Negli Stati Uniti è in corso una «rivoluzione colorata»
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The saker, 28 gennaio 2017 (trad.ossin)
Negli Stati Uniti è in corso una «rivoluzione colorata»
The saker
E’ una battuta russa: «Domanda. Perché non ci può essere una rivoluzione colorata negli Stati Uniti? Risposta. Perché negli Stati Uniti non c’è un’ambasciata USA».
Sarà pure divertente, ma si è dimostrata fattualmente falsa: credo infatti che proprio in questo momento sia in corso un tentativo di rivoluzione colorata negli Stati Uniti.
“Politico” sembra pensarla allo stesso modo. Guardate l’ultima copertina:
Per quanto io stesso lo scorso ottobre, un mese prima delle elezioni, abbia previsto come gli Stati Uniti fossero alla vigilia della peggiore crisi della loro storia, devo ammettere di essere oggi sorpreso e stupefatto dall’ampiezza della contestazione che vediamo sotto i nostri occhi. E’ oramai chiaro che i neocon hanno dichiarato guerra a Trump e qualcuno, come Paul Craig Roberts, ritiene che Trump abbia loro reso la pariglia. Spero sinceramente che abbia ragione.
Prendiamo un esempio lampante.
Le agenzie di informazione statunitense stanno attualmente indagando sul loro comandante! Sì, stando a rapporti recenti, lo FBI, la CIA, l’Agenzia per la sicurezza nazionale e il Dipartimento del Tesoro stanno indagando sulle conversazioni telefoniche tra il Generale Flynn e l’ambasciatore russo Serguei Kislyk. Secondo Wikipedia, il generale Flynn è l’ex:
- Direttore dell’agenzia di informazioni del Ministero della Difesa.
- Membro del centro di comando operativo congiunto per le informazioni, la sorveglianza e le ricognizioni.
- Presidente della Direzione della intelligence militare.
- Direttore aggiunto della Intelligence nazionale.
- Ufficiale superiore dell’intelligence nel Comando per le operazioni speciali congiunte.
E’ anche il consigliere di Trump per la sicurezza nazionale. In altri termini, le sue competenze in materia di sicurezza sono a livelli stratosferici e diventerà presto il comandante di tutti i servizi di informazione statunitensi. Ciò nonostante, questi stessi servizi di informazione indagano su di lui per i suoi contatti con l’ambasciata russa. E’ del tutto straordinario. Perfino nella vecchia Unione Sovietica, il potentissimo KGB non aveva il diritto di fare indagini sui membri del Comitato Centrale del Partito comunista senza una speciale autorizzazione del Politburo (un grave errore, a mio avviso, ma poco importa). Ciò significa grosso modo che i 500 più alti funzionari dello Stato sovietico non potevano essere oggetto di indagine da parte del KGB. Inoltre la subordinazione del KGB al partito era tale che, in relazione a reati di diritto comune, gli era interdetto di svolgere indagini su qualsiasi membro della nomenklatura sovietica, circa 3 milioni di persone (un errore ancora più grave!).
Ma, nel caso di Flynn, succede che varie agenzie di sicurezza statunitensi possano decidere di indagare su di un uomo che, sotto tutti i punti di vista, dovrebbe essere considerato almeno tra i cinque funzionari più importanti degli Stati Uniti, e che gode con tutta evidenza della fiducia del presidente. E ciò non provoca alcuno scandalo, a quanto pare.
Secondo la stessa logica, le agenzie a tre lettere dovrebbero anche investigare su Trump per le sue conversazioni telefoniche con Vladimir Putin.
Se verrà loro in mente, potrebbero farlo presto…
E’ assolutamente folle, perché è la dimostrazione che la comunità statunitense dei servizi di informazione si è trasformata in una banda di delinquenti che adesso prende ordini dai neocon e dallo Stato profondo, piuttosto che dalla Presidenza, e che queste agenzie agiscono attualmente contro gli interessi del nuovo presidente.
Nel frattempo, le folle di Soros hanno già scelto un colore: il rosa. Stiamo assistendo attualmente alla «pussyhat revolution» come spiega questo sito. E se pensate che si tratti solo di una piccola frangia di femministe pazze, vi sbagliate del tutto. Per le femministe davvero folli, l’allusione «delicata» a proposito della loro «rivoluzione della micetta» è troppo delicata, quindi preferiscono rendere la loro dichiarazione meno ambigua, come mostra l’immagine a destra.
Tutto ciò sarà forse anche divertente, in termini un po’ nauseabondi, se non fosse che i media, il Congresso e Hollywood sono schierati al gran completo a sostegno di questi «100 giorni di resistenza a Trump», cominciati con una – citazione – «serata di danza queer» davanti alla casa di Mike Pence.
Sarebbe esilarante, non fosse altro la serietà con cui i media mainstream hanno trattato quelle che sarebbero state altrimenti delle «manifestazioni» abbastanza patetiche.
Guardate come la testa che parla al MCNBS riporta stupidamente il fatto:
Moore dice al minuto 2:00 che «festeggerà il fatto che Obama è ancora il presidente degli Stati Uniti» e il mezzobusto prostituito gli risponde: «Sì, lo è» non una sola volta, ma due.
Di che cosa parlano? Del fatto che Obama è ancora il presidente!
Come è possibile che la Sicurezza interna e lo FBI non procedano contro MCNBC e Moore per ribellione e sedizione?
Fino ad oggi, le manifestazioni non sono state troppo partecipate, ma hanno interessato diverse città statunitensi e sono state ben “coperte” dai media:
Non vi fate ingannare, queste manifestazioni non sono state più spontanee di quelle che si sono fatte in Ucraina. Qualcuno paga per tutto questo, qualcuno le organizza. E ricorrono a tutta la riserva di trucchi. Ancora un esempio.
Ricordate il volto grazioso di Nayirah, l’infermiera kuwaitiana che testimoniò al Congresso di avere personalmente visto i soldati iracheni che strappavano i bebè dalle incubatrici (e che si è scoperto più tardi essere la figlia di Saud Al-Sabah, l’ambasciatore del Kuwait negli Stati Uniti)? Vi ricordate del grazioso volto di Neda, morta in diretta alla televisione in Iran? Ebbene, permettetemi di presentarvi Bana Alabe, che ha scritto una lettera al presidente Trump e ovviamente i media se ne sono impossessati e o oggi è diventata «il volto dei bambini siriani».
Volete un’altra prova?
D’accordo, cliccate qui e date uno sguardo a questa rassegna di caricature e disegni umoristici anti-Trump messa insieme dall’eccellente Colonello Cassad. Alcuni sono davvero notevoli. Ne ho scelti solo due da questa collezione disgustosa.
Il primo accusa chiaramente Trump di essere nelle mani di Putin. Il secondo fa di Trump l’erede di Adolf Hitler e suggerisce con forza che egli potrebbe volere riaprire Auschwitz. Messo in chiaro, essi trasmettono un doppio messaggio: Trump non è il presidente legittimo degli Stati Uniti ed è il male ultimo.
Tutto ciò va ben oltre il tipo di satira di cui i precedenti presidenti sono stati fatti oggetto.
Il mio intento, riportando gli esempi più sopra, è di dimostrare che, lungi dall’avere accettato la sconfitta, i neocon e lo Stato profondo statunitense hanno deciso, come sempre, di raddoppiare la posta e oggi si imbarcano in una «rivoluzione colorata» di grande ampiezza che finirà solo con la destituzione, il rovesciamento o la morte di Donald Trump.
Uno dei caratteri più sbalorditivi di questa rivoluzione colorata contro Trump è il fatto che chi la organizza non si preoccupa per niente dei danni che questa guerra infligge alla istituzione presidenziale e, in realtà, agli Stati Uniti nel loro insieme. Che sono elevatissimi, col risultato che il presidente Trump corre un rischio immenso di essere rovesciato, e la sua unica speranza è di colpire duro e presto.
L’altro dato sconvolgente è il ruolo malefico giocato dalla Gran Bretagna: le peggiori porcherie contro Trump hanno in ultima analisi trovato sempre la loro origine direttamente nel Regno Unito. Perché? E’ semplice. Vi ricordate che, almeno formalmente, la CIA e la NSA non hanno il potere di spiare i cittadini statunitensi, mentre il MI6 et il GCHQ britannici non hanno il potere di spiare i cittadini britannici? Le due parti hanno trovato un agevole modo di uscirsene: la CIA e la NSA spiano i Britannici, il MI6 e il GCHQ spiano gli Statunitensi, e poi si scambiano i dati in virtù dei loro rapporti di partnership (sembra però che, con l’arrivo alla presidenza di Obama, tutti questi accorgimenti siano diventati obsoleti e che ora tutti siano liberi di spiare tutti, compresi i propri connazionali). I neocon statunitensi e lo Stato profondo statunitense ricorrono adesso ai servizi speciali britannici per produrre una marea di immondizia contro Trump, da presentare poi come delle «informazioni» suscettibili di essere usate dal Congresso come punto di avvio per una inchiesta. Simpatico, semplice ed efficace.
La conclusione è la seguente: il presidente Trump corre l’immenso rischio di essere rovesciato e l’unica speranza di sopravvivenza che gli resta è di colpire duro e presto.
Può farlo?
Fino ad oggi, io ho suggerito varie volte che Trump debba trattare i neocon statunitensi allo stesso modo in cui Putin ha trattato gli oligarchi in Russia: beccarli con accuse di evasione fiscale, di corruzione, di cospirazione, di depistaggio, ecc. Tutte le belle cose che lo Stato profondo pratica da anni. Il Pentagono e le agenzie a tre lettere sono probabilmente le istituzioni più corrotte del pianeta e, poiché non è mai stato loro contestato niente, e meno che mai sono state sanzionate, devono essere diventate straordinariamente soddisfatte di loro stesse e del modo in cui agiscono, contando soprattutto sulla Casa Bianca perché le salvi in caso di problemi. L’arma principale nelle loro mani è il gran numero di leggi sul segreto di Stato. che le proteggono dagli sguardi del pubblico e del Congresso. Ma qui Trump può utilizzare la sua carta più potente: il generale Flynn che, nella qualità di ex direttore della DIA e di attuale consigliere per la sicurezza nazionale della presidenza, può accedere ad ogni informazione. E, se sarà il caso, può imporsi, anche ricorrendo a forze speciali, per garantirsi la «collaborazione».
Comincio però a pensare che forse questo non sarà sufficiente. Ma Trump ha un’arma ancora più potente da scagliare contro i neocon: l’11 settembre.
Che Trump ne fosse stato prima al corrente o meno, sta di fatto che oggi ha dei consiglieri come Flynn che devono ben sapere da anni che l’11 settembre è stato un “lavoretto” fatto all’interno del paese. E se le persone che sono direttamente coinvolte nell’operazione dell’11 settembre sono relativamente poche, quelle che hanno fondato tutta la loro credibilità morale e politica sulla narrazione ufficiale dell’11 settembre sono tantissime. Permettetemi di dirlo in questi termini: mentre l’11 settembre è stata una operazione dello Stato profondo statunitense (probabilmente appaltata agli Israeliani per l’esecuzione), l’intera «palude» di Washington ha poi posto in essere delle azioni di «favoreggiamento», dando una mano a tenerla coperta. Se tutto questo fosse portato alla luce, migliaia di carriere politiche crollerebbero e si brucerebbero nello scandalo.
L’11 settembre è stato un crimine collettivo per eccellenza. Solo alcuni uomini lo hanno effettivamente perpetrato, ma poi migliaia, forse decine di migliaia, hanno usato della loro posizione per occultarne le responsabilità e impedire qualsiasi vera inchiesta. Sono TUTTI colpevoli di favoreggiamento. Avviando una nuova inchiesta sull’11 settembre, una inchiesta diretta dal Dipartimento della giustizia e NON dal Congresso, Trump potrebbe, letteralmente, puntare una «pistola politica» alla tempia di tutti i politici e minacciare di premere il grilletto, se non rinuncino subito a ogni tentativo di rovesciarlo. Per fare ciò, quello di cui Trump ha bisogno è di un uomo di cui possa fidarsi al 100%, e che sia leale al 100%, da collocare al vertice dello FBI, un uomo con le «mani pulite, una testa lucida e un cuore ardente» (per riprendere le parole del fondatore della polizia segreta sovietica, Félix Dzerjinsky). Questo uomo si troverà immediatamente in pericolo di vita, dovrà dunque dimostrare di avere un grande coraggio personale ed una forte determinazione. E certamente questo «uomo» potrebbe essere una donna (un equivalente del procuratore russo, Natalia Poklonskaia).
Capisco perfettamente che il pericolo di quanto vado suggerendo, utilizzare «l’arma dell’11 settembre», è di provocare, evidentemente, un enorme contrattacco dei neocon e dello Stato profondo. E’ il nodo della vicenda: quelli sono già impegnati a fondo nel tentativo di destituzione, di rovesciamento o di assassinio di Donald Trump. E, come ha detto Putin una volta in una intervista: «Se capite che una battaglia è inevitabile, colpite voi per primi!»
Pensate che tutto questo sia una esagerazione? Ma considerate che cosa è in gioco.
In primo luogo, almeno la presidenza Trump stessa: i neocon e lo Stato profondo statunitense non lasceranno che Trump rispetti le promesse della sua campagna elettorale e il suo programma. Oppure saboteranno, ridicolizzeranno e deformeranno tutto quel che farà, anche se fosse coronato da grande successo.
In secondo luogo, sembra che il Congresso abbia ora un pretesto per avviare diverse inchieste su Donald Trump. Se così fosse, sarebbe facile per il Congresso ricattare Trump e minacciarlo in permanenza di rappresaglie se non «rispetta il programma».
In terzo luogo, la persecuzione frenetica di Trump da parte dei neocon e dello Stato profondo indebolisce l’istituzione presidenziale. Per esempio, l’ultimissima folle idea lanciata da qualche politico è di «vietare al presidente degli Stati Uniti di ricorrere all’arma nucleare senza l’autorizzazione del Congresso, tranne nel caso in cui gli Stati Uniti siano colpiti da un attacco nucleare». Da un punto di vista tecnico, è un non senso, ma manda un preciso segnale al resto del pianeta: «Noi del Congresso pensiamo di non potere avere fiducia nel nostro comandante in capo in materia di armi nucleari». Poco importa che si fidino di Hillary a proposito di queste stesse armi e poco importa che Trump utilizzi delle armi convenzionali per scatenare una guerra nucleare mondiale (per esempio con un attacco convenzionale al Cremlino), quel che dicono è che il presidente degli Stati Uniti è un folle del quale non ci si può fidare. Come ci si può aspettare che poi lo si prenda sul serio per tutte le altre cose?
In quarto luogo, potete solo immaginare cosa succederà se le forze anti-Trump avessero successo? Non solo la democrazia sarà completamente e definitivamente fatta a pezzi negli Stati Uniti, ma i rischi di guerra, anche nucleare, saranno incontrollabili.
C’è qui in gioco molto di più della sola piccola politica statunitense.
Ogni volta che penso a Trump e ogni volta che leggo le informazioni, mi torna in mente sempre lo stesso angoscioso interrogativo: Trump avrà l’intelligenza di capire che è sotto attacco e avrà il coraggio di rispondere con sufficiente forza?
Non lo so.
Nutro molte speranze nel generale Flynn. Confido nel fatto che egli comprende esattamente il film e sa esattamente cosa sta succedendo. Ma non sono certo che abbia sufficiente influenza sulle forze armate, per mantenerle dalla parte giusta in caso di crisi. In linea di massima, il militare «classico» non ama gli agenti dei servizi di informazione. Io spero che Flynn abbia dei fedeli alleati nelle SOCOM (le forze speciali) e nel JSOC (Joint Special Operations Command, il Comando centrale delle forze speciali), perché alla fine saranno loro ad avere l’ultima parola sull’inquilino della Casa Bianca. La buona notizia qui è che, a differenza dei militari classici, le forze speciali e gli agenti dei servizi di informazione sono di solito in buoni rapporti e hanno l’abitudine di lavorare insieme (le forze militari regolari non amano nemmeno le forze speciali). I SOCOM e il JSOC saranno in grado di evitare che la CIA si comporti da delinquente.
Infine, la mia più grande speranza è che Trump ricorra allo stesso metodo usato da Putin contro le élite russe: l’appoggio del popolo. Ma a questo scopo, Twitter semplicemente non è abbastanza efficace. Trump deve prendere la «strada di RT» e aprire un proprio canale televisivo. Certamente sarà assai difficile e richiederà del tempo, e dovrà forse cominciare con una emittente solo su internet, ma possiede abbastanza denaro per riuscirci. E, proprio come RT, occorre che essa sia multinazionale, politicamente variegata (anche con delle personalità che siano nemiche dell’Impero e non sostengano Trump) e che impieghi delle celebrità.
Uno dei tanti errori commessi da Janukovyc in Ucraina è quello di non avere osato ricorrere agli strumenti legali del potere per fermare i neonazisti. O di averli usati così male da provocare un disastro (come quando i poliziotti anti-sommossa hanno picchiato gli studenti che manifestavano). Ascoltando qualche intervista rilasciata a Janukovyc e dai suoi in quelle ore cruciali, sembra che essi non si sentissero investiti del diritto morale di ricorrere alla violenza per fermare la piazza. Non sapremo mai se fossero i principi morali o una debolezza di fondo a trattenerli, ma quello che è certo è che egli ha tradito il suo popolo e il suo paese quando si è rifiutato di difendere la vera democrazia e ha lasciato alla «piazza» la possibilità di sostituire la democrazia con l’oclocrazia (il governo della plebe). Ovviamente una vera oclocrazia non esiste, tutte le folle sono sempre controllate da forze dietro le quinte, che le usano solo per il tempo strettamente necessario a raggiungere i loro obiettivi.
Le forze che tentano attualmente di destituire, rovesciare o assassinare il presidente Trump costituiscono un pericolo evidente e attuale per gli Stati Uniti come paese e per la Repubblica federale degli Stati Uniti. Esse sono, per usare una espressione russa, un tipo di opposizione «anti-sistema» che non si rassegna ad accettare il risultato elettorale e si oppone, rifiutando questo risultato, all’insieme del sistema politico.
Io non sono un cittadino degli Stati Uniti (potrei esserlo ma rifiuto per principio questa cittadinanza non volendo prestare giuramento di fedeltà) e l’unica lealtà che devo a questo paese è quella dovuta da un ospite: non recare mai ad esso deliberatamente pregiudizio e obbedire alle sue leggi. E però mi ripugna vedere fino a che punto sia stato facile spingere milioni di Statunitensi contro il loro stesso paese. Ho scritto molto della russofobia in questo blog, ma vedo adesso anche una «americanofobia» o una «USfobia» profondamente radicata nelle parole e negli atti di coloro che oggi dicono che Trump non è il loro presidente. Per essi, la loro micro-identità di «progressista» o di «gay» o di «afro-americano» conta più dei principi fondamentali sui quali questo paese è stato fondato. Quando vedo queste folle di detrattori di Trump, vedo un odio puro e feroce, non dell’Impero anglo-sionista o di una plutocrazia camuffata da democrazia, ma un odio per quello che chiamerei l’«America semplice» o l’«America del quotidiano» – le persone semplici tra le quali vivo da molti anni e che ho imparato a rispettare ed apprezzare, e che i fan di Clinton definiscono «deplorevoli».
Mi impressiona vedere che le pseudo élite statunitensi prova tanto odio, tanto disprezzo e paura nei confronti delle masse statunitensi, quanto ne provano le pseudo élite russe nei confronti delle masse russe (l’equivalente russo dei «deplorevoli» di Hillary è una parola difficile da pronunciare dagli anglosassoni «быдло», qualcosa come «gregge», «straccioni» o «plebe»). Mi sorprende anche di vedere che, le stesse persone che hanno demonizzato Putin per anni, adesso demonizzano Trump ricorrendo esattamente agli stessi metodi. E se il loro stesso paese rischia di essere distrutto nella guerra che combattono contro le persone ordinarie – così sia! Queste sedicenti élite non avranno alcuno scrupolo a distruggere il paese che hanno parassitato e sfruttato per i loro interessi di classe. Hanno fatto esattamente la stessa cosa alla Russia esattamente 100 anni fa, nel 1917. Spero che non la passeranno liscia nel 2017.