Trump e il Medio Oriente : che cosa racconta il libro di Michael Wolff
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Middle East Eye, 5 gennaio 2018 (trad.ossin)
Trump e il Medio Oriente : che cosa racconta il libro di Michael Wolff
Areeb Ullah e Dania Akkad
L’attacco missilistico contro la Siria, le lotte interne sulla questione del processo di pace o ancora i retroscena della festa organizzata a Riyadh : il libro di Michael Wolff la dice lunga su Trump e il Medio Oriente
La politica estera del presidente Donald Trump è stata descritta come « un nauseabondo guazzabuglio di pensieri » in Fire and Fury, il saggio sui primi nove mesi dell’amministrazione Trump, scritto da Michael Wolff – che ha ricevuto minacce dalla Casa Bianca.
Donald Trump ha negato tutto, definendo il libro come « pieno di bugie » e di « falsità ».
I authorized Zero access to White House (actually turned him down many times) for author of phony book! I never spoke to him for book. Full of lies, misrepresentations and sources that don’t exist. Look at this guy’s past and watch what happens to him and Sloppy Steve!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 5 gennaio 2018
Traduzione : « Ho autorizzato zero accessi alla Casa Bianca (infatti li ho negati diverse volte) all’autore di questo libro bidone ! Non gli ho mai rilasciato interviste per un libro. Pieno di bugie, falsità e fonti inesistenti. Esaminate il passato di questo tizio e guardate cose gli succede, a lui e a Steve lo sciatto [soprannome che ha affibbiato al suo ex consigliere Steve Bannon] »
Ma venerdì Wolff ha ringraziato il presidente USA per avere fatto salire le vendite, mentre il libro riempiva i negozi con quattro giorni di anticipo, in un clima di rivelazioni e battage pubblicitario.
Here we go. You can buy it (and read it) tomorrow. Thank you, Mr. President.
— Michael Wolff (@MichaelWolffNYC) 4 gennaio 2018
Traduzione : « Eccoci. Può comprarlo (e leggerlo) da domani. Grazie signor Presidente »
Questo libro parla di molte cose, compreso il modo in cui il cerchio magico di Trump ha affermato che gli ultimi tre presidenti USA avevano « sbagliato tutto in Medio Oriente ».
Dall’ordine di Trump di un attacco missilistico contro una base aerea siriana, a come il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman è diventato il « cocco » degli USA, ecco cosa apprendiamo sulla visione di Trump del Medio Oriente – e delle guerre interne che talvolta l’hanno prodotta.
1. E’ win win per Trump e il saudita MBS
Wolff descrive la sinergia tra il principe ereditario Mohammed bin Salman (MBS) e il clan Trump come alimentata dal fatto che nessuno di essi sapeva granché di quello che stavano facendo :
« Quando MBS si è offerto a [Jared] Kushner per il ruolo di amico degli USA nel regno saudita, è stato come “incontrare qualcuno di carino il tuo primo giorno di collegio’’, ha detto l’amico di Kushner.
Una volta che MBS ha assicurato al gruppo di Trump che avrebbe « davvero consegnato buone notizie », è stato invitato alla Casa Bianca, quando Trump et MBS « si sono scoperti amicissimi ».
« Fu un momento di diplomazie aggressive. MBS ha usato l’abbraccio di Trump come una carta nel suo gioco di potere interno. E la Casa Bianca di Trump, negando tutto, lo ha lasciato fare ».
« In cambio MBS gli ha offerto un paniere di contratti e annunci che avrebbero opportunamente coinciso con una visita presidenziale in Arabia Saudita – primo viaggio all’estero di Trump. Trump avrebbe avuto tutto da guadagnare ».
2. MBS ha avuto da Trump il via libera per « intimidire » il Qatar
Trump avrebbe dato al principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, il via libera per « intimidire il Qatar » e avviare purghe nella famiglia reale e tra l’élite economica saudita. Wolff scrive questo :
« Il presidente, ignorando, addirittura anche sfidando i suoi consiglieri di politica estera, ha approvato il progetto saudita di intimidire il Qatar. Trump era convinto che il Qatar finanziasse i gruppi terroristi – senza prestare attenzione ad una storia saudita del tutto simile (solo alcuni membri della famiglia reale saudita avevano fornito uguale sostegno, è la sostanza del nuovo ragionamento) ».
Alcune settimane dopo aver visitato Riyadh, Trump raccontava ai suoi amici che Kushner e lui avevano orchestrato l’ascesa al potere di MBS per farlo diventare principe ereditario saudita ed erede al trono saudita.
3. La guerra Bannon-Kushner sui colloqui di pace
Affidando al genero Jared Kushner il dossier della pace in Medio Oriente, Trump sapeva che gli avrebbe procurato dei problemi. Il presentatore di Fox News, Tucker Carlson, ha detto scherzando che il presidente « non aveva fatto alcun regalo a Kushner ».
« Lo so », ha risposto Trump, apprezzando la battuta.
« Il presidente lo ha scelto perché è ebreo, lo ha premiato per essere ebreo, gli ha affidato una missione impossibile perché ebreo – contando anche sullo stereotipo del talento negoziale degli ebrei. ‘’Henry Kissinger sostiene che Jared diventerà il nuovo Henry Kissinger’’, ha detto Trump più di una volta, che è piuttosto un complimento combinato ad un insulto ».
Nel frattempo il capo stratega di Trump, Steve Bannon – tacciato di antisemitismo da Kushner, secondo Wolff – « si affrettava a sparargli contro » su questo tema dei colloqui di pace. Bannon era in combutta col magnate dei casinò, Sheldon Adelson, che « denigrava sistematicamente le motivazioni e le capacità di Kushner » – ma Trump si ostinava nel pretendere che Kushner facesse riferimento ad Adelson, creando così un circolo vizioso.
« Il tentativo di Bannon di assumere il ruolo del ‘più forte’ nella questione Israele sconcertava molto Kushner, cresciuto in un ambiente ebraico ortodosso », scrive Wolff. « Secondo Kushner, la difesa di Israele da parte di un Bannon chiaramente di destra, per di più approvata da Trump, era diventata come una specie di mossa jujutsu antisemita diretta specificamente contro di lui ».
4. « Gerusalemme il primo giorno »
Secondo il libro, lo stratega della Casa Bianca, Bannon, ha dichiarato all’ex Direttore Generale di Fox News, Roger Ailes, che « la prima cosa che Trump avrebbe fatto sarebbe stato di spostare l’ambasciata a Gerusalemme ». Parlando candidamente con Ailes, nel corso di un pranzo che si è scoperto poi essere stato organizzato da Wolff, Bannon ha fornito la sua visione su come Trump avrebbe rimodellato il Medio Oriente :
« Lascia che la Giordania si prenda la Cisgiordania, che l’Egitto si prenda Gaza. Lascia che se ne occupino. O affondino con loro. I sauditi sono sull’orlo, gli Egiziani sono sull’orlo, hanno tutti una fifa blu della Persia... Yemen, Sinai, Libia... sono fatti sporchi... Ecco perché la Russia gioca un ruolo chiave... La Russia è cattiva ? Sono cattivi, ma il mondo è pieno di cattivi ».
5. La Turchia non sa cosa pensare di Trump
All’inizio del periodo di transizione, scrive Michael Wolff, un alto funzionario turco, « in uno stato di totale confusione », interpellò un importante uomo d’affari statunitense su come si poteva influenzare la Casa Bianca di Trump.
L’alto funzionario chiese « se la Turchia avrebbe avuto migliori chance facendo pressioni sulla presenza militare USA in Turchia, oppure offrendo al presidente un invidiabile soggiorno alberghiero sul Bosforo ».
La Turchia, nonostante vari tentativi, non è riuscita a fare pressione sugli Stati Uniti per ottenere l’estradizione di Fethullah Gülen, residente in Pennsylvania e presunta mente del tentativo di colpo di Stato fallito del luglio 2016.
6. Le radici dell’odio di Trump verso l’Iran
La retorica ostile di Trump verso l’Iran ha definito la sua politica estera. Wolff sostiene che, sotto la tutela dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, Trump ha appreso che « il cattivo, è l’Iran ».
Trump è giunto anche « a credere che chiunque si opponesse all’Iran fosse un bravo ragazzo ».
7. Il Medio Oriente: un gioco con quattro soli giocatori
Il cerchio magico di Trump ha ridotto il Medio Oriente a « questi quattro soli giocatori » : Egitto, Israele, Arabia Saudita e Iran.
Ritenevano che i primi tre si sarebbero uniti contro Teheran e speravano che Egitto e Arabia Saudita non avrebbero interferito con gli interessi USA, fintanto che avesse avuto successo con l’Iran. Wolff ha scritto che questa nuova posizione sul Medio Oriente rappresenta:
« Un nauseabondo guazzabuglio di pensieri ». L’isolazionismo di Bannon (andate tutti al diavolo – e noi teniamoci a distanza), l’anti-iranismo di Flynn (di tutte le perfidie e le perniciosità del mondo, quelle dei mullah sono le peggiori), e il kissingerismo di Kushner (più che kissigeriano, non avendo opinioni personali, Kushner si sforza piuttosto di seguire coscienziosamente quelle dell’ex consigliere di 94 anni) ».
8. Come Trump è arrivato ad attaccare la Siria
In seguito all’attacco chimico del 4 aprile 2017 contro la città siriana di Khan Sheikhoun, Trump ha preso la decisione senza precedenti di lanciare missili Tomahawk contro una base aerea del governo siriano.
Wolff spiega che all’inizio Trump non sapeva bene cosa fare, ma poi:
« Nel tardo pomeriggio, Ivanka [Trump] e Dina [Powell, consigliere aggiunto per la Sicurezza nazionale] gli hanno presentato una relazione che Bannon, disgustato, ha riassunto come una serie di foto di bambini che schiumavano dalla bocca. Quando le due donne hanno presentato questa relazione, il presidente l’ha guardata e riguardata, come ipnotizzato. Osservando la reazione del presidente, Bannon ha visto il Trumpismo dissolversi dinanzi ai suoi occhi ».
Dopo un’ulteriore discussione, il 6 aprile, scrive Wolff, Trump ha ordinato di attaccare per il giorno successivo.
« Alla fine della riunione, presa la decisione, Trump, in uno stato d’animo gioviale, è tornato a discutere coi giornalisti che viaggiavano con lui sull’Air Force One. In modo canzonatorio, si è rifiutato di rivelare loro cosa contava di fare in Siria ».
L’attacco è avvenuto mentre Trump intratteneva il presidente cinese a Mar-a-Lago, sua residenza in Florida. Terminato l’incontro, Trump ha posato per qualche foto insieme ad alcuni consiglieri e membri del suo gruppo. Nel frattempo, scrive Wolff : « Steve Bannon restava seduto al suo posto, a tavola, e frenava la rabbia, disgustato da questa messa in scena nella quale vedeva solo una disgustosa impostura ».
La politica estera di Trump in Medio Oriente è sembrata talvolta imprevedibile. Ma, in occasione di questo attacco alla Siria, scrive Wolff: « Il personale presidenziale della sicurezza nazionale era ancora più sollevato. Il loro presidente imprevedibile sembrava quasi prevedibili. Il presidente ingestibile, gestibile".
9. Divieto di viaggio per i mussulmani: Bannon voleva manifestazioni negli aeroporti
Lo stratega capo della Casa Bianca, Steve Bannon, era ostinatamente determinato a far varare il decreto esecutivo che vietava ai mussulmani di alcuni paesi di fare ingresso negli Stati Uniti – ma c’era un problema.
« Bannon non sapeva davvero come fare – cambiare le regole e la legge. Questa difficoltà, Bannon aveva capito, poteva essere facilmente utilizzata per contrastare il loro piano. Il loro nemico era la procedura. Allora perché non lanciarsi - al diavolo in che modo – e lanciarsi senza attendere ancora, ecco la più forte delle contromisure ! ».
Bannon, che secondo Wolff non ha mai usato un computer, ha incaricato il consigliere politico della Casa Bianca, Stephen Miller, « di fare una ricerca in internet e tentare di redigere l’EO (Executive Order) ».
Il giorno in cui il decreto è stato firmato, il 27 gennaio, gran parte del personale della Casa Bianca chiedeva spiegazioni sulla scelta di promulgarlo di venerdì, « giorno in cui gli aeroporti ne avrebbero patito maggiormente le conseguenze, cosa che avrebbe suscitato il massimo delle proteste ». Wolff scrive:
« Eh… Ecco perché », ha risposto Bannon. « Proprio perché i ‘’fiocchi di neve’’ [la generazione diventata adulta negli anni 2010, espressione derisoria usata dai partigiani di Trump per definire gli avversari] si presentino negli aeroporti e provochino disordini ».
10. Segretario Haley, ambasciatore Powell ?
L’ambasciatrice all’ONU Nikki Haley, che un collaboratore di alto rango definisce « ambiziosa come Lucifero », è stata introdotta nel cerchio magico di Trump dalla figlia del presidente, Ivanka, che Haley « corteggiava e di cui era diventata amica ».
Haley, secondo Wolff, era giunta alla conclusione che Trump avrebbe avuto solo un mandato – forse meno – e « che poteva essere lei, se si fosse mostrata sufficientemente sottomessa, a raccoglierne l’eredità ». I Trump, però, avevano idee diverse.
« Haley, come era diventato sempre più evidente al gruppo che si occupa di politica estera e di sicurezza nazionale, era la scelta della famiglia per il posto di Segretario di Stato, dopo le inevitabili dimissioni di Rex Tillerson (allo stesso modo, Dina Powell avrebbe approfittato del rimpasto per sostituire Haley all’ONU). »
Bannon era talmente preoccupato che Haley avrebbe potuto dimostrarsi molto più astute di Trump, scrive Wolff, che ha insistito per il direttore della CIA, Mike Pompeo, nominato da Trump, come sostituto del Segretario di Stato Tillerson se – o più probabilmente quando – avesse finito col dimettersi.
11. Auto Golf… placate in oro
Durante il primo viaggio di Trump all’estero, per recarsi allo storico summit di Riyadh, nel maggio 2017, e davanti al globo oramai famoso sul quale i leader riuniti hanno posato le loro mani, la famiglia presidenziale, compresi Jared Kushner e la moglie Ivanka, « sono stati trasportati a bordo di auto Golf placcate in oro », e i Sauditi hanno organizzato in onore di Trump una festa costata 75 milioni di dollari, completa di una sedia simile a un trono su cui sedeva il presidente.
« Il presidente ha telefonato a casa per dire agli amici che tutto andava bene e che tutto era facile e che Obama aveva, in modo inspiegabile e sospetto, incasinato tutto ».