Gli Ayatollah saltano di gioia
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Intervento, 23 ottobre 2019 - Nel corso dell’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, c’era una persona che sembrava più contenta delle altre, soprattutto a paragone degli Europei, dai visi piuttosto tirati. Era il presidente Hassan Rouhani (nella foto). Era raggiante di piacere e buon umore...
Club Orlov, 15 ottobre 2019 (trad.ossin)
Gli Ayatollah saltano di gioia
Dmitry Orlov
Nel corso dell’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, c’era una persona che sembrava più contenta delle altre, soprattutto a paragone degli Europei, dai visi piuttosto tirati. Era il presidente Hassan Rouhani (nella foto a destra). Era raggiante di piacere e buon umore. Per quanto abbia pronunciato un discorso duro, usando espressioni come «terrorismo economico» e «pirateria internazionale», di cui accusava il regime di Washington, i suoi modi erano inequivocabilmente gioiosi. En passant, ha infranto le speranze di Boris Johnson di poter negoziare un riavvicinamento tra l’Iran e i Washingtoniani, chiaramente mostrando di essere convinto che qualsiasi nuovo tentativo di negoziato con loro sarebbe stato del tutto inutile.
Rohani non è certo l’unico a pensarla così, anche se è forse l’unico tra i leader mondiali a farlo apertamente. I Cinesi hanno trascinato i negoziati commerciali senza nessuna intenzione di raggiungere un accordo. I Russi considerano i negoziati sul controllo degli armamenti coi Washingtoniani piuttosto inutili, promettendo una risposta simmetrica (ma molto più economica) a qualsiasi escalation statunitense.
A che serve infatti negoziare con gli USA se, come l’esperienza insegna, essi possono in qualsiasi momento rimettere in discussione ogni accordo già firmato? E lo fanno a volte senza alcuna giustificazione (come è stato recentemente coi Curdi siriani), altre sulla base di un capriccio del momento (come l’abbandono del trattato FNI tra gli Stati Uniti e la Russia).
Questo fatto merita di essere ancora ripetuto, per quanto già più volte sottolineato da molti analisti e sempre più evidente. (I Russi hanno addirittura inventato una nuova parola per descrivere questa situazione: недоговороспособный («nedogovorosposóbny», letteralmente «non-accordo-compatibile»). Ma c’è un altro punto da segnalare e che sembra essere stato finora trascurato dalla maggior parte degli osservatori geopolitici. Sia detto per inciso, esso spiega l’umore gioioso di Rohani all’ONU, ed io sono altrettanto felice di poterlo condividere con voi.
Negoziare accordi col regime di Washington non è solo inutile, ma è anche non necessario, perché è oramai possibile per tutti gli attori geopolitici raggiungere i propri obiettivi strategici senza alcun accordo con gli Stati Uniti, e talvolta senza nemmeno avere impegnato un dialogo serio con loro. Le eccezioni sono il Giappone e l’UE, la cui capacità di affermare la loro volontà sovrana è limitatissima, avendo essi ceduto gran parte della sovranità agli Stati Uniti all’indomani della Seconda Guerra mondiale e durante la Guerra fredda.
Perfino giocatori di secondo rango, come la Corea del Nord, hanno capito la lezione. Dopo aver tentato di negoziare con gli Stati Uniti, i Nord-Coreani hanno rapidamente realizzato che gli Statunitensi si presentano spesso a mani vuote, tentando di ottenere concessioni senza dare niente in cambio, e spesso affettando atteggiamenti melodrammatici, come i commenti teatrali e controproducenti di John Bolton sull’applicazione del «modello libico» alla Corea del Nord. (Ricorderete che il leader libico venne selvaggiamente assassinato da milizie sostenute dagli Stati Uniti).
Ma, non concludendo alcun accordo con gli Stati Uniti, i Nord-Coreani hanno ottenuto qualcosa di prezioso: il riconoscimento universale che gli Stati Uniti non sono in grado di minacciarli militarmente. Sì, possono distruggerli, ma sarebbero distrutti anche il Giappone e la Corea del Sud e, siccome si tratta di nazioni che gli Stati Uniti si sono impegnati a difendere con un trattato, prendere iniziative che porterebbero alla loro distruzione non è propriamente una strategia. Così gli Stati Uniti sono passati da una posizione belligerante contro la Corea del Nord, minacciandola militarmente, a doversi accontentare di applicare sanzioni economiche quasi del tutto inutili, alla luce della natura quasi totalmente autarchica dello Stato nord-coreano e l’assenza di scambi commerciali con gli Stati Uniti.
E’ un esempio interessante, perché dimostra che anche attori relativamente vulnerabili e minori possono attualmente ottenere che gli USA facciano quello che loro vogliono, senza dover negoziare alcun accordo con loro. Ma la stessa logica si applica alle grandi entità geopolitiche, come la Cina, la Russia e l’Iran. Per riprendere qualche metafora religiosa, questi tre paesi formano la Santa Trinità che il destino ha designato per battere il Grande Satana (gli Stati Uniti, almeno nel linguaggio politico iraniano). Ognuno di loro gioca un ruolo essenziale.
La funzione della Russia è di trarre partito dalla sua tecnologi militare superiore per contrastare militarmente gli Stati Uniti e rendere tutto il suo complesso militaro-industriale fantasticamente sopravvalutato, impotente e obsoleto, prima che si perda nell’oblio. La Federal Reserve USA stampa attualmente 60 miliardi di dollari al mese, una cifra che corrisponde più o meno al costo mensile della Difesa.
La tecnologia russa ha già trasformato tutta la flotta delle portaerei statunitensi in un mucchio di inutili rifiuti galleggianti. La Russia ha messo a punto armi che possono distruggere una portaerei ad una distanza di sicurezza superiore alla inutile portata dei loro jet. I missili ipersonici russi hanno fatto lo stesso con l’insieme dei sistemi di difesa antimissile statunitensi. Idem per tutti i soldi spesi dagli Stati Uniti per sviluppare aerei «invisibili» (1 500 miliardi di dollari solo per il caccia F-35) sono stati gettati al vento con l’introduzione dei nuovi sistemi radar russi che sono in grado di localizzare perfettamente questi aerei sedicenti invisibili. Ironia della sorte, lo sviluppo della tecnologia «invisibile» si fondava sui lavori di uno scienziato sovietico, Peter Ufimtsev, emigrato negli Stati Uniti dopo il crollo del l’URSS: ciò che la Russia dona, la Russia si riprende.
La Russia ha messo anche la sua tecnologia di difesa a disposizione di altri paesi, soprattutto gli altri due membri della Santa Trinità. Sorprendendo tutti, Vladimir Putin ha recentemente annunciato che la Cina potrà ricorrere al sistema russo di allerta rapida in caso di attacco nucleare per rilevare gli attacchi lanciati contro il territorio cinese. Questo effettivamente allargherà la capacità di dissuasione nucleare dalla Russia alla Cina. E l’Iran ha comprato dei sistemi di difesa aerea russi S-300 e negozia l’acquisto dell’ancora più sofisticato S-400. Questi sistemi faranno dello spazio aereo dell’Iran e di alcune parti della Siria una zona di interdizione per gli aerei statunitensi e della NATO.
Se obiettivo della Russia è di portare dolcemente gli Stati Uniti verso l’oblio in un futile tentativo di competizione nella produzione di nuovi sistemi di armi (i sistemi russi tendono ad essere, non solo più efficaci, ma anche meno cari), guadagnandoci anche con la vendita delle sue armi ai paesi che cercano di proteggersi da possibili aggressioni USA, gli obiettivi della Cina sono ancora più ambiziosi. Nel corso degli ultimi cinquanta anni la Cina, che era un rustico paese agricolo, è diventata la più grande superpotenza industriale del mondo. Nello stesso periodo di tempo, negli Stati Uniti, il settore industriale si è ridotto a circa un decimo dell’insieme dell’economia, il resto essendo attualmente composto da baristi, toelettatori di cani, istruttori di yoga e altri tipi di grattaschiena reciproci.
A causa di questo spettacolare rivolgimento, gli Stati Uniti registrano un importante deficit strutturale con la Cina. Mentre nel passato la Cina finanziava questo deficit commerciale acquistando debito statunitense sotto forma di buoni del Tesoro, da qualche tempo ha smesso di farlo e attualmente vende buoni del Tesoro e acquista oro. Non è la sola a fare questo (per esempio la Russia ha già venduto tutte le sue obbligazioni del Tesoro USA), e la cosa provoca importanti perturbazioni finanziarie negli Stati Uniti, e addirittura le banche non accettano titoli di credito statunitensi a garanzia di prestiti overnight. E’ stato questa evoluzione a costringere la Federal Reserve a stampare 60 miliardi di dollari al mese, gonfiando i suoi bilanci di titoli di credito statunitensi oramai evitati da tutti. La tendenza sul lungo periodo è indubitabile: nel corso degli ultimi 77 mesi, le banche centrali estere hanno venduto i due terzi dei buoni del Tesoro USA che avevano accumulato durante i precedenti 35 anni.
E’ curioso constatare che, al momento, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina non ha fatto che aggravare il deficit commerciale. Quindi la tattica di negoziazione non negoziale della Cina sembra funzionare brillantemente. Gli Stati Uniti hanno solo due modi per finanziare il loro deficit commerciale: 1. vendere spazzatura finanziaria ; e 2. vendere terre, fabbriche e attrezzature, la proprietà intellettuale e i reni della loro popolazione e qualsiasi cosa abbia un valore. Non ci sono davvero altre soluzioni. E siccome la vendita di spazzature finanziaria non funziona più, resta solo l’opzione 2. Questo ricorda la svendita che si è avuta nella ex URSS dopo il suo crollo (e che prosegue ancora in Ucraina, paese che si prepara a vendere le sue terre alle società transnazionali).
Qualcuno potrebbe pensare che esiste anche l’opzione 3: riportare l’industria negli Stati Uniti. Ma ci sono voluti 50 anni alla Cina per diventare una potenza industriale, con tassi costanti di crescita a due cifre. Negli Stati Uniti il tasso di crescita fino ad oggi nel corso di questo secolo, se non si tiene conto del rigonfiamento dovuto al debito, è stato in effetti negativo. Gli Stati Uniti non hanno 50 anni, e nemmeno 10. E se, nel corso di questa ipotetica trasformazione, dovranno finanziare il deficit commerciale vendendo le fabbriche e le attrezzature necessarie a re-industrializzarsi, non ci arriveranno mai.
E questo ci riporta all’Iran e ai suoi ayatollah ridanciani e sorridenti. La sacra missione dell’Iran, quale parte integrante della Santa Trinità, è di paralizzare gli Stati Uniti e i loro vassalli in Medio Oriente, rendendo questa regione sicura per una teocrazia democratica (o forse qualcos’altro). Ci sono due proxy USA sul campo: l’Arabia Saudita e Israele. Questo logoramento investirà certamente anche loro, nel caso dell’Arabia Saudita, quando i più antichi e ricchi giacimenti di petrolio - come quello di Ghawar – a un certo punto si esauriranno; nel caso di Israele, succederà quando il flusso di denaro del Tesoro USA verso questo paese dovrà arrestarsi a causa delle difficoltà finanziarie dette sopra, nonostante la considerevole potenza della lobbie ebraica negli Stati Uniti.
Ma sono prospettive a più lungo termine. Nel caso presente, quel che fa sorridere gli ayatollah è che la recente sequenza degli avvenimenti è una commedia. Gli USA si sono ritirati dall’accordo con l’Iran laboriosamente negoziato dall’amministrazione Obama e di nuovo impongono sanzioni unilaterali (ed essenzialmente illegali) contro l’Iran. In risposta, la Cina continua ad acquistare il petrolio iraniano, come anche la Turchia e diversi altri paesi.
Nel frattempo, l’Europa mette insieme e dà vita all’INSTEX – un sistema commerciale che evita il dollaro USA e il sistema di trasferimenti elettronici SWIFT – che è specialmente concepito per aggirare le sanzioni unilaterali USA, principalmente nel caso dell’Iran. Poi gli Statunitensi hanno cominciato una guerra di petroliere – e l’hanno subito persa nel modo più umiliante possibile, perché è oramai chiaro che sono militarmente impotenti a pattugliare il pur importantissimo Stretto di Ormuz. E poi sono successi due fatti davvero ridicoli.
Per prima cosa gli Yemeniti, che sono sotto attacco da parte di una coalizione a guida saudita da diversi anni e hanno subito orribili privazioni, sono riusciti a bloccare metà della produzione petrolifera dell’Arabia Saudita con razzi e droni. Gli Stati Uniti ne hanno subito attribuito la responsabilità all’Iran… salvo che questo significherebbe che le batterie di difesa aerea saudite fabbricate dagli USA, la maggior parte delle quali è stata installata in funzione anti-iraniana, sono dei pezzi di ferraglia inutili, incapaci di fermare dei piccoli droni lenti e che volano basso. Per rendere la situazione ancora più ridicola, gli Statunitensi hanno allora deciso di spedire in Arabia Saudita ancor più di queste stesse inutili batterie Patriot.
In secondo luogo, gli Yemeniti hanno riconquistato una parte del territorio di frontiera che l’Arabia saudita aveva loro sottratto diversi decenni fa, e distrutto quasi la metà della parte relativamente funzionante dell’esercito saudita, composta di soldati davvero sauditi (il resto essendo composto essenzialmente da mercenari provenienti da tutto il Medio Oriente). Gli USA, che hanno recentemente venduto ai sauditi per 100 miliardi di dollari dei sistemi di armamento diventati manifestamente inutili, non intendono alzare un solo dito per aiutarli.
Per elevare ancor più l’ilarità generale, Vladimir Putin, nel corso di una conferenza stampa congiunta col turco Erdogan e il nostro vecchio amico Rohani, ha proposto di vendere i sistemi russi di difesa aerea all’Arabia saudita. Sistemi testati in combattimento sui droni lanciati contro la base aerea russa di Hmeimimim, in Siria, da quel che resta di ISIS. Pochi sono riusciti ad eluderli, dunque fermare i droni non è un problema per i Russi. Non c’è alcun dubbio che essi costerebbero ai Sauditi meno dei 100 miliardi di dollari che hanno pagato agli USA – senza ricavarne in cambio niente di efficace.
Alla luce di tutto questo, la mia nuova e importante tesi è che le nazioni sovrane del mondo intero, grandi e piccole, ma soprattutto la Santa Trinità della Cina, Russia e Iran possono spingere gli Stati Uniti a fare quel che vogliono, senza bisogno di negoziare alcunché.
Infine la foto in basso, che mostra Rohani ridere mentre rifiuta di stringere la mano di Boris Johnson, meriterebbe una gara per la migliore didascalia. Cosa pensate abbia detto a Johnson, nel suo eccellente inglese, che ha lasciato Johnson e Macron così disorientati?
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