I retroscena della campagna contro le fake news
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Analisi, 30 aprile 2018 - «Il potere al di sopra del potere è la capacità di determinare le credenze collettive. E’ sovrano colui che dice: là c’è il bene, il bello e il vero, anche quando questo bene sia invece male, questo bello sia brutto, questo vero sia falso».
Rivista "Methode", 23 aprile 2018 (trad.ossin)
I retroscena della campagna contro le fake news
Thierry Thodinor
« Il potere al di sopra del potere è la capacità di determinare le credenze collettive. E’ sovrano colui che dice: là c’è il bene, il bello e il vero, anche quando questo bene sia invece male, questo bello sia brutto, questo vero sia falso ». [Pierre Bousquet, Colloque de l’Iliade, aprile 2018]
Da queste legge ferrea discende la nostra attuale e patetica sceneggiata delle fake news. Vediamo come.
Della necessità di un gulag mentale
Nella post-democrazia mondializzata, la cibernetica è un metodo di governo. Essa fabbrica il consenso e si basa, per far ciò, su due pilastri associati al mondo dell’informazione: la sorveglianza panoptica della popolazione e il controllo dell’informazione destinato a formare l’opinione pubblica.
La sorveglianza panoptica ha una vocazione operativa e ha, come attore essenziale, il complesso militar-industriale statunitense inteso in senso largo: agenzie di informazione, imprese di difesa, Pentagono e società « innovative » della Silicon Valley (come Palantir, Google, Facebook, ecc…) specializzate nel trattamento dei big data.
Le funzioni di sorveglianza e di propaganda non sono certo indipendenti: è dunque altamente probabile che le società incaricate di « gestire le percezioni » per conto del Pentagono abbiano accesso ai dati raccolti dalla NSA e dalla CIA nel corso della loro attività di sorveglianza di massa. Allo stesso modo, il reclutamento di comparse e milizie neo-naziste da utilizzare nell’operazione Euromaidan (la rivoluzione “colorata” in Ucraina, ndt), e il loro coordinamento sul campo, è stata una coproduzione Dipartimento di Stato-ONG-media-servizi segreti USA (5 miliardi di investimento, secondo la stessa Victoria Nuland). [Leggi in proposito il notevole Retour sur Maïdan di Lucien Cerise pubblicato per le Éditions du retour aux sources].
Un’impresa di guerra senza fine sotto anestesia mediatica
E’ importante a questo punto capire che operazioni militari promosse da Washington, operazioni clandestine, e operazioni di « gestione delle percezioni » sono le armi combinate di una ideologia che pretende di convertire, con le buone o con le cattive, i popoli alle delizie della democrazia di mercato, paravento di una prassi di mercificazione universale e di accaparramento delle risorse naturali.
Gli Stati Uniti vivono in economia di guerra già da una quindicina d’anni. Auspice un piano di « Rivoluzione negli affari militari » redatto nel 2001, la funzione dell’esercito USA è mutata : esso è stato posto al servizio di un racket planetario delle risorse naturali (materie prime e alimentari). Una oligarchia finanziaria (gli « investitori istituzionali ») depreda il mondo sistematicamente; questi attori (banche, fondi pensione, compagnie di assicurazione e altri hedge funds) intervengono massicciamente nel mercato delle merci e detengono fisicamente stock di materie prime; centrali elettriche; raffinerie di petrolio; flotte di petroliere; oleodotti; chiatte e terminali di gas e petrolio; depositi di stoccaggio di semi, di metalli, ecc., in un contesto di deregulation finanziaria.
Dopo la sfrenata speculazione di Goldman Sachs negli anni 2000 sui prodotti alimentari, oggi è l’edificazione di un mercato borsistico dell’acqua nel mirino di Wall Street, con la complicità di organizzazioni internazionali (FMI e Banca mondiale) che pretendono da Stati deboli la privatizzazione delle loro risorse.
Il progetto capitalista, venduto alle popolazioni del mondo con il marchio democratico (economia di abbondanza fondata su una crescita illimitata), si basa interamente su una predazione senza fine del nostro ecosistema – già segnato da una crisi di scarsità (acqua, spazio, energia). E richiede necessariamente una guerra alle sovranità popolari e agli Stati-nazione.
In tutto il Medio Oriente, già è cominciata la distruzione degli Stati, e questo processo va estendendosi anche ad altre regioni: Filippine, Birmania, Venezuela, ecc.
Per contro, se le risorse delle immensità russe suscitano molti appetite, esse – e questo non è senza conseguenze nelle vicende di cui stiamo parlando – sono state contrastate dalla salita al potere di Vladimir Putin, che ha posto termine allo sfruttamento del paese da parte dell’internazionale oligarchica (vedi soprattutto la vicenda Khodorkovsky). La Russia dispone di tutte le risorse che le permetteranno di resistere alla crisi di scarsità che si avvicina e non ha alcun bisogno dell’Occidente. Ma l’Occidente ha bisogno di neutralizzarla e di accaparrarsi le sue ricchezze. La Russia putiniana è quindi una buona candidata alla demonizzazione, giacché nessuna aggressione militare diretta è pensabile contro di essa.
Un simile sistema predatorio, immaginato da guerrafondai, può sopravvivere solo grazie ad un controllo permanente del cervello dei « cittadini » che versano il loro sangue e pagano le imposte. Una perdita di controllo ideologico è inconcepibile: porterebbe con sé la perdita di autorità delle élite e una messa in discussione radicale della legittimità del progetto mondialista. Occorre dunque costruire (e difendere) le condizioni di un gulag mentale idoneo a suscitare un sostegno emotivo delle masse. Benvenuti nello stampo.
Ma l’arte di manipolare è più sottile di quella di sorvegliare. Bisogna essere in grado di imporre l’agenda mediatica – le questioni di cui si parla e la loro gerarchia. Occorre anche (quindi) giungere ad un monopolio informativo.
Soprattutto bisogna fare tutto questo di nascosto, celando i retroscena e l’oscenità della vera posta in gioco: mercificazione generalizzata, asservimento degli Stati col debito, racket mondiale dei beni di prima necessità, distruzione dell’ecosistema.
E’ l’agenda di una finanza delinquente, vagabonda e sregolata, che divora l’economia reale e distrugge l’interesse generale su scala planetaria, e che bisogna camuffare dietro lo schermo della guerra « democratica ».
L’illusione democratica viene alimentata da un accesso moltiplicato ad una informazione povera in tempo reale (canali di hard news) condita di titytainment (1) (niente televisione militarizzata) e di satira liberal-libertaria (esprit Canal) (canale televisivo francese di ispirazione radical chic, ndt).
Si strappa il velo che nasconde lo stampo
Ma ecco che nel mondo incantato dei grandi media piombano due fulmini a ciel sereno successivi − Brexit ed elezione di Trump – che segnalano una possibile secessione informativa dell’opinione pubblica: i popoli del cuore anglosassone dell’Impero votano male e voltano le spalle alle scelte dell’oligarchia, compiacentemente rilanciate dal 95% degli editorialisti autorizzati.
Il « circolo della ragione » atlantista perde il controllo ideologico dell’opinione pubblica, proprio nel momento in cui occorre scatenare guerre senza fine.
Diventa quindi urgente costruire una narrazione che consenta una rivincita all’ideologia dominante: l’opinione pubblica è stata ingannata dalle «fake news».
Tutto improvvisamente si rovescia:
• Le teorie del complotto, tanto denigrate fino a quel punto perché puzzavano di « populismo », diventano dottrina di Stato, mentre i diabolici burattinai russi entrano in scena nella riscrittura della storia elettorale recente.
• Il giudizio sulle reti sociali – considerate tanto corrette e opportune quando si trattava di agitare le masse arabe nelle operazioni delle « primavere » democratiche – si rovescia immediatamente. Dopo averli strumentalizzati, si mettono spudoratamente Twitter e Facebook alla gogna per non avere filtrato informazioni e opinioni inaccettabili.
Appena si strappa il velo che nasconde lo stampo, diventa necessario sterilizzare, ma di nascosto, il 1° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che garantisce la libertà di espressione. Internet e soprattutto le reti sociali vengono messe sotto stretta sorveglianza. Tanto più che i media dominanti (media mainstream o MSM), strumenti di propaganda dell’oligarchia, sono dei giganti dai piedi d’argilla.
La quercia della favola sono i grandi media, il giunco è la rete.
Musicato negli Stati Uniti e nei paesi satelliti (UE, NATO), la campagna delle fake news mette in prima linea i GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon), giacché Internet è l’ultimo spazio in cui la parola ufficiale può ancora essere messa in dubbio e dove viene contestata la legittimità degli interventi militari USA.
Maccartismo planetario
Bisogna allora ricordare che Google e Facebook sono nati grazie a sussidi dei servizi segreti USA e, da questo punto di vista, possono essere considerati emanazioni del complesso militar-industriale statunitense.
Queste multinazionali del web sono oramai invitate a realizzare una censura privata che ha il vantaggio di intervenire a priori, mentre la censura pubblica interviene solo a posteriori. Vale a dire, da un punto di vista informativo, una volta che il male è fatto!
Google metterà quindi in evidenza, nei risultati di ricerca, notizie accettate, facendo sparire le altre, considerate fake, nei meandri di Internet.
Il 24 novembre 2016, il Washington Post lancia la nuova caccia alle streghe. Rilancia, dalle sue colonne – senza la minima verifica dei fatti e dell’identità dei denuncianti – le accuse di un gruppo che si chiama PropOrNot che diffonde una lista di 200 siti di informazione messi alla gogna perché – sembra – diffondono false informazioni a beneficio di una potenza straniera. Nell’occasione, questi siti si sarebbero posti al servizio della propaganda russa con l’obiettivo di intossicare l’opinione pubblica statunitense e far eleggere il candidato Trump.
Questo gruppo oscuro, senza un responsabile identificato e chiaramente costituito ad hoc (il suo sito ha solo un mese di vita), è tuttavia una fonte di informazione poco credibile (infinitamente meno di WikiLeaks, mai colto in fallo, ma primo accusato).
Ecco che cosa dice Thierry Meyssan − un altro accusato – a proposito del gruppo PropOrNot nell’ultimo numero di Horizons et débats :
« Nonostante ‘Propaganda or Not ?’ non pubblichi i nomi dei suoi responsabili, dice però di essere un raggruppamento di quattro organizzazioni: Polygraph, The Interpreter, il Center for European Policy Analysis e il Digital Forensic Research Lab.
Polygraph è un sito di Voice of America, la radio televisione pubblica controllata dal Broadcasting Board of Governors.
The Interpreter è la rivista dell’Institute of Modern Russia, oramai distribuita da Voice of America.
Il Center for European Policy Analysis è uno pseudonimo della National Endowment for Democracy (NED) diretto da Zbigniev Brzezinski e Madeleine Albright.
Infine il Digital Forensic Research Lab è un programma dell’Atlantic Council. »
Un’organizzazione, dunque, in forte odore di CIA.
I siti presi di mira sono essenzialmente fonti di critica della politica estera statunitense o con un approccio alternativo alla politica economica (soprattutto sul debito e la moneta).
Volendo evitare ai suoi lettori dei brutti incontri in Internet, PropOrNot è giunta a offrire una estensione all’esploratore Chrome che consente di segnalare i siti di propaganda estera; il canale CBS segue a ruota, assicurando la promozione di software capaci di segnalare i siti « sospetti ».
La rete PropOrNot chiede anche al Congresso USA e alla Casa Bianca di lavorare con gli alleati europei per estromettere la Russia dal sistema di transazione finanziaria Swift. Questa proposta è come una firma.
Dire una verità scomoda viene oramai assimilato ad un atto di ostilità che esporrà chi lo ha fatto ad uno scontro con lo Stato profondo USA (Dipartimento di Stato, Ministero della difesa, Direzione dei servizi segreti e le tante agenzie militari).
I devianti sono stati promossi: trattati fino a un certo punto come stupidi seguaci delle teorie del complotto, sono stati poi elevati al rango di nemici di Stato.
160 milioni di dollari per il Ministero della verità: la nascita del Global Engagement Center
Deve osservarsi che l’affaire delle fake news prosegue l’operato dei due tentativi falliti di contestare la vittoria di Trump : le manifestazioni « spontanee » nelle megalopoli statunitensi promosse dalle reti Soros (specializzate nelle rivoluzioni colorate), e poi il riconteggio dei voti chiesto dalla candidata Stein. Nonostante i provvidenziali milioni di dollari che hanno reso possibili queste operazioni, esse alla fine hanno confuso i loro promotori.
Restava dunque solo la strada di braccare la dissidenza informatica. Una nuova burocrazia repressiva (il Global Engagement Center) coopererà coi GAFA per perseguire i dissidenti. Questi sessanta milioni di dollari serviranno anche a pagare i mercenari dell’informazione.
A metà dicembre 2016 Facebook ha accettato di bloccare i post che gli saranno segnalati dalla nuova Inquisizione mediatica. I giudici di questa Inquisizione (Associated Press, ABC News,Washington Post,…) valuteranno la pertinenza di una informazione incrociandola con… quanto loro stessi dicono (Associated Press, ABC News, Washington Post,…) insieme a qualche attore indipendente del web, come il famoso promotore di scherzi Snopes, una specie di Factory porno-libertaria assai probabilmente vicina ai milioni di George Soros, proprio come lo è anche la scuola di giornalismo dell’Università di Columbia, grande fornitore di giornalisti del MSM statunitense. Il cerchio si chiude e, come nel caso della finanza internazionale dove i banchieri canaglia « too big to fail » sono protetti dall’autoregolamentazione dei mercati, il controllo dell’informazione resta nelle mani dei media bugiardi: nel mondo liberale, è il pazzo a fare la guardia al manicomio…
Infine, il 6 gennaio 2017, viene pubblicato il tanto atteso rapporto delle agenzie di informazione (CIA, FBI, NSA) sul furto dei dati confidenziali del Partito democratico.
Ne è risultato che Putin preferiva Trump a Clinton e che quindi il GRU avrebbe cercato di perturbare la campagna la campagna di quest’ultima. Comicamente ossessionato dal canale Russia Today (7 pagine del rapporto pubblico su un totale di 13 pagine gli sono dedicati), infarcito di idee generali (la democrazia in pericolo…), il rapporto non cita alcuna fonte né fornisce la minima prova. Perfino il giornale Le Monde ha giudicato il rapporto « molto avaro di rivelazioni » (sic). Questo minuzioso lavoro di esperti finisce addirittura per confondere, in un allegato, gli indirizzi IP della Svizzera e dello Swaziland !
Il Parlamento europeo non è da meno: il 23 novembre 2016 ha adottato – nel momento stesso in cui oltre Atlantico veniva lanciata la nuova caccia alle streghe − una « Comunicazione strategica dell’Unione mirante a contrastare la propaganda rivolta contro di essa da terzi ». Questa risoluzione ufficiale condanna esplicitamente insieme i tagliagola di Daesh e i media russi; si tratta molto evidentemente di mettere insieme, confondendole, qualsiasi contestazione dell’ordine costituito atlantista e la follia omicida di Daesh.
In nome della lotta contro il « sovvertimento della democrazia », il futuro ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha reclamato l’istituzione di una censura digitale su scala europea che preveda una multa di 500.000 € per i siti web colpevoli di non liberarsi dei contenuti non graditi.
Un rapporto parlamentare britannico ha suggerito, dal canto suo, di costringere le personalità pubbliche a dichiarare tutte le apparizioni nei media russi per poterle designare come agenti del Cremlino.
In Francia, i media ufficiali hanno tutti il loro piccolo Ministero della verità (I décodeurs di Le Monde, il Lab di Europe1, il Vrai du Faux di France Info, la rubrica Désintox di Libération, ecc…). Indifferente al rischio di essere insieme giudice e parte, Le Monde ha lanciato il suo abietto Décodex, un programma che assegna i punti ai siti di informazione on line. Senza alcun pudore, Libération e Le Monde, guardiani autorizzati del gulag mentale francese, si fanno pagare da Facebook per ripulire la sua rete dalle opinioni non conformi.
Infine lo Stato francese non ha esitato a lanciare una campagna contro ipotetici « falsi siti di informazione » colpevoli di combattere l’aborto. Ogni opposizione politica diventa fake news ! In Germania Angela Merkel, ultimo bastione dei « valori » democratici in pericolo prima dell’elezione di Emmanuel Macron, ha, alla vigilia delle elezioni federali, ottenuto da Facebook l’applicazione del suo filtro di vere notizie garantite, il tutto sotto la supervisione – attraverso il consorzio Correctiv – di giornalisti la cui deontologia e indipendenza di pensiero sono al di sopra di ogni elogio. Qualsiasi contenuto non gradito (diffamazione dello Stato o degli organi costituzionali, apologia della violenza, ecc …) deve essere censurata da Facebook, Twitter e Google, col rischio dell’applicazione di ammende secondo la legge tedesca NetzDG, adottata ad aprile 2017.
Facebook e Twitter pagano attualmente dei moderatori/mercenari che si vantano di chiudere degli account per motivi politici.
Non siamo qui in presenza di una guerra di influenza tra reti oligarchiche e dissidenti, ma di una strategia di egemonia informativa da parte di reti oligarchiche entrate in uno stadio monopolistico.
Il problema delle « notizie false » non è dunque che siano false – i canali privilegiati attraverso cui esse passano sono proprio i grandi media – è che esse entrano nel dibattito pubblico senza passare per il filtro dei media tradizionali oramai in concorrenza con la parola libera in internet.
I grandi media in crisi
Con i lettori in calo e le entrate pubblicitarie in declino, i media mainstream sono stati di fatto costretti a digitalizzarsi per sopravvivere.
Ma nel mondo digitale non sono i soli, e devono fronteggiare una concorrenza sconosciuta nel campo della diffusione tradizionale (stampa scritta e audiovisiva).
Nel mondo virtuale, Google e Facebook intascano, solo loro, 85 centesimi per ogni dollaro speso in pubblicità; la stampa scritta, che ancora crede di dare il tono nelle cene in città, « pesa » soltanto per un 10 % del budget pubblicitario di tutti i media.
A ciò si aggiunge una crisi di fiducia oramai allo stadio terminale: secondo un rapporto del Pew Research Center pubblicato il 15 giugno 2016, solo il 5 % degli Statunitensi considera l’informazione data dai giornali come la fonte più utile alla comprensione della campagna elettorale; il 62 % degli adulti si informa attualmente sui media sociali.
Il MSM è preso in una specie di circolo vizioso: abbandonato dagli elettori a causa del suo servilismo verso i potenti, le sue perdite impongono un ricorso ancora maggiore alla finanza privata e alle sovvenzioni di Stato (caso francese) ; naturalmente tali entità, che siano pubbliche o private, non sono disposte a salvare le aziende giornalistiche, se non nella misura in cui sia loro possibile addomesticarne le redazioni. Sempre più concentrati, i media mainstream sono anche più che mai tenuti al guinzaglio.
Lo spirito critico è un lontano ricordo, i media sono diventati un semplice ripetitore di propaganda al servizio dell’oligarchia mondialista. Fatto rivelatore, il presidente Trump, lasciando il branco di cani da guardia abbaiare in cerchio, non utilizza per la sua comunicazione politica che le piattaforme Twitter e YouTube.
Lo stampo messo a nudo
I media che ci hanno fabbricato o venduto il carnaio di Timisoara, le incubatrici kuwaitiane, le armi di distruzione di massa di Saddam o ancora il diabolico piano serbo a « ferro di cavallo » per il Kosovo, si considerano oggi professori di virtù.
Hanno conosciuto la loro ora di gloria alla fine della guerra fredda quando CNN, un piccolo canale della TV locale di Atlanta, è diventato improvvisamente il primo canale di informazione continua su scala mondiale. CNN è oggi il « network » più screditato negli Stati Uniti secondo un recente sondaggio dell’istituto Rasmussen. Sic transit gloria mundi…
Cloni di CNN, altri canali satellitari (Sky News, Al Jazeera) hanno recentemente fabbricato in studio immagini truccate per l’operazione « Primavere arabe ». Nel mondo anglosassone, questi media fanno sistema con delle società di comunicazione e delle aziende di relazioni pubbliche (Hill & Knowlton, Rendon, InCoStrat). Lavorano insieme per fornire messe in scena chiavi in mano, mentre innumerevoli think tanks testano e producono le argomentazioni a monte.
Al momento dell’elezione presidenziale USA nuova dimostrazione di competenza del MSM :
• Annuncia come certa l’elezione di Hillary Clinton alla vigilia del voto (dalle 85 % di probabilità secondo il New York Times al 98 % secondo l’Huffington Post) ;
• Accusa di essere fautori di teorie del complotto tutti coloro che hanno visto coi propri occhi Hillary Clinton perdere i sensi nel suo furgoncino ;
• Il Washington Post – che oggi fa professione di nemico giurato delle false notizie – non esita a suggerire che Hillary Clinton sarebbe stata avvelenata da Vladimir Putin, spiegando in questo modo il suo malore dell’11 settembre ;
• Newsweek ha visto Vladimir manomettere le mail di Hillary ;
• Slate ha constatato de visu l’esistenza di un server segreto che collega la « Trump organisation » ad una banca russa.
Ma questa volta la sconfitta in aperta campagna era alla fine della strada.
Le mail di Hillary : Fake news o diversione 007 ?
Il grande cadavere a testa in giù dei media mainstream tenta la diversione russa – una grande narrazione alla James Bond : CIA contro GRU – e dà la caccia al messaggero (WikiLeaks e i servizi russi, quindi) occultando il messaggio (il contenuto delle mail).
Ci verrà dunque raffazzonata una narrazione manichea dello psicodramma elettorale con, nel ruolo del cappello bianco, il MSM, il governo Obama e la NATO-UE e, in quello del cappello nero, il governo e i media russi, i siti di informazione non conformisti, le reti sociali e WikiLeaks per tutto il lavoro svolto.
• Cappello nero (Russia Today – canale continuo di informazione che dà del filo da torcere al MSM sul suo proprio terreno, Sputnik − versione internazionale dell’agenzia Novosti) è molto malevolo e produce notizie false.
• Cappello bianco è un pozzo di verità che il Washington Post definisce senza ridere un « truth based community » (una comunità fondata sulla verità).
Questo ci vale una valanga di articoli che servono solo ad evitare gli argomenti che danno fastidio. Perché il cappello bianco MSM non ha mai investigato sulle rivelazioni di WikiLeaks. Al culmine dell’isteria paranoica, il Washington Post giungerà al punto di accusare il governo russo di un tentativo di assumere il controllo delle reti statunitensi di distribuzione di elettricità; una « informazione » ampiamente ripresa su scala mondiale prima di essere smentita in tutta discrezione. Le molte rivelazioni di WikiLeaks hanno certamente – e c’erano tutte le condizioni – mutato la situazione politica negli Stati Uniti. E’ comunque importante sottolineare (nessun giornalista si è arrischiato a farlo) : le mail sono state divulgate e non manipolate. Nella peggiore delle ipotesi, i servizi russi avrebbero dunque informato e non ingannato il pubblico statunitense.
Resta il fatto che le reti delle talpe racchiudono una pesca miracolosa: si scopre che, quando era segretario di Stato, Hillary Clinton scatenava guerre in nome dei diritti umani con la mano sinistra, mentre con la mano destra riceveva soldi dai Sauditi per alimentare la sua Fondazione.
I mail di John Podesta, direttore della campagna di Hillary Clinton, mostrano nella loro cruda nudità i rapporti di collusione tra la candidate e i media (domande preparate insieme prima dei dibattiti) e i tanti traffici di influenza di cui si sono resi colpevoli i Clinton. Per inciso, ma questo indubbiamente non è per nulla secondario, le mail di Podesta suggeriscono che l’élite del Partito democratico ha passatempi al limite del satanismo e della pedocriminalità.
Julian Assange ha lasciato intendere che un certo Seth Rich, dipendente del Democrat National Committee e seguace di Bernie Sanders, sarebbe stato la gola profonda di WikiLeaks. E’ stato assassinato durante la campagna elettorale.
Da McCarthy a Orwell : una sorveglianza 2.0 mondializzata
Nelle forme di governo post democratico, il terrorismo rende politicamente docili i popoli e permette agli Stati di rafforzare il loro apparato di repressione e di sorveglianza.
Eredi lontane dell’11 settembre 2001, le leggi antiterroriste consentono negli Stati Uniti e nei paesi satelliti (UE, NATO) una caccia in Internet contro qualsiasi opinione dissidente.
Il panopticon è oggi in via di completamento, come ci rivelano lo scandalo Échelon e le talpe Edward Snowden e Julian Assange – perseguitati nell’indifferenza generale.
Prossime (e ultime ?) tappe : la totale eliminazione del contante – vedi l’esempio indiano – a profitto della moneta elettronica, e il controllo elettronico generalizzato del bestiame umano.
Slogan dell’epoca : « L’ignoranza è la forza, la vita privata è il furto ».
Nota del traduttore:
(1) L’espressione “tittytainment” è stata utilizzata dal democratico Zbigniew Brzezinski, membro cella commissione trilaterale ed ex consigliere del presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, nel corso dei lavori conclusivi del primo State Of The World Forum, tenuto dal 27 settembre al 1° ottobre 1995 nell'Hotel Fairmont di San Francisco. Obiettivo dell’incontro era una ricognizione dello stato del mondo, suggerire obiettivi desiderabili, proporre iniziative per raggiungerli e individuare politiche globali che le attuassero. I cinquecento uomini politici, leader economici e scienziati di primo piano (tra essi Mikhail Gorbaciov, George Bush padre, Margaret Thatcher, Václav Havel, Bill Gates, Ted Turner, ecc.), sono giunti alla conclusione che « nel prossimo secolo, i due terzi della popolazione attiva saranno sufficienti a far girare l’economia mondiale. Il problema sarà allora come governare l’80% di popolazione restante, superflua nella logica liberale, che non avrà né lavoro, né occasioni di alcun tipo e coverà una frustrazione crescente.
E’ qui che entra in gioco il concetto di Brzezinski. Brzezinski ha proposto il tittytainment, un mélange di alimentazione fisica e psicologica capace di addormentare le masse e controllare le loro frustrazione e le prevedibili proteste. Lo stesso Brzezinski spiega l’origine del termine tittytainment, come una combinazione delle parole inglesi « tit » (« seno » ) o « titillate » (« titillare » ) e « intrattenimento ». La connotazione sessuale vi è meno presente dell’allusione all’effetto rilassante e letargico che l’allattamento materno produce nel bambino quando succhia.