Violenza percepita (o no)
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Intervento, 10 gennaio 2018 - Viviamo in tempi violenti, non ci sono dubbi, ma altrove questa violenza viene trattata più sobriamente, mentre a Napoli finisce col dominare il discorso pubblico. (nella foto, l'albero di Natale di piazzale Ferrara a Milano, vandalizzato e dato alle fiamme)
Corriere del Mezzogiorno (editoriale), 9 gennaio 2018
Violenza percepita (o no)
Nicola Quatrano
Nella notte di Capodanno, a Crotone, una bambina di 7 anni è stata colpita al torace da un proiettile vagante mentre festeggiava con la famiglia sul balcone di casa. A Milano, teppisti hanno incendiato 25 cassonetti con bombe carta e (addirittura) bottiglie molotov, scaraventandone altri nei Navigli. A Torino, una vera e propria battaglia con l’uso di botti illegali (e anche armi da fuoco), ha sconvolto via delle Querce, mandando in frantumi i vetri di 30 appartamenti circostanti. A Genova, due minorenni sono stati ricoverati in ospedale per overdose di alcolici.
E non solo a Capodanno. Le baby gang imperversano tutti i giorni a Milano, basta leggere le cronache locali, e i teppisti sono di casa a Torino, dove però, quando gettano nel fiume, o dai cavalcavia, le biciclette messe a disposizione gratuitamente dal comune, invece che “criminali con lo sguardo carico di violenza”, vengono più cautamente definiti “buontemponi” o “dadaisti”. L’uomo di 37 anni che, ad Avellino, è stato ferito da un proiettile, mentre festeggiava il nuovo anno nel cortile di casa, se l’è vista davvero brutta, almeno quanto Vincenzo Natale che, a Napoli, ha subito la medesima sorte. Ma lì non si è parlato di “stese”, e nessun giornale è andato a raccoglierne lo sfogo (peraltro giustificatissimo), sebbene sia probabile che anche lui abbia pensato, almeno per un momento, di cambiare città.
Viviamo in tempi violenti, non ci sono dubbi, ma altrove questa violenza viene trattata più sobriamente, mentre a Napoli finisce col dominare il discorso pubblico. Esagero? O forse sottovaluto la specificità napoletana? Può darsi. Ma so anche che è il “modo” in cui un fenomeno viene presentato dai media a conferirgli forma e sostanza, a creare “la percezione”, contribuendo perfino a determinarne gli esiti.
Ricordo che, il 15 febbraio 1898 nel porto di La Havana, un’esplosione accidentale (come ha dimostrato un’inchiesta postuma) nella stiva della corazzata statunitense Maine provocò la morte di 268 marinai. William Randolph Hearst (nella foto a destra, ritenuto, con Joseph Pulitzer, il padre del giornalismo scandalistico o “Yellow Journalism”) dirigeva il New York Journal e montò la storia che era stata un’aggressione della Spagna, descrivendo la situazione come quella di una guerra oramai in atto. Quando spedì a Cuba Frederick Remington per fare delle foto, questi gli scrisse che non riusciva a trovarla questa guerra. “Tu dammi le fotografie”, fu la replica famosa di Hearst, “e io ti darò la guerra”. Risultato: poco dopo scoppiò il conflitto ispano-americano.
Una “percezione” sbagliata e non verificata è capace di creare finti eroi e poi magari di trasformarli in mostri. Da questo unto di vista, il 2017 è stato l’anno di Chris Parker. E’ il vagabondo che, il 22 maggio 2017 a Manchester, si diede da fare per aiutare alcune vittime dell’attentato terrorista che aveva provocato 23 morti e 250 feriti tra il pubblico di un concerto di Ariana Grande. Venne acclamato dai media. Ora però viene fuori, dalle immagini del sistema di videosorveglianza, che ne approfittò anche per rubare una borsetta e una carta di credito, usata per comprarsi un panino. Con grande delusione di tutti noi che abbiamo dovuto rinunciare a un altro eroe. E sì che ne avevamo tanto bisogno, per questo ce lo siamo inventato. Quest’uomo ci rassicurava, dimostrava che un briciolo di umanità residuava in un mondo dove perfino i bambini diventano un bersaglio. Abbiamo voluto vedere in lui l’Amore che trionfava sull’Odio di chi giunge ad uccidersi pur di colpirci. Fu un giudizio superficiale, ma definirlo oggi un “avvoltoio” è ugualmente affrettato.
Qualcosa di simile accade in questi giorni con l’immagine virale di una donna iraniana che si toglie il velo, diventata il logo di una presunta “Primavera iraniana”. Abbiamo voluto vedere in essa il simbolo di una lotta fatta in nome dei nostri valori, una lotta per assomigliarci. Ma è una bufala, la foto essendo stata quasi certamente riciclata dalle manifestazioni del 2009, animate dai progressisti contro la rielezione di Ahmadinejad. E si sarebbe dovuto ben capirlo, se solo ci si fosse basati sui fatti, perché le rivendicazioni attuali hanno carattere economico e sociale, più che politico, e sono state “spinte” dai conservatori contro le riforme liberiste del progressista Rohani che ha, tra l’altro, quasi abolito l’obbligo del velo.
Dunque la percezione inganna, e tende per lo più a conformarsi ai nostri pregiudizi o bisogni. Meglio attenersi ai fatti, che è già tanto difficile. E conviene mantenere un profilo di sobrietà, per non creare ulteriore confusione nell’animo già confuso della gente. Evitando di enfatizzare oltremisura episodi sgradevoli e allarmanti. I titoloni sui giornali assicurano forse la vendita di qualche copia in più, facilitano magari qualche carriera, ma non credo facciano bene alla città.
A proposito, alberi di Natale negli spazi pubblici sono stati rubati o vandalizzati un po’ dovunque, dalle Alpi al Canale di Sicilia, non solo a Napoli.