far montare la pressione negli Stati Uniti, organizzando le manifestazioni degli abituali radical-chic di servizio, per fare ben comprendere al quasi 45° presidente degli Stati Uniti che non è affatto al riparo da qualche «rivoluzione arancione», se non accetta di rientrare nei ranghi. Il Sistema mette dunque mano all’artiglieria pesante, ma il suo declino resta ineluttabile ed avviene sotto i nostri occhi.
Globalizzazione neoliberale e messianismo militarizzato
La lettera del duo di comici europei (1) è un patetico tentativo di intimidazione mascherata, e si immagina assai bene in quale clima di isteria felpata sia stata deposta da una sfilza di spin-doctor-system scelti con cura.
Così, dopo una glaciale frase di felicitazioni, la missiva va direttamente al dunque per riaffermare il catechismo ufficiale del Sistema, attraverso il richiamo ai «valori comuni che sono la libertà, i diritti dell’uomo, la democrazia e la credenza nella democrazia di mercato».
La pomposa evocazione della Santa Trinità delle virtù di facciata del Sistema serve solo a promuovere il vero cuore della macchina: la globalizzazione neoliberale, vale a dire il Mercato. La connotazione religiosa dell’espressione «credenza» (si tratta di un lapsus?) conferma d’altra parte che per il Sistema non c’è altro dio che il Mercato (e che l’élite neoliberale è il suo profeta).
Segue un versetto di auto adorazione con l’affermazione che l’UE e gli USA «hanno operato per garantire la pace e la prosperità al mondo» (niente di meno...), poi il richiamo all’ordine sull’importanza di «rafforzare le relazione transatlantiche», soprattutto per fronteggiare le «minacce alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina».
Il Sistema ricorda così, con estrema chiarezza, al signor Donald Trump che non se ne parla proprio di migliorare le relazioni con Mosca, e che i Russi sono e devono restare per il momento i cattivi della storia. E, se ancora dovesse avere qualche dubbio, un’imbeccata per memoria arriva già al paragrafo seguente, dove si evoca il «partenariato strategico UE-Stati Uniti» per fronteggiare le «minacce alla sicurezza dei vicini orientali (seguitemi bene) e meridionali dell’Europa».
Infine, prima di promettere condiscendenza verso il buon Trump se accetta di piegarsi, il Sistema ricorda quale è la strada da percorrere sul piano economico, insistendo sull’importanza dei «negoziati sul partenariato atlantico di commercio e investimenti». Si vede bene qui che, nonostante il rifiuto del TAFTA da parte dei popoli europei, il Sistema esige che si proceda su questa strada, e lo fa sapere (i popoli? Quante divisioni?).
Poi il Sistema salmodia un po’, non senza questo umorismo involontario e impagabile del quale il passaggio seguente è un pezzo antologico: «Gli Europei non dubitano che l’America, i cui ideali democratici (sic!) hanno sempre rappresentato una luce di speranza nel mondo intero (sic!), continuerà ad investire nel partenariato coi suoi amici ed alleati, per contribuire ancora ad offrire ai nostri concittadini e ai popoli del mondo più sicurezza (sic!) e prosperità (sic!).» Da stare freschi...
Infine la lettera-ultimatum si conclude come è d’uopo con un invito «appena possibile» ad un summit UE-Stati Uniti, con l’implicita promessa di una certa condiscendenza nei confronti del sovversivo nel corso dei «prossimi quattro anni», almeno se la Regola sarà rispettata.
In sintesi, attraverso i suoi operatori-buffoni europei, Il Sistema ricorda dunque al signor Trump che, al di là degli infantilismi anti-sistema che gli si potranno ben perdonare, non può esservi una alternativa seria né alla globalizzazione neoliberale né al messianismo militarizzato di un Blocco atlantista unito, in quanto portatore delle vera fede ad una umanità sottomessa e appiattita, pardon illuminata.
Pressione massima
E nel frattempo i manifestanti anti-Trump guadagnano le prime pagine di tutti i giornali e telegiornali allineati, generosamente stimolati in ciò dagli abituali protagonisti della oligarchia globalizzata, tipo Soros e i suoi cloni. E Wikileaks rivela che è proprio questo specialista delle «rivoluzioni arancioni» dell’Impero che è al lavoro negli Stati Uniti in questi giorni (2). Ci sarebbe quasi da ridere.
E ovviamente tutta la casta mediatica occidentale è dietro di lui, con tutta la sua eleganza e l’abituale imparzialità.
Così, nel giro di qualche giorno, ci è stato fatto dono di un appello ad ammazzare Trump, lanciato da una collaboratrice del Guardian (3), appello peraltro rilanciato da un comico francese iscritto a libro paga (4).
Intanto la CNN si applicava a montare la maionese con l’imparzialità che le è propria: un «reporter» è giunto a intervistare un suo amico, per testimoniare la collera della piazza contro Trump (5).
Sul sito Change.org, una petizione che ha già raccolto 4 milioni di firme non verificabili chiede oramai ai Grandi elettori di designare Clinton al posto di Trump il prossimo 19 dicembre. D’altronde manifestazioni sono già in preparazione in occasione dell’investiture del 20 gennaio a Washington, con un corteo di «un milione di donne» previsto per il giorno successivo...
Quanto all’atmosfera bravi-ragazzi e democratica delle manifestazioni, i radical-chic di servizio hanno superato se stessi. All’aggressione di una studentessa filo-Trump in un campus, faceva eco, in versione Pussy Riot, la performance di una indemoniata che defecava in mezzo alla strada su di un ritratto di Trump, per poi spennellarlo a piene mani (7). Atmosfera, atmosfera.
I radical-chic arruolati a loro insaputa dall’oligarchia sono dunque pronti, montati al massimo e inondati di dollari come è d’uopo, per una «rivoluzione arancione» o una «Primavera americana», come si vorrà.
Non ci si aspettava di meno.
La pressione è dunque massima su di un Trump che appare già più che mai come un presidente autenticamente anti-Sistema.
Un crollo irreversibile
Resta che il buon uomo è quel che è e, al momento, non è affatto certo che si pieghi.
Il miglioramento delle relazioni con Mosca, il disimpegno parziale dalla NATO, come anche un colpo di freno alle guerre estere, tipo Libia o Siria, restano in programma, con la conseguenza della fine dell’Impero quale gendarme e boia del mondo. E se pure Soros e la sua banda di allucinati andassero fino in fondo nel loro delirio provocando la caduta di Donald Trump, questa avrebbe grosse probabilità di provocare una guerra civile e la possibile divisione del paese. Si giungerebbe quindi al medesimo risultato del crollo dell’Impero con altri mezzi, forse più rapidi.
Negli stati maggiori della politica europea, la casta neoliberale dirigente comincia quindi a comprendere che il fenomeno Trump non è un incidente della Storia, ma solo un’altra tappa, sicuramente decisiva, nel processo di implosione del Sistema neoliberale globalizzato, che finirà presto o tardi per trascinare con sé anche l’Unione Europea.