Marx e i Gilet gialli
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Analisi, 28 gennaio 2019 - L'analisi di Karl Marx, compendiata nel volume "Le lotte di classe in Francia, 1848-1850" , oltre al suo intrinseco valore storico (e politico) offre utili spunti per comprendere quanto accade oggi. Compresa l'esplosione del movimento dei Gilet gialli (nella foto, Karl Marx)
nicolasbonnal.wordpress.com, gennaio 2019 (trad.ossin)
Marx, la repubblica e il suo regno dei banchieri
Marx e i Gilet gialli
Nicolas Bonnal
Oh, il presente permanente: oggi che l’élite mondializzata schiaccia in Francia il popolo sotto un tallone di ferro in nome della repubblica, del liberalismo e dei banchieri – soprattutto dei banchieri – vi invito a rileggere l’ottimo saggio di Marx su “Lotte di classe in Francia”, che riconcilierà un po’ di più populisti di destra e di sinistra. La scena si svolge negli anni 1840, poi sotto la Seconda Repubblica.
Cominciamo:
Dopo la rivoluzione di luglio, quando il banchiere liberale condusse in trionfo il suo compare duca d’Orleans all’Hotel de Ville, si lasciò scappare queste parole: «Adesso comincia il regno dei banchieri». In questo modo Laffitte tradiva il segreto della rivoluzione.
Ed eravamo nel 1830… Poi è venuto il regno prototipo di Luigi Filippo… Marx:
Sotto Luigi Filippo non regnava la borghesia francese, ma una frazione di essa: banchieri, re della Borsa, re delle ferrovie, proprietari di miniere di carbone e di ferro e proprietari di foreste, e una parte della proprietà fondiaria rappattumata con essi; insomma la cosiddetta aristocrazia della finanza. Era lei che sedeva sul trono, che dettava legge nelle Camere, che dispensava i posti governativi, dal ministero fino allo spaccio di tabacchi.
Sembra che parli di quando governavano Jospin-DSK, Sarkozy-Juppé, al tempo delle grandi privatizzazioni che segnarono quella Restaurazione di cui ha parlato Pierre Bourdieu. Continuiamo con le innumerevoli malversazioni di quell’epoca che ispirò “I Miserabili” a Victor Hugo :
Le enormi somme, che in tal modo scorrevano per le mani dello Stato, davano inoltre origine a loschi appalti, a corruzioni, a frodi, a bricconate d’ogni specie. Svaligiare lo Stato, come avveniva alla grande coi prestiti, si ripeteva al minuto nei lavori pubblici. Il rapporto tra la Camera e il governo si ramificava sotto forma di rapporti tra amministrazioni singole e singoli imprenditori.
Al pari degli stanziamenti dello Stato e dei prestiti dello Stato, la classe dominante si arricchiva anche con le costruzioni ferroviarie.
Adesso capiamo il perché dei nostri lavori pubblici e delle infrastrutture… Tiè, Karl Marx parla de Rothschild, questo contabile diventato barone:
La più piccola riforma finanziaria, invece, naufragava davanti all’influenza dei banchieri. Così, ad esempio, la riforma postale. Rothschild protestò contro di essa. Poteva lo Stato ridurre delle sorgenti di reddito da cui egli ricavava le somme per gli interessi del suo debito sempre crescente?
Si parla spesso dell’1% che controlla questo paese. C’era già ai tempi di Marx:
La monarchia di luglio non era altro che una Società per azioni per lo sfruttamento della ricchezza nazionale francese, i cui dividendi si ripartivano fra ministri, Camere, banchieri, 240 mila elettori e il loro seguito. Luigi Filippo era il direttore di questa Società: vero Robert Macaire sul trono. Commercio, industria, agricoltura, navigazione, questi interessi della borghesia industriale dovevano sotto questo sistema essere continuamente minacciati e compromessi. Governo a buon mercato, gouvernement à bon marché, aveva scritto la borghesia industriale nelle giornate di luglio sulla propria bandiera.
Alla sommità stessa della società borghese trionfava il soddisfacimento sfrenato, in urto ad ogni istante con le stesse leggi borghesi, degli appetiti malsani ed abbietti, nei quali trova la naturale soddisfazione la ricchezza scaturita dal gioco, e il godimento diventa gozzoviglia, e denaro e lordura e sangue scorrono insieme. L’aristocrazia finanziaria, nelle sue forme di guadagno come nei suoi godimenti, non è altro che la il sottoproletariato giunto al vertice della società borghese.
Dalla «crisi» del 2008 siamo assillati dal debito, come tutti gli altri nostri vicini europei – e di colpo siamo diventati tranquilli. Il debito sta alla base di questo tipo di governi. Marx:
L’indebitamento dello Stato era ben piuttosto un interesse diretto della frazione della borghesia, governante e legiferante per mezzo della Camera. Il deficit dello Stato: ecco propriamente il vero oggetto della sua speculazione e la fonte principale del suo arricchimento. Dopo ogni anno un nuovo deficit. Dopo quattro o cinque anni un nuovo prestito offriva all’aristocrazia finanziaria una nuova occasione di truffare lo Stato che, tenuto artificiosamente sospeso nelle ansie della bancarotta, era costretto a contrattare coi banchieri nelle condizioni più sfavorevoli. Ogni nuovo prestito offriva una nuova occasione di svaligiare il pubblico, che investe i suoi capitali in rendita dello Stato, mediante operazioni di Borsa al cui mistero erano iniziati il governo e la maggioranza della Camera.
Poi Marx si lancia in affermazioni che oggi lo farebbero sbattere in prigione per odio antiebraico (lui che era ebreo):
La borghesia industriale vide in pericolo i propri interessi; la piccola borghesia era moralmente sdegnata, la fantasia popolare si ribellava. Parigi era inondata da libelli – “la dinastia Rothschild”, “gli ebrei re dell’epoca” ecc. – in cui il dominio dell’aristocrazia finanziaria veniva denunciato e stigmatizzato con maggiore o minore spirito.
L’autore prosegue:
Rien pour la gloire! La guerra non rende niente! La pace sempre e dappertutto! La guerra fa abbassare il corso della rendita del 3 e 4 per cento. Così aveva scritto sulle sue bandiere la Francia degli ebrei di Borsa. La sua politica estera andò in tal modo a smarrirsi in una serie di mortificazioni del sentimento nazionale francese...
Sì, la diplomazia di Luigi Filippo fu una vergogna. Ma non parliamo di quella del successore Napoleone il piccolo (Crimea e ricatti, Cina-Indocina, poi Messico e infine Sedan)…
Un governo messo alle strette in Francia invoca sempre la repubblica. Ma secondo Marx la repubblica è un governo borghese al servizio dei più ricchi; osserva:
La repubblica non trovò nessuna resistenza, né all’estero né all’interno. Con ciò essa era disarmata. Il suo compito non consisteva più nella trasformazione rivoluzionarla del mondo, ma soltanto nell’adattarsi alle condizioni della società borghese. Non vi è testimonianza più eloquente del fanatismo con cui il governo provvisorio si accinse a questo compito, dei suoi provvedimenti finanziari.
La repubblica avrebbe dovuto reagire contro i banchieri e la finanza. Marx:
Il credito pubblico e il credito privato erano, naturalmente, scossi. Il credito pubblico riposa sulla fiducia che lo Stato si lasci sfruttare dagli ebrei della finanza. Ma il vecchio Stato era scomparso e la rivoluzione era anzitutto diretta contro l’aristocrazia finanziaria. Le oscillazioni dell’ultima crisi del commercio europeo non erano ancora cessate; le bancarotte succedevano ancora alle bancarotte.
Ovviamente il risparmiatore in simili condizioni sarà spennato:
Il piccolo borghese, già in cattive acque anche senza di ciò. Ricevendo in luogo dei suoi libretti di risparmio titoli del debito dello Stato, egli fu costretto ad andare a venderli in Borsa, e a consegnarsi così direttamente nelle mani degli ebrei della Borsa, contro i quali egli aveva fatto la rivoluzione di febbraio.
Il denaro è sacralizzato (come noterà Celine a New York):
L’aristocrazia finanziaria, che aveva dominato sotto la monarchia di luglio, aveva la sua cattedrale nella banca. Come la Borsa regge il credito dello Stato, così la banca regge quello del commercio. Minacciata direttamente dalla rivoluzione di febbraio non solo nel suo dominio, ma nella sua stessa esistenza, la Banque de France cercò sin dal primo momento di screditare la repubblica, rendendo generale la mancanza di credito.
Il governo repubblicano, invece di mettere in riga la banca vi si sottomette garbatamente (come nel 2008 – vedi Lucien Cerise):
Il governo provvisorio avrebbe potuto costringere la banca al fallimento, senza alcun intervento violento, in modo legale. Bastava che rimanesse passivo e abbandonasse la banca al suo destino. La bancarotta della banca era il diluvio universale che avrebbe, in un batter d’occhio, spazzato via dal suolo francese l’aristocrazia finanziaria, la più potente e pericolosa nemica della repubblica, il piedistallo d’oro della monarchia di luglio. E una volta fallita la banca, la borghesia stessa sarebbe stata costretta a considerare come ultimo disperato tentativo di salvezza la creazione da parte del governo di una banca nazionale e la sottomissione del credito nazionale al controllo della nazione.
Ma il governo provvisorio guidato dal somarello Lamartine sceglie la strada contraria. Si comincia a vendere la Francia:
Il governo provvisorio, invece, stabilì il corso forzoso dei biglietti di banca. E fece di più: convertì tutte le banche di provincia in succursali della Banque de France, alla quale lasciò coprire con la sua rete tutta la Francia. Più tardi le dette le foreste demaniali, come garanzia per un prestito che contrasse con essa. Così la rivoluzione di febbraio consolidava ed estendeva in modo diretto la bancocrazia che avrebbe dovuto abbattere.
Infine Fould verrà nominato ministro delle Finanze:
Luigi Filippo non aveva mai osato fare ministro delle finanze un vero loup-cervier (lupo di Borsa). Come la sua monarchia era l'appellativo ideale per il dominio dell'alta borghesia, così gli interessi privilegiati dovevano, nei suoi ministeri, portare nomi ideologicamente disinteressati. Fu la repubblica borghese che spinse dappertutto in primo piano ciò che le diverse monarchie, la legittimista come l'orleanista, avevano tenuto nascosto nello sfondo. Essa fece scendere sulla terra ciò che quelle avevano messo nei cieli. Al posto dei nomi dei santi, pose i nomi propri borghesi degli interessi dominanti di classe.
Conclusione da tenere a mente quando vi si dice di riverire, venerare e proteggere la repubblica con le guerre e il sangue:
Tutta la nostra esposizione ha mostrato come la repubblica, a partire dal primo giorno della sua esistenza, non abbattesse, ma consolidasse l'aristocrazia finanziaria. Ma le concessioni che si facevano a quest'ultima erano un destino a cui ci si sottometteva, senza il proposito di suscitarlo. Con Fould l'iniziativa del governo tornò a cadere nelle mani dell'aristocrazia finanziaria.
Nelle mani di questi boy della Borsa, il debito esplode. Ancora Marx:
Senza un rivolgimento totale dello Stato francese, dunque, non era possibile nessun rivolgimento del bilancio francese dello Stato. Con questo bilancio l'indebitamento dello Stato è una necessità, e con l'indebitamento dello Stato è una necessità il dominio del commercio dei debiti dello Stato, il dominio dei creditori dello Stato, dei banchieri dei cambiavalute, dei lupi della Borsa. Solo una frazione del partito dell'ordine aveva preso parte diretta all'abbattimento dell'aristocrazia finanziaria, gli industriali.
I buoni vecchi metodi del nostro presente permanente:
Sotto Fould l'aristocrazia finanziaria naturalmente non agì accanto alle restanti frazioni borghesi rivali in modo così svergognato come sotto Luigi Filippo. Ma il sistema era lo stesso: continuo aumento dei debiti, dissimulazione del disavanzo. E col tempo, poi, il vecchio banditismo di Borsa si sfogò ancora più cinicamente.
Ma Marx parla così del popolo spolpato dalle tasse, mentre il ricco le aggira:
Il contadino francese, quando vuole rappresentarsi il diavolo, se lo rappresenta coi tratti dell'esattore delle imposte. Dall'istante in cui Montalenbert ebbe elevato a Dio l'imposta, il contadino divenne senza Dio, ateo, e si gettò nelle braccia del diavolo, del socialismo. La religione dell'ordine l'aveva preso a gabbo, i gesuiti preso a gabbo, Napoleone preso a gabbo.
E aggiunge ancora a proposito del fisco francese:
L'odio popolare contro l'imposta sul vino si spiega col fatto che essa riunisce in sé tutti gli elementi odiosi del sistema tributario francese. Il modo della sua riscossione è odioso, aristocratico il modo della sua ripartizione, essendo eguali le percentuali della imposta per i vini più Comuni e per i più costosi. Essa aumenta dunque in ragione geometrica in rapporto con la diminuzione del patrimonio dei consumatori: è un'imposta progressiva alla rovescia.
E che cosa bisogna fare per calmare tutto questo scontento? Mitragliarlo giacché, come dice Flaubert nel suo Dizionario dei luoghi comuni, è il solo modo di far tacere gli operai…