Attentati di Bruxelles: il naufragio dell’Europa
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Analisi, marzo 2016 - La cortina di fumo sollevata dagli attentati l’aiuta a nascondere il naufragio, con gli appelli a serrare i ranghi. Ma si possono serrare a lungo i ranghi dietro il vuoto? (nella foto, l'aeroporto di Zaventem dopo le esplosioni)
Entrefilets, 23 marzo 2016 (trad. ossin)
Attentati di Bruxelles: il naufragio dell’Europa
“L’Unione Europea e le istituzioni devono restare e resteranno unite di fronte al terrore”. All’indomani degli attentati di Bruxelles, questo era il messaggio del presidente Juncker. Era peraltro anche quello di Cameron, Flanby e di altri kaiser, rilanciato ovviamente a tutta forza dai loro chierici mediatici. Si passa dal “Je suis Charlie” al “Je suis Européen”. E sia. Salvo che questo atteggiamento rivela soprattutto come tutta questa piccola casta senta confusamente che le cose vanno male, molto male, per questa Unione e queste Istituzioni che “devono restare unite” verso e contro tutto, anche i popoli. La cortina di fumo sollevata dagli attentati l’aiuta a nascondere il naufragio, con gli appelli a serrare i ranghi. Ma si possono serrare a lungo i ranghi dietro il vuoto?
Un lungo sguardo sui fatti
L’emozione suscitata da un attentato sospende tutto. Soprattutto la capacità di riflessione. Inoltre i Poteri strumentalizzano sempre a oltranza questo tipo di avvenimenti, il bagliore di questi istanti di presente assoluto, questo Big Now come dicono gli anglo-sassoni, questo istantaneo carico di violenza e di dolore che consente di eliminare tutto, a cominciare dalle cause di cui si deplorano gli effetti, e anche le responsabilità.
E’ questo che permette agli Statunitensi di deplorare il caos iracheno o siriano come se non c’entrassero per niente, ai Francesi di fare lo stesso con la Libia, quando in ciascuno di questi casi la loro responsabilità è piena e intera.
Ora, questo lungo sguardo sui fatti che oggi nessuno vuole, avrebbe molto da dirci. Soprattutto per ricordarci per esempio che, nel corso degli ultimi quaranta anni, i gloriosi eserciti occidentali hanno sterminato direttamente o indirettamente tra i 2 ai 4 milioni di persone in tutto il mondo, in stragrande maggioranza mussulmane. Per la libertà e la democrazia, certo. E se questo non può evidentemente giustificare il terrorismo, resta comunque evidente che ha ampiamente contribuito a fabbricarlo.
Per decenni gli USA e i loro zelatori hanno infatti sostenuto, finanziato, inquadrato e armato gli islamisti più radicali, li hanno usati dovunque contro i nazionalisti nel loro Gran Gioco mediorientale, e anche oltre. E quando i gruppi più estremi hanno finito con l’emanciparsi per seguire loro proprie agende, si è continuato a strumentalizzarli, qui e là, cercando indubbiamente di assicurarsi i dividendi degli investimenti fatti, in una logica puramente liberale, per non rimetterci.
E poi patatrac, ecco che Daesh esce allo scoperto.
E’ un fatto grosso, per niente più sotto controllo, ma che importa. In quel momento il Big Now è “Abbasso Bachar el-Assad”, E si è chiaramente pronti a sacrificare un milione di Siriani per ottenerlo. Questione di principio! In realtà, ma non ditelo ai pennivendoli allucinati di Libé o di Le Monde, il detto principio si riassume in un oleodotto che vale tanti soldi, tanti tanti soldi, alimentando di gas l’Europa senza passare per il territorio russo. Allora si prende tempo per capitalizzare, e ci si dà il tempo di vederlo realizzare a colpi di decine di migliaia di morti in Siria. E finisce con il realizzarsi, perché tutto finisce con il realizzarsi. Ma non proprio come ce lo si attendeva.
A Parigi, poi a Bruxelles, dunque.
Disillusione e sfiducia
L’Europa si ritrova così attaccata. Lei che, dopo l’inizio delle violente spedizioni punitive USA in Medio Oriente, ha giocato soprattutto la carta USA, prendendo perfino l’iniziativa di distruggere la Libia e proclamare, attraverso la voce del Saggio Fabius, la propria ammirazione per i macellai di al-Nusra che facevano un “buon lavoro in Siria”.
Quell’Europa che, coi suoi errori geopolitici e i suoi piccoli intrallazzi segreti tipo TTIP, ha anche rivelato tutto il suo potenziale autoritario, negando progressivamente ai popoli il diritto alla parola, riducendo alla fame i suoi membri meno docili, imponendo a tutti quel concetto di “sovranità limitata”, che sembrava confinato esclusivamente alla storia sovietica.
E’ a questo punto che giunge la crisi dei migranti (direttamente provocata dalle spedizioni punitive dell’Occidente nei paesi arabi e dalla sue proxy-wars) e “l’anno porte aperte” decretato dalla Merkel, anche per i 2000 o 3000 “daeshisti” invitati al viaggio sulla base delle stime impazzite dei servizi di informazione europei. Ma che importa. Perché anche qui, dietro la maschera virtuosa della cancelliera, è facile indovinare soprattutto l’appetito per una mano d’opera a buon mercato sulla quale si conta per ridurre i salari e pagare le pensioni di un’Europa che non fa più figli.
Le lacrime di Mogherini
Il massacro di Bruxelles giunge proprio in questo contesto di naufragio del Titanic europeo.
Apprendendo la notizia, il capo della diplomazia europea si è sciolta in lacrime (1). Commovente per forza, siamo quanto meno i buoni della storia.
Salvo che non si sa alla fine davvero per che cosa piangeva Mogherini.
Sulle milioni di morti provocate dall’Impero e dai suoi complici? Sui morti di Parigi o di Bruxelles? O sullo spettacolo di un’Europa che va in pezzi, che si sgretola pietosamente sotto il peso delle sue pessime politiche, delle sue scelte di merda e della sua anima persa.
Ognuno avrà senz’altro molto tempo per pensarci, a queste lacrime e ad altre meno sospette, quelle delle vere vittime della politica assassina del Sistema atlantista che ancora scorreranno qui e altrove.
Perché, secondo un responsabile francese della lotta antiterrorismo, l’Europa “subirà un’ondata di terrorismo assai potente, che solo parzialmente si potrà contenere”.
“Siamo sopraffatti”, dice (2)
La cortina di fumo è dunque destinata a durare, con tutte le tentazioni totalitarie che si offriranno a questa élite smarrita per fare in modo che “L’Unione Europea e le sue istituzioni possano sopravvivere”, vale a dire soprattutto i loro privilegi.
Salvo che, oltre il terrore, il naufragio proseguirà, ineluttabile, fino a che i popoli finalmente rivendicheranno nuovamente il loro diritto a disporre di loro stessi.