La ricchezza dei miliardari è cresciuta nel 2019
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Intervento, 1° gennaio 2020 - Mentre il secondo decennio del XXI secolo volge al termine, il fenomeno più saliente che lo ha caratterizzato – il saccheggio dell’umanità da parte dell’oligarchia finanziaria mondiale – prosegue incessantemente...
wsws.org, 30 dicembre 2019 (trad. ossin)
La ricchezza dei miliardari è cresciuta nel 2019
Barry Grey
Mentre il secondo decennio del XXI secolo volge al termine, il fenomeno più saliente che lo ha caratterizzato – il saccheggio dell’umanità da parte dell’oligarchia finanziaria mondiale – prosegue incessantemente
Sullo sfondo delle guerre commerciali e dell’ascesa del militarismo e dell’autoritarismo da un lato, e dell’insorgere di scioperi internazionali e di proteste operaie contro le diseguaglianze sociali dall’altro, le Borse registrano record e la ricchezza dei miliardari continua ad aumentare.
Venerdì, un giorno dopo che i tre principali indici borsistici statunitensi avevano toccato nuovi record, Bloomberg ha pubblicato la sua inchiesta di fine anno sulle 500 persone più ricche del mondo. Il Bloomberg Billionaires Index ha segnalato che le fortune degli oligarchi sono complessivamente cresciute di 1200 miliardi di dollari, cioè del 25 % rispetto al 2018. Il loro patrimonio netto combinato raggiunge oramai i 5900 miliardi di dollari.
Per meglio comprendere queste cifre, si consideri che i 500 oligarchi controllano una ricchezza superiore al PIL degli Stati Uniti, secondo i dati del terzo trimestre del 2019, che era di 5400 miliardi di dollari.
Il maggior guadagno dell’anno è del francese Bernard Arnault, che ha aggiunto 36,5 miliardi di dollari al suo patrimonio, portandolo, oltre il livello eccezionale di 100 miliardi di dollari, a 105 miliardi di dollari. Ha battuto lo speculatore Warren Buffett, che vanta solo 89,3 miliardi di dollari, relegandolo al quarto posto. Il patron d'Amazon, Jeff Bezos, ha perso quasi 9 miliardi di dollari per colpa della causa di divorzio, ma ha mantenuto il primo posto, con una patrimonio netto di 116 miliardi di dollari. Il fondatore di Microsoft, Bill Gates, ha guadagnato 22,7 miliardi di dollari nel corso dell’anno ed è rimasto al secondo posto con 113 miliardi di dollari.
I 172 miliardari statunitensi della lista Bloomberg hanno aggiunto 500 miliardi di dollari al loro portafoglio, con Mark Zuckerberg di Facebook che ha realizzato il maggior guadagno negli USA con 27,3 miliardi di dollari, che lo collocano al quinto posto nel mondo con un patrimonio netto di 79,3 miliardi di dollari.
E’ difficile comprendere che cosa rappresentino davvero queste cifre stratosferiche. Nel suo libro del 2016 “Global Inequality”, l'economista Branko Milanovic scrive:
«Un miliardo di dollari è talmente oltre l’esperienza abituale di praticamente chiunque che la sua stessa quantità non è facile da percepire.[...] Supponiamo che abbiate ereditato un milione di dollari o un miliardo di dollari, e che abbiate speso 1 000 dollari al giorno. Basteranno meno di tre anni per dilapidare l’eredità nel primo caso, e più di 2 700 anni (vale a dire il tempo che ci separa dall’Iliade di Omero) nel secondo caso»
L’ampia redistribuzione delle ricchezze dal basso verso l’alto è il risultato di un processo durato diversi decenni, accelerato dal crack di Wall Street del 2008. Non un processo impersonale o semplicemente automatico. Al contrario, le politiche dei governi e dei partiti capitalisti di tutto il mondo, che si definiscano di destra o di sinistra, sono causa di un impoverimento sempre maggiore della classe operaia e dello smisurato arricchimento dell’élite dirigente.
Negli Stati Uniti, l’1% dei più ricchi si è accaparrato tutta la crescita del reddito nazionale nel corso degli ultimi due decenni, e tutta la crescita della ricchezza nazionale dopo il crack del 2008.
Il principale strumento di questo trasferimento di ricchezza è stato il mercato borsistico, e le politiche delle Federal Reserve statunitense e delle Banche centrali su scala internazionale hanno solo pensato a distribuire crediti a buon mercato e a far salire il valore delle azioni. Il costo di queste massicce sovvenzioni ai mercati finanziari e agli oligarchi è stato pagato dalla classe operaia, sotto forma di tagli alla spesa sociale, licenziamenti collettivi, tagli alle pensioni e alla sanità pubblica, e con la sostituzione di impieghi relativamente sicuri e salari decenti con impieghi a tempo parziali, lavori interinali e lavoretti.
Da quando Trump è entrato in carica a gennaio 2017, impegnandosi nella riduzione delle imposte delle società, nella deregulation a favore delle grandi imprese e nel considerevole aumento del budget militare, il Dow Jones è salito di quasi 19.000 punti. Quest’anno, Trump e i mercati finanziari hanno esercitato una pressione formidabile sulla Fed per porre fine ai suoi tentativi di «normalizzazione» dei tassi di interesse. La Fed si è piegata e ha proceduto a tre riduzioni dei tassi ed ha ripetutamente rassicurato i mercati di non avere alcuna intenzione di aumentare i tassi fino al 2020.
Questa manna per le banche e i fondi speculativi è risultata gradita sia ai democratici che ai repubblicani. Infatti la politica economica di Trump è stata di fatto appoggiata dal partito democratico dalla A alla Z – dalle riduzioni delle imposte per le società e per i ricchi, ad una quasi totale deregulation. Perfino durante la procedura di impeachment – fondata esclusivamente su motivi di «sicurezza nazionale» e su una presunta «arrendevolezza» di Trump nei confronti della Russia – i democratici hanno votato con ampi margini a favore del bilancio di Trump, il suo patto anti-cinese tra Stati Uniti, Messico e Canada, e il suo budget record di 738 miliardi di dollari di guerra per il Pentagono.
Ciò significava a anche dare a Trump tutti i soldi che voleva per costruire il suo muro di confine e implementare la carcerazione e la persecuzione di masse di immigrati.
Le politiche di Trump a favore delle grandi imprese proseguono e ampliano quelle perseguite dal governo Obama. Quest’ultimo aveva stanziato migliaia di miliardi di dollari dei contribuenti per salvare le banche, e inondare i mercati finanziari di crediti a buon mercato, facendo salire il valore delle azioni, nel contempo imponendo una riduzione del 50% del salario dei lavoratori neo-assunti, nel quadro del salvataggio di General Motors e Chrysler. Durante la presidenza Obama sono state chiuse migliaia di scuole e licenziati centinaia di migliaia di insegnanti, sono stati inoltre approvati bilanci di austerità che hanno ridotto gli aiuti sociali.
Due dei candidati alle primarie democratiche del 2020 sono miliardari - Tom Steyer e Michael Bloomberg. Quest’ultimo, con un patrimonio netto di 56 miliardi di dollari, è al numero 9 della classifica degli Statunitensi più ricchi. Si è candidato come portavoce degli oligarchi indignati per le allusioni fatte da Bernie Sanders e Elizabeth Warren alla possibilità di aumenti fiscali simbolici per i super-ricchi.
Gli oligarchi non hanno paura di Sanders e Warren – due difensori di lunga data della classe dirigente statunitense - che cercano di mascherare la loro subalternità al capitale, dicendo di voler far pagare agli oligarchi «la loro giusta parte» - un eufemismo per difendere il loro diritto a spogliare la popolazione. Sono spaventati dalla crescita della opposizione di massa al capitalismo, che trova una espressione deformata nell’appoggio ai falsi progressisti presenti nel Partito Democratico.
I due, Bloomberg e Steyer hanno già speso 200 milioni di dollari di tasca propria per comprarsi le elezioni.
L'effetto di questa politica di saccheggio sociale si traduce in un peggioramento della terribile crisi sociale in tuti i paesi. Negli Stati Uniti, la disperata necessità di scuole, di ospedali, di alloggi a prezzi accessibili, di pensioni di vecchiaia, della ricostruzione di strade diroccate, ponti, trasporti, di protezione contro le inondazioni, di acqua potabile, fognature, di prevenzione degli incendi e manutenzioni delle reti elettriche, si scontra con la risposta delle amministrazioni: «Non ci sono soldi».
Risultato? Tre anni consecutivi di abbassamento della speranza di vita, tassi di tossicodipendenza e di suicidi record, incendi di foreste e inondazioni devastatrici, black out elettrici da parte di fornitori esosi. E una crisi climatica che non può essere affrontata da un sistema dominato da una folle plutocrazia monetaria.
Nessun problema sociale grave può essere risolto in una situazione che vede l’élite al potere – attraverso i suoi partiti e politici corrotti, aiutati da sindacati filo-capitalisti e difesi dai tribunali, dalla polizia e dall’esercito – distrarre le risorse della società verso l’accumulazione di yacht, palazzi, isole private e jet personali sempre più lussuosi.
Là dove la riforma sociale è impossibile, la rivoluzione sociale è inevitabile. La soluzione a questa impasse sta nella crescita della lotta di classe. Il movimento dei lavoratori e dei giovani nel mondo intero – dagli scioperi di massa in Francia agli scioperi dei lavoratori dell’automobile e degli insegnanti negli Stati Uniti, dalle manifestazioni in Cile, in Bolivia, in Equador e in Brasile, agli scioperi e alle manifestazioni di massa in Libano, in Iran, in Iraq e in India – possiede la forza sociale che può mettere fine al capitalismo, e che lo farà.
La parola d’ordine deve essere – al contrario di quanto dicono i Corbyn, i Sanders, i Tsipras e i loro promotori di pseudo-sinistra – «Espropriare i super-ricchi!» E’ il punto di partenza per la sostituzione della proprietà privata capitalista della produzione con la proprietà sociale e la pianificazione internazionale, vale a dire la rivoluzione socialista mondiale.
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